Il calore del sangue
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Iperproteico
Leggendo questo romanzo viene da chiedersi se la Némirovsky non sia stata un tantino sopravvalutata negli ultimi anni, anche dalla sottoscritta. Di sicuro, questa non è fra le sue opere più riuscite.
Parte lenta, tanto da risultare quasi noiosa, poi accelera e viene caricata fino all'enfasi, con concetti del tipo “giovinezza”, “fuoco nel sangue” e “vento di passione” sempre ribaditi per chiosare un colpo di scena, non tanto difficile da prevedere, del resto, dopo che vengono esaltate ad ogni piè sospinto le virtù al di sopra di ogni sospetto di una madre di famiglia quasi santa e un amore coniugale a prova di fuoco (fuoco dei sensi, nel caso specifico).
Ci si chiede con un certo rimpianto cosa avrebbe fatto con la metà degli ingredienti un autore come Simenon, visto che di mezzo c'è anche un giallo.
Una frase finale dell'io narrante dovrebbe risultare d'impatto ma è piuttosto contraddittoria.
Nient'altro da rilevare.
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Passioni segrete
Fino ad adesso ero convinto che nessuno, meglio di Georges Simenon, fosse capace di descrivere il ristretto mondo della provincia francese, un’entità socio-economica legata strettamente alla terra, in cui tutto sembra, ed è, immobile, pur seguendo il ritmo delle stagioni. Gente ottusa, questi agricoltori, rinchiusi in comunità dove ognuno sa tutto degli altri, anche dei segreti che spesso sono tipici di questi esseri, ma che li difende strenuamente onde non superino l’ideale limite invalicabile che si sono costruiti. É stata una sorpresa, pertanto, apprendere che anche Irène Némirovsky abbia analizzato queste piccole realtà, riuscendo a descriverle in modo completo e più che comprensibile. Il romanzo da lei utilizzato per questo scopo è Il calore del sangue, un’opera relativamente breve (in tutto 142 pagine), ma estremamente avvincente. Ogni personaggio cela passioni, emozioni, desideri inconfessabili e perciò repressi, così che se in apparenza tutto scorre tranquillo, sotto sotto ci sono fremiti d’amore, odi implacabili, amori adulterini. Nello scorrere delle pagine poco a poco emergono questi vizi privati, in netto contrasto con l’apparenza delle pubbliche virtù; e nessuno ne è immune, anche quelli a cui va la nostra simpatia, soggiogati da comportamenti che sembrano frutto di animi puri e perfino casti. La penna della Némirovsky è impietosa, con donne e uomini che non sanno resistere al calore del sangue e si lasciano travolgere dalle passioni, al punto di arrivare anche al delitto, di cui tutti sanno, ma nessuno parlerà mai alla polizia, perché il mondo là è così e anche un reato deve rimanere la faccenda privata di una comunità. Ma come è riuscita irène, che non era francese, a penetrare così profondamente in un tessuto sociale? Va detto che il romanzo è stato da lei scritto con ogni probabilità nell’estate del 1941 e, guarda caso, è ambientato nello stesso paese (Issy-l'Évêque) dove con la famiglia aveva cercato riparo dalle persecuzioni negli ultimi giorni di maggio del 1940 e in cui sarà arrestata per essere poi avviata ai campi di sterminio. Un’altra particolarità dell’opera è che la voce narrante è quella di Silvio, un proprietario terriero che ha alienato gran parte del suo patrimonio e che vive un’esistenza quasi solitaria, ma che gli consente di osservare meglio gli altri. Anche lui ha provato in gioventù il calore del sangue, ma ormai si è incamminato lungo il viale del tramonto; pur tuttavia, nel ricordo del passato, che si intreccia con il presente, avvertirà anche lui un ultimo calore del sangue, rafforzandosi un desiderio che pareva ormai sepolto sotto la cenere. Ma non è una fiamma, è una brace che lenta, come lui, si spegne.
Dire che il romanzo è bello è riduttivo, perché a mio parere è veramente stupendo.
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Ecco ciò che volevamo: bruciare
C'era una volta.. ai primi del Novecento un paesino della provincia francese, un piccolo borgo rurale, circondato da campi coltivati, boschi e ruscelli dove la vita scorreva lenta, pacata, nella sua imperturbabile ripetitività, come il rintocco di un orologio a pendolo.
