Heaven
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La forza della debolezza
“…Spesso le nostre ferite sono invisibili”…..
Solitudine, bullismo, fragilità, sofferenza, amicizia, forza, condivisione, due profili psicologici accomunati dall’ inferno che li circonda.
Che cosa unisce due anime siffatte se non la propria affinità elettiva, il respiro della condivisione, riparo da ingiustizie evidenti, desiderando amare ed essere amati, una tregua dalla orribile quotidianità uguale e diversa, l’ aspirazione a un proprio angolo di normalità.
Il giovane protagonista, sin da bambino, è vittima del bullismo reiterato e violento di alcuni compagni di classe per un difetto visivo ( una grave forma di strabismo ) e anche Kojima, una ragazza magra con indosso una divisa logora e sgualcita, avvolta da una certa trasandatezza e sporcizia, ne subisce l’ onta .
I due respirano la reciproca sofferenza dando voce a una corrispondenza epistolare, cominciano una frequentazione, momenti in cui condividere se stessi anche se non parlano mai dei torti subiti.
Lettere nettare dell’ animo, momento di beatitudine, un’ oasi in cui non soffrire per i maltrattamenti, parole che mostrano una Kojima diversa rispetto alla ragazza schiva e taciturna che il protagonista incrocia tutti i giorni a scuola. In quel luogo fingono indifferenza l’ uno per l’ altra, lì c’è solo sofferenza, il loro mondo è un altro.
Nel proprio angolo di serenità e condivisione possono finalmente essere se stessi, mostrare il proprio volto, non preoccuparsi del giudizio altrui, delle apparenze, della volgarità e della violenza che li circonda.
Eppure tutto questo non può bastare se ogni volta l’ incubo ritorna, la scuola è infrequentabile, se si ricerca la solitudine dei libri, se i bulli agiscono nell’ indifferenza, le violenze sono sempre più pesanti e pericolose, se il sentimento che li accomuna introietta l’ altrui sofferenza e il desiderio di farla finita comincia a prendere forma.
Frammenti di ricordi brutali delle mille sevizie subite raggiungono il protagonista, esausto, rabbioso, disperato, come sarebbe bello vivere in uno stato di mezzo, lontano dalle difficoltà del presente, in una condizione di semplice normalità.
Emerge una prolungata riflessione sul non senso della violenza, sul significato dell’ essere deboli, feriti, umiliati, sulla forza della debolezza, sulla sofferenza, un’ accettazione attiva del proprio ruolo di vittime a sottolineare l’ oggettiva debolezza altrui.
E allora i bulli non sono che le vittime reali di se stessi e della propria paura, terrorizzati dalla non comprensione della stessa, di quel senso di nullità individuale che li fa sentire bene in un gruppo.
Per i due protagonisti l’ accettazione del bullismo diventa forza e consapevolezza e assume un significato definente, la debolezza condivisa.
“… sì, siamo legati dalla debolezza, io e te. Ciò che ci protegge, sempre e ovunque, ciò che non ci lascia mai soli e ci difende da tutto e da tutti è la bellezza di essere deboli”…
Mieko Kawakami, nota al grande pubblico per “ Seni e uova “ e recentemente conosciuta in “ Gli amanti della notte “, ripropone una scrittura fatta di attesa, meditazione, silenzio, essenzialmente poetica nella propria semplice naturalezza. I temi del romanzo sono importanti, in alcuni tratti piuttosto forti, ma la violenza cede ogni volta al ragionamento e alla dolcezza dei sentimenti.
È un romanzo di formazione che non ricerca facili consensi, che lascia un senso di condivisione e di appartenenza nella deprecabile vicenda dei due protagonisti e un concetto così semplice e vero, la forza intrinseca nella debolezza.
…”Era tutto così bello. Per la prima volta in vita mia vedevo la luce bianca in fondo al viale alberato che avevo percorso tante volte. Ora sapevo. Il mondo, dentro le mie lacrime che non cessavano di scorrere, formava un’ immagine, e quel mondo aveva una sua profondità. C’era qualcosa alla fine di quel mondo, c’era un aldilà. Spalancai gli occhi più che potevo, con tutte le mie forze, e tutto ciò che vi si rifletteva era bello. Continuai a piangere, in piedi nel mezzo di quell’ineffabile bellezza, senza pensare a niente. Le lacrime scendevano incessanti sulle mie guance. Tutto era bello. Senza nessuno a cui dirlo, senza nessuno a cui mostrarlo, semplicemente e meravigliosamente bello “…