Gli assalti alle panetterie
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Recensione della Redazione QLibri
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Simbolismo, ironia e delirio onirico.
“Dio era morto, al pari di Marx e di John Lennon. E noi eravamo famelici” Così il protagonista dei due racconti di Murakami Haruki scritti negli anni ottanta e solo recentemente pubblicati da Einaudi con il titolo “Gli assalti alle panetterie”, allude alla caduta delle ideologie e al dissolversi dei sogni. Ciò che resta è la fame, una fame che è la manifestazione fisica del male che istiga a delinquere. “Non era la fame a spingerci a fare il male, no. Il male si trasformava in bisogno di cibo per istigarci a delinquere.” Ed è questa sensazione di vuoto, prima di piccole dimensioni, poi via via più grande fino ad raggiungere proporzioni abissali, che spinge i protagonisti a compiere il primo assalto alle panetterie. Tra croissants fragranti, appena sfornati, con il sottofondo della musica di Wagner, i due amici minacciano il panettiere, che lungi dal terrorizzarsi propone di dar loro tutto il pane che vogliono, se solo si fermano ad ascoltare la musica di Wagner. É palese l’ironia di Murakami, che oppone la magica funzione terapeutica della musica alla sciocca aggressività dell’uomo. Il male, così neutralizzato estingue la fame, il vuoto viene colmato, la fantasia rinasce.
Il secondo racconto, con al centro lo stesso protagonista, ormai sposato, si sviluppa intorno al medesimo tema del vuoto e della fame. Qui compagno nell’iniziativa di assaltare un McDonald’s non è più l’amico di cui si sono perse le tracce, ma la moglie, anche lei assalita da una fame insaziabile in una notte d’insonnia. Il vuoto, questo abisso che sembra attrarre e spaventare al contempo è rappresentato dall’immenso cratere di un vulcano che giace in fondo al mare e sul quale il protagonista si affaccia dalla barca ondeggiante su cui immagina di navigare. È questa la dimensione onirica del racconto, dovuta alla volontà e alla capacità dell’autore di tenere il lettore sospeso tra realtà e immaginazione. Anche in questo secondo racconto ogni violenza viene neutralizzata dall’appagamento di una fame apparentemente inestinguibile.
Due racconti assai suggestivi che anticipano alcuni dei temi del futuro grande Murakami. Un’edizione Einaudi assai curata soprattutto grazie alle bellissime illustrazioni di Igort, uno dei più importanti disegnatori italiani.
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Opinioni inserite: 5
Senza senso ma divertente
Racconto che fa parte della cosiddetta serie dei fuori serie, arricchito anche di illustrazioni di artisti. Il cuore però è il contenuto. Due giovani che fanno una bravata e rapinano una panetteria. Perché hanno fame. Il proprietario cede il pane, ma chiede in cambio che ascoltino un’opera, altrimenti lancerà loro una maledizione. Poi il racconto prosegue. Ritroviamo uno dei due giovani adulto, sposato. In una sera un po’ così, con il frigo vuoto e con un inspiegabile senso di fame, racconta a sua moglie la sua avventura giovanile e, complice anche questo inspiegabile senso di noia in cui si trovano immersi, insieme decidono di ricompierne una gemella. Questa seconda, nel suo essere surreale, è veramente spassosa, un po’ per l’intraprendenza della moglie, che mai ti aspetteresti così sciolta ad imbracciare un fucile, un po’ per il fatto che, non trovando panetterie aperte, decidono di rapinare un Mc Donald, rubando 30 Big Mac, ma pagando in contanti la Coca-Cola, perché la loro missione doveva essere quella di rubare solo il pane, un po’ perché il cassiere preferirebbe dare loro i soldi più che non i 30 Big Mac, perché se no gli si scombina la contabilità. Mi sfugge a dire il vero il senso ed il messaggio che l’autore voleva trasmettere, ma mi ha fatto ridere. E mi riprometto di approfondire la conoscenza di questo pazzo.
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Ci sembrava di aver inghiottito il vuoto cosmico
Gli assalti alle panetterie di Murakami Haruki: un titolo di manzoniana memoria per un racconto di due episodi illustrato da Igort.
