Il dolore, le ombre, la magia
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Recensione della Redazione QLibri
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DOCILMENTE BRILLARE
La porta chiusa.
L’elaborazione del lutto non è un processo lineare. Ricostruire un mondo nuovo è un processo lento, che richiede tempo, e pazienza. Il dolore è inevitabile, sempre, anche quando dietro la porta chiusa ce n’è già un’altra, molto più splendida, già aperta. No, per quanto il portone che ci aspetta sia invitante, non basta.
La nostalgia.
La nostalgia per la montagna, il paradiso perduto, si accende soprattutto nei sogni, quando il corpo riposa e il mondo esterno è tagliato fuori: allora le emozioni si esprimono liberamente e il profumo della bellezza che non c’è più stordisce e ferisce, con il peso tagliente dell’assenza.
La montagna e la città.
La montagna appartiene al passato, vive soltanto nel ricordo. Là le abitudini, il lavoro, gli affetti e la forza meravigliosa degli eventi naturali spazzavano via la tentazione di rinchiudersi, ad ascoltare soltanto le proprie voci interiori. La tutto era vita e profumo e consistenza: ognuno lasciava le sue tracce, ogni gesto e ogni tragitto acquisivano e davano concretezza.
La metropoli è diversa: può produrre uno spazio illusorio, in cui il dolore non esiste, in cui l’esistenza non lascia tracce. Ma anche qui c’è la possibilità di costruire una vita nuova, di trovare una nicchia vitake in cui lasciare delle impronte: accettando la sofferenza del distacco, la nuova porta si apre e conduce all’amore, all’amicizia, ai semplici rapporti di cordialità. La strada dei negozi, un luogo di incontri pacifici, è un’esperienza nuova, un’atmosfera di piccole gioie, timidi sorrisi, minuscole magie. Anche la scoperta di nuovi modi di cucinare costruisce qualcosa di buono, che lascia tracce gradevoli.
La pazienza.
Il ritmo di questo romanzo è poco romanzesco per i nostri palati occidentali. Noi siamo abituati a trame ricche e coinvolgenti, che conquistano l’attenzione del lettore, la trascinano via di corsa, la lasciano sospesa per poi travolgerla con un finale mozzafiato.
Qui non c’è azione, non ci sono inseguimenti, non c’è tensione nemmeno nel dolore: i personaggi e le loro emozioni si aprono come fiori, il dramma è già vissuto e il suo alone si dissolve.
La protagonista si muove a minuscoli passi tra passato e futuro, la sua lenta ricostruzione si nutre di minime osservazioni, piccole esperienze, luci e penombre. La pazienza si rivela la virtù necessaria per il riadattamento e la scoperta, perfino nel rapporto con gli oggetti: non bisogna mai aver fretta di scartare un regalo.
“Se li tratti così, gli oggetti assumeranno un carattere tanto sgraziato quanto il tuo modo di fare.”
La pazienza, la grazia è fondamentale anche nel coltivare i nuovi affetti: ci vogliono rispetto, e comprensione, e generosità. Risparmiarsi per paura di soffrire, invece, è sbagliato: la vita immune dal dolore è solo un’illusione. Così la protagonista trova la via giusta e conquista con forza paziente e generosa il nuovo amore, i nuovi amici, la nuova attività.
La nuova vita.
“ ...tu sai esercitare una forza che parte dal basso e poi a un certo punto s’impone. L’unico mondo che tu conoscevi e amavi era quello della montagna dove vivevi con tua nonna, Quindi, adesso che sei in città, stai cercando di crearne un simulacro attraverso noi. Proprio come un bambino che riproduce il mondo con dei cubi di legno.”
Piano piano, la nuova costruzione merita di riuscire, se la forza non è usata in modo egoistico.
Questo è il secondo libro di una quadrilogia: “Il Regno”. Un lungo viaggio sulle meschinità splendenti della vita.