Figlia del silenzio
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Opinioni inserite: 8
La scelta. Il bivio
Leggo con una certa frequenza e scarsa giustificazione di apparente banalità di questo libro, di apparente scarso approfondimento, di mancanza di spessore, addirittura di un finale banale.
Non concordo. Ritengo che il commento negativo possa (forse) venie da colui che ha o ha avuto una sua di "vita piatta" e cerchi quindi nel racconto una via di fuga. Il libro "Figlia del silenzio" non è per chi vuol fuggire, ma ritrovarsi e ritrovare pezzi di sé perduti lungo il corso della propria vita.
E' una storia che parte da un amore tenero, ingenuo e immaturo, tipico di tante giovani donne che mettono la propria vita nelle mani di un uomo più adulto, protettivo, forte (apparentemente). Donne che poi scoprono di essere sì fragili, ma forti nelle loro emozioni, capaci di scelte coraggiose, di cambiamento, maturazione ed autonomia.
Norah diventa donna non quando nasce il suo primo figlio, ma quando apprende della "morte" della seconda nata, malata dal riferito di David. Non uno sguardo, non un abbraccio, non un bacio sulla guancia di questa bimba nata morta. Crudele averla portata via senza dare a Norah il diritto di sorridere per uno e piangere al tempo stesso per l'altra ... crudele averle nascosto la verità. Eco da quel momento in poi le vite, i pensieri, le reazioni, le scelte dei personaggi si agglomereranno attorno a quella scelta, divenendo un grumolo di fili e nodi indistricabili.
I personaggi sono a tratti antipatici, ma anche no.
Non è un libro sulla sindrome Down, sulla disabilità, bensì sulle scelte e sui bivi delle nostre vite. Un racconto sui macigni che con difficoltà riusciamo a digerire ... spostare un po' più in là.
Ecco in questa storia il finale è straziante, i personaggi riusciranno a a spostae il macigno un po' più in là. chi più chi meno.
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DIBATTITO MARKET
Nel 1862 il dottor John Langdon Down fu il primo a definire i tratti della Trisomia 21, più comunemente conosciuta come Sindrome di Down.
Cento anni dopo, negli anni Sessanta del ventesimo secolo, avere un figlio Down significava ancora essere destinati a diventare genitori soli e impauriti. Significava combattere per i diritti di uguaglianza dei propri figli, per il diritto all’istruzione e all’indipendenza, convivendo col dolore eterno di vedere un figlio in difficoltà. In quegli anni però, le riforme e i cambiamenti avevano evoluzioni molto più veloci rispetto ad oggi e gli ostacoli venivano saltati anno dopo anno da eserciti di genitori coraggiosi.
David però non è tra loro.
Durante una forte tempesta di neve, con l’aiuto dell’ infermiera Caroline, aiuta la moglie Norah a partorire. Inaspettatamente, dopo Paul, viene alla luce Phoebe, una bimba in cui David riconosce immediatamente i segni della sindrome di Down.
Spaventato all’idea di dover consegnare alla moglie un carico di pena troppo elevato, decide di far credere a Norah che la figlia sia morta. La lascia invece a Caroline, con la richiesta di abbandonarla in un istituto.
Caroline si opporrà in silenzio, decidendo di tenere Phoebe con sé e per sé…
La decisione di David, intrapresa nell’arco di pochi minuti, condizionerà a tal punto la sua vita da innescare una serie di ripercussioni irreversibili sulla propria famiglia. Quella di Caroline, altrettanto subitanea e istintiva, riempirà il vuoto lasciato da un padre, con l’amore di una mamma adottiva.
Il confronto di queste due scelte costituisce, secondo il mio parere, la parte più interessante del libro. La suddivisione del racconto tra questi genitori tanto diversi tra loro, aiuta a comprenderli entrambi, creando l’aspettativa del lieto fine.
Ho trovato lo stile semplice e privo di personalità. Le parole scelte non trasmettono un particolare interesse per la scrittura e questo riduce drasticamente il valore del mio giudizio.
La recensione del Guardian fu piuttosto cruda quando il libro uscì. Per il tema etico raccontato, venne indicato come il classico romanzo da club del libro, nato quindi da una strategia di marketing letterario piuttosto che da una genuina voglia di racconto.