Condizione (“In ogni caso avevamo fame. Anzi, per l’esattezza, ci sembrava di aver inghiottito il vuoto cosmico”), causa (“Quanto alla causa di questa situazione, molto probabile che fosse la nostra mancanza di fantasia”) e motivazione (“Non era la fame a spingerci a fare il male, no. Il male si trasformava in bisogno di cibo per istigarci a delinquere”) inducono un giovane e il suo amico a una prima esperienza grottesca nel panificio di un melomane.
A distanza di anni dal primo assalto compiuto in gioventù (“Il fatto che ci fosse un legame tra la fame e il senso di vertigine era una scoperta”) il protagonista confessa alla moglie il ricordo della parodia di un reato (“Se è davvero una maledizione, come dici tu, cosa dovrei fare? Assaltare di nuovo una panetteria”) e il ricordo porta la coppia, in una notte metafisica, a rapinare un McDonald’s. Il bottino? Trenta Big Mac!
Mah. Sono lontani i tempi e i modi della Letteratura con l’iniziale maiuscola…
“Uscivano, sul far del giorno, dalle botteghe de' fornai i garzoni che, con una gerla carica di pane, andavano a portarne alle solite case. Il primo comparire d'uno di que' malcapitati ragazzi dov'era un crocchio di gente, fu come il cadere d'un salterello acceso in una polveriera. - Ecco se c'è il pane! - gridarono cento voci insieme. - Sì, per i tiranni, che notano nell'abbondanza, e voglion far morir noi di fame, - dice uno; s'accosta al ragazzetto, avventa la mano all'orlo della gerla, dà una stratta, e dice: - lascia vedere -. Il ragazzetto diventa rosso, pallido, trema, vorrebbe dire: lasciatemi andare; ma la parola gli muore in bocca; allenta le braccia, e cerca di liberarle in fretta dalle cigne. - Giù quella gerla, - si grida intanto. Molte mani l'afferrano a un tempo: è in terra; si butta per aria il canovaccio che la copre: una tepida fragranza si diffonde all'intorno. - Siam cristiani anche noi: dobbiamo mangiar pane anche noi…”
Giudizio finale: bulimico, pretestuoso, commerciale come un hamburger di McDonald’s
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- no
La maledizione della panetteria
Due simpatiche storie che mi hanno accompagnato una domenica pomeriggio. Come già è stato ampiente scritto, hanno una profonda chiave di lettura.
Più che storia, la prima, rappresenta uno stato fisico di fame atavica, primordiale, nella quale ahimè mi riconosco.
Uno dei fascini di questa narrazione è che non abbiamo bisogno di sapere nulla. In poche pagine descrive l'essenza dei personaggi.
Il secondo racconto invece è più uno stato d'animo. Le descrizioni oniriche lo dimostrano, infatti alcune questioni non hanno combinazione logica, creando un vero e proprio slittamento semantico.
La moglie è ben diversa dal marito. Nel primo racconto infatti è solo la fame a spingere il protagonista all'assalto. Nel secondo, invece, è la moglie – caratterialmente più violenta di lui – che mette in atto una vera e propria rapina per esorcizzare la maledizione.
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In sospeso
Inserire estratti e citazioni è sempre, a mio parere, un modo bello, efficace e rispettoso per raccontare un libro e far percepire le sue atmosfere. Eppure questa volta avverto la sensazione che per rappresentare al meglio “Gli assalti alle panetterie” dovrei poter ricorrere alle immagini, non alle parole. E mostrare una delle illustrazioni di Igort che non solo arricchiscono questa preziosa e curata edizione, ma che diventano un tutt'uno con le parole, dando vita alla magia che rende speciale questo testo.
La fame è una condizione particolare, che può spingere alla violenza, ad imbracciare un fucile, ad assaltare una panetteria.
E’ un bisogno assoluto, che esige di essere placato.
E’ un vuoto totale, che proprio per questo fa paura.
E’ un omino su una piccola barca che galleggia su una superficie molto calma e guarda, attraverso una distesa di acque limpide e trasparenti, la cima di un vulcano sul fondo del mare.
E’ una pagina di un ammaliante azzurro-verde che ti rimane impressa sulle palpebre.
E, quando le chiudi, è un sogno.
