Il bambino senza nome
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una storia diversa
Mi sono sempre chiesta: "ma chi è sopravvisuto come ha proseguito la sua vita? cosa racconta ai suoi cari? chi lo circonda sa davvero qello che ha passato?"
Con questo libro ho avuto le risposte.
Un bambino che da solo ha dovuto affrontare tutte le sue paure, ha dovuto prendere scelte impensabili e strazianti che gli hanno condizionato l'intera vita.
Un bambino che fra tanti altri è stato "fortunato", ma al quale è stata strappata l'innocenza.
Un uomo che tuttora deve affrontare giorno per giorno le stesse difficoltà che ha passato da bambino e che ha un solo desiderio: ricordare il suo nome, la sua famiglia e la sua infanzia mai vissuta.
Un figlio che all'improvviso si rende conto di non conoscere il padre, il suo passato e che finalmente ha la possibiità di conosere la storia della sua vita.
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La storia dentro una storia
Prima di iniziare la mia recensione voglio dire che io ammiro molto gli scrittori che ci fanno entrare nella loro vita,scrivendo pezzi di storia propria perchè ci vuole molto coraggio per condividere la propria vita o un episodio significativo,come questo libro,con tutto il mondo.Detto questo...
Questo libro mi è piaciuto particolarmente perchè mi ha fatto vedere un pò il punto di vista di un piccolo bambino innocente che si ritrova così senza sapere a essere caporale delle SS,per convenienza anche se lui è orgoglioso di questa cosa ha sempre quella sensazione di non essere come loro,di non essere "puro". All'inizio della lettura credevo fosse una storia inventata perchè pensavo "io dei miei 5 anni mi ricordo poco e niente",ma poi mi sono resa conto che Alex ha vissuto un infanzia abbastanza traumatica e si sa che i traumi te li porti per tutta la vita.Sono felice di averlo letto perchè ho potuto scoprire cose sul nazismo che non sapevo,fatti importanti che non si sentono mai nominare. Io amo questo tipo di libri narrano la storia con dentro la storia della propria vita e non c'è niente di meglio che condividere quell'oretta con l'autore e viceversa.Da leggere e consigliato assolutamente!
La mia video recensione: http://www.youtube.com/watch?v=axbdC9Ov3tY
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Il bambino senza nome
Ho incominciato a leggere questo libro pieno di aspettative.
Una cosa che secondo me fa la differenza scrivendo libri su questo periodo storico sono i personaggi.I personaggi, compreso il protagonista, non mi hanno trasmesso quella sensibilità che dovrebbe essere il pane di una storia di questo genere. La prima parte scorre abbastanza ma, quando arriviamo verso la metà, si incomincia a sentire una certa noia.
Verso le ultime cento pagine l'autore fa riferimento ad alcune persone che telefonano e seguono i protagonisti mentre loro cercano di scoprire il passato.Chi sono queste persone? Si resta con tante domande senza una risposta.
Speriamo che con il prossimo libro andrà meglio!
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UNA STORIA INCREDIBILE
Una storia talmente incredibile, che sarebbe stata impossibile inventarla. Questo è quel tipo di libro, che per la delicatezza dell’argomento trattato, bisogna essere particolarmente ispirati per poterlo affrontare con lo stato d’animo giusto.
Ho trovato questa testimonianza molto particolare, quasi inverosimile ma tremendamente documentata con riscontri storici.
La storia ha inizio nel 1995, quando Alex Kurzem, dopo 50 anni decide di chiedere aiuto al figlio Mark per scoprire il suo vero nome e le sue origini.
Il figlio rimane chiaramente allibito da questa rivelazione tenuta segreta a tutta la famiglia e cerca di aiutare il padre alla ricerca delle proprie origini. I pochi ricordi del padre però sono legati alla memoria di quando aveva solamente 5-9 anni, periodo in cui era stato “adottato” come mascot da un squadrone della morte filo nazista in Lettonia. La cosa sconvolgente è il fatto che pochi sanno che in realtà questo bambino è di origini ebraiche, e il caso ha voluto che venisse preso come icona per la propaganda nazista, dipinto come un piccolo e valoroso soldato di pura razza ariana. Il bambino dovrà mantenere questo segreto, ma dovrà fare i conti con la propria coscienza essendo spettatore di uccisioni di massa proprio ad opera del suo popolo.
