Il delitto del conte Neville
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Recensione della Redazione QLibri
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Un dramma di altri tempi
La famiglia Neville gode del titolo nobiliare di “conte” ma non della ricchezza che ci si aspetterebbe da un simile rango. Henry Neville infatti ha eredito dal padre non solo il castello di Pluvier ma anche una ferrea onestà, qualità che l’ha portato a non arricchirsi, a vivere in ristrettezze e, alla fine, a dover rinunciare alla dimora della sua infanzia. Dei tre figli nati dal matrimonio con la bella Alexandra Serieus è la più enigmatica, l’unica a non aver ereditato la bellezza e l’umorismo della madre, a 17 anni si fa notare per la sua assenza più che per la sua intelligenza. Eppure a detta di chiunque la conosca c’è stato un tempo in cui le cose erano diverse, fino ai 12 anni e mezzo almeno….
Serieus è una creatura misteriosa, affamata di emozioni cerca nei libri la risposta a un problema che non riesce a identificare. Il suo bisogno di risposte la porta, una notte di settembre, ad allontanarsi dal castello per godere della natura ma una strana chiromante le impedirà di portare a termine la sua missione e innescherà una catena di eventi per cui padre e figlia perderanno il sonno.
Amélie Nothomb consegna al lettore un dramma che trae nutrimento dalla tragedia greca dove gli dei potevano cambiare le sorti dell’uomo e l’onore era la qualità più importante da rispettare. La famiglia Neville è una creazione d’altri tempi, sospesa tra il reale e il fiabesco si fa garante di valori ormai decadenti e inscena una rappresentazione che ha del grottesco. Lo stile è semplice e lineare, quasi si trattasse di una favola da leggere prima di dormire. La Nothomb dipinge un affresco surreale di una quotidianità che difficilmente appartiene a qualcuno di noi, un libro che si lega bene agli altri pubblicati in precedenza anche se, a mio parere, non ne condivide la qualità stilistica.
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Tra dramma e ironia
Ardenne, un antico castello, una famiglia con un titolo nobiliare quale quello di “conte”. A voler essere precisi siamo nelle Ardenne belghe e il conte in questione è un conte decaduto, Henri Neville, che è costretto a fare i conti con un destino inatteso e al contempo con un omicidio.
Eh sì, perché leggendo le pagine de “Il delitto del Conte Neville” la prima consapevolezza che sopraggiunge al lettore è quella di trovarsi di fronte a un giallo atipico nelle sue sfumature e nei suoi colori. A far da padrone tra queste pagine, inoltre, è il conflitto tra morale e dovere in relazione con profezie nefaste e situazioni familiari tutt’altro che semplici. Neville è costretto ad occuparsi del ricevimento che si terrà presso la propria abitazione prima di abbandonarla definitivamente a causa delle difficoltà economiche che hanno costretto alla vendita del castello. Ovviamente non può prendere nemmeno alla leggera quella premonizione che pur sempre tale è! Dunque ecco che la ricerca del soggetto da fucilare ha inizio. Il candidato non può essere uno a caso, deve essere selezionato con cura e dovizia!
Neville deve tirarsi fuori dall’impasse in cui si trova e nessuno potrà ostacolarlo, nemmeno Sérieuse, diciassettenne sua terzogenita disposta a offrirsi in sacrificio per semplificare l’arduo compito del padre.
“(…) vide intrufolarsi Sérieuse con aria imbronciata. Le parlò in cuor suo:”Tutti sono felici qui, tutti si godono la festa, non hai che da esserci, ma no, a te questo non basta, devi soffrire e la tua sofferenza finisce per cancellare il resto”.
Il tutto con una penna pungente e precisa, rapida e coinvolgente come solo Amélie sa destinare. Battuta dopo battuta il lettore è coinvolto in uno scritto diverso rispetto a quelli a cui la donna ci ha abituati, è condotto sino a un epilogo che spiazza ed è chiamato a interrogarsi, nuovamente, sulla componente filosofica ivi intrisa.
Ad avvalorare ulteriormente la lettura, riferimenti alla letteratura classica e un inconfondibile humor.
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Chi fucilare?Non saprei, ma qualcuno fa fucilato.
Un antico castello immerso nelle Ardenne belghe, un conte decaduto costretto a fare i conti con un destino del tutto inatteso e, ovviamente, un omicidio.
“Signora,
lei ha telefonato a mia moglie. Le sarei grato se non lo facesse più.
Peraltro, se dovesse incrociare di nuovo mia figlia nella foresta dopo mezzanotte, sappia che ha la mia autorizzazione a comportarsi così e la lasci in pace.
Aggiungerò che le sue predizioni non sono le benvenute.
Creda nei miei più irritati sentiti,
Henri Neville”
Protagonista di un difficile conflitto tra morale e dovere, alle prese con nefaste profezie e con una situazione familiare tutt’altro che semplice, il conte Neville è costretto a occuparsi del ricevimento che terrà presso la propria tenuta prima di abbandonarla definitivamente a causa delle scarse finanze rimaste a sua disposizione.
Una premonizione però non può essere semplicemente dimenticata perciò meglio non farsi trovare impreparati dal crudele destino e mettersi alla ricerca di un buon candidato da fucilare.
Per Neville la cosa più importante è tirarsi fuori da una scomoda situazione in cui si trova suo malgrado e non sarà di certo la diciassettenne Sérieuse, terzogenita del conte, a semplificare, offrendosi in sacrificio servendosi della nobile arte della retorica, l’impresa del padre.