“Gli assalti alle panetterie” è una breve raccolta composta da due racconti risalenti alla prima metà degli anni Ottanta, che parlano di due rapine, commesse dallo stesso protagonista a distanza di anni. Non per i soldi, solo per il pane. La dimensione in cui le vicende si svolgono è però una nuvola in cui si dissolvono molteplici riflessioni e possibili chiavi di lettura. La fame è un’assenza. Ma di cosa? Di valori, di speranze, di prospettive? Può essere placata da una musica soave o da una rapina gentile. Ma la minaccia del vulcano tornerà a farsi sentire? E quando?
Di fronte a questi interrogativi Murakami non dà risposte, ma offre un gioco di immaginazione e bellezza, sulle cui acque lasciarsi galleggiare, in sospeso.
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" Fame " di vita tra sogno e realtà
Entrare nell' universo di Murakami segna l' inizio di un viaggio tra l' onirico ed il surreale, in una dimensione parallela, con una visione spiccatamente personale ed una profonda interiorità che cerca di vivere e rappresentare il mondo, con lentezza, meditazione, introspezione, simbolismo, attesa, anche ovattata leggerezza.
La realtà descrittavi cambia continuamente, è filtrata dai personaggi ed acquisisce una certa imprevedibilità.
" L' assalto alle panetterie " include due brevi racconti inseriti in periodi distinti della vita del protagonista. C'è un prima, risalente agli anni della gioventù, quell' assalto ad una panetteria per fame ( con un amico) ed un dopo, la rapina ad un McDonald's avvenuta a distanza di anni ( con l' aiuto della moglie ), per placare una rediviva ed improvvisa fame notturna ( con altre connotazioni ).
I racconti sono dei primi anni ' 80 ( " Il secondo assalto alle panatterie " già edito nella raccolta " L' elefante scomparso ed altri racconti " ), distinti ma accomunati, quasi consequenziali.
La prima rapina nasconde un vuoto esistenziale giovanile ed è scongiurata dall' ascolto, obbligato, della soave musica di Wagner che inspiegabilmente placherà la fame indirizzando la vita del protagonista, ma segnerà l ' inizio di una maledizione da scacciare con la seconda rapina ( parecchi anni dopo ).
Gli assalti non hanno un senso definito ( un po' come tutte le storie di Murakami ) né il protagonista lo conosce, perché a priori non c' è un giusto ed uno sbagliato, al mondo ci sono " decisioni sbagliate che portano a risultati giusti e viceversa " ne' " noi scegliamo un bel niente ", in una sorta di ineluttabilità della vita stessa.
La fame esprime ( metaforicamente ) un vuoto esistenziale, la caduta di qualsiasi ideologia in una vertigine soggettiva che assume sintomi fisici ( buco allo stomaco ), che riporta ricordi, ma oggi i tempi sono cambiati, come il modo di pensare e la prima rapina fu fallimentare ( ma salvifica ), stemperata dall' ascolto di una dolce melodia, trasformatasi poi in un semplice scambio ( la musica per il pane ).
Da allora molte cose sono cambiate,Tokyo è un' altra città, fortemente occidentalizzata, noi e le nostre vite siamo altro, parecchi anni dopo è difficile trovare una panetteria aperta la notte, c'è solo un McDonald's, oltre al ricordo di una maledizione da scongiurare.
Il presente si alterna al passato, una scena ripetuta e rivista in un altro tempo e con significati mutati.
Una volta sfamati, di nuovo, entriamo in uno stato di oblio e ci lasciamo trasportare dalla limpidezza dell' acqua, pacificati, tra sogno e realtà, sdraiati sul fondale di una barca, mentre le ombre sottostanti e quel minaccioso cratere vulcanico sottomarino sono scomparse.
Sono presenti alcuni temi caratterizzanti l' opera dell' autore, anche se solo accennati, il linguaggio è riconoscibile, incluso quello stato di sospensione tra reale ed onirico .
Molto belli i disegni di Igor Tuveri che accompagnano l' atmosfera ed il respiro del testo.
Personalmente, come già per il precedente " La strana biblioteca ", continuo a preferire il Murakami romanziere, che esprime al meglio la lentezza ed i contenuti del proprio narrare oltre alll' introspezione, al tormento, ai lunghi silenzi parlanti dei protagonisti, accrescendone essenza ed espressività .
In fondo il racconto breve ne riduce la potenzialità , annebbiata ed ovattata da immediatezza e velocità, restituendoci un Murakami in tono minore.
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