Il barone e il guardacaccia
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Il padrone del padrone
Il Barone e il guardiacaccia è un romanzo ambientato nella Francia del 1848 ( Napoleone III), all’epoca del conflitto tra i bianchi monarchico-clericali e i blu repubblicani. Nell’ambito di quel conflitto si inserisce il rapporto teso fin dall’inizio tra padrone e guardiacaccia che stanno in campi specularmente rovesciati rispetto alla loro posizione sociale. Infatti il nobile è quello contrario ai privilegi della nobiltà e vorrebbe espropriarsi delle terre a favore della causa. Il guardiacaccia invece preferirebbe un padrone che facesse il padrone anziché un tipo strano che dirige male la proprietà e che manifesta comportamenti poco consoni. Il guardiacaccia è anche guardiano dei valori morali e famigliari messi in pericolo dalle stranezze del padrone, dalla sua frequentazione di donne leggere per scopi anche lì un po’ diversi dai soliti rapporti tra un padrone e donne leggere. Il grado di follia generale aumenta nel corso della storia, fomentato da dubbi, sospetti, pettegolezzi, dal desiderio del padrone di andare a Londra da Victor Hugo, idealizzato in sommo grado, cui il padrone attribuisce chissà che poteri e capacità nell’ambito di una eventuale rivolta. La stranezza del padrone viene a poco a poco letta dal suo subalterno come incapacità di vivere, come follia fino al totale apparente rovesciamento di ruoli che innesca la vera follia del padrone e non solo. Il romanzo prende una piega inquietante, e la lettura diventa tesissima. E’ molto bello il modo di narrare di Vallejo come se il narratore leggesse i pensieri della gente, in particolare del guardiacaccia. Nel finale c’è una interessante sovrapposizione tra i due antagonisti, quasi una identificazione,come se il male perseguito fino in fondo, portasse alla fine a una specie di vera e concreta uguaglianza psicomorale o di sovrapposizione, come sei due antagonisti diventassero in qualche modo una stessa persona che porta su di sé l’impronta di entrambi.