Gli abitanti ne seguivano il ritmo adagiando la loro esistenza su una condotta monocorde, piatta, moralmente ineccepibile, cercando così di evitare quegli scossoni che avrebbero potuto determinare una frattura irreparabile nel regolare decorso della loro vita.
Silvio, la voce narrante, si recava in visita - come solito fare - presso la dimora dei suoi cugini, Helene e Francois, una dimora austera ed elegante che rifletteva in ogni minimo particolare l'integrità e la stabilità coniugale dei padroni di casa, dalla scelta e disposizione del mobilio, ai dipinti, ai libri disposti con ordine e cura.
E come accadeva spesso, ogni volta che entrava in quella casa, Silvio rimaneva affascinato dall'imperturbabilità di quel quadro familiare, verso cui inconsciamente avvertiva un certo senso di estraneità a causa del suo trascorso giovanile, in giro per il mondo in paesi lontani e sconosciuti quanto il cuore delle donne tra le cui braccia si addormentava.. un passato che era come una macchia indelebile sulla sua coscienza, agli occhi della sua famiglia ma soprattutto degli abitanti di quel villaggio che continuavano a trattarlo alla stregua di un 'figliol prodigo' senza però mostrare nei suoi confronti la misericordia del padre bensì un disprezzo mal celato verso chi ha sperperato futilmente i suoi averi.
E l'ammirazione di Silvio era ancor più accentuata quando osservava Colette, figlia di Helene e Francois, prossima alle nozze con Jean, erede di una delle famiglie perbene del villaggio; entrambi sembravano riflettere in tutto e per tutto l'integrità morale dei loro genitori e quindi degni eredi della loro rettitudine e felicità coniugale.
Un bel quadretto, ineccepibile.. ed è brava l'autrice nelle prime pagine di questo breve romanzo a cadenzare le sue parole, i periodi, sulla stessa frequenza lenta e flemmatica con cui si muove la vita in questo borgo francese.
Ma attenzione, questa non è una favola e tantomeno non c'è un lieto fine... questo piccolo borgo della campagna francese non è frutto della fantasia dell'autrice ed i suoi abitanti non sono personaggi immaginari con riferimenti puramente casuali a fatti e personaggi realmente esistiti.. tutt'altro, questi personaggi sono reali, sono copie speculari di uomini e donne da cui Irene era circondata e che lei ha riprodotto nel suo romanzo a fronte di una lucida analisi, obiettiva, spietata e senza remore, del loro mondo e della loro vita.
Anzi vi dirò di più.. questi personaggi sono anche eterni, non appartengono solo alla generazione di Irene ma anche a quelle passate e future perchè eterno è il "calore del sangue".
Cos'è il 'calore del sangue'? E' quel fuoco che avvampa la giovinezza, è fame di vivere, è desiderio di avventura, è quella forza interiore e misteriosa perchè la si percepisce irrefrenabile ma non se ne conosce la fonte, in grado di soggiogare ogni virtuoso tentativo di resistenza del singolo individuo in nome di una rettitudine morale molto spesso accettata solo perchè imposta dagli altri, ma mai realmente condivisa; per cui anche il carattere più risoluto, una volta attizzato, finisce per cedere.
"Chi non ha visto un fuoco simile deformare e piegare inaspettatamente la sua vita, in un senso opposto a quella che è la sua natura autentica?"
E nella giovinezza il calore del sangue diventa quasi indispensabile, come il fuoco in una fucina, per forgiare il carattere e la personalità, come in una sorta di percorso obbligato nella crescita di un individuo, un itinerario che ciascuno di noi dovrebbe compiere per acquisire quella saggezza che nasce dall'esperienza e che pertanto non può essere insegnata da nessuno, genitori o amici che siano; e non dev'essere assolutamente ostacolato o impedito in alcun modo, perchè qualora dovesse risvegliarsi nell'età adulta i suoi effetti sarebbero distruttivi, il fuoco covato sotto la cenere per tanti anni potrebbe divampare cancellando in poco tempo un'esistenza costruita a fatica giorno dopo giorno.
