Funny Girl
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La storia di una ragazza, la storia di un'epoca
Anni '60.
Sono gli anni della "British invasion": The Beatles e The Rolling Stones per la musica, Twiggy nella moda, Alfred Hitchcock per il cinema e Sophie Straw per la televisione.
Chi è Sophie Straw?
Sophie, o meglio Barbara, è una ragazza di un paesino del Nord Inghilterra che ha sempre avuto un solo sogno: far ridere la gente. Proprio per questo motivo, incoronata reginetta di bellezza del suo paese, decide di fuggire, scappare da una vita che le sta stretta.
Si trasferisce allora a Londra, la Swinging London: una città frizzante, energica, esuberante come lei, ragazza di provincia sconosciuta che, all'improvviso, diviene una delle star della televisione più amate in tutto il paese.
Il romanzo di Hornby è una lettura piacevole, soprattutto per chi ama i mitici anni '60: numerosi sono i riferimenti alla musica, all'arte, alla società del periodo. In più, tra le pagine, si possono osservare fotografie di luoghi, cartelli pubblicitari e molto altro di questi anni.
E' il primo romanzo di questo autore che leggo, nonostante in molti mi abbiano consigliato di leggere anche altri suoi libri. Ho apprezzato lo humor che caratterizza tutto la storia: uno humor sottile, inglese che non solo vuole far ridere/sorridere ma anche far riflettere.
In particolare, più che la protagonista, ho apprezzato la coppia di sceneggiatori della BBC, senza la quale Sophie non sarebbe diventata nessuno: Tony e Bill.
Sono ironici (soprattutto Bill), intelligenti, sensibili. Tuttavia, credo che questi due personaggi siano i veri protagonisti della storia perchè incarnano perfettamente gli ideali e le contraddizioni della società di quegli anni. I due amici hanno un passato comune ma, prendendo due strade completamente diverse, avranno anche vite differenti,
Nel complesso il romanzo si legge volentieri, anche se ammetto di aver faticato in alcuni passaggi a causa di una mancanza di "feeling" con alcuni personaggi, tra cui anche la protagonista.
Forse mi aspettavo una protagonista diversa, con sogni e pensieri diversi. Invece Sophie è una ragazza come tante: sogna di recitare in televisione, sogna di essere famosa, di essere riconosciuta e di non essere dimenticata.
Però, a pensarci bene, è forse proprio questo suo essere "tanto comune" che la rende un perfetto personaggio principale per questo romanzo, un romanzo che non vuole raccontare la vita di una singola persona ma vuole raccontare un'epoca di cambiamenti, positivi e negativi che siano.
E' un romanzo sullo scorrere del tempo e la nostalgia che possiamo provare quando realizziamo che non siamo più quelli che eravamo.
Vi lascio con un estratto del romanzo... che dire se non: buona lettura? :)
"Quello in cui vivevano adesso era un mondo diverso, si sorprese a pensare Sophie, dopodiché si rimproverò. Chiaro che era un mondo diverso. Che banalità sono, queste? Ovvio, il 1980 era diverso dal 1930, il 1965 era diverso dal 1915 e così via. Sì, ma... santo Dio... agli occhi di un ventiduenne di oggi, il 1965 doveva essere come il 1915 era stato ai suoi agli inizi. Solo che invece non poteva essere la stessa cosa. Lei negli anni Sessanta vedeva fotografie dei Beatles e di Twiggy dappertutto. A quei tempi nessuno voleva pensare al 1915. Poi le venne in mente che c'erano anche poster di Lord Kitchener dappertutto. Che confusione".
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Una pinta e un sacchetto di patatine
Premessa.
Ho conosciuto Hornby come recensore e gli ho subito voluto un gran bene. Non è stata una storiellina occasionale, perché continua ancora.
Tutto è cominciato con una copia scalcagnata di "Shakespeare scriveva per soldi" che ha vissuto nel mio bagno per oltre tre traslochi (adesso è stivata in qualche scatolone, in un magazzino, in attesa che trovi il super attico dove traslare le mie centinaia di volumi cartacei e sono passata al reader).
Prima dimorava nello studio, ma la combinazione Hornby/recensore + carta e penna a portata di mano, aveva causato una pericolosa impennata dei libri acquistati, il conseguente aumento della metratura dell'ipotetico attico di cui sopra e il congruo incremento della percentuale dei capelli grigi del mio libraio di fiducia a cui toccava scovare i libri che Hornby proponeva.
Hornby recensore è una garanzia, per me, per quello che recensisce e per come lo fa.
Se dice che un libro è da leggere io lo leggo.
Con Hornby romanziere è stata un'altra storia.
Ho letto "Non Buttiamoci Giù" e "Alta Fedeltà" probabilmente leggerò anche "Come Diventare Buoni" e "Tutti mi Danno del Bastardo", perché mi piacciono i titoli, ma finora la scintilla non è scoccata.
Letture scorrevoli e non banali, ma non siamo entrati in sintonia (nel caso di "Alta Fedeltà" credo che parte della colpa sia la mia leggendaria ignoranza musicale, dal momento che – forse – avevo sentito UNA canzone di quelle di cui parlava e non mi sognerei mai di fare una classifica delle mie cinque canzoni preferite, ma va be').
Ma "Funny Girl" era una lettura di gruppo e io, ligia ligia, mi sono cimentata con il compito, pur senza particolare entusiasmo.
La storia di Barbara/Sophie bellissima fanciulla che sogna di diventare attrice comica, si trasferisce a Londra e corona il suo sogno e porta con sé, nella sua ascesa, un variopinto gruppo di personaggi più o meno bizzarri, è passata in fretta e piacevolmente, devo dire.
Hornby guizza in modo piacevole e fa in modo di inserire qualche considerazione anche di una certa profondità, sulla condizione femminile, sulla famiglia, sulla felicità, sul lavoro.
