Narrativa straniera Romanzi I pesci non hanno gambe
 

I pesci non hanno gambe I pesci non hanno gambe

I pesci non hanno gambe

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Tutto comincia con l’amore, questa «esplosione solare che ti distrugge la vita e rende abitabili i deserti», ma che con il tempo può raffreddarsi diventando un banale martedì. È allora che Ari, poeta di vocazione ed editore di successo, manda tutto in frantumi, tradisce sua moglie e i tre figli e fugge dall’Islanda. È allora che sua nonna Margrét, un secolo prima, ritorna dal Canada piena di sogni e libertà, si toglie il suo vestito americano per il marito che si è scelta, ma si ritrova soffocata da un villaggio di pescatori che destina l’uomo al mare e la donna a un’inerte solitudine. Ed è l’urgente ricerca di se stessi e della felicità a guidare questa insolita storia famigliare, che procede a flashback nel tempo e attraverso i due angoli opposti d’Islanda, da un arcaico fiordo dell’est alla piana di Keflavík, «il posto più nero del paese», che ha avuto il suo unico periodo di splendore all’epoca della controversa base americana, quando navi cariche di prodotti mai visti venivano accolte come messaggere di nuovi tempi, ponti verso il mondo e la modernità. Una storia di pescatori che vogliono navigare fino alla luna e di astronauti americani che si addestrano all’allunaggio nei campi di lava, di giovani sognatori che scoprono i Beatles e i Pink Floyd e di monelli che assaltano i camion USA per fare scorta di M&M’s. Un romanzo corale in cui tanta voce hanno le donne e la stessa natura parla per raccontare l’anima di un paese, e quel potere delle parole di dare corpo ai desideri e decidere destini, di farci affrontare le acque più insidiose, anche se non sappiamo nuotare, anche se i pesci non hanno gambe.



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I pesci non hanno gambe 2019-03-23 20:58:41 Molly Bloom
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Molly Bloom Opinione inserita da Molly Bloom    23 Marzo, 2019
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Dolce e amaro

Ho iniziato a leggere questo libro pensando che fosse un libro colorato, fresco, estivo, leggero...ebbene è tutto il contrario. Voglio cominciare dal finale, che lascia spiazzati e da una grande lezione di vita: che nulla è come sembra, la realtà non è ciò che noi vediamo con i nostri occhi, pigri ad indagare, e la nostra visione di vita, fatta dalle nostre idee, dalle percezione che riceviamo dall'esterno e dai nostri pensieri, non può mai essere uguale a quella di un'altra persona, ecco perché non ci capiamo mai tra di noi. A volte bisognerebbe lasciare più spazio al silenzio che alle parole, e apprezzarlo di più perché è più profondo. E l'autore da questa lezione in un modo abbastanza forte, che non te lo aspetti, come se all'improvviso ti facesse uno scherzo e tirasse con forza il tappetto che il lettore ha sotto i piedi.
L'io narrante (che ancora devo capire bene chi sia) espone una storia di tre generazioni, condotte parallelamente durante la lettura, tra neve, pioggia, vento, montagne, gelo, occupazione americana e pesca, attività economica principale dell'Islanda, paese d'origine dell'autore e dove il libro è ambientato. E' lui stesso, ad un certo punto, che spiega al lettore perché: per farci capire che tutto invecchia, che tutto si trasforma, che ciò che era un germe fresco, è sbocciato, bruciato di passione, appassito, invecchiato e poi sparito. La vita è questa, e bisogna fare molta attenzione alle nostre scelte, bisogna cercare di guardare nel migliore dei modi questa realtà oggettiva che ci circonda, perché tornare indietro non si può, e le scelte sbagliate non cadono nell'oblio, ma si trasformano in nostalgia, rimorsi e solitudine, che "sono sassi da portarsi dietro negli anni".

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