I fiori blu
Editore
Recensione Utenti
Opinioni inserite: 7
Top 100 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Un'opera spiazzante e caleidoscopica
Quando un libro riesce a colpire il lettore fin dalle prime righe grazie all’originalità e capacità creativa dell’autore, l’opinione non può che essere positiva. Queneau inventa un romanzo che fin dalla prima pagina è tutto un programma: “ Il venticinque settembre mileduecentosessantaquattro, sul far del giorno, il Duca d’Auge salì in cima al torrione del suo castello per considerare un momentino la situazione storica….Gli Unni cucinavano bistecche alla tartara, i Gaulois fumavano gitanes, i Romani disegnavano greche, i Francesi suonavano lire, i Saracineschi chiudevano persiane..”.
Battute, giochi di parole, proverbi rivisitati (“Il diavolo fa le pentole ma non i Copernichi”) sono la struttura portante di una storia nella quale due protagonisti si alternano, quasi come se si scambiassero il testimone in una gara a staffetta. Da una parte il Duca d’Auge, nobile signore della provincia francese fortunato possessore di due cavalli parlanti e molto sapienti che terrorizzano la gente, oltre che piuttosto irriverente nei confronti del re e della chiesa, dall’altra invece il suo alter ego, Cidrolin, che vive alla periferia di Parigi a bordo di una chiatta e passa il suo tempo a riverniciare la vicina staccionata imbrattata da uno sconosciuto con scritte ingiuriose nei suoi confronti. La dimensione onirica è alla base della narrazione di questo romanzo, felicemente e superbamente tradotto da Italo Calvino, in cui, come si interroga lo stesso Calvino, non si capisce se è il Duca d’Auge a sognare di essere Cidrolin o se viceversa è questi a sognare di essere il Duca (“I miei sogni – disse Cidrolin-, li scrivessi, farebbero un romanzo”). Come per magia infatti, ogni volta che Cidrolin si addormenta sulla sua chiatta, dopo avere gustato un bicchiere all’essenza di finocchio, è come se si risvegliasse nei panni del Duca con il potere di viaggiare nel tempo, da un periodo storico all’altro, passando dal Medioevo e dalle crociate, alla Rivoluzione francese, fino a quando i due protagonisti si ritroveranno vis a vis in prossimità della Senna e della chiatta di Cidrolin.
Queneau scrive un romanzo totalmente fuori dai canoni tradizionali, risultando spiazzante e fuori da ogni logica, riuscendo a creare un “cocktail letterario” in cui storia, sogno, filosofia vengono sapientemente mischiate e irrorate da una massiccia dose di umorismo. Per la cronaca “i fiori blu” del titolo (che si ritrovano citati tanto all’inizio quanto alla fine del libro) sono un omaggio a versi di Baudelaire e dovrebbero richiamare l’idea di romanticismo e nostalgia di una purezza perduta.
Indicazioni utili
esercizi di stile
Un romanzo di sogni e sul sogno, di invenzioni linguistiche, di storia e di psicoanalisi. I fiori blu, come ricorda lo stesso Calvino nella sua introduzione, è un verso preso a prestito da Baudelaire ed indica ironicamente la nostalgia della purezza perduta.
Il suo testo si basa su giochi di parole del tutto geniali, un esercizio di stile fuori dai canoni e dagli schemi convenzionali della scrittura, come tutti i libri dello scrittore francese.
L’autore entra nella Storia, affronta il tema della giustizia, il potere della Chiesa e la politica coloniale della Francia, tutti argomenti che saranno narrati in maniera surreale e con un’intelligente ironia. Un testo coinvolgente non solo per la genialità stilistica, ma soprattutto per le posizioni politiche e filosofiche dello scrittore, amante di tante discipline e, non per ultima, anche della matematica.
Sono due i protagonisti principali del romanzo: il Duca d’Auge e il pigro Cidrolin, uno entra nella vita dell’altro attraverso il sogno. Mentre il Duca d’Auge esce ed entra in diversi periodi storici, Cidrolin, uscito di prigione, con il suo tempo immobile all’anno 1964, vive su di una chiatta ormeggiata sulle rive del Quai con l’unica occupazione di riposare e bere essenza di finocchio. Di tanto in tanto il suo ozio verrà interrotto: deve provvedere, infastidito, a dare mani di vernice sulla staccionata della banchina per eliminare quella scritta infamante assassino, con la quale uno sconosciuto si ostina a imbrattargli il cancello.
