Follie di Brooklyn
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Incertezza….
Nathan Glass, ex assicuratore in pensione affetto da un male incurabile, almeno così pensa, dopo cinquant’anni ritorna a Brooklyn, dove tutto ebbe inizio, luogo in cui porre fine a un’ esistenza triste e ridicola. Non sa quanto vivrà, si percepisce inoperoso, svuotato, affranto, unico rimedio scrivere il libro della Follia umana in cui riportare svariati episodi del proprio vissuto.
La scrittura gli sarà di conforto ma la vita, in attesa del temuto epilogo, si fa imprevedibile, imperscrutabile, reale e immaginario inscenano un quotidiano diverso, nuove pagine restituiscono un unico protagonista, l’ amato nipote Tommy, figlio della defunta sorella June, giovane introverso e geniale, ex dottorando avviato a una brillante carriera letteraria caduto in disgrazia per ritrovarsi a trent’anni nei panni di tassista e di aiuto-libraio.
Microstorie riaccendono legami famigliari tronchi, sospesi, abbandonati, nuove relazioni crescono, nel mezzo per Nathan la constatazione della propria nullità, del fallimento come padre e marito, un essere umano patetico e isolato, senza meta e senza rapporti.
Che cos’è la vita se non un tentativo di lasciare angosce e preoccupazioni di un mondo folle e infelice creandone uno del tutto personale, in cammino tra identità differenti ignorando la propria, intrattenendosi per dissolvere i dolori, una storia infinita in cui eclissare il reale.
Che cosa accade quando la realtà supera la fantasia, la fantasia diventa realtà, il quotidiano gratificante, relazioni, condivisione, amore, una famiglia allargata, finalmente felici di essere dove si è, insediati nel proprio corpo, godendo del semplice fatto di essere vivi?
A questo punto
“…Peccato che la vita finisca, dico a me stesso, peccato che non ci sia dato di continuare per sempre”.
Queste sono le storie che si raccontano continuamente, che ci raccontiamo e che alimentano i nostri giorni, che iniziano e finiscono nella vita medesima e delle quali sembra non rimanere niente.
…” la maggior parte delle vite svanisce e quando muoiono le loro storie svaniscono con loro”...
Che la vita vada vissuta nel presente mentre la grande Storia scorre imperturbabile tra attimi di esistenze perdute, dimenticate, affrante, felici, speranzose, gratificanti, intrecci di corpi sfiorati, respiro di anime affini, mentre la propria ritrovata presenza sta per includere una tragedia imminente….
“ Follie dì Brooklyn “ è un romanzo frammentato e di superficie con una prosa veloce nell’ incedere dei giorni ricercando un improbabile senso tardivo e una traccia all’ interno di una vita sprecata e ai titoli di coda. Quanto questo percorso di inutilità apparente scavi nel profondo non è dato saperlo, l’ impressione è che si circumnavighi la vera essenza, se stessi, in una strana e tardiva assoluzione che sa di buonismo apparente mentre il nuovo secolo incombe nella propria forza distruttiva e dirompente ( l’11 settembre ) in una superficialità di toni e contenuti non proprio accattivante.
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'Anime confuse'
Nel 200/2001, l'io-narrante è un uomo di 59 anni ed è reduce da una grave malattia. Decide di trasferirsi a Brooklyn.
Co-protagonista il nipote, figlio della sorella, anch'egli capitato in quel famoso spicchio di mondo.
Numerosi i personaggi che vi ruotano intorno, uomini e soprattutto donne.
Qualche elemento, zio e nipote, può ricordarci "Ne muoiono più di crepacuore" . Ma la raffinatezza di Bellow, la sua levità di scrittura, l'elegante umorismo sono per qualità distantissimi dalla rappresentazione di queste situazioni controverse fin quasi al limite.
Lo stesso protagonista definisce se stesso e i personaggi a lui legati da parentela : "Che branco di anime confuse e agitate. Che esemplari fantastici di imperfezione umana. Un padre la cui figlia non vuole più saperne di lui. Un fratello che non vede e non sente la sorella da tre anni. E una bambina che è scappata di casa e non vuole parlare".
Le tante situazioni che si susseguono danno quindi origine a un romanzo troppo incalzante e piuttosto inverosimile, con una struttura 'fatta a tavolino' .
Un Auster molto diverso e assai minore da quello conosciuto nel ben più profondo "L'invenzione della solitudine".
Qui stiamo parecchio più in superficie, con tanta carne al fuoco che rischia di produrre essenzialmente fumo. Un testo contenutisticamente alquanto prolisso, benché anche le figure minori s'impongano con una certa concretezza.
Con tutte quelle svolte e quei colpi di scena pare una narrazione artificiosamente atta a tenere desto il lettore. Metodo che si addice agli scrittori piccoli piccoli.
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Follie metropolitane
Le follie del titolo che vengono raccontate dallo scrittore americano Paul Auster sono in realtà “storie di vita” che coinvolgono una serie di personaggi che vivono a Brooklyn, il quartiere di New York dove si svolge buona parte di questo romanzo. Se si dovesse analizzare, scomporre, o per meglio dire sezionare quest’opera, si scoprirebbe che accanto alla storia principale, l’incontro tra lo zio Nathan ed il nipote Tom che casualmente si ritrovano nel quartiere di Brooklyn rinsaldando un rapporto affievolitosi negli anni, esistono una serie di avventure secondarie che ruotano attorno ai due co-protagonisti. Tanto per fare qualche esempio, mi riferisco alla storia del libraio-falsario Harry, datore di lavoro di Tom e buon amico di entrambi, alla storia della cosiddetta B.P.M. (acronimo che sta per bellissima e perfetta madre), splendida donna vicina di casa di Tom, a quella di Lucy nipote di Tom che tanto scompiglio porterà nella sua vita. Tutte queste rappresentazioni potrebbero reggersi indipendentemente le une dalle altre, come se si trattasse di un libro di racconti indipendenti, invece risultano ben congegnate ed incastrate tra loro, mostrando momenti esilaranti alternati a situazioni più tragiche ed intimiste.
