Il Capitano è fuori a pranzo
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L'Ultimo Bukowski.
E’ l’ultimo libro del vecchio, e si vede. Tutta un’altra pasta. Scordatevi i vari “Storie di ordinaria follia”, “Donne”, “Panino al prosciutto”e tutti gli altri. Qui non ci sono donne, c’è poco alcool, sono rimasti solo i cavalli…e la morte. Proprio lei, la morte, quella che tutti temono e alla quale tutti cercano di sfuggire. Lui no. È impassibile, perché alla fine “la cosa terribile non è la morte, ma la vita che la gente vive e non vive”. E così questo piccolo libricino scorre via che è una meraviglia. La sua vita è piatta: mattina sveglia a mezzogiorno, poi via all’ippodromo a vedere le corse, e alla fine, la sera, si scrive. Ogni giorno così, aspettando la morte. E nel racconto dei vari giorni, scopri il Bukowski che non ti aspetti. Lo ritrovi più vecchio si, ma anche più saggio, lui stesso se ne accorge e lo dice (“le parole sono diventate più semplici ma allo stesso tempo più calde, più scure.”), e anche più riflessivo. Affronta tutti temi: dalla solita critica alla società, alla musica, alla guerra e all’economia. Cambia leggermente lo stile. Anche i racconti sono più brevi. Per il resto chi lo ha già letto ed apprezzato finirà qui per amarlo. Controverso come sempre (ama la solitudine ma non riesce a fare a meno delle corse, perché solo li riesce ad apprezzare le persone nella loro spontaneità), lunatico (anche a 65 anni rischia di fare a cazzotti per futili motivi…), ma, se possibile, ancora più profondo del solito. Con la morte, che sopraggiungerà un paio d’anni dopo, come protagonista principale di questo libro. In conclusione una vera e propria perla, che, chi ama il caro Buk,non può certo lasciarsi sfuggire.
“Nella vita ci sono migliaia di trappole e in molte ci cadono quasi tutti. L’idea, però, è di evitarne il più possibile. Serve a restare il più possibile vivi finchè non si muore…”
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Odore di morte
"Una volta entravo e uscivo di galera, buttavo giù porte, fracassavo finestre, bevevo ventinove giorni su trenta. Ora me ne sto seduto davanti a questo computer con la radio accesa, ad ascoltare musica classica. Stasera non sto nemmeno bevendo. Anch'io mi sono dato una regolata. Per che cosa? Voglio arrivare a ottanta, novant'anni? Non mi importa di morire... ma non quest'anno, okay?"
Per chi ha letto altri libri di Bukowski capisce subito la differenza; per chi non li ha letti, pure.
Lo zio Hank, come egli stesso ha affermato, ha cominciato a condurre una vita molto più moderata, più pacata. Comincia a sentire l'odore della cara, vecchia morte, che sebbene egli non reputi un vero nemico, sente il suo passo farsi sempre più vicino e vendicativo.
Sono un insieme di racconti che vanno dal '91 al '93 (morirà nel '94 di tubercolosi), e Bukowski, credo, avesse paura. Ebbene sì, potrà essere un'affermazione azzardata, forse sbagliata ma, secondo me, ha paura. In TUTTI i racconti, e dico tutti, accenna alla morte, al termine della sua vita, all'indifferenza che tenta di provare nei suoi confronti, ma che non riesce mai a mostrare. Ha paura. Vuol rinviare il più possibile la fine di una vita che egli ribadisce più volte essere monotona, squallida, i cui giorni vanno 'sprecati' alle corse, luogo in cui sente l'odore della merda, che però sembra essergli di conforto.
Il tema dell'artista e della letteratura/scrittura è anche fortemente trattato.
Critica la società che ha creato nuovi 'scrittori' che non debbano essere assolutamente reputati tali, poichè rappresentano dei soggetti stereotipati, modellati e perfettamente plagiati dalla società contemporanea. No alla nuova letteratura. No alla tv. No alla musica, se non quella classica. No alle convenzioni.
Un ultimo grido disperato di un uomo combattuto tra la sua voglia di vivere e la sua pessima capacità nel farlo.
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- sì
- no