I passanti
Editore
Recensione della Redazione QLibri
Ombre
Una storia con il sottofondo della musica, la musica di Verdi. Per tutto il libro la musica riempie i vuoti tra le persone, riempie la mancanza di parole, il vuoto indicibile di tutte le vite.
"Come quando rincasavo e già dal piano terra sentivo la sua voce che attaccava sempre sulla stessa aria, il disco di Verdi che mi ha regalato, quello che volevo.
A volte mi manca. E poi, altre volte, è il contrario. Tutto diventa terribile, prende corpo, tutto ricomincia, e allora la musica la sento di notte che ronza come uno strano canto, e quel ritmo, quel respiro, la mano sulla ringhiera, il pavimento che scricchiola, la luce del corridoio, sai, il temporizzatore, e allora tutto mi torna in mente, ed è colpa della musica se succede e vorrei che mi portassero via tutta quella musica e poi,
ascolto ancora."
La vicenda che non è mai raccontata e sta alla base di tutti i monologhi è lo stupro di una ragazza, Claire. Il libro è fatto di monologhi in cui l'io monologante cambia in continuazione. Ho dovuto rileggere alcune parti all'inizio perchè non riuscivo a capire chi parlasse. A volte è Claire, a volte l'amica e vicina Cathe, a volte lo stupratore. Ma non pensate a Marai, perchè la scrittura è molto diversa. Non c'è introspezione del personaggio, differenziazione psicologica, no. Le voci sono tutte simili, non c'è cambio di tono. Tutti i personaggi sono parte dell'unica anima dell'autore che sembra parlare sempre di se stesso con le voci dei diversi personaggi.
Le persone non sono mai descritte direttamente, come se non avessero una precisa consistenza ma attraverso particolari: gli occhiali, il cappotto rosso, lo smalto delle unghie. La violenza stessa è vissuta attraverso particolari irrilevanti: la mano sulla ringhiera, lo scricchiolio delle scale.
La voce narrante dello stupratore non è diversa dalle altre, lo stesso vuoto di vita, lo stesso bisogno di un incontro, di un contatto umano impossibile. Lo stesso desiderio/invidia per le vite degli altri di cui ci si sente solo spettatori come il pesce rosso che guarda il mondo dalla sua boccia, separato da tutti. Cathe e lo stupratore sono simili, lo stupro stesso riporta Claire indietro, rispetto alla sua felicità, rendendola più simile alle altre voci narranti. Lo stupro serve a ripristinare un equilibrio momentaneamente rotto.
Il sentimento innominabile è la gelosia per la pienezza della vita altrui. Della vita che sembrava uguale e uguale non era.
"Perchè ci accorgiamo che le vite che sembrano uguali, col cavolo, non lo sono affatto, perchè quelli che ci capiscono non capiscono noi ma solo loro stessi.E noi amiamo l'estraneità degli altri per ciò che di noi vorremmo amare ma non capiamo."
La narrazione è fatta con un linguaggio originalissimo che a volte sembra un ibrido, ma un ibrido riuscito, con la poesia, senza quel tocco narcisistico che di solito caratterizza simili approcci. Con un tono, al contrario, dolente, di ricerca interiore che fa stare appesi alle parole.
Per sottolineare questo aspetto, a volte l'autore termina la frase con una virgola, omette una parola, lascia la frase interrotta come incomplete sono le vite descritte.
A volte, soprattutto verso la fine del libro, i personaggi vanno molto vicini a un incontro. Si pensa che alla fine qualcosa succederà.
Ma,
"io vorrei parlarle ma per dire cosa, se tutto quello che si può dire si sa già, ed è l'aria improbabile delle nostre mani, il pallore della nostra pelle o ciò che di noi arriva prima di noi stessi, forse, a dire che non siamo qui per continuare a mentire, che vorremmo, niente, niente-non volevo disturbarla."
La traduzione è molto buona, l'edizione curata. C'è anche a fine libro un commento del traduttore che spiega il suo lavoro e l'opera. Se ho ben capito, l'editore si ripropone anche l'encomiabile compito di salvare e riproporre capolavori del 900 dimenticati.