Anche se a mio parere si tratta di un’opera un pelo inferiore ad altri romanzi di Auster quali, “Mr. Vertigo” oppure la “Trilogia di New York”, consiglio la lettura del libro in quanto trovo che l’autore abbia la capacità di scrivere storie semplici, scorrevoli, allo stesso tempo intense e mai banali con riflessioni a 360 gradi sulla vita, la morte, la letteratura e l’amicizia.
Concludo citando un paio di pensieri che ritengo degni di riportare. Il primo sull’importanza della lettura nella vita di Nathan “…..leggere per me era evasione e conforto, era la mia consolazione, il mio stimolante preferito: leggere per il puro gusto della lettura, per il meraviglioso silenzio che ti circonda quando ascolti le parole di un autore..” , il secondo invece sull’idea di felicità (che condivido pienamente): “Desidero parlare della felicità e del benessere, di quei momenti rari e inaspettati in cui la voce dentro la tua testa tace e ti senti tutt’uno con il mondo”.
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Hotel esistenza
"Desidero ricordare tutto. Se tutto è chiedere troppo, almeno una parte."
E di che di che cosa... rispondetevi da soli !
E' il primo libro di Paul Auster che leggo e comincerò a leggerne altri per quanto mi è piaciuto il suo stile ricco di contrapposizioni: cinico e sentimentale, spocchioso e umile, filosofo ed essenziale.
Follie di Brooklyn è un libro costruito veramente bene e il risultato è un cerchio che si chiude alla perfezione ( adoro questi cerchi ).
Il mitico Nathan è un personaggio creato in maniera esemplare in grado di reggere il confronto con tutti gli altri e per tutto il libro ha dato l'idea di un Bukowski ripulito, e non chiedetemi perché .
Poi c'è Tom il nipote di Nat che è il classico tipo impacciato con le donne che sa molto, ma ha paura di dimostrarlo , ma fino a che punto della storia?
dico solo che al momento giusto lui...tira l'asso dalla manica.
Poi c'è Harry il brigante e Rufus che credetemi nonostante sia un personaggio secondario in un pezzo della storia, vi farà venir la pelle d'oca, e tanti altri peronaggi che ora non starò lì a spiegare uno ad uno perchè non vorrei svelarveli tutti e non interessa farne uno studio ma il materiale ci sarebbe tutto.
Questo è un libro in grado di farti sentire tutt’uno, non con il mondo ( sarebbe chiedere troppo ) ma con la storia.
sei tu che la segui ?
è lei che segue te?
risposta sbagliata in entrambi i casi, tu, in quella storia ci sei dentro dalla prima all'ultima parola del romanzo e questo è solo merito dello scrittore del suo stile ed ovviamente della sua fantasia.
Lui aveva una storia da raccontare, Nathan una da vivere e noi una da leggere.
Amen.
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Mai sottovalutare il potere dei libri
Parola di Nathan Glass…
O di Paul Auster?
“Quando trovi un uomo dotato di spirito c’è sempre speranza per il mondo.”
Paul Auster è uno scrittore che sa raccontare le sue storie, le arricchisce di dettagli, di minuziosi aneddoti e di personaggi che vivono la loro esistenza con grande trasporto e condivisione con il lettore, con reale affetto e amore. Parte da un racconto lineare, senza frasi particolarmente memorabili, per concludere la storia in un perfetto cerchio ricco di contenuti quasi tentacolari che abbracciano tanti versanti, il tutto con uno stile pacato e mai urlato
Forse sono presenti tutti i sentimenti che l’uomo è capace di provare e pertanto il tutto può divenire una follia, così le follie di Brooklyn sono il frutto di quello che passa per la mente di Nathan, sessantenne da tempo in pensione e da tempo in lotta con un tumore in fase di guarigione, che decide di ritornare alle origini, nei pressi di Park Slope in una poliedrica Brooklyn, il posto perfetto dove morire e dove scrivere un libro.
Nathan,decide di fare una resa dei conti con la sua vita e con i legami affettivi che più gli stanno vicino, come il nipote Tom, la nipote Aurora, la figlia Rachel e la piccola Lucy, e tanti nuovi amici e nemici, personaggi troppo normali da rasentare la follia dei drammi vissuti o a sfatarli rendendoli quasi divertenti commedie che si snodano con abile manualità in piccoli corollari dalle tinte forti.
Auster perfetto burattinaio muove le fila tra divagazioni kafkiane, ricordando le lettere indirizzate a una bambina di una bambola scomparsa, passando per il fatidico 11 settembre che coincideva con una data propizia per il nostro Nathan.
Auster, infarcendo le storie di surreali situazioni e di reali emozioni, un po’ autobiografiche, ha voluto ricordarci che nella vita di tutti i giorni c’è posto per ogni cosa e ognuno occupa un posto suo in un angolo di mondo, a prescindere da tutto il resto che ruota attorno.
Piacevole e scorrevole, una spanna sotto “Mr Vertigo” che mi ha fatto innamorare della penna stupefacente di Auster.
“Preferisco mille volte un furfante astuto a un pio allocco. Forse il primo non rispetterà le regole del gioco, ma ha lo spirito.”