Full of life
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Dov’è Nicky? Dov’è Fiolmena?
Full of life di John Fante si svolge nell’insolito triangolo composto da marito, moglie e… il papà di lui.
Abbandonata l’identità dell’alter ego Arturo Bandini, qui Fante interpreta se stesso e anche gli altri personaggi hanno i nomi reali: la moglie Joyce, il papà Nick Fante.
Joyce è incinta (“La voluttuosa rotondità che conteneva anche una parte di lui”) del primo figlio (“Il bambino si agitava come un gattino intrappolato in un gomitolo”). Quando cominciano le prime dispute sul sesso del nascituro (“Quel prezioso melone bianco”) e mentre la coppia si sta adattando alla nuova situazione che inevitabilmente modifica il rapporto tra i coniugi, un incidente (“Cominciò a visitarla. La caduta non aveva provocato danni… Mi freddò con un’occhiata. Si stava cominciando a stancare di noi”) causato dalle termiti (“Migliaia di mandibole minuscole, che si nutrivano della carne e del sangue di John Fante”) mina la già precaria tranquillità domestica. Per riparare il pavimento John decide di rivolgersi al padre ex capomastro, si reca dai suoi (“La mamma amava svenire. Lo faceva con grande maestria… La mamma amava anche morire”), convince il genitore a seguirlo (“Era il mio primo viaggio in treno con papà, e fu un incubo”) per occuparsi dell’intervento di riparazione (“Due settimane dopo, papà decise di cominciare i lavori in casa”). Nick si stabilisce dal figlio ove instaura un rapporto di complicità con la nuora: ne derivano situazioni paradossali (“Non avrebbe dovuto mischiare la calcina”) e comiche a non finire (“Estrasse di tasca il portafogli, e vidi nuovamente l’aglio, come una piccola fiammata marrone e stizzosa”).
Questo romanzo, forse, rappresenta l’apoteosi dell’originalità di John Fante (“Da quel buco venivano fuori cose malvage… una fuga convulsa di goffe blatte marroni”), inimitabile nel senso del grottesco (“Lei aveva gli occhi vitrei per aver letto troppo diritto canonico…”), unico nel rappresentarsi con autoironia e con vivace senso delle proprie radici (“il camino… per il nuovo Fante”).
Giudizio finale: chiaro, fresco e dolce. Come le acque del Petrarca, sebbene Nick all’acqua preferisca di gran lunga il vino (“C’era tutto il grande e vasto mondo sugli scaffali, ed era per mio padre)…”
Bruno Elpis
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IL PASSATO, IL PRESENTE ED IL FUTURO
Sono profondamente convinta della necessità di "far decantare" un libro prima di scriverne la recensione.
Bisogna attendere, pazientare, osservare, aspettare che le parole si sedimentino, si acquietino, si plachino e poi, certosinamente, indagare su quello che hanno lasciato e su quello che, con il loro passaggio, hanno modificato.
Nulla che passi senza lasciare la minima traccia merita una recensione, nella letteratura e nella vita, nel bene e nel male.
Orbene...Ad oggi, ad oltre un anno di distanza da quando riposi il libro nello scaffale, cosa rimane di "Full of LIfe"?
Rimane, nonostante l'evidente pleonasmo, la pienezza, la turbinosità e l'irrefrenabilità della vita.
Fante descrive, con il solito humour e la solita, ineguagliabile, penna, il percorso psicologico e familiare che conduce alla paternità, attraverso il confronto di se stesso con l'ineluttabile padre Nick, unico riferimento possibile, "il più grande muratore della California".
Così come Nick distrugge e trasforma le cose, le case ed i caminetti, Fante distrugge e trasforma la propria vita lavorativa e sentimentale, in un inevitabile gioco degli specchi. Così come Fante odia ed ama Nick, odia ed ama anche la moglie Joyce, con la stessa passione e profonda incomprensione che nutre il suo sentimento per il padre ed ad entrambi rimarrà sempre, inesorabilmente, legato.
E' un romanzo sulla paternità nel suo complesso, sulla paternità subita e su quella compiuta, su di un figlio che diventa padre senza aver saputo, nel mentre, essere completamente uomo.
Ma non solo.
Fante piange, lotta, combatte, è vivo ed è pieno di vita "presente" così come Joyce è piena della vita "futura" e Nick lo è di quella "passata". Tutte queste diverse vite convivono, coesistono, non senza scontri, ma procedono ed avanzano. L'italianità di Nick si scontra con la modernità del figlio ma trova terreno fertile nella nuora Joyce, simbolo del sogno americano, alla ricerca di solide radici su cui costruire il futuro.
Nell'unico modo possibile per uno scrittore, incontestabilmente, italiano, Fante descrive la genesi non solo di una paternità "privata" ma anche di una paternità "collettiva", confermando che anche i sogni, siano essi condivisi o strettamente personali, hanno sempre bisogno di radici per poter crescere e trasformarsi in realtà, così da non degenerare in semplici illusioni.
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Io sto dalla parte di John...
Personalmente parlando(da semi-esperto conoscitore di Fante),leggendo “Full of life” mi sono ritrovato sprofondato nella migliore(letterariamente parlando) e sicuramente più bizzarra epopea domestica mai narrata. La vera innovazione apportata da Fante in questo romanzo è l’aver rinchiuso il suo celebre alter-ego,Arturo Bandini; nel cassetto del dimenticatoio. Qui non c’è più il bel Bandini, lo scrittore migliore d’America,qui c’è Fante in prima persona,con i suoi difetti,le sue ingenuità e si…anche le sue piacevolezze pseudo romaniche. Accanto gli si pone Joyce,moglie bella,dolce, tenera, passionale,lavoratrice…insomma la donna agognata da ogni uomo…solo fino alla gravidanza del piccolo Fante. Celebre il fatto che le donne gravide siano particolarmente suscettibili a sbalzi d’umore,incazzagioni varie e alla totale perdita di ogni parvenza erotica agli occhi del marito…ma Joyce ,a parer mio, si supera. Tra panini al formaggio e secchi di latte,letti matrimoniali, un tempo alcove di piacere, trasformati attualmente in trattorie e “bed and breakfast” a orario continuato,dolci mutandine di pizzo trasfigurate a tende da campeggio estivo, come può un uomo per quanto sessualmente ben disposto nei confronti della compagna…come dire…bè eccitarsi?
Al povero John, già smorzato in tutta la sua rutilante virilità, si aggiunge anche la nuova,bislacca,paradossale apocalittica e smaniosa fede religiosa di Joyce;ciò ,tradotto in soldoni, altro non è che richieste continue e rompicapo su domande esistenziali della vita, smanie di sposarsi,battezzarsi ,pregare e corrispondere con preti con moralità da saloon .
La vivacità narrativa è assicurata dai dialoghi tra i coniugi Fante,litigi al limite della violenza verbale e della comicità intaccano come funghi tutta la vicissitudine della famiglia. Come ciliegina sulla torta arriva da Boulder, Colorado il vecchio Nick(miglior scalpellino da’America), con la sua filosofia contadina e inzuppata nella praticità, a snidare le termiti dalla casa dell’ingenuo figlio(cosa che mai farà) in veste di allocco compratore. Tra sorrisi, vino, litigate ecco a voi le piccole disavventure di un eroe,John Fante!