Narrativa straniera Romanzi I falò dell'autunno
 

I falò dell'autunno I falò dell'autunno

I falò dell'autunno

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«Vedi,» dice la nonna alla nipote, immaginando di prenderla per mano e condurla attraverso vasti campi in cui vengono bruciate le stoppie «sono i falò dell’autunno, che purificano la terra e la preparano per nuove sementi». Ma Thérèse è giovane, non ha la saggezza della nonna: ancora non sa che prima di poter ritrovare Bernard, l’uomo che ama da sempre, a cui ha dedicato la vita intera, le toccherà attraversare con pena e con fatica quei vasti campi, e subire le dolorose devastazioni provocate da quegli incendi. Perché Bernard, l’adolescente intrepido, impaziente di dar prova del proprio coraggio, partito volontario nel 1914, è tornato dalla guerra cinico e disincantato.



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I falò dell'autunno 2017-08-16 17:08:59 Dod
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Dod Opinione inserita da Dod    16 Agosto, 2017
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I fuochi purificatori

Scrittrice scoperta solo recentemente, dopo il ritrovamento dell’incompleto manoscritto “Suite francese”, Irène Némirovsky ci regala un bel libro in cui i temi “classici” dell’amore, del denaro, del piacere e della guerra vengono amalgamati nel dare vita a una storia per nulla banale e scontata e dal finale solamente intravisto in una delle pagine più cupe della storia dell’Europa: la Seconda Guerra Mondiale. Certamente non mancano libri che trattano l’amore in tempo di guerra o le conseguenze che essa ha su coloro che la vivono. Sembra che l’argomento sia ormai stato affrontato da tutte le angolature possibili e che “I falò dell’autunno” (terminato nella primavera del 1942) sia uno dei tanti libri entrati – in ritardo – a far parte del lungo elenco in questione. Nel nostro caso la guerra sarebbe affrontata come la causa della rovina morale di un’intera generazione e come l’orizzonte verso il quale gli uomini guardano ora con il desiderio di trarne vantaggi e ricchezze ora semplicemente impegnati a “spassarsela” finché pace e benessere durano. Ci troviamo certamente davanti alla descrizione di una “generazione senza scrupoli” di gaudendi, di politici corrotti e fabbricanti di armi che la brutalità e il sacrificio inutile ha contribuito a rendere sfrenata e assetata di vita, dimentica della vita piccolo-borghese sognata dai francesi durante la Belle Époque. A Thérèse e Bernard la Prima Guerra Mondiale ha tolto qualcosa. A Thérèse ha tolto il novello sposo Martial, morto salvando un altro uomo. A Bernard ha rubato gli anni della giovinezza, l’amore per la patria e la moralità, lasciandolo con l’anima svuotata e indurita, incapace persino di lasciarsi toccare interiormente dal ritrovo di Thérèse.
Però, sebbene la guerra (la Prima e la Seconda) giochi un ruolo fondamentale nel determinare la vita dei due protagonisti, nel romanzo della Némirovsky non troviamo solamente questo ritratto: al centro di tutto stanno i due protagonisti e la loro faticosa relazione d’amore. Il cuore del libro sta nella difficile appartenenza reciproca.
Il libro, diviso in tre parti (1912-1918; 1929-1936; 1936-1941), inizia in una Parigi giunta al termine della Belle Époque. Qui la giovane e bella Thérèse acconsente a convolare a nozze con il gentile ma non particolarmente affascinante medico Martial.
Tra i personaggi troviamo anche il quindicenne Bernard Jacquelain e i suoi genitori e la nonna di Thérèse, la signora Pain. Con lo scoppio della guerra, Martial deve partire per il fronte, ma anche il diciassettenne Bernard si arruola e parte volontario. La vita di Thérèse e di Bernard, come già scritto, né rimane sconvolta. Al termine della guerra Thérèse avrà vestito gli indumenti della vedova ancora legata al marito morto eroicamente; Bernard quelli del giovane intenzionato unicamente a spassarsela. Bellissima la scena in cui la madre di Bernard organizza per il suo ritorno una serata al circo convita di ritrovare lo stesso figlio che aveva visto partire per il fronte. Ora il figlio è stanco delle loro idee e delle loro aspirazioni. «Lo sapevano loro cos’è la sofferenza, e così adesso avevano una sola idea in testa: finire la guerra e darsi alla bella vita per recuperare quello che si sono persi».
Le traiettorie di Thérèse e Bernard si incrociano occasionalmente. I due si ritrovano nel 1918. Dicevamo che il centro dell’intera storia è la fatica e la ritrosia dei due ad appartenersi reciprocamente. La giovane vedova è attratta dal ragazzo conosciuto anni prima, ma non vuole appartenere a Bernard per non tradire la memoria e l’amore che ancora prova per Martial., qualora acconsentisse alle avances di Bernard. Costui invece non vuole appartenere a Thérèse perché non vuole essere d’altri che di se stesso, usando e sfruttando cose e persone allo stesso modo con cui la Francia aveva usato lui e milioni di uomini dietro a falsi proclami e fervori patriottici. «“Gli eroi, la gloria…Dare il proprio sangue per la patria…”, sono tutte balle, chiacchiere dei civili. In realtà, di me non c’è neanche bisogno. Per la guerra occorrono macchine».
Nel ritrovarsi Bernard spera di fare di Thérèse la sua amante, mentre lei, rendendosi conto di amarlo da tempo, cerca di cambiarlo e di farlo veramente innamorare di sé. «Era sta a un passo dall’amarlo. E adesso capiva che lo amava da tanto tempo…Ma non per “scherzo”, non per il piacere di un’ora. Questo non poteva farlo. Non era così lei. E le parve orribile che lui fasse arrivato a farla quasi vergognare di un sentimento tanto normale. A complicare il tutto troviamo i coniugi Détang: arrivisti, affabulatori e guidati unicamente dalla ricerca del piacere e del benessere. Lei diviene l’amante di Bernard, mentre lui è il capo della società che trae enormi profitti dagli affari illeciti che intrattiene negli Stati Uniti.
Thérèse non demorde. Devo dire che in questa faticosa conquista (e nel suo crollo) ho trovato la parte veramente bella del libro, in particolar modo le pennellate che ritraggono la febbrile e agitata Thérèse dirigersi verso la casa del giovane cinico e avido di piacere, al tempo attratta e respinta da lui. Sarà proprio lei a spuntarla, grazie al tradimento della signora Détang, ma quella vita da “piccolo borghese” a cui aspiravano i Jacquelain e che si ritrova a volere anche Thérèse, non è sufficiente per Bernard, abituato al lusso più sfrenato, allo spreco e alla continua ricerca edonistica. Neppure la nascita dei figli servirà a restituire Bernard alla moglie.
Ecco, allora, l’importanza dei “falò dell’autunno”, intravisti dalla nonna, la signora Pain, durante la sua agonia: quei roghi purificatori che i contadini appiccano nei campi perché il terreno possa essere più fecondo diventano il simbolo di una prova e di un dolore che avranno come conseguenza un cambiamento della situazione. E nel loro falò– il nuovo tradimento del marito, la perdita di un figlio e lo scoppio di una nuova spaventosa guerra – i coniugi Jacquelain potranno, forse, veramente appartenersi l’un l’altra.

