Figli, figlie Figli, figlie

Figli, figlie

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Lucija è costretta da un incidente a vivere segregata nel proprio corpo e immersa nel proprio pensiero. Nonostante questo, nell’inerzia del fisico ma nella mobilità dello sguardo e della sensibilità, si immerge nella vita che la circonda, e riesce a percepire i limiti delle persone che pur godendo della libertà di movimento non usano questa libertà per diventare ciò che in fondo vorrebbero. In questo nuovo romanzo, acclamato per il suo stile e la forza emotiva, Bodrožić si confronta con il tema della libertà e dell’autodeterminazione individuale e racconta una delle storie d’amore più tenere e tormentate della recente letteratura croata.



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Figli, figlie 2024-02-26 21:28:52 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    26 Febbraio, 2024
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Tre verità

«È il riflesso della sopravvivenza, l’istinto che la natura ci ha donato perché ci allontanassimo da ciò che è marcio e malato. Ma come fare per allontanarci da noi stessi?»

Lucija osserva. La sua vita è scandita dal ricordo di un amore, quello per Dorian che prima era Dora. La prima voce che conosciamo è imprigionata in un corpo che non le consente più di un battito di ciglia, più di un suono gutturale. Ma non è sempre stato così. Non è sempre stata blindata nel suo corpo. Ha osservato Dorian, è stata al suo fianco. Dorian è cresciuto nel corpo di una donna, non si è mai sentito a suo agio, ha sempre cercato un’approvazione che non è mai arrivata. E la stessa Lucija ha dovuto combattere con la non approvazione del diverso. A causa di un incidente è costretta a vivere di pensieri e ricordi, in una vita di silenzi interni e rumori esterni. Immobile.
Il secondo personaggio, e dunque la seconda storia che conosciamo, è proprio quella di Dorian e del suo viaggio di transizione in una società fatta di crepe e contraddizioni. Infine ecco la terza storia, quella della madre che è una donna cresciuta all’interno di una famiglia e poi costretta a convivere con i genitori del marito. Soffre. La madre non ha mai accettato Dorian perché per lei il diverso va punito, ripudiato, represso. È male. È una devianza. È una donna succube prima del marito, poi della suocera, poi della società. Ha due figli, Tomislav e Lucija. Lui uomo e dunque potente e con il potere di far tutto, anche di maltrattare il prossimo, lei la reietta. A lui tutto è concesso. Nell’ultima storia ella si mette a nudo, ricompone la sua vita e da qui il perché della diversa educazione e del suo pensiero così rigido verso la figlia. Perché è lei che l’ha partorita, è lei che può farla e distruggerla e come madre in figlia ha potere su di lei.

«[…] I giorni dell’infanzia erano impressi nel tuo essere, i giorni pieni di angoscia, ma anche di crescita, della serenità tipica dei bambini che la vita sin da subito espone a dolori inconcepibili, le piccole vittorie, i passi che ti hanno fatto diventare quello che sei oggi. Una piccola parte di quel passato era fatta anche di noi, ci eravamo trovati proprio nel momento in cui tu ti stavi lacerando dentro per uscire fuori attraverso la pelle, il muco, il sangue e i punti. […] Eravamo due pazzi davanti a famiglie con figli, a corpi scolpiti, all’esigenza di essere un uomo perfetto, una donna perfetta, perfettamente banali.»

Chi siamo davvero? Cosa gli altri pensano di noi? Perché la nostra identità viene violata? Perché temiamo il diverso? La vita scorre invisibile quanto invivibile. Il nostro vero essere non è percepibile, il rimpianto è amaro, la colpa è una costante che si mescola ad egoismo, paura, indifferenza. Dov’è allora l’umanità in queste tre storie fatte di una immobilità che è moto all’ennesima potenza? Una madre con un passato di torture alle spalle e anaffettività, una figlia immobile in un letto d’ospedale che chiama silente con un battito di ciglia il suo amore, una bambina infelice e che non riesce a trovare il suo posto nel mondo nemmeno da adulto dopo aver fatto la transizione; tre storie, tre volti, tre (in)umanità(?).
“Figli, figlie” è un romanzo intenso, doloroso, crudo. È una storia di violenza, possesso, ribellione, perdita, identità violate. È una storia che si sostanzia nella memoria, nella solitudine. È un romanzo corale a tre voci, “Figli, figlie” in cui l’una storia ricompone l’altra in modo uniforme e complementare.

«Bambino e bambina come lo eravamo noi una volta. Ragazzo e ragazza, uomo e donna, tutti insieme meno di un essere umano. Ridotti alla pelle mucosa in mezzo alle gambe.»

Al tutto si somma una prosa essenziale, evocativa, diretta. Tanto tagliente quanto profonda. Tra emozioni, guerra, società, sentimenti, ricerca di una accettazione, una superficie fatta di famiglia e sentimenti inattesi quanto conseguenti. Un registro, infine, che segue la voce dell’io narrante ricomponendo di ciascuno i giusti tratti e invitando il lettore a riflettere tra molteplici domande.
Il mio sincero ringraziamento a Sellerio per la copia di lettura.