La critica terminava con la frase “It’s a page-turner on Valium”, esplicitando quindi una mancanza di stile e di fascino.
Io concordo.
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Eccellente lettura...
Veramente molto bello, a tratti commovente, soprattutto nel personaggio di Caroline, l'infermiera che si prende cura della piccola Phoebe. Una storia che coinvolge fin dalla prima pagina e non vedi l'ora di sapere cosa succederà dopo... le pagine scorrono veloci e in tre giorni finisci il libro. Nonostante il "peso" della storia raccontata, i personaggi hanno sempre incontri positivi, Caroline rimasta a piedi in un parcheggio di notte sola con la neonata incontra il camionista Al che la riporta a casa e lei lo ospita per la notte (ma quando mai???), la ragazza incinta che vive da mezza barbona nella casa che fu di David bambino, che lui sceglie come persona a cui rivelare il suo segreto, viene aiutata dallo stesso David che compra una casa da dividere con lei (anche qui... quando mai???) e la riconduce ad una vita normale. La tormentata Norah trova infine un amore stabile e i due gemelli si incontrano. Il quesito è: si può come David vivere una vita con un segreto tanto pesante? E' giusto tacere pensando in buona fede di agire per il meglio? Dipende forse dalla mole del segreto stesso?
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Il peso di una scelta
Quante volte ci siamo domandati cosa sarebbe successo se avessimo scelto l'altra strada al bivio? Questo e' il macigno che si porta dietro per tutta la vita il dottor davidquando sua moglie partorisce 2 gemelli il maschio perfettamente sano mentre la bambina affetta dalla sindrome di down e prende la decisione di affidare la piccola all'infermiera affinché la porti in un istituto dicendo alla madre che e' morta subito dopo il parto.Da qui partono tutte le vicende descritte in maniera molto efficace io mi sono emozionata più di una volta x gli argomenti trattati a partire dal dolore di una madre che crede di aver perso una figlia e da Caroline l'infermiera che fugge dal paese e decide di allevare la piccola phoebe anziché abbandonarla come le era stato ordina e che dovra affrontare non poche difficolta a causa dell'handicap della bambina.Norah la madre naturale non riuscirà mai a rielaborare il lutto per questa perdita ne il marito riuscirà a sopportare serenamente il senso di colpa per l'abbandono a scapito quindi
dell'equilibrio di tutta la famiglia .Un romanzo che ti tiene incollata alle pagine fino alla fine e personalmente speravo che la protagonista alla fine riuscisse a riabbracciare sua figlia .....il mio cuore
di mamma faceva il tifo.Emozionante lo consiglio
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Una dolce e paffutella bimba
Sembra, dal titolo, un libro incentrato su di lei, Phoebe, bimba nata affetta dalla sindrome di Down; invece quel "silenzio" è la parola che riassume le scelte e la vita del padre che, quando Phoebe è nata, ha scelto di abbandonarla, proprio perchè "non normale" e di nasconderne l'esistenza alla sua famiglia. Il padre vive nel senso di colpa, con un'ombra sempre lì, la bambina, nella sua assenza dalla sua vita, è sempre presente; il suo è un segreto che lo consuma, è circondato da cerchi di silenzio. La figura di Phebe è di una dolcezza straordinaria: fa capire quanto è più bello a volte guardare il mondo con occhi diversi, fa capire quanto i piccoli gesti, le piccole conquiste sono importanti e fa capire quanta ricchezza hanno dentro quei bambini.