Partendo da due sole parole, che il padre ricorda molto chiaramente, come “KOIDANOV e PANOK”, apparentemente senza nessun significato, Mark dovrà dare un nome e una identità a suo padre.
Ho trovato questo viaggio nel passato molto interessante, ma anche avventuroso per la serie di circostanze che hanno comportato questa ricerca. Quello che invece forse manca al libro è un pizzico in più di emotività e coinvolgimento; dovuto probabilmente allo stile di narrazione molto giornalistico come se fosse descritto come una lista di avvenimenti fine a se stessi. La stessa storia, raccontata da uno scrittore di professionista, sarebbe stata a dir poco sconvolgente e strappalacrime. Devo però ammettere che una “lacrimuccia” mi è scappata lo stesso!
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Semplicemente noioso
Semplicemente noioso e a tratti banale se non irreale....un bambino ebreo eletto a mascotte da un nugolo tra i peggiori nazisti lettoni, che non viene mai scoperto perchè nessuno (tranne uno) l'ha mai visto nudo...direi abbastanza improbabile visto i tempi e la crudeltà nazista. In buona sostanza è un libro che si trascina abbastanza faticosamente per metà del suo contenuto, con questa storia narrata a spizzichi e bocconi da un padre (il bimbo senza nome) al figlio che ha sempre visto girare questo genitore con una valigetta dal contenuto misterioso...abbastanza patetico. La storia sarà anche vera, non lo metto in dubbio, anche perchè via web sono presenti alcune foto di cui si accenna nel libro stesso, però la trama è stucchevole monotona e ripetitiva, il tutto poteva essere narrato utilizzando metà delle pagine realizzate. In buona sostanza, viste le recensioni molto alte, mi aspettavo di più, visti i temi trattati generalmente sono sempre molto rispettosa verso chi ha vissuto un periodo così buio e tramento come lo è stato l'olocausto, che non DEVE essere dimenticato per nessun motivo per capire di cosa è capace la razza umana che tanto si vanta di essere migliore delle bestie....però se veramente si vuole riflettere su cosa sia stato quel periodo tremendo a mio avviso sono altre le letture che si devono affrontare, con molto rispetto e coraggio mi permetto di indicare alcuni titoli: "Se questo è un uomo"(P.Levi), "La tregua"(P.Levi), "Il Sistema Preiodico" (P.Levi), "La notte"(E. Wiesel). E questi sono solo alcuni. Buona lettura.
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Il bambino senza nome
Il bambino senza nome di Mark Kurzem racconta una storia vera: quella del padre dell'autore, scampato bambino a morte certa e "adottato" da un'unita' militare lettone filo nazista.
Siamo nei primi anni della seconda guerra mondiale in Bielorussia.
Un bambino ebreo di 5 - 6 anni riesce a sfuggire allo sterminio della popolazione ebrea del suo villaggio e dopo diverse peripezie viene catturato da un plotone di soldati lettoni che inspiegabilmente gli salvano la vita.
Solo un militare, il sergente Kulis, conosce la verità ma, pur sapendo di trovarsi di fronte ad un bambino ebreo, lo risparmia. In breve diventa la mascotte del reggimento che seguirà sino alla fine della guerra.
Questo bambino salvato e' il padre dell'autore del libro.
Tutta l'opera narra il percorso di questo bambino, divenuto poi adulto e padre di famiglia. Ad un certo punto egli sente dentro di se' l'urgenza di fare chiarezza nei ricordi di quel bambino e di conoscere la verita' sulle proprie origini. Inizia cosi', aiutato dal figlio, un viaggio a ritroso nel passato remoto della propria vita.
Il racconto si sviluppa su due piani, da un lato la ricerca storica che, con fatica, portera' il padre a ricevere le risposte a buona parte delle domande aperte da decenni. Dall'altra, mano a mano che la ricerca avanza, cresce e si approfondisce il rapporto padre - figlio.
Quale figlio conosce veramente suo padre? Questa e' la domanda provocatoria che inseriamo nel salvadanaio della nostra memoria dopo aver letto il libro.
Un'opera interessante da leggere e far leggere soprattutto alle giovani generazioni che non hanno, per loro fortuna, avuto a che fare con quei tempi cupi e non hanno piu', per loro sfortuna, un nonno o uno zio che possa raccontare loro quel periodo.
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ANGOSCIOSO
Angoscioso e spesso claustrofobico.