Ecco perchè, già dalle prime pagine, si percepisce tra le righe la sensazione che qualcosa sta per accadere, che la monotonia di quei giorni sempre uguali sta per essere rotta in modo violento ed irreversibile.. la quiete che precede la tempesta, l'incendio.
E lo si percepisce dalle parole di Silvio, che progressivamente diventano sempre più cariche di disprezzo verso quelle persone che nascondono dietro una facciata di perbenismo ed integrità una profonda grettezza morale:
"Bisogna riconoscere che i nostri contadini possiedono un talento innato per vivere nella maniera più dura possibile. Per quanto possano essere ricchi, respingono con implacabile fermezza il piacere, e persino la felicità, forse perchè nutrono scarsa fiducia nelle loro ingannevoli promesse."
"Sono persone troppo selvatiche ed orgogliose. Hanno piuttosto timore che ci si occupi di loro: sentirsi addosso gli occhi del prossimo è una sofferenza insopportabile. Questo, per altro, le rende impermeabili alla vanità: non vogliono essere invidiate, nè tanto meno compatite; solo starsene tranquille. E' il loro motto; un sinonimo di felicità, o meglio, un surrogato della felicità assente."
Nessuno è risparmiato, persino i due cari cugini, seppur in modo velato e quasi impercettibile ad una prima lettura, vengono in realtà derisi con un sarcasmo mascherato da finta ammirazione:
"Lo studio è una deliziosa stanza piena di libri, piuttosto piccola, con due grandi poltrone sistemate davanti al caminetto. Da oltre vent'anni i miei cugini trascorrono qui le loro tranquille serate, lui su una poltrona con un libro, lei sull'altra con un lavoro di ricamo; tra i due il rintocco dell'orologio, lento e rassicurante come un cuore privo di rimorsi: l'emblema della serenità coniugale."
E senza che il lettore abbia neanche il tempo di rendersene conto, l'incendio è già divampato: tutti quei palazzi incantati crollano sugli stessi pilastri che danno solo una parvenza di solidità, di felicità e di equilibrata armonia coniugale.
E le conseguenze sono disastrose per tutti, in particolar modo per chi sembra quasi aver dimenticato il 'calore del sangue', chi si è illuso di poter domare con l'aiuto del tempo che passa i suoi effetti roventi, la 'fiammata di sogni e desideri' che si porta dietro, la "febbre dell'anima, qualcosa di non paragonabile a ciò che sino a quel momento avevo chiamato amore", perchè molto più intenso, più coinvolgente seppur destinato ad esaurirsi in breve tempo in quanto alimentato dall'istinto, dalla passione e da sentimenti spesso 'immorali' e per questo certamente non candidati a durare in eterno.
"E non sto parlando semplicemente delle esigenze della carne. E' più complicato di così. La carne ci vuol poco a soddisfarla. E' il cuore ad essere insaziabile, il cuore che ha bisogno di amare, di disperarsi, di ardere di un fuoco qualunque.. Ecco ciò che volevamo: bruciare, lasciarci consumare, divorare i nostri giorni come le fiamme divorano la foresta."
Irene Némirovsky conosce bene il 'calore del sangue', lo si avverte dall'impeto e dall'entusiasmo con cui denuncia chi decide di mantenerlo sopito o peggio ancora di soffocarlo, di congelarlo a favore di una coscienza più pulita, "tanto che gli slanci di generosità che proviamo a vent'anni in seguito li bolliamo come ingenuità, dabbenaggine.. I nostri amori, puri e ardenti, assumono l'aspetto turpe dei piaceri più vili."
Il calore del sangue diventa così ghiaccio dell'anima.
Da qui la disperata preghiera finale, urlata al mondo intero:
"Torna, giovinezza, torna. Parla attraverso la mia bocca. Dì a questa donna campionessa di buon senso e di virtù che è una bugiarda. Dille che il suo amante non è morto, che lei mi ha seppellito in fretta, ma io sono vivo e vegeto, e ricordo ogni cosa. E' una bugiarda! La donna autentica relegata dentro di lei, ardente, allegra, audace, in cerca di piacere, io l'ho conosciuta, io soltanto! Al marito spetta una copia sbiadita e fredda, mendace quanto l'epitaffio di una tomba, mentre io ho avuto di lei quel che ora è morto: la giovinezza."