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I falò dell'autunno 2013-04-01 17:26:51 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    01 Aprile, 2013
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Guerra e pace

Bellissimo romanzo della migliore Irene. Una guerra (la prima) che educa al cinismo e alla ricerca del piacere dopo tutto il tempo buttato nelle trincee dietro a un'ideale che non regge lo spreco di tante vite e una pace che è già la preparazione alla successiva guerra. Nel tempo di pace i mediocri manovrano e raccolgono a piene mani e Parigi è la culla di questi parassiti che contribuiranno a far perdere e soprattutto a far divampare la seconda guerra. Interessante la posizione di chi è onesto e viene stritolato dalla fedeltà a un ideale in contrapposizione con chi si arrangia in modo poco limpido e prospera. Il protagonista Bernard nonostante la generosità e la bontà d'animo, dopo 4 anni di guerra, si sente attratto dalla vita facile e brillante di una certa società parigina e è diviso tra ideali e piacere. Fatica ad accontentarsi delle piccole gioie dei figli e della famiglia e sente quella vita come troppo noiosa per lui. Gli è rimasta una fame di vita che lo spinge a mordere e ingurgitare senza saziarsi mai qualunque piacere. La conclusione è inaspettatamente molto idealista, fin troppo. Dopo Due, non so, mi aspettavo che un po' di realismo o di stanchezza avessero raggiunto anche questo romanzo. La storia è molto bella e molto commovente considerando anche la fine che hanno fatto Irene e suo marito. In un certo senso penso che Irene, la persona, non abbia voluto sottrarsi al suo destino pur avendo la possibilità di salvarsi e di andarsene in tempo cosa che le figlie le rimproverano come una mancanza di comprensione della realtà. Mi pare che una che ha scritto un romanzo del genere deve aver capito perfettamente cosa stava succedendo ma ha voluto condividere il destino degli altri. Non se ne è andata per mettersi in salvo come avrebbe fatto un Detang. Certo che l'idealismo si paga molto caro in tempo di guerra.

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I falò dell'autunno 2012-09-24 10:16:08 pirata miope
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pirata miope Opinione inserita da pirata miope    24 Settembre, 2012
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PREMONIZIONI

I falò dell’autunno sono i fuochi accesi nei campi che purificano la terra, la preparano per nuove semine. Li vede in sogno nell’agonia che precede la morte la vecchia nonna della protagonista, Thèrèse, e li vede la stessa Thérése, poco prima della conclusione definitiva della sua storia. In realtà quei bagliori visibili nelle campagne preannunciano la catastrofe a cui l’uminità tutta è condannata: le due guerre mondiali sono la condizione rivelatrice della natura umana nel bene e nel male. La vita in trincea, descritta con pennellate icastiche dalla Némirovky, uccide con inutili atti d’eroismo, i generosi come il medico Martial, ed educa al disamore gli adolescenti ancora da formare come Bernard. Il male visto e respirato vanifica la capacità reattiva nell’intera società: il risultato è che essa diventa una "grande fiera, dove entrava chiunque lo volesse" e dove sono ammirevoli e degni di essere modelli coloro che "la danno a bere agli altri restando mediocri in tutto", come Raymond Détang, uomo politico e faccendiere fortunato. Esistono certo a fronte di arrivismo e cinismo amore, generosità, fiducia nel prossimo e speranza in un domani migliore, qualità che caratterizzano, Thérése: tuttavia la virtù ha armi spuntate contro il fascino di cui si ammanta chi ha il cosiddetto successo e la passione disperata di lei nei confronti del marito Bernard, conquistato dal “bel mondo” ed indifferente, la consuma e fa invecchiare nel grigiore. Neppure l’aspirazione alla purezza del figlio adolescente è salvifica: egli nauseato dalla realtà va a cercare la morte in guerra, portando con sé la fotografia del defunto Martail, simbolo di una integrità morale da lui mai conosciuta. La prosa della Némirovky, autrice morta in un campo di concentramento e riscoperta meritoriamente dall’Adelphi, corre veloce, mira all’essenziale, e non sorprende neppure che il mondo ritratto sia anche quello nel quale viviamo noi, dove i falò dell’autunno sono persino inutili.

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