Lo stile dello scrittore è a volte eccessivamente scarno, povero di fantasia. Ma non puoi raccontare storie di questo genere con lo stile di Cooper o Dan Brown. Devi cadenzare anche tu, che leggi, i momenti del racconto, cercando non di immaginare i contorni e gli aspetti esteriori, ma la spiritualità ed il sentimento di chi racconta, l'emotività infantile e nascosta di chi, spaventato ma vitale, riesce a trovare e a cogliere la forza di sopravvivere in un ambiente ostile e sanguinario.
Non puoi raccontare ornando di orpelli letterari la paura e l'angoscia del padre e del figlio durante tutto lo straziante percorso a ritroso nel tempo.
Similitudini toccanti che si riscoprono anche nel libro "Gli scomparsi".
Non devi raccontare solo i fatti, o quello che scopri. Devi anche riuscire, e Mark Kurzem a mio parere ci riesce, a trasmettere il desiderio di comprendere ed assimilare l'angoscia, il terrore, il senso di ineluttabilità che traspare quando affiorano i ricordi sui condannati.
Un libro che insegna e che ci insegna che abbiamo forse capito quello che accadde. Ma non riusciremo mai a comprendere la sofferenza di coloro che, silenziosamente, sono scomparsi. Perchè anche chi è sopravvissuto, ha lasciato sul terreno una parte irrecuperabile di sè stesso.
Da leggere. Assolutamente.
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emozionante
in assoluto è tra i piu bei libri che abbia letto!
Nonostante la storia, non certo facile da trattare, il libro è scritto perfettamente, la lettura non risulta mai complicata e pesante, e ad ogni pagina si ha voglia di leggere la seguente e la seguente ancora.... e magari si decide di interrompere la lettura proprio perchè il racconto ci colpisce il cuore (ci sono scene molto intense) e si ha bisogno di riflettere per continuare.
E' stupendo.
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Se uno si perde poi si ritrova.
L'unico aspetto positivo che si riscontra nell'ormai sterminata messe di libri che, come un business tragico, viene editata per il 27 gennaio di ogni anno è, indiscutibilmente, la possibilità di accedere a testi finora sconosciuti nel nostro emisfero.
Questo libro, veramente bello, ne è la prova.
"The Mascot", questo il vero titolo selvaggiamente cambiato in : "Il bambino senza nome".
La storia ci proviene dal resoconto di un ricercatore di Oxford, esperto filologo della letteratura nipponica.
Australiano, Kurzem ha riscritto con una meravigliosa prosa empatica la storia di suo padre, bambino ebreo sfuggito ai massacri dei nazisti lettoni fino al punto, miracoloso, di divenirne la piccola mascot.
Libro eccellente che consiglio a tutti.
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Non mi ha emozionata
Sulla base di tutti i commenti e delle recensioni, sono passata in libreria per comprarlo. l'ho letto in un paio di giorni. si legge in fretta e si vuole arrivare alla fine.
La storia è sicuramente allucinante, il percorso a ritroso della vita di un anziano rimasto bambino è qualcosa che lascia il segno, ma il modo di scrivere, il narrare gli eventi, la progressione e le parole non mi hanno emozionata. la storia scorre, ti rendi conto che è tutto drammaticamente vero, ma il modo in cui è scritta sembra un block note in cui gli eventi vengono appunto raccontati da terza persona, con distacco direi. le emozioni, a parte le volte in cui lo scrittore da' al padre la parola e la trascrive, non sono "reali". ho trovato il distacco - nonostante sia il figlio a scrivere - e non ho trovato alcun modo di farmi entrare nella storia. una specie di cronostoria in cui ogni evento man mano passa come dato di fatto. non so spiegarmi, e non voglio sicuramente inimicarmi alcuna persona, ma quando leggo un libro la particolarità di questo è leggervi delle parole che mi creino un distacco dalla realtà, che mi portino a provare sulla mia pelle il tragitto intrapreso dai personaggi descritti, il farmi coinvolgere dall'ambiente, dalle parole, dalle sensazioni. questo non è successo, e forse perchè mi aspettavo tanto. nessun colpo al cuore, nessun fiato sospeso o voglia di rileggere una certa parte che mi è piaciuta.
ma forse era questo l'intento dello scrittore: poco coinvolgimento emotivo, e tanta voglia di raccontare un evento con cui approfondire anche la parte di storia meno "conosciuta".