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Luce alla Luce
IL CALORE DEL SANGUE di Irene Nemirowsky
Ho scelto di parlare di questo libro semplicemente citando i passi che più mi hanno coinvolta emotivamente.
Irene Nemirowsky (Kiev, 1903 –Auschwitz 1942) è un classico, sebbene la sua riscoperta sia recente e la casa editrice Adelphi abbia cominciato a pubblicare i suoi romanzi solo a partire dal 2005.
Ogni volta che li rileggo mi rendo conto che il nazismo, oltre ad aver falciato le vite di milioni di persone, è stata una macchina formidabile che ha tentato di azzerare ogni manifestazione di cultura libera.
Peccato (per chi ha creduto in quella nefasta ideologia) che le cose dello spirito non sono destinate a tornare alla polvere. Spesso tornano a brillare alla luce, perché dalla Luce arrivano.
“A vent’anni qualcuno fa irruzione nelle nostre vite. Sì, uno sconosciuto, esuberante e alato, radioso, che ci accende il sangue, ci devasta la vita e se ne va.”
“Un gruppo di persone in età matura emana un senso di imperturbabilità: i loro organismi danno l’impressione di aver digerito tutte le portate pesanti, amare o piccanti della vita, eliminato tutti i veleni, e per dieci o quindici anni essi si trovano in uno stato di equilibrio perfetto, di invidiabile salute morale. Sono soddisfatti di sé. Il faticoso e vano lavorio con cui la giovinezza tenta di adattare il mondo ai propri desideri l’ hanno già compiuto. Hanno fallito, e ora si riposano.
” 'La carne ci vuol poco a soddisfarla. E' il cuore a essere insaziabile, il cuore che ha bisogno di amare, di disperarsi, di ardere di un fuoco qualunque ... '
"A vent’anni, invece, come ardevo!... Come mai dentro di noi si accende un fuoco simile? Una fiammata che travolge ogni cosa nel giro di pochi mesi, pochi giorni, a volte poche ore; poi si spegne. E non resta che fare il conto dei danni
"Esiste un momento perfetto, quando tutte le promesse giungono a maturazione e finalmente cadono i bei frutti, un momento che la natura tocca verso la fine dell'estate, supera presto, e poi iniziano le piogge dell'autunno. Lo stesso vale per le persone."
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L'amore?
Un altro libro di Irene sul tema dell'amore, ma rispetto al malinteso lo stile è perfetto. Solo le prime pagine non sono eccezionali ma poi la narrazione prende subito corpo e alcune descrizioni sono bellissime, prima tra tutte quella delle ombre sulla parete della casa del marito morente di Helene. L'amore o il desiderio è un po' come il gioco d'ombre sul muro, qualcosa di indefinibile e difficilmente identificabile. Qualcosa che irrompe nelle vite tranquille e virtuose rendendole malate, malvagie ma vive. E' un momento che passa in fretta lasciando solo un po' di cenere e d'ombra dietro di sè.
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La pace nel tormento
Immaginate un dipinto con una bella casa in primo piano, tanto terreno ben curato intorno e una famigliola di quattro persone felice e sorridente, tutto sotto una giornata di sole. Bello vero? Ora a questo quadro la Nemirovsky , con la sua scrittura acuta e distruttrice aggiunge un particolare che mirabilmente solo lei sa fare con tocco leggero e al tempo stesso duro e di condanna, aggiunge dapprima una piccola nuvola da un lato e poi un temporale in arrivo dall’altro lato. Nei suoi racconti pochi si salvano, tutti sono colpevoli e soccombono alle loro stesse malefatte.
