Il bambino scambiato
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Conversazioni su nastro magnetico
Un romanzo ricco di contenuti interessanti, ma esige lettori “forti”.
È per il lettore motivato, quello curioso di conoscere lo stile di un Premio Nobel asiatico e leggere uno dei libri più sentiti della letteratura giapponese.
Bisogna saper apprezzare anche quando il ritmo narrativo rallenta. È il classico libro che fa dire “sono stremata, non c’è trama, non c’è azione”.
Per leggerlo e per comprenderlo è necessario avere una conoscenza generale della storia del Giappone, quella pre-bellica e quella immediatamente post-bellica, altrimenti non si comprendono appieno gli eventi narrati che fanno da sfondo.
Ultima raccomandazione: non lasciatevi ingannare dal titolo e dalla copertina.
Terminate le premesse un po’ scoraggianti, ma oneste e doverose, passiamo a qualche accenno della trama.
È il romanzo di un cuore spezzato da una perdita importantissima, quella di un amico, Goro, che prima di compiere il salto nel vuoto suicidandosi, invia a Kogito, il protagonista, una valigetta in duralluminio contenente delle audiocassette tramite le quali l’amico potrà continuare a sentire la sua voce e continuare una sorta di conversazione, come quelle cui erano soliti fare, riguardanti la vita, la cultura, la letteratura e il cinema.
Goro, l’amico (e anche cognato in quanto fratello della moglie di Kogito) era un importante regista giapponese, molto apprezzato anche in Europa e in America: un uomo brillante, intelligente, spregiudicato, amato dalle donne. L’opposto di Kogito, (nome di cartesiana memoria)ma legati indissolubilmente sin dalla gioventù. Il protagonista non riesce ad elaborare il lutto e rischia di dipendere troppo dall’ascolto delle conversazioni tramite il mangianastri che nel libro si chiama “Tagame”, e così incoraggiato anche dalla moglie e dal figlio disabile, va a Berlino per “disintossicarsi”, mettendosi in una sorta di quarantena dalla dipendenza dal Tagame. È talmente scioccato dal dolore e dal gesto dell’amico che non parla mai di morte o di suicidio, ma di un semplice trasferimento di Goro in un posto migliore, nell’al di là, come se l’al di là non indicasse un luogo remoto, ma un luogo raggiungibile attraverso l’ascolto della voce dell’amico su nastro magnetico.
A Berlino però Kogito scopre altri eventi ed altre persone che hanno fatto parte della vita dell’amico e, attraverso ricordi, conversazioni con se stesso, alla fine riesce a capire il motivo per cui Goro si sia suicidato e, grazie anche alla moglie, presenza costante e importante nella storia, affronterà il mistero profondo nascosto nella vita di lui, il suo trauma più grande.
Il protagonista è l’alter ego di Oe Kenzaburo, anche i familiari rispecchiano i componenti della sua vita reale, lo stesso suicidio dell’amico/cognato è veramente accaduto. Tale richiamo alla biografia è tipico dello scrittore. Addirittura in una della conversazioni tramite il Tagame, Goro fa una disamina del modo di scrivere e di intendere la letteratura di Kogito-Kenzaburo e, senza pietà ne descrive i difetti, tra cui una certa osticità (che ho riscontrato anche io!)
“È evidente che non ti sei mai lasciato influenzare né riguardo alle scelte del tema, né tanto meno in merito allo stile.(...) Ed è così che nasce il tuo stile così peculiare e inimitabile, di cui vai tanto fiero, il tuo modo di scrivere “dissociato e astruso”, come lo definisci tu. Molti lettori, sottoposti pagina dopo pagina a un vero e proprio bombardamento di immagini insolite e astruse, non saranno affatto propensi a comprare e a leggere un altro dei tuoi libri, a meno che non siano dei totali masochisti”
La presenza della criminalità giapponese, la yakuza, il terrorismo dei gruppi ultranazionalisti di destra che hanno reso la vita difficile allo stesso scrittore, la maternità, la paternità, l’amicizia, riflessioni sulla scrittura e sul cinema non solo giapponese, ma anche occidentale, degli ultimi tempi. Tantissimi i temi e i contenuti. Forse troppi. Viene da pensare che in quest’opera Oe abbia voluto creare il suo romanzo della vita, dove far confluire tutti i suoi pensieri e i suoi ricordi.
Il focus infatti è sui ricordi e sul passato, al punto che Kogito sembra vivere esclusivamente di quelli. Uomo dal carattere riflessivo, mite e modesto (mi ha fatto pensare a “Stoner” di Williams)scioccato dalla morte del miglior amico Goro, continua ad intrattenere con lui conversazioni tramite cassette e mangianastri. È proprio con questa conversazione con l’al di là che parte il romanzo, una parte abbastanza corposa, ricca di flashback e fortemente evocativa, tipica della scrittura di Oe, e giapponese in generale.
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Chiederò perdono per essermi nutrito di menzogna.
“Chiederò perdono per essermi nutrito di menzogna. […….] Ma neanche una mano amica! E dove attingere un soccorso?” È con Arthur Rimbaud che si identifica uno dei due protagonisti del romanzo di Kenzaburo Oe, “Il bambino scambiato”. È l’arte come finzione e menzogna che è al centro dell’opera di Goro, regista di successo, e di quella di Kogito, romanziere insignito del premio Nobel.
Ma non sono solo le citazioni tratte da “Une saison en enfer” che riportano al grande poeta maledetto quanto gran parte dell’atmosfera che si respira nel romanzo, quella narrazione ondivaga di anime sperdute su un bateau ivre. E se a Rimbaud si fa riferimento per rappresentare il viaggio dei personaggi attraverso il mistero della vita, alla ricerca di una verità rassicurante, è a Chagall che viene spontaneo pensare per quelle immagini che ci conducono in una dimensione onirica e lieve, priva di gravità. Il tentativo di Kogito, nome simbolico di cartesiana ispirazione, di rimanere in contatto con l’amico Goro, che si è lanciato in un estremo volo per chiudere la sua esperienza terrena, si effettua attraverso l’ascolto di una serie di cassette registrate dall’amico, contenenti ricordi del passato. Kogito interagisce con l’amico scomparso, con l’intento di stabilire un contatto con il mondo “outside overthere” .
Questo sembra essere il tema centrale del romanzo: tenere vivo il contatto con il mondo scomparso, anche a costo, come si evince dalle parole della mamma di Goro, di partorire nuovi figli per sostituire quelli defunti, non senza trasmettere loro tutte le esperienze e le conoscenze del bimbo defunto, in un ciclo ininterrotto di vita. In questa prospettiva si chiarisce la funzione misteriosa del changeling.
Un testo non semplice, ricco di riferimenti alla cultura occidentale e alle leggende dell’antico Giappone.
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Fragili nastri
Fra me e la letteratura giapponese non c’è decisamente feeling. E non riesco a capire perché. Questo libro racconta la storia di uno scrittore, Kogito, e del suo più vecchio e caro amico, Goro. Goro gli ha spedito una valigia piena di audiocassette, un messaggio ermetico, e, proprio in quei giorni, Kogito scopre che Goro si è tolto la vita, senza lasciare scritto nulla, senza un perché. Kogito cerca una spiegazione nella voce dell’amico, la cerca in queste audiocassette ed affronta così un passato che nasconde segreti che scombinano le carte anche della propria vita. La storia è intima, originale, interessante, ma, non so se per lo stile, per il ritmo, la lettura per me è stata davvero difficoltosa nonché estremamente lenta.