Cidrolin trascorre le sue giornate sognando il suo alter ego, il Duca d’Auge che, intento nelle campagne d’armi, dopo innumerevoli avventure, alla fine, giungerà da lui. Le loro vite, a questo punto, avranno un percorso comune…
Indicazioni utili
Il significato oltre il significante
L'opera letteraria di Raymond Queneau, che pure si sviluppa prevalentemente dopo il secondo conflitto mondiale, affonda prepotentemente le sue radici nel periodo precedente, ed in particolare nella Parigi surrealista degli anni '20 e '30 del novecento. Infatti Queneau, se non fu uno dei principali protagonisti di quella stagione, non rivestì neppure il ruolo di mera comparsa, e la sua amicizia con Breton prima e con Bataille poi segna profondamente i tratti della sua poetica.
Queste radici sono evidenti anche ne 'I fiori blu', opera tarda dello scrittore (fu pubblicato nel 1965) che però mantiene la freschezza e l'originalità che caratterizza tutta la scrittura di Queneau, e che ne fanno a mio avviso uno dei grandi autori del secondo novecento europeo, in grado di regalarci opere da un lato godibilissime e dall'altro caratterizzate da una complessità strutturale e compositiva che permettono a chi vuole andare sotto la superficie del testo di trovarvi la pluralità di elementi di riflessione e di piani di interpretazione che solo la grande letteratura sa dare.
Prima di cercare di addentrarsi nella gioiosa (ma anche drammatica) sarabanda de 'I fiori blu', credo sia utile spendere qualche parola sulla sua traduzione. 'I fiori blu' è infatti il classico libro intraducibile, in cui il linguaggio non è lo strumento neutro attraverso il quale l'autore descrive le situazioni, ma è esso stesso creatore delle situazioni, latore assoluto del senso delle cose che l'autore vuole consegnarci. 'I fiori blu' è a mio avviso il classico esempio in cui il significante (la parola) non descrive il significato (il fatto, la situazione), ma lo determina. In altri termini (ed in questo si vede tra l'altro tutto il debito dell'opera con la grande letteratura del primo novecento) il linguaggio usato non determina solamente il tono dell'opera, ma 'è' l'opera stessa, che non potrebbe essere ciò che è se fosse stato usato un altro linguaggio. Questo problema, comune tra l'altro a gran parte delle opere poetiche, determina l'intraducibilità pratica di quest'opera in una lingua diversa dal francese usato da Queneau, che è un francese ricco di giochi di parole, arcaismi, neologismi, parole inventate, lessico popolare e quant'altro. La nostra fortuna è che questo libro è stato tradotto da un grande, da Italo Calvino.
In altri casi mi è capitato di scagliarmi contro le traduzioni effettuate da scrittori, che in genere tendono a soffocare lo spirito originale dell'opera sovrapponendovi il proprio ego letterario. Il caso de 'I fiori blu' tradotto da Calvino è invece completamente diverso. Due fattori concomitanti, la grandezza letteraria del traduttore e la sua vicinanza culturale (nonché la sua amicizia) con l'autore, hanno fatto sì che l'intraducibile opera venisse tradotta (per quanto ne posso capire non avendo letto l'originale) conservandone l'essenza comunicativa originaria. Certo, Calvino ha dovuto in alcuni casi italianizzare ambiti, frasi e detti, ha dovuto modificare giochi di parole, attributi e neologismi per renderli comprensibili al pubblico italiano, ma lo ha fatto a mio avviso avendo in mente con precisione quale era il ruolo che il linguaggio svolgeva nell'opera originale, e non tradendo mai questo ruolo. A questo proposito la 'Nota del traduttore' posta alla fine del libro (a proposito, quanta finezza e modestia da parte del più grande intellettuale italiano degli ultimi decenni in quel titolo di servizio) è veramente illuminante, oltre che a tratti quasi commovente per come Calvino quasi si scusa per le inevitabili manipolazioni del testo originario e per come, inevitabilmente, non gli sia stato possibile rendere appieno i calembour linguistici di cui è infarcito. Tra l'altro in questa nota Calvino non si limita agli aspetti tecnici della traduzione, ma fornisce diversi approcci all'interpretazione del testo. Credo che solo un grande letterato come lui fosse in grado di rendere in italiano un'opera così prettamente francese come 'I fiori blu'.
Il linguaggio di Queneau (mediato da Calvino) rappresenta quindi il primo strato interpretativo in cui si imbatte il lettore de 'I fiori Blu', strato che come detto determina in gran parte l'essenza stessa dell'opera. Ci si diverte molto, sin dalle prime righe, sin da quell'elenco di resti del passato che il duca d'Auge osserva dalla sua torre, da quei normanni che bevevan calvadòs.
Se il linguaggio in Queneau è un elemento essenziale della costruzione del testo, non si deve però credere che la scrittura sia fine a sé stessa: 'I fiori blu' non è un 'esercizio di stile', è linguaggio che determina una storia (meglio, due storie; meglio ancora due storie che rappresentano la Storia) la quale interagisce a sua volta con il linguaggio per formare una miscela potenzialmente esplosiva. La storia narrata, o meglio determinata dal linguaggio di Queneau, finisce così per affrancarsi dalla lingua che la esprime, e ad emergere per sé stessa: così, se pure è il significante a determinare il significato, alla fine è come se ci abituassimo al primo e ci concentrassimo sul secondo. E' questo che mi fa dire che 'I fiori blu' è grande letteratura: Queneau non vuole rappresentare, vuole esprimere, servendosi di un significante che però esprime pur sempre, determinandolo, un significato.
