Ho sposato un comunista
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Opinioni inserite: 4
ALLA RICERCA DEL NEMICO
Ho scoperto Philip Roth in ritardo ma me ne sono innamorata, quindi sicuramente il mio è un giudizio imparziale, ma nella lettura è giusto così. Dopo essermi persa all’interno di quel capolavoro che è Pastorale Americana, anche in “Ho sposato un comunista” ho trovato l’impeccabile capacità di Roth di descrivere con profonda accuratezza le contraddizioni dell’animo umano e far tutto confluire alla fine in un puzzle perfetto. Un romanzo che ho trovato pieno di contraddizioni come giustamente ogni essere umano è..la coerenza è effettivamente una caratteristica sopravvalutata. Ognuno di noi è pieno di IO diversi che stranamente riescono a convivere più o meno amabilmente; rimaniamo incoerenti solo agli occhi degli altri. Il nostro Iron o Ira è un comunista convinto che però viene sedotto dal mondo borghese sposandone una perfetta esemplare. Da un lato, viene accusato di incoerenza per questo, ma dall’altro beffeggiato per il troppo idealismo che lo porta verso rapporti e relazioni estremizzate a tal punto che sfociano a volte in attacchi verbali e non, violenti e incomprensibili. Un’intransigenza che prima attira il giovane Nathan , ma che nel corso degli anni lo allontana per la stessa ragione di essere “fondamentalista” che Ira è in tutti i suoi rapporti. E poi da contorno c’è la contraddizione di un’America uscita dalla seconda guerra mondiale con un unico nemico il COMUNISMO. E’ un ritratto di un’America superficiale e gretta rappresentata da personaggi alla Trump, quanto di più attuale, che gioca sulla demagogia e sulla costruzione di un nemico attirando consensi , un’America di notizie studiate a tavolino , di una “macchina del fango” riprendendo il ns Saviano che vive di apparenza. Memorabile la frase “..fu un libro a fare il colpo. In un paese dove i libri non avevano cambiato un accidente dal giorno della pubblicazione della Capanna dello zio Tom” Esilarante!
Ma nel contempo, leggendo di Ira dalla bocca del fratello Murray si sottende ad una critica allo stesso partito Comunista e suoi affiliati clandestini nell’America degli anni ’50,accusati di imbastire politiche di reclutamento sul territorio riempendo le teste di discorsi costruiti.. “ciarpame ideologico che gli avrebbe dato ..un contenuto comunista..” Ira alla fine esce fuori come un personaggio negativo che ha provato tutta la vita a cercare una strada e la politica in realtà ha rappresentato per lui uno dei vari tentativi di trovarla.
Un libro pieno, ogni pagina ,ogni riga ha un valore, niente può essere saltato o sottovalutato; va letto con attenzione altrimenti si rischia di perdersi nelle moltissime elucubrazioni politiche e ideologiche di cui è pieno.
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Non si può criticare la vita perchè...
Condivido le altre due recensioni e mi limito ad aggiungere - tra i tanti possibili - due elementi.
il primo riguarda il confine tra invenzione e realtà storica. In questo libro di Roth, tanti e precisi sono i riferimenti storici, in particolare sul periodo del maccartismo, dove addirittura si fanno i nomi "veri" dei personaggi dell'epoca (persino Nixon). Il lettore è indotto a seguire una trama che illude essere narrazione storica. Ma non è così, perchè Ira Ringold, Eve e tutti gli altri personaggi sono pura invenzione. Soprattutto è una invenzione O'Day, il sindacalista comunista. E questo è un problema, perchè Roth in una intervista dichiara di non conoscere bene (cioè in modo documentato) cosa sia stato il movimento operaio americano negli anni 40 e 50. E questo è un peccato, perchè mancano analisi storiche di che cosa sia stato il fenomeno del marxismo americano e questo libro di Roth rischia di ridurlo all'ascetismo rivoluzionario di O'Day o all'irascibilità istrionesca di Ira. Il secondo aspetto riguarda il nichilismo che trasuda fortemente da tutte queste pagine. Alla fine non si salva nessuno e la storia è una sequenza infinita di errori. La vita stessa va rispettata solo per "le tecniche di cui dispone per privare un uomo del suo significato e svuotarlo totalmente del suo orgoglio". Questo non è un libro allegro: è un triste e disilluso commiato dalle miserie della storia americana.
