Il bambino con il pigiama a righe
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Una storia toccante e commovente.
Una storia toccante e commovente
Racconta gli orrori di Auschwitz dal punto di vista di Bruno, un bambino di 9 anni, che non sa nulla della guerra, degli ebrei, né dei campi di concentramento, nonostante suo padre sia proprio il comandante dei soldati del campo.
Questo libro era da tempo nella mia libreria e ho scelto di leggerlo proprio a gennaio in onore del Giorno della Memoria, perché per il passato non possiamo più fare nulla, ma ricordare è doveroso, affinché tragedie simili non accadano mai più.
Quando ero al liceo non mi piacevano le materie umanistiche, faticavo a studiare, ma la storia della seconda guerra mondiale e dell’Olocausto mi ha colpito particolarmente.
Da allora ogni anno leggo sempre almeno un libro che tratti questo tema, quest’anno è stato Il bambino con il pigiama a righe.
La particolarità di questa storia è che ci viene raccontata attraverso gli occhi di un bambino, non avevo mai letto nulla del genere ed è stato emozionante.
Questo romanzo mi ha lasciato una profonda tristezza, sono rimasta colpita dall'innocenza del protagonista e mi sono affezionata a lui fin dall'inizio.
Lo stile è semplice e scorrevole, il libro breve ma molto intenso, io l’ho letto in un weekend.
Il ritmo è tranquillo ma coinvolgente.
Il tipo di narrazione è particolare, i pensieri e le emozioni sono quelli di un bambino quindi così come i dialoghi e le domande che si pone, interrogativi a cui nessuno dà risposte soddisfacenti.
Tutte le descrizioni sono molto dettagliate, è commovente come vengono descritti luoghi, persone e situazioni.
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L'orrore con gli occhi di un bambino
La quarta di copertina di questo libro è fantastica, perché non ti racconta nulla del libro. E’ in linea con il mio modo di scegliere le letture, ovvero il lasciarsi prendere dal mix titolo-copertina, ed aspettarsi di tutto, perché in fondo ogni libro è un viaggio e solo dopo un viaggio puoi sapere cosa ti porti dentro. La storia è raccontata con gli occhi di Bruno, un bambino di nove anni, e, anche se molto presto capisci qual è il contesto storico e quali sono i fatti di cui è spettatore, ciò che più ti colpisce sono la semplicità, l’innocenza, la purezza, la delicatezza tipiche dei bambini. Dolcissima è l’amicizia con un altro bambino che compare nella storia, nato casualmente lo stesso giorno di Bruno, il paragone che naturalmente ti viene di fare fra i loro destini, l’aspettativa di quello che, in qualche modo, già ti aspetti che succeda alla fine, visto che sono due piccoli esploratori. Il tutto è raccontato in un modo tale che sembra quasi una favola. Ma una favola non è. E’ realtà. E’ storia. E purtroppo forse non solo storia.
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"Noi non dovremmo essere amici..."
Bellissimo e tristissimo. Il libro ci mostra la guerra dagli occhi innocenti di un bambino tedesco che non riesce a comprendere il motivo per cui alcune persone debbano restare rinchiuse in dei recinti come animali, perché debbano sempre indossare pigiami a righe, perché lui non si possa avvicinare ai recinti e perché non possa essere amico con uno di loro. Un libro che parla di un'amicizia proibita più forte dell'odio e della cattiveria. Un'amicizia pericolosa ma profonda che unisce due bambini apparentemente diversi ma in fondo uguali. Entrambi volevano un amico e si sono trovati.
"Ma qual era di preciso la differenza? E chi decideva chi doveva mettersi il pigiama e chi l'uniforme?"
Lo stile è semplice e scorrevole, adatto sia agli adulti sia a ragazzi di 12 anni.
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Secondo me tutti dovrebbero leggerlo almeno una volta
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Tu sei il miomiglior amico ilmio amico perla pelle
Questa terribile favola racconta l’amicizia tra due bambini uguali per età e per data di nascita, diversi per corporatura e peso, capacità di sopportare il freddo e il caldo, gioie e dolori, fame e sete, e infine uguali anche per destino.
Quando Bruno con la famiglia deve lasciare la sua bellissima casa di Berlino per trasferirsi in quella triste e piccola casa ad “Auscit” perché il papà è stato promosso dal Furio per un importante lavoro, il nostro piccolo amico è disperato. Le giornate si susseguono tutte uguali, senza nulla e nessuno con cui giocare. Inoltre c’è quella strana vista dalla finestra della sua camera, tutte quelle persone, anziani, donne, bambini, vestiti tutti uguali. Sente crescere una strana inquietudine impossibile da razionalizzare. Allora, nonostante i divieti, il suo spirito esploratore ha la meglio, ed è proprio durante una di queste esplorazioni che fa amicizia con quello che diventerà il motivo di affezione per quel luogo così tanto detestato.