Le storie sono due: quella del Duca d'Auge, sorta di personaggio immortale che attraversa la storia francese dal 1264 al 1964 in 5 tappe separate ciascuna da 175 anni, e quella di Cidrolin, apatico ed anzianotto signore che vive su una chiatta sulla Senna alla periferia di Parigi appunto nel 1964. I due si sognano a vicenda, nel senso che quando uno si addormenta proseguono le vicende dell'altro: finiranno per incontrarsi nella parte finale del libro.
Auge, come detto, attraversa la storia francese toccandone alcuni momenti topici (tra l'altro i salti di 175 anni lo portano anche nel 1789). E' un feudatario, e come tale si trova spesso in contrasto con il re per difendere i suoi privilegi. E' amico e difende alcuni dei personaggi più irregolari e controversi della storia di Francia, come Gilles de Rais (di cui si occupò anche Bataille) e D.A.F. De Sade. E' violento, crapulone e opportunista, si affida ad un alchimista e maltratta ed umilia i rappresentanti della chiesa. Viaggia in compagnia di un paggio (che spesso picchia) e di due cavalli parlanti (Demostene e Stèphan). Quando scoppia la rivoluzione, fiuta la mala parata e invece di partecipare agli stati generali ripara in Spagna andando a dipingere le grotte di Altamira. Rappresenta secondo me l'uomo di potere francese, con i tratti che gli sono innati e quelli che accumula ed affina dalle vicende storiche che si susseguono: le vicende di Auge ci narrano anche per certi versi, attraverso episodi spassosi ma puntuali, l'evoluzione storica dell'intera società d'oltralpe nel corso del tempo.
L'indolente Cidrolin, che è il suo opposto (ma è anche il suo alter-ego: entrambi si chiamano Joachim), esemplifica il possibile risultato umano di tutto il grandioso movimento della Storia attraverso la quale è passato il Duca: l'emarginazione culturale ed umana di Cidrolin, il suo essere succube delle circostanze, il suo triste adattamento ai rovesci della vita tramite il bere e l'inattività sono paradigmatici dell'esclusione, in un tempo in cui le energie della storia sembrano esaurirsi, ed in cui l'unica preoccupazione sembra essere quella se avere o no la televisione. La sua drammatica emarginazione è evidenziata plasticamente dalla soluzione della vicenda delle misteriose scritte ingiuriose che appaiono nottetempo sulla sua staccionata e che egli puntualmente ogni giorno ridipinge.
Quando il duca d'Auge, con scudiero e cavalli parlanti al seguito, e Cidrolin si incontreranno, sarà il duca a disincagliare l'arca (la chiatta in cui Cidrolin vive) e a farla navigare verso un nuovo inizio della storia: sarà ancora lui, con la sua capacità di adattamento e di gestione del potere e dettare le regole. Per Cidrolin, e per tutti i Cidrolin del mondo, non ci sarà posto in questo nuovo inizio, e dovranno abbandonare l'arca e sparire. La Storia quindi si rimette in moto, apparentemente uguale a sé stessa, escludendo chi essa stessa espelle, ed il libro si chiude in modo circolare, con il duca che considera la situazione storica. L'unica differenza, che Queneau sottolinea, è che stavolta dal fango i fiori blu iniziano a germogliare: forse in questo passaggio si può scorgere l'intuizione (o la speranza) che qualcosa in realtà stesse cambiando (siamo negli anni dell'inizio della contestazione giovanile ad un modello sociale che sembrava sonnecchiare appagato del benessere che si stava diffondendo).
Molti altri personaggi si incontrano ne 'I fiori blu', e ciascuno meriterebbe una piccola descrizione, perché ciascuno gioca un preciso ruolo in questo affresco storico ironico e dissacrante. Lascio al lettore la loro scoperta, invitandolo ad entrare nel mondo fantasmagorico di Queneau, dove troverà, come nelle altre sue opere, modo di divertirsi e di riflettere.
Top 10 opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Un Orlando alla Pennac con lo zampino di Calvino
Una storia piacevolissima che ricorda vagamente Orlando anche se un Orlando onirico. Due personaggi si alternano nella narrazione di cui uno è Cidrolin e l'altro il duca d'Auge che vive, ogni volta che compare nella storia, in un diverso periodo storico. A un certo punto del libro il duca d'Auge arriva nel tempo di Cidrolin e i due si incontrano. Il finale fa pensare che sia il duca ad aver sognato Cidrolin e non il contrario. E' una storia in cui l'autore gioca con i personaggi, in cui lo stile e la fantasia sono tutto e non c'è "contenuto". Ma in ogni caso è un bellissimo libro.
