Falconer Falconer

Falconer

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Può un uomo qualunque sopravvivere all'inferno? Falconer è un viaggio nell'abisso, un biglietto di sola andata verso una realtà distorta che cambia chi varca la sua soglia. Ezekiel Farragut ha quarantotto anni e insegna all'università. È un genitore affettuoso e un marito mansueto. Ma il suo idillio medioborghese si sbriciola quando viene condannato per avere ucciso il fratello. Si spalancano per lui le pesanti porte del carcere di Falconer. Da quel momento non sarà più Ezekiel Farragut ma il prigioniero 734-508-32. La dipendenza dall'eroina e una peccaminosa relazione che intreccia con un compagno di sventure lo rinchiuderanno in una solitudine invincibile - ancor più di quanto non sappiano fare le sbarre del carcere. Un romanzo concentrato e potente, la lotta di un uomo per mantenere la sua umanità in un abisso popolato dai fantasmi della propria interiorità e dei propri vizi.



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Falconer 2016-08-06 14:37:22 Mario Inisi
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    06 Agosto, 2016
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L'innocenza del colpevole

I personaggi rinchiusi nella prigione di stato di Falconer non sono certo degli stinchi di santo: un fratricida, uno strangolatore di vecchiette, e così via. All’inizio del romanzo un ingenuo vedendoli passare commenta che però sembrano brave persone e la guardia ribatte: “Prova a voltargli le spalle e chiunque di loro ti pianterà un coltello nella schiena.” E il narratore aggiunge: ma aveva ragione l’ingenuo.
L’incipit è favoloso, ci sono delle immagini bellissime, prima tra tutte quella del fratricida che osserva un uomo dare croste di pane a un uccellino. Poi il romanzo in un certo senso prosegue sull’idea del’innocenza di questi colpevoli descrivendo la vita e i rapporti umani nel carcere. Il racconto ha un tocco infantile, tra birichinate e dispetti e un rapporto quasi paritario con le guardie e clima da collegio. I personaggi fanno tutti un po’ tenerezza, per il loro bisogno d’affetto che si esprime come desiderio sessuale a pioggia, nel senso che è diretto verso donne, mogli, compagni di galera con una facilità di cambio di direzione e polarità che fa pensare a un estremo bisogno di calore umano. I rapporti e i dialoghi fanno pensare ai ragazzini non a gente così scafata. Così il ladro ruba l’orologio o la Bibbia al compagno con un trucchetto infantile, e la fuga dal carcere nell’aereo ha la leggerezza di una marachella e l’evasione finale (che richiama Il conte di Montecristo) ha tutta l’aria di una assoluzione morale.
Leggero ma efficace il richiamo ai problemi di relazione con i genitori (con la madre) che hanno prodotto il crimine, ma non il criminale. Nel romanzo sono descritti degli eterni ragazzini che meritano il finale catartico e liberatorio. Falconer è un romanzo tenero.
“A Farragut la parola madre evocava una donna che pompava benzina, faceva le riverenze alle assemblee e batteva colpi di martelletto su un leggio. Questo lo confondeva e lui dava la colpa della propria confusione alle belle arti e precisamente a Degas, che raffigurava la grande serenità materna. Il mondo continuava a premere perché lui facesse corrispondere sua madre, incendiaria famosa, snob, benzinaia e cacciatrice all’immagine di quella sconosciuta con i suoi fiori autunnali dal profumo amaro.”

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