Nasce un’amicizia che durerà per sempre.
Il piccolo Bruno non capirà mai del tutto, e resta sorpreso nel trovare il suo amico in casa propria a pulire i bicchieri di cristallo; perché ho le dita molto sottili gli spiega l'amico, ed effettivamente Bruno nota quanta differenza ci sia tra le loro mani, tra le loro dita....sarà in questa occasione che Bruno tradirà l'amico, dopo avergli offerto una fetta di torta non avrà il coraggio di difenderlo dall'accusa mossagli dal terribile tenente Kotler di averla rubata e anzi negherà perfino di conoscerlo. Bruno non sa perdonarsi, Shmuel lo perdonerà subito, nonostante le percosse che subirà dal tenente.
Il tedesco e l’ebreo rompono i confini dell’identità, non quelli del reticolato che li separa durante tutti i loro incontri. O quasi. Perché il piccolo Bruno manterrà fede alla promessa fatta al suo amico del cuore, e in un giorno di pioggia, incurante del pericolo dei tuoni, dei fulmini, del fango, percorrerà nuovamente la strada per raggiungere Shmuel, indosserà il pigiama a righe uguale a quello del suo amico e così, senza capelli, rasati precedentemente a causa dei pidocchi, passa dall’altro lato del reticolato per aiutarlo a cercare il papà che l’amico non trova più.
Adesso sono veramente amici, anzi io li vedo fratelli, e si tengono per mano, per sempre.
“Durerà molto la marcia?... Non lo so. .. Non ho mai più visto le persone che sono andate a marciare.”
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mah.... troppo ingenuo anche per un bambino
libro semplice scorrevole e facile da leggere.
forse non si capisce molto l'importanza della storia, di ciò che avviene in essa per colpa (causa) del linguaggio forse troppo semplice usato dall'autore per immedesimarsi in bruno.
di solito è la prima opinione che conta, quell'opinione che ti fai del libro la PRIMA volta che lo finisci di leggere...
ebbene io lo lessi a prima volta quando andavo alle medie, ed essendo ancora "giovane" potevo immedesimarmi bene nel pensiero di bruno anche se, mi risultava troppo stupido anche per me che ero un bambino...
dico, ok l'ingenuità di un bambino piccolo, ok la voglia di scoprire cosa c'è di là, ok l'immaginazione, ma qui siamo quasi nel ridicolo.... come si fa a pensare che "dall'altra parte" siano tutti felici e che fosse un parco per la gente (stesso vestito, bambini tutti insieme...) quando li vedi che sono tutti magri, denutriti, li guardi in faccia e li vedi tristi... non hanno nulla oltre ai loro vestiti e la capanna dove dormire...
va bene l'ingenuità del pensiero di un bambino ma qua si va nel ridicolo...
comunque di per se la storia è scorrevole semplice e carina poichè vista da un'altro punto di vista...
in ogni caso consigliato.
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Beata innocenza.
L'umanità si è abituata (a ragion veduta) a considerare gli ebrei le vittime e i tedeschi i carnefici...ma che succede quando in Germania cresce e nasce un bambino che non ha idea di stare dalla parte cattiva del filo spinato? Questo libro pone il lettore davanti ad una nuova visione che si ha del bene e del male, portando ad ignorare le origini di Bruno, fiero tedesco figlio del Comandante, a favore della dolcezza del rapporto proibito tra i due bambini, destinati ad incontrarsi e in un certo senso, a non lasciarsi mai.
Bruno sa che "il Furio" ha grandi progetti per suo padre; dopo una giovane e successivamente sedata ribellione, finisce per adattarsi a tutto quel cemento e a quelle strane persone con i pigiami tutti uguali che vivono al di là della rete, senza però capire mai a fondo il perchè di tutto. Servirà l'amicizia con quel magro e pallido bambino ad aprirgli gli occhi, quel tanto da rivalutare la realtà che gli hanno sempre somministrato a suon di disciplina ma non abbastanza per cancellare dal suo cuore l'innocenza che rende i bambini l'unica voce vera del mondo.
Libro meraviglioso.
Consigliatissimo.
P.s Il film guardatelo dopo!!!
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La favola che nessuno vorrebbe leggere
Ci sono le favole di Andersen che hanno segnato l'infanzia di tutti i bambini d'occidente.
Ci sono le fiabe dei fratelli Grimm che hanno cullato i bambini prima della nanna.
E c'è la favola di Boyne.
Questa favola, perché lo è alla fin fine, dovrebbe essere raccontata a tutti i bambini tra Cenerentola e Hansel e Gretel. Perché insegna qualcosa che solo una tragedia come l'Olocausto è in grado di insegnare: l'amicizia, la sincerità, l'affetto incondizionato, spregiudicato, senza confini.