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Figli, figlie 2024-02-25 07:35:32 68
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68 Opinione inserita da 68    25 Febbraio, 2024
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Relazioni pericolose

Lo scorrere di una vita invivibile e invisibile, chiedendosi chi realmente si è , che cosa gli altri vedono di noi, qualcuno o qualcosa, figli e figlie, quanto tempo a rigettare l’ evidenza per ritrovarsi a rimpiangere chi si è amato e inesorabilmente perso per indifferenza, paura, egoismo.
Ognuno è la propria unicità ma si trascina la colpa di chi non ci ha voluto, investendoci delle proprie manchevolezze, delle violenze subite, di tradizioni vetuste, di rabbia, della paura della diversità.
E allora quale umanità se nel presente una giovane donna immobilizzata in un letto non può esprimere i propri sentimenti e incontrare la persona amata, se un giovane che è stato una bambina infelice tuttora è ignorato e respinto, se una madre abbandonata sentimentalmente dai propri figli nasconde un’ infanzia di violenze, di torti subiti e una giovinezza rubata ai propri sogni di donna?
Ciascuno ha una storia da raccontare, contigua e diversa, capolinea di un luogo della memoria che respira di solitudine, amarezza, rimpianti, consapevole di avere perduto per sempre chi in momenti più o meno lontani gli è stato accanto, ha cercato di capirlo, di renderlo libero, la vicinanza può esprimere lontananza.

Lucija è un corpo immobilizzato dopo un terribile incidente, sente e comprende ma non riesce a esprimersi se non a cenni, porta la sua storia dentro, un amore bellissimo e impossibile perché diverso, abbandonato a se stesso quando andava tenuto stretto e ora, paradossalmente, in una totale dipendenza fisica, il proprio sentimento non è mai stato così lucido e presente.

…” Non c’è orrore che possa più ferirmi, io al momento non esisto nemmeno, il mio corpo è triturato, la mia anima è altrove. Era rimasto il soffitto al tramonto, tutto quello che ho”…

Dorian e’ stata Dora ma si è sempre sentita Dorian, un cammino doloroso e dolente per acquisire una nuova identità, costretto a nascondere quello che è e che sente di essere, i propri sentimenti e l’ amore per Lucija.

…”Sono io la causa di tutto questo, è colpa mia quello che è successo. Il mio nome corrisponde alla mia immagine, la mia immagine alle vostre aspettative, le vostre aspettative sono la garanzia della mia esistenza”….

La madre di Lucija, che non ha mai approvato la relazione della figlia, nasconde una fragilità che le rimanda una se’ bambina tra privazioni, violenze, sogni infranti, arrendevolezza in una società patriarcale in cui la donna è da sempre ridotta al silenzio e considerata un’ appendice di manchevolezze.
I suoi due figli hanno scontato l’esito infausto di una vita fagocitata dalla furia materna, ma lei ha un’ intensa storia da raccontare consapevole che

…” ora, a distanza di tempo, so che se l’avessi lasciata andare, l’avrei avuta con me per sempre “…

E c’è un uomo trasformato in un grumo di dolore che, posto di fronte a una scelta, ha imbracciato un fucile per andare in guerra, ha visto corpi deturpati, case bruciate, la follia, in lui odio, buio e violenza ormai sedimentati.

Oltre l’ indicibile sopravvive un desiderio di normalità e di libertà che andrebbe ridefinito, una vita coraggiosa vissuta in prigionia, genitori soli, un corpo triturato, un’ anima altrove, chi senza passato e chi senza futuro in

…..” una società in cui era iniziata la persecuzione di quelle persone che la natura, nel suo affascinante miscuglio, aveva reso diverse, che soffrono sin dall’ infanzia l’ impossibilità di essere quello che sono, perdendo sovente casa, famiglia, lavoro, dignità”…

E allora non resta che abbandonarsi al caos, vivere la profondità delle proprie storie e dei propri mondi …” ingordi di pensiero”…, allontanandosi da chi crede che i propri …”occhi difettosi”… controllino la realtà.

“:Figli, figlie”, della scrittrice croata Ivana Bodrozic, è un romanzo intenso, a tre voci, diverse e complementari, che si avvale di una prosa essenziale, cruda, diretta per esprimere l’ insensatezza di una vita continuamente sottratta e violata.
Emozioni, sentimenti, società, famiglia, tradizioni, guerra, una superficie stratificata nel proprio desiderio più intimo, sovente inespressa e repressa, un linguaggio dosato e un timbro che insegue i tratti dei personaggi. È una vita invischiata tra possibilità di essere e obbligo di apparire, denuncia sociale e famigliare con intensi e fugaci attimi di intimità in una mirabile lucidità descrittiva.

Come l’ autrice ha sottolineato,

….”questo romanzo è una profonda richiesta di perdono verso gli invisibili, i sottomessi, gli indesiderati, coloro che hanno subito violenze e che sono stati costretti a vivere in Croazia all’ epoca della discussione sulla convenzione di Istanbul, questo romanzo è un atto di amore”….

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