Non tutti i romanzi vanno giudicati allo stesso modo. Alcuni si rifanno alla categoria del bello e del piacevole altri se ne fregano del bello e puntano al vero (i grandi russi). Ogni libro ha i suoi parametri. Questo non pretende di parlare al cuore e nemmeno ci prova ma va diretto al cervello del lettore e il fatto di riuscirci perfettamente è un grande merito. Certo, se proprio vogliamo fare un appunto, ho trovato di cattivo gusto che l'autore parlasse nel suo tono leggero delle abitudini del duca orco. Si tratta di poche battute ma avrei preferito non ci fossero anche se è una caratteristica del libro che si alluda a delitti, omicidi ecc... con grande naturalezza e senza nessun giudizio morale, proprio come in sogno dove tutto può succedere. A parte l'orco il libro è bellissimo. Il finale ha il tocco del genio.
Indicazioni utili
Top 50 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Frivolo ma pieno di charme
Partendo dal tardo medioevo e giungendo ai nostri tempi, Il Duca D'Auge se ne va a spasso per la storia a vivere le sue singolari e simpatiche avventure, accompagnato dai fidi scudieri, dagli inseparabili e combattivi amici e dagli immancabili Stef e Sten, i suoi saggi ed eloquenti cavalli parlanti. Nell’epoca moderna invece il buon Cidrolin trascorre le giornate sulla sua chiatta a bere estratto di finocchio e a dipingere continuamente la sua staccionata dove sistematicamente appaiono scritte ingiuriose sul suo conto. Ma qual'è il legame tra questi due personaggi? Beh, ogni volta che uno si addormenta sogna di essere l'altro e viceversa, in un continuo inseguirsi di sogni e realtà, senza mai riuscire a capire chi è il personaggio reale e chi quello onirico. Anzi, i due finiscono addirittura per incontrarsi, fare amicizia e decidere per certi versi il destino dell'altro. Sfruttando un’idea molto originale, l’autore ottiene un libro simpatico e piacevolissimo, molto divertente grazie alla forte dose di comicità, alle situazioni grottesche e ai singolarissimi personaggi e scorrevole grazie ad uno stile semplice e pieno di verve. Il libro inoltre è pieno zeppo di giochi di parole, neologismi, doppi sensi e non mancano neanche citazioni e celati riferimenti d’attualità. Queneau poi sembra voler proporre delle leggere riflessioni sulla condizione dell’uomo e sullo scorrere ineluttabile della storia, ma queste rimangono molto vaghe e velate, forse perché coperte dalla straordinaria simpatia di questa storia, facendo apparire il libro un po’ troppo frivolo ma comunque dotato di forte charme.
Indicazioni utili
Corsi e ricorsi storici
Per gli amanti delle rime,delle assonanze,delle parole che cambiano,crescono e diventano altro;per gli amanti dei racconti surreali e poeticamente instabili;per gli amanti degli antieroici eroi e per gli amanti di ciò che è nonostante non possa essere...E' per tutti costoro che questo libro si snoda e si rivela nella sua traboccante e mirabolante esuberanza.
Un consiglio:leggete prima la postfazione di Calvino.E' decisamente illuminante.
Indicazioni utili
I fiori blu.
"Sta' attento con le storie inventate. Rivelano cosa c'è sotto. Tal quale come i sogni".
"Ho voluto solo informare dei più recenti tentativi d'interpretazione. Ma resta sempre in piedi il primo, quello psicanalitico che ha dalla sua il fatto d'esser stato proposto vivente l'autore e non smentito da lui. Il belluino e sempre euforico Auge sarebbe l'Es, Cidrolin un Ego sonnacchioso e pieno di complessi di colpa, Onesiphore Biroton la Censura, Labal il Super-Ego. Ed è solo l'Incoscio che ha preso coscienza di se stesso attraverso i sogni che può sbloccare la barca e guidarla verso il recupero dell'innocenze."
Questa è la nota posta in fondo al libro dal traduttore del libro di Queneau ossia il grande Italo Calvino, capiamo già che questo libro ha una difficile interpretazione e quindi secondo me anche è difficile anche la recensione stessa.
Commento solamente dicendo che mi sono trovata di fronte ad un libro veramente veramente strano fatto di sogni, con personaggi strani, con cavalli parlanti e pieno di richiami alla storia, di metafore, di doppi sensi e di assonanze linguistiche non mi ha soddisfatto questa lettura per me troppo complicata e surreale, speravo di farmi delle buone risate quindi non mi resta che dire "Anche questa l'ho in quel posto" che è l'affermazione più usata nel libro dal Duca D'Auge!