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protagonista è il silenzio
A volte ci troviamo davanti a bivi che cambieranno il corso della nostra vita. Dalla nostra scelta potrebbe dipendere non solo il nostro futuro, ma anche quello delle persone che amiamo. E' quello che accade a David, dottore e neopadre, che in una notte durante una bufera di neve assiste al parto della moglie. In clinica ci sono solo lui e l'infermiera, nessun altro. E quando scopre che i bambini sono due, un maschio e una femmina, e che la femmina ha la sindrome di down, si trova da solo ad affrontare tutte le sue paure. Sono gli anni '60 e la sindrome di down è ancora poco accettata dalla società. David, nei minuti che seguono il parto, decide di proteggere sua moglie, di non darle dispiaceri e si prende la responsabilità di fare una scelta senza neanche interpellarla credendo che sia la soluzione migliore per tutti. Affida la bambina all'infermiera, le ordina di portarla via, lontana, in qualche istituto apposito, che sua moglie non lo deve sapere mai. Ecco la scelta che gli cambierà per sempre la vita. Una scelta che innescherà una serie incessante di bugie, una più grande dell'altra per nascondere quel terribile segreto per il quale ormai non si può più tornare indietro. David agisce d'impulso, non pensa "all'effetto onda", alle ripercussioni sulla sua vita futura. Ripercussioni che lo porteranno a chiudersi sempre di più in sé stesso, innalzando una barriera tra lui e la sua famiglia. La moglie che sembra ossessionata da questa figlia "nata morta" (o così crede); il figlio che privato dalla sua gemella cresce con troppa pressione addosso, come se dovesse dimostrare di valere per due. Tutti i buoni propositi famigliari di David sembrano essere destinati a fallire, la scelta presa lo tormenterà per sempre. E intanto Phoebe, la bambina down, crescerà ignara di tutto in un "universo parallelo".
Prima di affrontare questo libro mi ero immaginata, come penso anche molti altri lettori, che l'argomento principale fosse la vita di questa bambina affetta da sindrome di down. Invece, andando avanti con la lettura, si capisce che questo argomento viene raccontato un po' di striscio e che le intenzioni dell'autrice sono invece quelle di focalizzare l'attenzione sulla vita di David e sulla sua famiglia apparentemente perfetta. Risulta quindi un romanzo piuttosto introspettivo, il cui fine è quello di analizzare le conseguenze delle decisioni, il senso di colpa protratto nel tempo, il raffreddarsi dei rapporti famigliari dinnanzi al pesante silenzio che li cincorda fino a quasi inghiottirli. E' il silenzio infatti il vero protagonista di questo libro. Un silenzio che da entità astratta e impalpabile si trasforma in qualcosa di tangibile, ingombrante, denso come gelatina e fosco come la nebbia. Il ritmo narrativo, nonostante la scrittura scorrevole, appare un po' lento, intervallato da qualche parentesi di ossigeno puro in cui il punto di vista cambia da David alla più allegra e spensierata vita di Phoebe. Nelle ultime cento pagine si assiste poi ad alcuni momenti drammatici che sono capaci di commuovere lievemente, senza esagerare. Malgrado mi fossi avvicinata a questo libro con un'idea completamente diversa, devo ammettere che il mio giudizio a riguardo è parecchio positivo. Per tutta la durata della lettura pensavo di dargli come voto quattro stelline (mi sembrava un buon romanzo, ma non del tutto soddisfacente), ma ora che l'ho ultimata e che ci ho riflettuto sopra mi sono accorta che a freddo il mio giudizio è addirittura migliorato, perché sono riuscita a cogliere delle sfumature e dei significati nascosti che subito, presa dalla mia brama di sapere come sarebbe finita, mi erano sfuggiti. Sicuramente non è un libro per tutti, nel senso che chi cerca una trama avvincente, e per giudicarla si basa solo sullo scheletro della storia, ne rimarrà deluso. Questo è invece un tipo di romanzo molto riflessivo, da gustare nei particolari e da metabolizzare a lungo una volta terminato.
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La maternità, l'amore e il dolore
In questa storia c'è molto, quasi tutto della vita: l'amore, il disamore,la vita coniugale con le sue ambiguità, la maternità nelle varie forme di desiderio e mancata realizzazione; la paura del diverso, il peso, la fatica ma anche l'arricchimento di chi dona sè stesso a un figlio con problemi psichici.
E' anche la storia di una redenzione, attraverso il dolore e la consapevolezza, attraverso la rielaborazione di un terribile senso di colpa.
E' scritto in modo sapiente, elegante; non annoia mai e, almeno per quanto mi riguarda, ha saputo farmi riflettere su aspetti dell'amore verso i quali avevo alcune perplessità .
Leggetelo; fatemi poi sapere, se vi va, le vostre emozioni.
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Vincere l'handicap non è una favola rosa...
