Hachiko
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Io aspetto
Ai romantici, a chi ama i cani o ai romantici amanti dei cani non sara’ sfuggita la storia di Hachiko, il bell’esemplare di razza Akita la cui storia in Giappone fu molto amata e seguita dalla popolazione.
Emblema di fedelta’ e dedizione animale, il cane ogni pomeriggio alle cinque era solito recarsi alla stazione dei treni in attesa del suo amico e compagno di vita, il professor Ueno. Stroncato da un malore durante una lezione, l’uomo mori’ senza mai piu’ mettere piede sul solito convoglio.
Ma Hachiko non sapeva, Hachiko non capiva, Hachiko semplicemente aspettava.
Ogni giorno, tutti i giorni, per quasi dieci anni. Finche’ la vecchiaia si porto’ via anche lui.
Alla stazione di Shibuya una statua ricorda l’animale, soggetto letterario ed Hollywoodiano.
Il libretto della Newman scorre veloce e ha il pregio di riuscire a trasmettere un tocco giapponese alla narrazione. L’autrice ritenne pero’ di metterci del suo romanzando gli eventi e aggiungendo una storia d’amore parallela , che nulla ha a che vedere con quanto accaduto.
Bellissima quindi la vicenda dell’Akita , la penna purtroppo non e’ stata in grado di approfondire l’attenzione - piuttosto solenne - che negli anni Venti gravito’ intorno all’animale. Si lascia leggere, ma e’ un’occasione persa, uno spreco. Una buona scrittura supportata da una breve ricerca avrebbe potuto rendere il libro memorabile, che peccato.
In rete si trovano delle pregevoli foto storiche del cane, tra cui una molto evocativa che ritrae dei soggetti inchinati vicino al corpo ormai privo di vita del fedele animale. Forse, se Leslea Newman le avesse osservate meglio, avrebbe scritto un libro migliore.