Firmino
Editore
Recensione Utenti
Guarda tutte le opinioni degli utentiOpinioni inserite: 24
Deludente
Caso internazionale nella neo editoria.
Il libro fu pubblicato da una piccola casa editrice in mille copie arrivando a conquistare i più importanti premi letterari per esordienti per poi toccare i principali mercati. A distanza di un decennio: che ne resta?
Parto da un’aspettativa molto alta: il libro è spesso antologizzato ad uso dei ragazzi della scuola media e implicitamente parrebbe veicolare l’amore per la lettura; mi ritrovo a conti fatti con un topolino disilluso dalla vita e dalla visione di essa , cupa e pessimista. Non mi è piaciuto affatto.
Come culla il “Finnegans Wake” di Joyce, “il capolavoro più non letto al mondo”, come nutrimento dapprima il latte addizionato all’alcool di una mamma ubriacona, come cibo per lo svezzamento le pagine ridotte a coriandoli dello stesso capolavoro joyciano, successivamente un’intera biblioteca, contenuta in un negozio di libri, la casa in realtà del tredicesimo di una fantasiosa cucciolata. Firmino è un topolino, non conosce il mondo e si nutre di libri. Il leggere compulsivo dettato dalla fame si traduce nella metafora della lettura come cibo della mente. Lettura come strumento di conoscenza: un tema che saputo sviluppare avrebbe impreziosito la piccola biografia del topolino. Firmino, in realtà, ripercorre la sua vita, è già vecchio e disilluso e purtroppo perde d’incanto. Sono lontani i tempi in cui, reso edotto dalle esplorazioni materne dell’ambiente esterno alla libreria, scelse , pur continuando a uscire e a conoscere la piazza di Boston dove essa era ubicata, di vivere là a stretto contatto con i libri e con Norman, il proprietario della libreria. Firmino lo osservava e ne captava le difficoltà: il quartiere smantellato per un rinnovo architettonico; la libreria che già perdeva clienti …
Il resto, un precipitare di eventi che non destano né interesse né emozione. Non lo consiglierei mai ad un preadolescente. E a voi? Si può trascurare, tranquillamente.
Indicazioni utili
Solitudini
Può la storia bizzarra di un topo “umanizzato” con la passione per la lettura essere il fulcro per la trama di un buon romanzo? Forse più di un lettore si è accostato a quest'opera con un simile interrogativo.
Il professor Sam Savage al suo esordio letterario condensa in una manciata di pagine una storia dai contenuti profondi e per nulla scontati; nessuna favoletta inneggiante ad insegnamenti morali, ma una storia pregna di pathos e sentimenti, ammaliante e coinvolgente.
Tra queste pagine prende forma l'infanzia infelice, il senso di abbandono, la ricerca di affetto e di calore familiare, oltre ad innalzarsi il grido della solitudine.
Sono tutti sentimenti tangibili e taglienti che l'esile e reietto topo Firmino ci trasmette senza sconti, facendoci varcare le soglie del suo mondo, un intermezzo animale-umano, luogo di incontro tra due categorie maledettamente simili.
Un racconto intelligente, perchè il bisogno di amore e di protezione non ha età, genere e forma, ma è un valore universale.
Sono trascorsi un po' di anni dall'uscita del libro ed i riflettori si sono spenti, ma resta un titolo appetibile nel mare delle proposte letterarie.
Indicazioni utili
Good bye zipper
Nato a Boston da madre alcolizzata e senza fissa dimora, il cibo arraffato alla bell'e meglio tra i bidoni dell'immondizia. La violenza, la fuga, la paura, la disgrazia di appartenere nella catalogazione umana a una razza infestante : " pulci, ratti, ebrei ".
Un rifugio di fortuna nello scantinato di una libreria e Mamma che , intrufolandosi di notte tra pile e pile di libri spinta dallo spirito di sopravvivenza ed ignara del danno culturale, lavora scavando le pagine e spezzettando coriandoli di morbida cellulosa per il giusto giacilio dei suoi figlioli. Dodici piccoli e poi Firmino... Il tredicesimo ratto.
Gracile piu' di tutti, carente l'anatomia materna della tredicesima mammella, il povero Firmino si trova sempre piu' debole ed affamato, incapace di fronteggiare i fratelli nella lotta all'alimentazione. Così chi ha fame da morire, seppur senza saziarsi a dovere, trova il modo di ruminare . Firmino si nutre dei batuffoli di carta stampata, la letteratura diviene il suo pane quotidiano tanto da modificarne i tratti somatici e renderlo un topo estremamente intelligente, un lettore insaziabile ed appassionato, così dissimile dalla sua specie eppure così incompatibile con quella umana.