Mi ha convinto poco la protagonista, che un po' è svampita, un po' la fa e che – in un modo un tantino fasullo, secondo me – trova soluzioni geniali; nonostante questo suo permanente "non esserci" riesce a non farsi detestare (e per me, che sui personaggi femminili son difficile e ho lo "svampy alert" sempre accesso, non è poco).
Dimenticabili gli altri personaggi femminili, un po' meglio quelli maschili, in particolare Dennis che pensa che la tattica migliore sia sempre "soffrire in silenzio"; i miei preferiti sono stati i due sceneggiatori: Tony e Bill (più Bill che Tony). Lo so che è l'eterno tema di Narciso e Boccadoro (un amico va, un amico resta), qui uno è "coraggioso" e asseconda le sue inclinazioni personali e sessuali, l'altro "ripiega" per una vita più regolare (in realtà il matrimonio di Tony è insospettabilmente felice e va considerato che – Alan Turing docet – in quegli anni l'omosessualità era considerata un reato, in Gran Bretagna), ma i loro scambi sono stati i miei preferiti, vivaci, divertenti, a tratti immensamente tristi.
"Un ultimo sforzo."
"E poi?"
"Una vacanza. La sceneggiatura per Anthony (…)"
"E poi?"
"Poi? Poi non so. Ci ritiriamo a Bexill e moriamo."
"E prima?"
"Un'altra pinta e un sacchetto di patatine."
Il "messaggio" finale del libro è alla fine condivisibile: creare un gruppo in cui essere "felici" di lavorare potrebbe essere la soluzione a buona parte dei nostri problemi. Leggere Hornby romanziere probabilmente no, però non contribuisce neppure al loro aumento!
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Dietro le quinte di una sitcom
1964. Barbara è un'avvenente ragazza di Blackpool in procinto di diventare reginetta di bellezza, ma mentre si sta congelando in costume da bagno su una spiaggia dove fa freddo persino a luglio, decide una volta per tutte che il suo sogno è diventare una stella della commedia. Così dopo un solo capitolo eccola nella Swinging London, pronta per cominciare una nuova vita.
Gli inizi non sono promettenti, e il tempismo con cui giunge la sua grande occasione non è cosa che capiti a tutti nella realtà, ma le riconosciamo il merito di aver avuto le idee chiare e di essere riuscita a evitare le trappole che il suo procace aspetto ha attirato (compresa un'inquietante coinquilina). Con un agente, un nuovo nome e la determinazione a non voler essere semplicemente "decorativa", Barbara – divenuta Sophie – si presenta a un provino e si ritrova protagonista di una serie televisiva; è perfetta per la parte che gli autori hanno deciso di scrivere appositamente per lei, e che riassume alcune delle contraddizioni dell'Inghilterra di allora, ma poco a poco realtà e finzione cominciano a somigliarsi e le trappole da evitare diventano altre.
Cosa mi è piaciuto di questo libro?
Lo stile brillante, il ritmo serrato dei dialoghi, le descrizioni vivide al punto da sentirsi uno spettatore aggiunto e privilegiato, che se proprio non viene preso da un attacco di ridarella almeno si ritrova spesso con un sorriso stampato in faccia, talvolta un ghigno soddisfatto e di sicuro una bella dose di buonumore.
Il fatto che si parli del "dietro le quinte" di una serie televisiva con tutti i risvolti comici e tragici del caso, e soprattutto del processo creativo che la precede: ottime idee possono nascere in modi improbabili.
Inoltre ho apprezzato che l'autore abbia scelto di mostrarci come la scrittura, che sia di un romanzo piuttosto che di una sceneggiatura, non possa fare a meno di attingere dalla realtà per essere efficace e di buon livello.
Ho adorato i personaggi dal primo all'ultimo, una variegata tipologia umana tra cui spiccano l'attore vanesio che si considera sprecato per la commedia (non è così talentuoso), l'autore omosessuale insofferente verso la sua condizione clandestina e desideroso di provocare, il produttore colto e sensibile che si sente già vecchio per la ventata di cambiamento in arrivo (in realtà è giovane ma ce ne dimentichiamo anche noi), e infine Sophie: intelligente, moderna, emancipata.
Poi di spunti ce ne sarebbero altri, nel romanzo i temi toccati sono molti e ben mescolati, il che mi porta a osservare che lo stile di Hornby nel tempo è migliorato: se in About a boy aveva dei picchi e alcune discese brusche, almeno secondo me, in questo romanzo non mostra alcun cedimento.
Di rilevante c'è anche l'edizione: all'interno del libro ci sono qui e là fotografie di locali famosi, fotogrammi da serie televisive allora in voga, manifesti pubblicitari che aiutano a immaginare il contesto. A me sono servite.
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Una Belen anni '60
Non ho mai avuto un grande feeling con quest’autore inglese, molto moderno, molto frizzante, molto disinvolto. Ma a me non piace e non convince. In questo libro l’ambientazione è negli anni ’60 e la storia si muove proprio nell’ambito degli esordi della situation comedy britannica. Sarà anche che non sono tanto sensibile al classico humor inglese, ma, a parte i colori un po’ psichedelichi della copertina, in cui compare una silhouette femminile ondeggiante, che mi ha ricordato tantissimo Belen, in questo libro io ho trovato veramente poco. Ho fatto fatica ad ingranare la lettura, ad immaginarmi i personaggi, seppure descritti ampiamente, a vederli muoversi nella storia come solitamente sono abituata a fare quando leggo. Non mi hanno preso vita davanti agli occhi e quindi vuol dire che non c’è stata sintonia con l’autore, anche se ammetto che la sua scrittura è sempre caratterizzata da una sottile ironia.