Il canto del boia
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Recensione della Redazione QLibri
Un canto infinito
Finalmente sono riuscita a finire questa impegnativa lettura di "Il canto del boia", premio Pulitzer nel 1980. Fa parte del genere "true crime" e narra le vicende di Gary Gilmore un criminale che fu condannato a morte per fucilazione. Bisogna dirlo subito: è stata una lunga esperienza a tratti tediosa perché il libro si presenta piuttosto corposo sia come numero di pagine (1068) ma anche e soprattutto come contenuto, un libro farcito all'inverosimile di migliaia di dettagli e personaggi che possono facilmente stancare il lettore e fargli perdere di vista il filo portante della vicenda nonché l'interesse complessivo. Ho avuto costantemente l'impressione che l'autore puntasse più sulla quantità che sulla qualità con un indubbio sforzo da parte sua ma speso male. Dettagli del tutto superflui con dialoghi a tratti imbarazzanti e poco curati a livello stilistico dove la parola "disse" padroneggia (infatti sarei curiosa in una edizione elettronica fare una ricerca e capire quante volte viene utilizzata!) ma anche passaggi di racconti davvero fugaci: già i dettagli sono futili e non funzionali alla storia, se poi gli descrivi pure male e di sfuggita, la noia sale alle stelle. Tuttavia, ci sono alcuni passaggi abbastanza introspettivi e scritti anche molto bene e che ho apprezzato -come per esempio le lettere che Gary invia a Nicole dal carcere- ma rimangono episodi sporadici e lo stile è prevalentemente freddo e come dicevo, poco curato. Anche alcuni personaggi sono a tratti poco verosimili, o meglio, il loro comportamento risulta esserlo come per esempio Brenda stessa, la cugina di Gary, mentre molti altri sono dei personaggi disturbati come molte problematiche come Nicole o April.
La parte più densa del romanzo si concentra decisamente sul sistema legale sulla pena di morte, che contrariamente agli altri detenuti Gary cerca di abbreviare i tempi burocratici e ad affrontarla stoicamente, anche consolato da un pensiero di incarnazione futura (a tal proposito mi ha ricordato "Il vagabondo delle stelle" di London, letto di recente), il tutto sotto le luci mediatiche della televisione.
Sicuramente Gary Gilmore susciterà la compassione del lettore e a fine lettura un po' lo si perdona per i suoi crimini, tuttavia rimane schiacciato dai troppi, infiniti dettagli che finiscono per confondere e allontanare il lettore, a meno che non si è amanti del genere e non vi disturbino le trame ricche.
Concludo con un assaggio della prosa, che a me è piaciuto particolarmente:
"Ti ho detto che ultimamente non ho dormito - sono calati i fantasmi e si sono posati su di me con una forza che non credevo che avessero. Io li allontano con uno schiaffo ma loro tornano indietro di soppiatto e s'arrampicano sino al mio orecchio e da quei demoni che sono mi raccontano barzellette sporche, vogliono fiaccare la mia volontà, bere la mia forza, distruggere la mia speranza lasciarmi abbandonato privo di speranza smarrito vuoto solo sporchi demoni bastardi dal lurido corpo peloso che sussurrano cose orribili nella notte sghignazzando e ridendo con ripugnante gaiezza nel vedere che mi rivolto insonne in una prigionia orribilmente dura e tramano per avventarsi su di me con una folle stridula rabbia quando mi allontano con i loro piedi lunghi e repellenti e gli artigli gialli e i denti che gocciolano fetida saliva e uno spesso muco giallo verde.(...)"
Indicazioni utili
- sì
- no