Ben lontano dall'essere una storiella per bambini, il romanzo di Savage e' uno splendido regalo ai bibliofili adulti. Meravigliosamente intriso di malinconia e solitudine, l'isolamento di un essere intrappolato in un corpo minore ma estremamente dotato si dipana tra sogni e progetti di condivisione, la necessita' di affetto incombe, prorompe, esplode.
Ben scritto e per nulla banale, metafora del decadimento della societa' e ode alla letteratura, Firmino il roditore depresso e brillante rattrista, commuove, intrattiene, diverte.
" I ratti non hanno lacrime. Asciutto e freddo era il mondo e bellissime le parole..."
Tra le varie disgrazie sentimentali che rifuggo, mai mi capito' di contemplare l'innamoramento di ratto. Eppure, e' innegabile, questo racconto non e' stato solo d'effetto ma anche prepotentemente d'affetto . Di quelli che dopo l'ultima pagina abbracci, accarezzi e riponi in libreria lontano da veleni indiscreti. Buona lettura.
Indicazioni utili
Top 50 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Librivoro e sognatore
Che la vita del ratto Firmino sarebbe stata indissolubilmente legata alla letteratura è stato chiaro fin da subito, da quando Flo, una pantegana libertina e alcolizzata, lo ha messo al mondo nel seminterrato di una libreria di Boston tra brandelli di pagine del Finnegans Wake di Joyce. Per lui i libri hanno sempre rappresentato il pane quotidiano. Escluso dal classico allattamento per insufficienza di mammelle, nei primi giorni della sua esistenza non ha potuto far altro che nutrirsi mangiucchiando pagine di Jane Eyre, di Anime Morte, di Furore, di Padri e figli e di tanti altri capolavori della letteratura finché non smette di divorarli in senso letterale e comincia a farlo in senso figurato, leggendo con avido piacere ogni sorta di libro a sua disposizione tra le centinaia e centinaia ammassati sui polverosi scaffali o impilati sul freddo pavimento. Una passione che sicuramente lo umanizza e lo rende speciale, ma che di fatto lo costringe ad un'esistenza mesta e solitaria. Firmino vorrebbe essere un uomo, è troppo colto e raffinato per poter avere normali rapporti con i suoi simili dediti soltanto allo scrocco, alla fornicazione, al bivacco, ma resta pur sempre un topo e quindi è tagliato fuori anche dal mondo umano a cui può avvicinarsi soltanto come silenzioso osservatore o come simpatico animaletto di compagnia. Non gli resta altro che rifugiarsi in un universo onirico in cui può immaginare di dissertare brillantemente con i grandi della letteratura oppure sognare di essere una sorta di Fred Astaire che rivive le gesta dei personaggi di Cervantes, Fitzgerald, Carroll. Ma questa sua bizzarra esistenza subirà un tremendo colpo quando la demolizione del quartiere stabilita dal nuovo piano edilizio spazzerà via la vecchia libreria e tutti gli altri luoghi a cui il piccolo protagonista è legato. Una distruzione che sembra simboleggiare la decadenza della cultura, dell’arte, della poesia di fronte ad un progresso cinico e materialista che non prevede spazi e tempi per l’immaginazione. Librivoro e sognatore, Firmino incarna il senso di solitudine e di disagio di chi sente di non avere alcuna affinità con il mondo che lo circonda e cerca rifugio tra le pagine di un libro o nelle trame della propria fantasia dove può librarsi fluttuando come su una mongolfiera ed esplorare mondi che non sono suoi. “Nonostante fossi loquace fino al cicaleccio più inverosimile, ero condannato al silenzio. Il punto è che ero privo di voce. Tutte le frasi meravigliose che si libravano in volo nella mia testa come farfalle, in realtà, svolazzavano dentro una gabbia da cui non sarebbero mai uscite.”
Indicazioni utili
Top 1000 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Firmino, il topo troppo umano.
“Quando le persone compravano i suoi libri, si scusava del fatto che prendeva da loro dei soldi e diceva che i libri sarebbero stati gratuiti dopo la rivoluzione, un servizio pubblico come i lampioni delle strade”.