Fortunatamente, il rapido epilogo, solleverà il lettore dalla suspense dovuta a una situazione in continuo movimento pronta a mutare le sorti dei personaggi fino all’ultima battuta.
Dal titolo del testo, Il delitto del conte Neville, il lettore potrebbe essere portato a pensare che il povero conte sarà vittima di un omicidio; invece, facendo ricorso ai miti della letteratura classica e a uno spiccato senso dell’umorismo - che tuttavia non sfocia mai in una incontrollata risata - la Nothomb riesce a presentare una vicenda dallo svolgimento alquanto insolito.
Un giallo un po’ sui generis piacevole e scorrevole da divorare, per esempio, tra gli scaffali di una biblioteca.
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Non particolarmente impegnativo, lo consiglio a tutti coloro che non stanno cercando un GIALLO da leggere, bensì una ironica storia che gli faccia compagnia in questo sabato di Febbraio.
Una favola leggera
“Durante la festa, voi ucciderete un invitato”. Questa è la profezia che una veggente lancia sul conte Neville, nobile belga in una modernità attuale in cui esserlo non vale più di un banale titolo onorifico. Per un campione dell’arte del ricevere, costretto a vendere il castello di proprietà per difficoltà economiche, uccidere un invitato significa distruggerne la sacralità che esso incarna e significa di-struggere sé stesso tanto che la prigionia e la condanna appaiono al conte una punizione più dolce dell’esposizione al pubblico ludibrio che deriverebbe dall’atto di ammazzare un invitato.
Iniziano così i tormenti diurni e notturni del conte, i quali vengono acuiti dall’insolita richiesta della terza figlia, Sérieuse. Nomen omen necessariamente mal reso dalla traduzione italiana come già ac-caduto all’Earnest di Oscar Wilde, omologo maschile di Sérieuse, trasformatosi in Ernesto perdendo così il gioco di parole con l’aggettivo “earnest”, ovvero serio, convinto. La giovane, dopo una prima giovinezza spensierata e giocosa, cade improvvisamente in un’apatia e in un’abulia caratterizzate dalla totale incapacità di provare emozioni. Questo stato psico-fisico, a cui non riesce a porre rimedio, la convince a chiedere al padre di ucciderla, cosicché si compia la profezia senza che alcun invitato venga ucciso. Inizia così un paradossale batti e ribatti tra il conte Neville e Sérieuse in cui continui cambi di opinioni e capovolgimenti di fronte conducono il lettore fino alla scena madre conclusiva. Il tutto ammantato e amalgamato dalla storia familiare del conte, dalla commovente passione per la graziosa arte del ricevimento e dallo struggente distacco dal castello belga in cui ha gioito, patito e sofferto.
La storia che Nothomb propone al lettore non è un romanzo, bensì una storia breve. Veloce, scorre-vole e marchiata dalla levità e da una leggerezza a tratti cupa e malinconica che genera empatia per il conte Neville, novello Raskolnikov tormentato da un omicidio che ancora non è compiuto, ma che si appresta commettere.
FM
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Ritratto d'uomo fra dilemmi e umanità
Dopo una serie di romanzi autobiografici o dalle trame che copiavano continuamente i loro più celebri predecessori nothombiani, Amelie torna trionfalmente nelle librerie con questo splendido capolavoro.
"Il delitto del conte Neville" infatti è l'insieme di tutto quanto vi è di più bello nelle opere dell'autrice (ironia, sarcasmo pungente, suspense assoluta, filosofia, citazioni letterarie, dialoghi intensi e trascinanti come un tornado e una tempesta marina messi insieme) e, al tempo medesimo, una ventata di aria freschissima. Questa volta la Nothomb lascia leggermente in secondo piano la cattiveria e il senso del grottesco, tòpoi delle sue narrazioni, per fornirci un ritratto pieno di umanità e dolente dolcezza di un uomo: il conte Neville del titolo, per l'appunto.
Henri Neville è un nobile che, pur di vivere nell'onestà, ha accettato di subire il decadimento economico. E’stato un nobile di nome ma non di fatto, essendo stato costretto a conoscere la fame, la miseria, la morte e il dolore fin da piccolo. Tutti questi elementi hanno segnato profondamente la sua personalità, rendendolo un uomo affettuoso con moglie e figli, generoso, magnanimo e, più di ogni altra cosa al mondo, affabile con gli amici, gli ospiti. Organizzare feste e party, infatti, se prima era il suo lavoro, diventa nel presente una ragione di vita: gli invitati per Neville sono sacri, così come lo è vederli felici intorno a lui, nelle sue proprietà e coi suoi intrattenimenti.
Per questo reagirà estremamente male alla profezia della veggente, escludendo subito che possa essere il frutto di un delirio, una semplice frottola. Da quel momento in poi, il conte non avrà un attimo pace, trascorrendo notti insonni e assillandosi la mente di domande: si può scampare al proprio destino? Se sì, esso ti inseguirà finchè non lo adempi? O dobbiamo andargli incontro se non addirittura favorirlo?
In mezzo a questi dubbi amletici, un altro tratto fondamentale caratterizza il romanzo: il rapporto tra Neville e la figlia minore Sèrieuse, di 17 anni, silenziosa, apatica e anonima rispetto ai suoi perfetti, bellissimi e solari fratelli maggiori. Un rapporto che sembrava labile, inesistente, fatto di pochissime parole e che nella storia si intensifica e risveglia.
Il resto è tutto da leggere, poiché le rivelazioni e i colpi di scena sono parecchi.
Un bell’applauso alla mitica Amèlie Nothomb!