Kim Edwards, insegnante di Letteratura Inglese all’Università del Kentucky, autrice di una raccolta di racconti che ha vinto numerosi ed importanti premi, ha esordito nel 2006 con questo romanzo che ha inaspettatamente risalito le classifiche fino a superare i tre milioni di copie vendute negli Stati Uniti. Pubblicato in tutto il mondo è uscito in Italia nel 2007, dove ha riscosso un grande favore di pubblico.La storia copre un arco temporale di circa un quarto di secolo dal 1964 al 1989.E’ la storia di una famiglia americana travolta da un segreto non rivelato che porterà i suoi vari componenti a vivere in un piano di solitudine, di incomunicabilità e di sofferenza personale non condivisibile.In una notte funestata da una tempesta di neve, Noha, moglie dell’ortopedico David, è costretta a partorire in uno studio medico, assistita solo dal marito e dall’infermiera Caroline, segretamente innamorata di lui. Nasceranno due gemelli: il primo, Paul, un maschietto perfettamente sano e la seconda, Phoebe, una bimba chiaramente affetta da Sindrome di Down. David, la cui vita era stata dolorosamente segnata dalla perdita di una sorellina cardiopatica, per evitare afflizioni familiari future e seguendo i dettami dell’epoca in cui la storia si svolge, quando questi bambini venivano fatti vivere avulsi dalla società ed in uno stato di totale emarginazione, decide di metterla segretamente in un apposito Istituto, comunicando alla moglie che la bimba è morta durante il parto. Consegna la bimba a Caroline perchè la porti nel luogo prescelto per l’abbandono. Ma Caroline non ha il coraggio di lasciare quel piccolo fagotto in un luogo così squallido e privo d’amore e con un atto di coraggio decide di tenere con sé la bimba e di farle da madre. La decisione segreta e affrettata di David porta ad un drastico sconvolgimento delle dinamiche familiari che si trascineranno dietro conseguenze permanenti capaci di tormentare, con il loro peso, le vite delle persone coinvolte finchè il destino riuscirà a stracciare la risolutezza del silenzio per illuminare una verità taciuta per troppo tempo.I temi affrontati nel libro sono certamente temi importanti: un trauma provocato dalla nascita di un figlio disabile, la scelta dell’abbandono, il peso della colpa e del segreto nascosto nelle pieghe dell’anima, il dolore perennemente presente, il riaffiorare di antichi tormenti, mentre si assiste alla disgregazione della propria famiglia i cui componenti non riescono a relazionarsi né a manifestare i propri sentimenti e le proprie angosce che sfogano mettendo in atto atteggiamenti inadeguati ed apparentemente incomprensibili. Il grande coraggio della scelta di essere una madre speciale; scelta che presuppone una enorme forza interiore nello sfidare le smisurate barriere di una società che a priori esclude il diverso per salvaguardare le proprie paure intrise di ignoranza e il difficile percorso di chi , pur avendo il diritto di vivere una vita piena e felice, ogni giorno trova la strada sbarrata da incivili incompetenze e da sproporzionate presunzioni. Ma tutto questo, nel libro, è solo deducibile. E’ certo che l’autrice non ha mai avuto a che fare con il grande problema di cui scrive. Ed è per questo motivo che non riesce a toccare il cuore, perché riduce la vita di Pohebe e della madre adottiva ad una bella e fantasiosa favola dal finale speranzoso che dipinge di tinte rosate il culmine di un cammino che sembra facilitato dalla limitatezza di impedimenti che appaiono agevolmente superabili. Gli anni dell’emarginazione totale sono per fortuna lontani e questo grazie all’impegno costante, alla determinatezza e alla non arrendevolezza di tanti genitori, di tante famiglie, che hanno lottato per far crescere, passo dopo passo, insieme ai loro figli diversi, una società intera, permettendole di maturare, di aprirsi, di comprendere e di apprendere. Serva per riflettere, dunque, questo libro! Riflettere con la propria intelligenza e con cuore istintivo e libero per tenersi a galla in questo mare di incongruenze, in questo mare di parole fredde e di aspettative disattese, di fatti impersonali o solamente sfiorati, di una scrittura che con superficiale naturalezza ci allontana sempre più dalla vita reale. Perché, la vita di un diverso è ancor oggi faticosa e problematica e la società in cui viviamo ha sempre bisogno di un aiuto cospicuo per poter progredire accumulando con pienezza un più alto grado di consapevolezza e di umana civiltà.