Il protagonista Silvestre - vive in un borgo di proprietari terrieri benestanti e facoltosi, nel centro della Francia - dopo aver vissuto una vita da libertino e alla ricerca dell’avventura si ritira nel suo piccolo appezzamento di terreno vivendo del poco, senza libri e con la compagnia del solo focolare. Ha distrutto tutto il suo patrimonio, dilapidato e mangiato. Ma ora gli va bene così. Vicino a lui abitano vari cugini, parentele sia di madre che di padre. Vede di tanto in tanto i cugini Èrard, due coniugi che da vent’anni non fanno altro che vivere del bene dell’uno e dell’altra, la figlia Colette che è prossima al matrimonio con un giovane benestante, matrimonio d’amore. Quanto amore ha questa famiglia da dare e da ricevere. Ma la scrittrice non è contenta di questo idilliaco quadretto familiare va avanti fino all’oblio. La ragazza dopo poco tempo essersi sposata, tradisce il marito, con ardimento e passione, senza rimpianti o sensi di colpa, tutto dura poco, il coniuge viene avvisato e l’irreparabile è dietro l’angolo. Un litigio, uno spintone di troppo e il giovane sposo cade nel fiume. Disperazione, dolore, prostrazione, tutti i sentimenti di questo mondo. Nessuno pagherà, nessuno parlerà, un incidente! La piccola e dolce Colette come potrà raccontare tutto ai suoi genitori, così di animo irreprensibile, di alta moralità, grande senso della giustizia e lealtà? Come dire che lei è stata un’adultera, come fermare lo stesso padre che vuole denunciare il fatto per vederci chiaro? È corrosa dalla sua bugia. La soluzione verrà data da una sua ex vicina di casa tanto simile a Colette da sembrare sua sorella, ma purtroppo rivali in amore. Cosa si può celare dietro la benevolenza di questa vicina, prodiga e tempestiva? I genitori di Colette sono realmente così puri di animo e di spirito come appaiono? Le risposte risiedono nel tempo trascorso, quando si è giovani il sangue possiede una temperatura molto elevata che da vecchi diventa fredda quasi gelida, dimenticando quello che si è stati e delle malefatte lasciate alle spalle, gravi e inguaribili che se portati alla luce non fanno più vivere come si viveva ieri sotto la coltre calda e tranquilla della menzogna.
Dipanate bene tutta la sua trama…consigliatissimo!
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OK
Se si guardasse soltanto alla pura trama, si tratterebbe di un libro in fondo mediocre. Non che manchino i colpi di scena e le sorprese; ma essi concorrono a creare una storia che sa, in qualche modo, di “già visto”. Ciononostante il libro piace, e questo, soprattutto, per i significati che riesce ad esprimere. Attraverso una scrittura pacata ed apparentemente distaccata, la Némirovsky ci invita a meditare sul raffronto tra la vita in gioventù e quella della vecchiaia, sul modo in cui alla vita si guarda dalle diverse età, sugli azzardi della gioventù e sulla necessità di fare i conti, da “vecchi”, con quello che si è stati da giovani, sul fatto che dietro (o dentro) ad ogni persona matura c’è stato un ragazzo… A questo si aggiunga la buona capacità dell’autrice di descrivere gli ambienti ed i personaggi, trasportando il lettore nei luoghi della narrazione ed in compagnia delle persone rappresentate. Il giudizio è, in definitiva, certamente positivo.
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Indefinibile
Irene Nemirovsky è un continuo mistero per me.
Incluso questo, ho già letto quattro libri scritti da lei e ancora non mi sono fatta un'opinione precisa sul suo modo di scrivere.
Non oso inserirla nel mio pantheon degli scrittori preferiti, ma non penso nemmeno che i suoi romanzi siano da buttare. Una via di mezzo, insomma.
Così ho voluto riprovare con questo piccolo gioiellino, tanto per farmi un'idea una volta per tutte.
Purtroppo l'ho trovata la sua opera meno bella.
Come ho già detto in recensioni precedenti, credo che manchi sempre qualcosa negli scritti della Nemirovsky, qualcosa di indefinibile ma sempre legato all'emotività e all'introspezione psicologica dei personaggi.
Se qualcuno mi chiedesse di riassumere la trama de "Il calore del sangue", farei la figura di uno studente che non ha ripassato per l'interrogazione: scena muta.
Perchè io non ho percepito alcuna trama, ma solo una serie di storie di tanti, fin troppi personaggi sostanzialmente inutili allo sviluppo e alla piacevolezza della vicenda che assume i toni di un romanzo giallo, genere che proprio non riesco ad apprezzare, che non dà nemmeno la soddisfazione di lasciare rivelazioni così sconvolgenti o degne delle aspettative del lettore, facendo in questo modo dimenticare il libro, senza che resti nella memoria.
Poi ci sono sempre i difetti che ho notato in tutte le opere della Nemirovsky: azioni approssimative, personaggi freddi e senz'anima...