Consigliato a tutti, per una lettura che colpisce nel profondo per l'ingenuità e l'impotenza di fronte all'inverno della civiltà umana.
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Una bella favola triste
La retrocopertina di questo libro, diversamente dal solito, non riassume la trama e non dà che una vaghissima indicazione del contenuto. Mi attengo anche io a questa scelta. Mi limiterò a dire che il libro riguarda un periodo di circa un anno della vita di un bambino di nove anni, Bruno, la cui storia viene raccontata in terza persona, utilizzando il linguaggio e simulando la capacità di analisi di un bambino di quell’età.
Non è un libro per l’infanzia, però. È destinato agli adulti che vedranno il ristretto mondo di Bruno - siamo a metà del secolo scorso, in pieno olocausto - attraverso i suoi occhi e la sua sensibilità.
Bruno fa fatica a comprendere appieno quel che vede e quel che sente, ad una realtà incomprensibile sovrascrive i sentimenti e le sensazioni a lui noti: i bambini sono bambini e secondo lui vivono tutti una vita simile alla sua, circondati da affetti simili ai suoi.
L’amico che si sceglierà ha un vissuto molto diverso dal suo ma - reso più maturo dalla sofferenza - non sarà capace o non vorrà cancellare la visione serena della vita che Bruno gli presenta, accontentandosi di godere di un affetto e di un’amicizia che non può avere nel suo mondo.
Il finale è amaro e non potrebbe essere diversamente, visto il luogo e l’epoca di cui si narra.
La lettura è facile e scorrevole, sarebbe bello poter pensare che si tratti solo di una favola.
[…] “La Polonia”, disse Bruno pensieroso, soppesando la parola. “Non è bella come la Germania, vero?”
Shmuel si accigliò. “Perché no?” chiese.
“Beh, perché la Germania è la più grande di tutte le nazioni” disse Bruno ricordando una cosa che aveva sentito dire più volte al padre intento a parlare col nonno. “Noi siamo superiori.”
Shmuel rimase zitto a fissarlo, e Bruno desiderò cambiare in fretta argomento, perché anche se aveva detto quelle parole il loro suono non gli piaceva e l’ultima cosa che voleva è che Shmuel lo giudicasse cattivo. […]
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IL BAMBINO CON IL PIGIAMA A RIGHE
"Heil Hitler" disse Bruno. Convinto che fosse un altro modo per dire "Arrivederci e buon pomeriggio".
Bruno è un bambino di nove anni che vive felice a Berlino con la sua famiglia. Quando il padre, un comandante nazista, ottiene una promozione, la famiglia si trasferisce in un posto lontano, che a Bruno appare molto brutto e terribilmente noioso. Lì vicino non ci sono altre case o famiglie, c'è solo un reticolato, al di la del quale vivono tantissime persone, ci sono delle baracche e, in fondo, un paio di costruzioni con il camino. I grandi chiamano quel posto Auscit.
Difficile fare una recensione di un libro così toccante e profondo. E' un viaggio in un mondo terribile, la cui crudeltà risulta ovattata perchè filtrata dagli occhi ignari di un bambino. Un bambino che, con la sua ingenuità ed innocenza, non riesce a spiegarsi una realtà che risulta ancora oggi impossibile anche solo da immaginare.
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Bruno e Shmuel
Si tratta di un libro che narra la tragedia dell’Olocausto attraverso l'amicizia di due bambini, uno tedesco e uno ebreo, con uno stile che rappresenta realisticamente l’orrore del nazismo.
Bruno è un tranquillo bambino di nove anni figlio di un ufficiale nazista, il quale con la promozione porta la famiglia a trasferirsi dalla loro comoda casa di Berlino in un’area desolata in cui questo ragazzino non trova nulla da fare e nessuno con cui giocare.
Un giorno essendo molto annoiato e spinto dalla curiosità, Bruno ignora le continue indicazioni della madre, che gli proibisce di esplorare il giardino posteriore e si dirige verso la ‘fattoria’ che ha visto nelle vicinanze. Lì, incontra Shmuel, un ragazzo della sua età che vive un’esistenza parallela e differente dall’altra parte del filo spinato. L’incontro di Bruno col ragazzo dal pigiama a strisce lo porta dall’innocenza a una consapevolezza maggiore del mondo degli adulti che li circonda, mentre gli incontri con Shmuel si trasformano in un’amicizia dalle conseguenze terribili.
È un libro bellissimo e toccante, molto consigliato agli amanti del genere.
Il finale mi ha lasciata spiazzata, non credevo proprio la storia terminasse in questo modo.