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“In Gossip We trust”
Philip Roth che piaccia o meno è uno dei più grandi scrittori americani contemporanei e forse uno dei pochi cultori che hanno dentro la propria anima la vera America e lo dimostra in questo libro, per le sue ideologie, per la sua grandiosa capacità di scrittore originale, riflessivo,dissacrante e per la sua trasgressione di ebreo fuori dagli schemi.
Un uomo “legno storto” pieno di vizi e difetti.
Anche questa volta, come è successo nella lettura meravigliosa e soddisfacente “Pastorale americana” Roth dà il meglio di sé nel rivoltare come un calzino gli uomini e le loro storie. Anche se in questo ho trovato difficoltà a entrare nel vivo dei personaggi per la narrazione spesso ostica e fuorviante.
In “Pastorale americana” si assiste all’evoluzione umana dello Svedese in “Ho sposato un comunista” assistiamo all’evoluzione di Ira Ringold, della moglie Eve Frame e della figliastra Silphid. Una triade davvero complicata di personaggi ricchi di qualità spesso poco positive e ricche di spessore, che hanno capacità di fornire tanto materiale sull’indole degli uomini in genere. Chi racconta la storia è sempre Nathan Zuckerman (l’alter ego di Philip Roth) e lo fa da anziano, assieme a Murray, fratello di Ira ex insegnante universitario.
Siamo in America poco dopo gli anni 40, Ira è un uomo dai grandi ideali, operaio da giovane e per una casualità si ritrova attore che sposa una celebre attrice, Eve Frame ricca e raffinata, che ha già una figlia Silphid, musicista e irrequieta che odia fortemente la madre e Ira. Chi trascina le loro vicissitudine e le loro scelte è il periodo storico e sociale, a tratti sottoforma di un quadro disperato, quasi urlato, dove l’antisemitismo, il maccartismo, il liberalismo, la democrazia, i sindacati e il razzismo sono raccontati attraverso le storie del dopoguerra con un occhio rivolto all’irrazionalità, al pettegolezzo come variante della verità che fa parte della società attuale e che per certi aspetti è quasi diffusa più di ogni altro credo.
“La letteratura nuoce all'organizzazione. Non perché sia apertamente pro o contro, o anche subdolamente pro o contro. Nuoce all'organizzazione perché non è generale. L'intrinseca natura del particolare consiste nella sua particolarità, e l'intrinseca natura della particolarità sta nel non potersi conformare. Sofferenza generalizzata? Ecco il comunismo. Sofferenza particolareggiata? Ecco la letteratura. L'antagonismo è in questa polarità. Tenere in vita il particolare in un mondo che semplifica e generalizza: ecco dove comincia la lotta.”
.….le stelle sono indispensabili…..
Geniale.
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-pastorale americana
...per completare la trilogia
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La caccia alle streghe
Questo libro mi ha commosso.Avete presente quando ascoltate una storia che vi entra dentro,e sentite una commozione ,una partecipazione ,una compassione crescenti, che si accumulano strato su strato,sempre più forti ad ogni diverso piano di lettura della storia a cui approdate,ad ogni livello di comprensione della storia a cui l'autore vi porta?Ecco a me questo libro ha fatto questo effetto.Perché è questa la magia di Philip Roth: ti spiega tutto, ti spiega la situazione politica del momento,te ne illustra le motivazioni psicologiche e sociali che muovono i protagonisti,sviscera tutte le parti del problema e te le propone viste non solo con i suoi occhi ma con gli occhi di tutti quelli che popolano la sua storia.E quando ti ha spiegato il tessuto nel quale si svolgono gli eventi e ce li ha fatti guardare con gli occhi di tutti ecco che passa oltre e cerca di comprendere,noi e lui insieme,i sentimenti, che fanno delle persone ciò che esse sono,le strade che le portano a compiere (inevitabilmente?) le azioni che compiono.Così alla fine noi ne abbiamo pena e pietà, siano esse "buone" o "cattive",perché arriviamo ad avere pena e pietà e comprensione per ciò che le ha portate a ciò a cui sono arrivate.