Il caso Meursault
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L'altra faccia della medaglia
In un bar di Orano, davanti a una bottiglia di vino e ad uno sconosciuto e silenzioso interlocutore identificabile nello stesso lettore, un uomo racconta la sua storia, o meglio la storia di suo fratello e in un certo senso la storia della sua terra, del suo popolo, sottomesso, colonizzato, insorto, riscattosi, almeno ufficialmente, ma ancora succube di una sudditanza nei confronti dell'antico invasore e di un certo timore nel dover prendere in mano il proprio destino. La storia, bene o male, la conoscono tutti, in tutto il mondo. È quella raccontata in una delle più famose e apprezzate opere della letteratura mondiale: Lo straniero di Albert Camus, qui minimizzato dal narratore come "Il libro di Albert Meursault", dal nome del protagonista del suddetto romanzo francese. Ma come spesso avviene, di alcune storie si conosce soltanto un punto di vista, nel caso specifico quello appunto di Meursault, l'assassino, il colonizzatore. Si sa chi è, si conoscono o almeno si cercano di capire le sue ragioni, si è al corrente di qual è stata la sua storia prima e dopo l'omicidio. Ma cosa si sa della vittima? Assolutamente niente, non la sua vita precedente, non che fine abbia fatto, dove sia stato sepolto il suo cadavere, non viene menzionato neanche il suo nome, poiché nel libro si parla di lui soltanto come "l'arabo". Per fare giustizia nei confronti di questo ragazzo, barbaramente assassinato e destinato altrimenti all'oblio, Kamel Daoud, apprezzato e coraggioso giornalista algerino, si mette nei panni del fratello minore della vittima per raccontare finalmente anche il suo punto di vista, la faccia della medaglia che nessuno ha mai voluto guardare. Con una buona dose di sfrontatezza, l'autore ingaggia una sorta di faccia a faccia con un totem del calibro di Camus, contrapponendosi all'opera del ben più blasonato avversario già nell'incipit, con quel "Oggi mamma è ancora viva" che fa da contraltare al più celebre "Oggi la mamma è morta" con cui il premio Nobel apre il suo libro. Parte così il monologo del giovane Haroun, che racconta della sua infanzia segnata subito dalla fuga del padre, la vita con la madre brontolona e con il fratello ribelle di cui conosciamo finalmente il nome, Moussa, l'uscita di scena di quest'ultimo per mano di Meursault, la vita dopo il nefasto evento che diventa non vita, lutto perenne, rabbia repressa, fino a trasformarsi in vendetta con un gesto non meno irragionevole, inutile, riprovevole di quello dell'antagonista francese. Uno stupido tentativo di ristabilire un improbabile equilibrio che non lo libererà dalla catena che lo tiene legato a un passato troppo ingombrante per potervi sfuggire. Condizione questa che appare fortemente simbolica, capace di richiamare la condizione di un'intera nazione, di un popolo che dopo aver tanto desiderato il riscatto, l'indipendenza, l'autodeterminazione, una volta ottenuti appare incapace di sciogliere il nodo che lo tiene ancora mentalmente prigioniero, soggiogato, subordinato, prendendo le sembianze del suo stesso colonizzatore, allo stesso modo in cui Haroun sembra trasformarsi in una sorta di clone arabo di Meursault. L'opera di Daoud viaggia su diversi piani narrativi, toccando temi importanti e delicati, alcuni dei quali sono per certi versi dei veri e propri tabù, come ad esempio la religione, qui coraggiosamente e impunemente sbeffeggiata. Ma questo romanzo è senza dubbio da apprezzare anche e soltanto dal punto di vista prettamente letterario, con una prosa colta, raffinata, con grandi capacità descrittive e introspettive, con un incedere accattivante e una serie di interessanti e originali riflessioni. Una lettura che, se si è apprezzato, "Lo straniero" del grande Albert Camus, diventa quasi obbligata, come una sorta di completamento, di chiusura di un cerchio, di par condicio letteraria.
Indicazioni utili
Risposta a Camus
"Un grande romanzo che riscrive "Lo straniero" di Camus dal punto di vista delle vittime arabe." (The New Yorker).
Io-narrante è il fratello dell'arabo ucciso da Meursault nell'opera "Lo straniero" di Camus. che lui chiama semplicemente "Il libro di Albert Meursault".
L'incipit allude per contrapposizione alle righe iniziali del romanzo "Lo straniero" : "Oggi la mamma è ancora viva. Non dice più niente, ma potrebbe raccontare molte cose".
Nel testo di Camus non c'è una parola sul corpo dell'assassinato, dopo il tragico fatto. "E' un'omissione di una violenza scandalosa, non trovi?" , domanda il nostro 'narratore' , che s'indigna ulteriormente perché nell'opera del famoso scrittore francese la parola "arabo" compare 25 volte, ma "senza nessun nome. Di nessuno di noi" : "non gli ha dato un nome perché altrimenti mio fratello avrebbe rappresentato per l'assassino un problema di coscienza: non è facile uccidere un uomo che ha un nome".
Le accuse non si fermano qui, per "un delitto compiuto con suprema noncuranza": quel Meursault, "che si annoia, (...) gira a vuoto, e cerca il senso del mondo calpestando il corpo degli arabi" ...
Il lettore si accorge, però, che il protagonista di questo romanzo algerino, reso tanto irruento, in fondo è abbastanza speculare allo stesso Meursault che tanto detesta. Anzi, scopre che i due personaggi così antitetici condividono fondamentalmente l'intimo strazio della disperazione, il più doloroso dei sentimenti.
Qui non c'è indifferenza, carenza di vita. Qui l'indignazione e la rabbia sono fortissime. Eppure 'colonizzati' ed ex-colonizzatori paiono irrigiditi da un parallelo vuoto interiore. Che a livello psico-esistenziale le pur gravissime vicissitudini storiche e sociali siano, in fondo, poco più che dettagli?
Un 'Premio Goncourt-Opera Prima' assai interessante.
Indicazioni utili
"Lo straniero" , di Camus.