Leggere la Nemirovsky per me è come tentare di risolvere un cubo di Rubik: per quanto mi sforzi, non riesco a venirne a capo. Non so che dire, perchè tutto ciò che ho letto di lei è a suo modo eterogeneo e omogeneo insieme.
E anche se volessi non potrei nemmeno smettere di leggere i suoi libri, come un archeologo ossessionato dalla ricerca di un manufatto che non si darà pace finchè non lo trova.
Non mi resta altro che continuare finchè non saprò se potrò amarla o odiarla.
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Il calore del sangue.
"Il calore del sangue è destinato a spegnersi presto."
Con grande maestria, anche, questa volta la nostra Irène ci racconta una storia che analizza i sentimenti di coppia non più nell'ambiente borghese, ma nelle campagne francesi, in terre selvagge e ricche al tempo stesso. "Ciascuno se ne sta in casa propria, sui propri possedimenti, non si fida del vicino, ripone il grano, conta i soldi e non si cura del resto."
Irène ci dice che il "calore del sangue" cioè la carne ci fa spesso tradire e rinnegare anche i grandi amori, quelli di tutta una vita, quelli immensi. Irène è veramente una grande scrittrice che riesce a raccontare in maniera semplice e profonda, allo stesso tempo, quello che vivono uomini e donne nei loro complessi rapporti di coppia che li porta a tradire, amare, desiderare, ingannare e nascondere verità difficili da dire perchè hanno paura di perdere tutto ciò che si è creato nell'arco delle loro effimere esistenze.
"La carne ci vuol poco a soddisfarla. E' il cuore che ha bisogno di amare, di disperarsi, di ardere di un fuoco qualunque...Ecco ciò che volevamo: bruciare, lasciarci consumare, divorare i nostri giorni come le fiamme divorano la foresta."
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Da leggere!
Questo romanzo, breve e noto, è un piccolo gioiello, che consiglio vivamente.
La vicenda inizia in modo tranquillo.
Originale la figura della voce narrante, il vecchio Sylvestre, play boy in ...disuso, che vive una vita solitaria , limitandosi ad osservare ciò che avviene intorno a lui, in questa tranquilla parte della provincia francese....
E pare che avvenga poco; le solite vicende, fidanzamenti, matrimoni, famiglie serene...
Ma qualche frase già fa presagire, fa intuire che non tutto è come sembra.
E mentre l'enigmatico Sylvestre continua ad osservare la piccola umanità che gli ruota intorno , si dipana ai nostri occhi tutta una storia di relazioni proibite, di tradimenti, di menzogne, di delitto.
Niente è come sembra, insomma.
Ed il finale , a sorpresa, è degno dei migliori gialli!
Mi sorprende sempre , nella Némirovsky, la capacità di rendere attuali -ed eterni - i drammi affettivi, le debolezze d'amore.
Scritto nel 1937, cioè più di settant'anni fa, racconta la passione, i cedimenti, le trasgressioni, come se fossero di oggi. Come quelli di oggi, nè più nè meno!
Certe riflessioni, certi brani, mi hanno dato da pensare.
Altri , li ho riletti un paio di volte.
Uno a caso.
..."Un gruppo di persone IN ETA' MATURA emana un senso di imperturbabilità : i loro organismi danno l'impressione di aver digerito tutte le portate pesanti, amare, piccanti della vita, eliminato tutti i veleni, e per dieci o quindici anni essi si trovano in uno stato di equilibrio perfetto, di invidiabile salute morale.
Sono soddisfatti di sè.
Il faticoso e vano lavorìo con cui la giovinezza tenta di adattare il mondo ai proprii desideri l'hanno già compiuto.
Hanno fallito, e ora si riposano.
Dopo qualche anno tornerà a invaderli un sorda inquietudine, e stavolta sarà quella della morte: essa altererà i loro gusti in modo imprevedibile, li renderà indifferenti, stravaganti o bisbetici, impenetrabili per le loro famiglie, estranei ai loro figli.
Ma tra i quaranta e i sessant'anni, queste persone godono di un'effimera pace."
Ho volutamente citato solo un brano di "riflessione", non toccando la storia: quella deve essere letta "da sè", senza averne già assaggiati dei passi.
Assolutamente consigliato. Alle donne in particolare!