Il Bafometto Il Bafometto

Il Bafometto

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Tra le accuse infamanti rivolte ai Cavalieri Templari nel corso del processo a loro intentato dall'Inquisizione nei primi anni del Trecento c'erano quelle di sodomia, eresia e idolatria; veneravano, si disse (e li si costrinse a confessare sotto tortura), un idolo oscuramente legato alla tradizione gnostica e a pratiche alchemiche, nonché alla simbologia del Graal e al Femminino Sacro: il Bafometto. Da allora, questa figura alata e munita di corna, dai tratti somatici bestiali e androgini (il cui nome ha un'origine quanto mai incerta), è stata ripresa, usata e sfruttata da occultisti di ogni tipo e, come le storie dei Templari in genere, ha dato origine a una proliferante letteratura romanzesca. Agli antipodi di tutto ciò, Klossowski ci regala, con l'ultimo romanzo da lui scritto, un'opera che è un azzardo visionario, dove i personaggi, prima ancora di avere un nome, sono «soffi», ovvero potenze invisibili che occasionalmente diventano corpi tangibili e abitano un Medioevo fantasmatico – per poi spostarsi, con un capovolgimento del tutto inatteso, nel 1964, sulle rive della Senna, in una stanza destinata a strani rituali, dove li ritroviamo di nuovo sotto forma di «soffi». Ciò che avviene nel Bafometto è l'abbandono al mondo ridivenuto favola, dove il passato è intercambiabile con l'attuale – e dove forse la storia dei Templari è il massimo di attualità possibile. E c'è tutto il sulfureo universo klossowskiano, in cui si mescolano erotismo e sacralità, perversione e trascendenza: perché ciò che rende «stupefacente» l'opera di Klossowski, ha scritto Deleuze, è proprio «l'unità di teologia e pornografia ... qualcosa che chiamerei pornologia superiore».



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Il Bafometto 2019-09-06 15:23:10 DanySanny
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DanySanny Opinione inserita da DanySanny    06 Settembre, 2019
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Tutt'intorno a un ragazzo androgino

Questa estate mi è capitato di leggere prose e stili molto complessi, a tratti misteriosi: dai virtuosismi cubisti di Faulkner, al melodioso barocco di Virginia Woolf, fino alla scrittura indocile, primordiale, amazzonica di Clarice Lispector, ma mai come qui ho dubitato delle mie capacità di comprensione. Klossowski scrive un libro particolarismo, un pastiche letterario che salda insieme generi diversi: dal giallo-mistico-documentaristico del lungo prologo (che inganna con la sua facilità di lettura), alle criptiche, oscurissime dissertazioni della parte centrale, fino ai toni francamente parodistici della parte finale. Quale sia la natura di questo libro, ancora mi sfugge, ma certo rispecchia il gorgo centrale attorno a cui ruota tutto il romanzo: il Bafometto, entità multiforme, prometeica, tesa in continua metamorfosi, emblema di una forza ineluttabile come il divenire incessante delle cose, ma, contemporaneamente, vessillo di una cultura alchemica, sotterranea, massonica, che scopre la divinità solo nell’abiezione più turpe. A complicare il quadro, già criptico per chi, come me, è digiuno di conoscenze gnostiche (come Carpocrate e altri cui spesso si fa riferimento),c'è il mondo immaginato da Klossowski, fatto di corpi che, dopo la morte, diventano soffi, vuoti e trasparenze, preda di un vorticoso peregrinare, che si uniscono e disciolgono e che infine tornano corpi e ancora si dissolvono nell’aria, nell’attesa di quel Giudizio Universale che ricongiungerà le anime alla carne. Questa rarefazione dei personaggi comporta il passaggio ad un linguaggio aereo, con cui è necessario prendere confidenza e che continuamente si infrange nelle allusioni difficilissime dei monologhi dei personaggi. Non contento, Klossowski annulla il tempo e fa incontrare personaggi distantissimi: al Gran Maestro dell’ordine dei templari, si affianca una inedita e inintelligibile Teresa d’Avila, a Filippo delle Due Sicilie si affianca Federico l’Anticristo, dal medioevo al seicento e infine al pieno novecento.

Questa peculiare visione del tempo si rifà, non a caso, alla filosofia nietzschiana (di cui Klossowski è cultore) dell’eterno ritorno: l’idea cioè che dopo la morte di Dio professata dal filosofo, è l’uomo fattosi oltre-uomo, nell’infinto imperio della propria volontà di potenza, ad aver deciso ogni azione così da trasformare quello che è stato in un “così volli che fossi” e a portare così il peso di un eterno ripetersi dell’uguale che non è altro che l’eternità di ogni istante. Così, nella dissoluzione della linea del tempo, Klossowski confonde passato e futuro, si avviluppa in concettose discussioni e costringe il lettore ad uno sforzo intellettuale enorme. Per altro Nietzsche compare anche in una delle scene più riuscite del libro, come enorme formichiere che si professa Anticristo (celebre opera da lui scritta), ma che viene scambiato con un altro Anticristo, Federico di Svevia. In questo credo di cogliere una ragione peculiare del romanzo: la parodia infinita dei modelli, il giocoso mescolare secoli e visioni filosofiche, il gusto teatrale per scene che finiscono per essere un enorme Satyricon.

Da ultimo, ma non per importanza, il perno di tutta la storia: il ragazzo appena quattordicenne che seduce i Templari col suo corpo, lo stesso in cui decide di penetrare Teresa d’Avila, lo stesso che diventa incarnazione del Bafometto, androgino e poi ermafrodito, che più volte viene impiccato, spogliato, usato come tramite di oblio e perdizione. Un ragazzo dai lineamenti efebici che fa da base per le numerose scene di porno-teologia del libro, tra latte e seme, seni e falli. Non so, e probabilmente non ho compreso, il fondo di questo libro; sicuramente un romanzo che richiede conoscenze culturali forti, una buona dose di pazienza e anche un certo disincanto per non dare troppo peso a quelle molte scene che, mi sia concesso, sono di un trash quasi raccapricciante e non adatte, immagino, a tutte le sensibilità. Per i coraggiosi, c’è una bellissima descrizione della famosa statua del Bernini raffigurante l’estasi di Santa Teresa e un uso del linguaggio metaforico a tratti geniale.

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