Questo passaggio, che si conclude anche con un “Gesù era comunista”, credo sia uno dei pochi apprezzabili di questo libretto.
Non fraintendetemi, non intendo bocciare Firmino, non in toto almeno, ma devo ammettere che in parte capisco le tante recensioni negative, e se poi aggiungiamo il fatto che è stato fortemente sospettato di plagio di un libro italiano allora la situazione peggiora.
Ma andamo per ordine: Firmino è un ratto ( esatto, è un ratto, non un semplice topo, sapete, quegli orribili animali che spesso infestano le fogne cittadine e che suscitano di tutto tranne che simpatia ), nato nello scantinato di una vecchia libreria da una madre che lui stesso definisce “una ragazzaccia”, spesso ubriaca e dedita ai bagordi. La nidiata è formata da tredici cuccioli, ma la madre possiede solo dodici mammelle e Firmino è troppo lento e gracile per raggiungerne una prima dei suoi fratelli; devastato dai morsi della fame inizia quindi, quasi per caso, a mangiare la carta dei libri che trova in abbondanza nelle vicinanze. Ben presto si accorge che quei libri di cui si nutre lo hanno reso anche molto intelligente e colto. Pian piano poi smette di nutrire il corpo di carta, ma continua ovviamente a “nutrire” la sua mente. Essere troppo intelligente però non lo rende felice, anzi, lo rende fin troppo “umano”, depresso, malinconico, nevrotico, solitario, emarginato, “uno scherzo della natura” alquanto pervertito. Eh si, Firmino spasima più volte, durante il suo racconto, per le belle donne - le belle topine non gli interessano - arriva anche a dire che ne stuprerebbe una, se potesse ( e qui mi sono detta “Savage, perché una frase simile? Avresti potuto risparmiartela” ). Questa propensione di Firmino sinceramente mi ha dato molto fastidio, sembra quasi che l’autore associ l’essere solitari all’essere automaticamente pervertiti, mah.. Il topastro cerca inoltre disperatamente di comunicare con gli uomini, di entrare in contatto col mondo che conosce solo attraverso i libri che ha letto, ma ovviamente sa che non può farlo, e questo lo rende ancora più triste e alienato.
Lo stile è molto “filosofeggiante”, concedetemi il termine, ma nel complesso risulta piuttosto pesante e il pessimismo cosmico di Firmino certo non aiuta ( ha fatto storcere il naso anche a me che ottimista non sono ), ma non mi sento di stroncarlo completamente, si tratta comunque di una storia che celebra l’amore per i libri e solo per questo meriterebbe una seconda chance, ma se volete leggerlo non aspettatevi un capolavoro, ma solo una favola malinconica per adulti.
Indicazioni utili
- sì
- no
Il cuore di un topo
Sono veramente dispiaciuta di aver letto così tante opinioni negative su questo libro, non ne capisco il motivo e non concordo affatto con esse, perchè, almeno secondo il mio parere, "Firmino" è un libro stupendo che merita davvero.
Nonostante sia stato scritto da un esordiente, lo stile è raffinato, leggero, godibile, piacevole ricco di filosofia, cultura e al tempo stesso reale.
La trama è a dir poco originale: Firmino, il topo che dà il titolo a questo piccolo grande romanzo, nonchè narratore stesso della vicenda, è l'ultimo di tredici fratelli che per non morire di fame (dato che sua mamma ha solo dodici capezzoli e lui non è abbastanza veloce per raggiungeli e poppare per primo) si nutre delle pagine dei libri della libreria "Pembroke Books" nel quartiere di Scollay Square a Boston in cui è nato.
Ma se dapprima la carta nutre e soddisfa il suo stomaco, ben presto si accorge che essa arricchisce la sua mente.
Così dopo un po'comincia a leggere tutti questi libri, senza tralasciare neanche un genere: narrativa, saggi, poesia, psicologia, manuali di cucina...
Il risultato è che diventa colto, intelligente e perfino più istruito di qualunque persona, ma anche molto cinico, malinconico, riflessivo, sognatore e tendente alla depressione.
Nel suo corpo scheletrico, smilzo, emaciato con un cranio fin troppo grande per un esemplare della sua razza, un muso allungato e privo di mento e gli occhi spalancati, Firmino rimane per tutta la sua vita in quella libreria diventata ormai la sua casa, osservando il mondo dalle vetrine e dai vari buchi scavati nelle pareti del negozio, immaginandolo basandosi sulle sue letture, uscendo di rado per cercare cibo e guardare film pornografici e non in un cinema fatiscente, restando fino alla fine ad osservare la distruzione, la perdita e la disgregazione di tutto ciò che ha amato e conosciuto.
Un libro malinconico, commovente cha fa riflettere.
Chi ama la lettura non può non amare questo straordinario topino.
Indicazioni utili
Un topo piagnone
Quando è uscito questo libro, tutti hanno gridato al miracolo! Perle di saggezza elargite da un topo, non umanizzato e filosofo, quindi da non perdere. E così anche io l’ho comprato.
Il romanzo inizia con la celebre frase di tolstojana memoria sulle famiglie felici e su quelle infelici. Di sicuro Firmino è nato infelice e la sua vita prosegue nell’infelicità, infatti lui racconta iniziando così: Questa è la storia più triste che abbia mai sentito. Vi assicuro che sono 170 pagine circa di assoluta, pura infelicità. Mai "visto" un topo più lagnoso, per quanto filosofo. Devo dire che la sua fame di libri è appunto solo fame, nel senso che se li mangia. Anche il mio cane, Nara si mangiava le versioni di greco o i vocabolari se i miei figli dimenticavano di togliere gli zaini da terra, ma non per questo è diventata professoressa di lettere. E inoltre questo topo è pure antipatico. Scritto sicuramente bene e altrettanto bene tradotto, belli i disegni, ho faticato a leggerlo perché mi annoiava, cercando di capire quale fosse l’ingrediente “segreto” che ne ha decreto il successo. E’ rimasto un mistero!
Indicazioni utili
Non perdetelo!
La storia di un topo?
Sì, un topo, come il tenero Remy di Ratatouille, anche Firmino è un topo.
Che non impara a cucinare, ma a leggere.
La cultura che mette insieme, leggendo i volumi della vecchia libreria dove è nato, lo allontana per sempre dal mondo dei ratti, ma non lo avvicina ad essere un uomo: sempre topo è!
Si isola dal mondo dei suoi simili, ma il mondo degli umani lo respinge, nonostante i suoi tentativi di comunicare, di farsi apprezzare.
È umanizzato al punto di soffrire delle nostre nevrosi:
“Avevo appreso dalle mie letture che si possono fare cose davvero orribili quando si è annoiati, cose che fatalmente ci rendono infelici.In realtà quelle cose si fanno proprio con l'intento di diventare infelici, in modo da non essere più costretti a provare noia.”
E resta isolato in un mondo che si sta sgretolando intorno a lui, ma nello sfacelo generale Firmino, come un uomo – più di un uomo - non si perde d’animo e rimane padrone fino all’ultimo del suo destino.
Impossibile non amarlo, impossibile restare indifferenti alla lettura di questo piccolo bellissimo libro.
Indicazioni utili
Firmino tanto carino
Devo essere sincera...inizialmente ero incuriosita soprattutto dal nome del topo: "Firmino". Mi dava l'idea di qualcosa di piccolo, curioso, solleticante. E poi in copertina c'era proprio lui!E vi assicuro che leggendo il libro non riuscireste ad immaginarlo diversamente! Lui è ironico e introverso, coraggioso ed esitante, affettuoso e distaccato ma sempre e solo un piccolo topo...
E' una lettura divertente e amara allo stesso tempo ma comunque consigliata...libri di questo genere hanno rari concorrenti.
Indicazioni utili
Parte arrancando
Parte arrancando, il libro Firmino. Che tra un fatto, un evento e l'altro passano una trentina di elucubrazioni del personaggio, di Sam Savage (professore di filosofia) e di nessun altro. Un romanzo dove uno scrittore affida i suoi pensieri a un topo, anche se a nessuno interessano, questi pensieri. Ma poi alla fine parte, ed è una bella discesa verso la solitudine, la malinconia, la tragicità. Firmino non è un topo che legge, come molti recensori lo hanno limitatamente descritto, ma è un topo che vive in un quartiere degradato, che conduce una vita miserevole e insoddisfacente, amico di ubriaconi che "scivolano pian piano verso il nulla". Ne è ben consapevole, in fondo al suo cuoricino, e quindi cerca di godere al meglio delle poche cose belle che si trova davanti: i libri, i sorrisi di Jerry, il pianoforte giocattolo. Non è affatto il capolavoro che mi aspettavo, leggendone le critiche, ma tiene compagnia.