Exit west
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Aspettative parzialmente deluse
Le aspettative su questo libro erano molto alte, avevo sentito diversi pareri positivi. Eppure, mi è piaciuto solo in parte. Vi spiego perchè.
La storia è interessante: ambientata in un Paese non meglio specificato del Medio-Oriente, la narrazione si concentra sulle figure di due giovani, Nadia e Saeed, i quali poco a poco iniziano a frequentarsi. La loro relazione, tuttavia, è resa complicata dalla situazione invivibile in cui, loro malgrado, si trovano: il loro Paese è dilaniato da una guerra civile, le milizie controllano con la forza i cittadini, nessun posto sembra essere sicuro.
Improvvisamente, si sparge la voce dell’esistenza di alcune porte, che sembrerebbero trasportare da un luogo all’altro. Incuriositi e desiderosi di avere una vita normale, quanto meno sicura, Nadia e Saeed decidono di avventurarsi attraverso una di queste porte. Inizia così il loro viaggio, che li porterà in diverse parti del mondo. Tuttavia, le porte hanno avviato un processo di migrazione globale, che causerà diversi problemi.
L’idea di fondo è nuova, quasi brillante. Inoltre, la scrittura è piacevole, ci sono momenti in cui sembra abbandonarsi al flusso di coscienza. Si tratta di una scrittura empatica, che coinvolge. Anche il ritmo della narrazione è veloce, forse troppo.
Il problema: i personaggi e gli avvenimenti sembrano narrati in modo troppo superficiale. Nadia e Saeed cambieranno durante le loro esperienze, cresceranno, la guerra e gli eventi connessi alla migrazione li renderanno delle persone diverse da quelle che incontriamo nelle prime pagine. Tuttavia questo cambiamento è quasi impercettibile. I protagonisti non sono analizzati in profondità, i dialoghi sono quasi inesistenti.
Gli avvenimenti descritti nella storia sembrano essere solo buttati lì a caso, nonostante la loro attualità e importanza: migrazione, integrazione, rapporto tra migranti e nativi, guerra, omosessualità, famiglia, religione e fondamentalismo. Questi sono solo alcuni dei temi trattati, che però non vengono effettivamente elaborati nel dettaglio. Si tratta di tematiche che meriterebbero di essere approfondite meglio, a mio parere.
Per non parlare dei diversi personaggi e livelli narrativi introdotti durante il corso della storia. Parti inserite quasi a caso, che dovrebbero dare un senso di comunione delle esperienze umane, ma che in realtà sembrano solo allungare una narrazione altrimenti troppo sbrigativa.
Un libro originale, con molto potenziale, sia dal punto di vista tematico, che della scrittura, che però l’autore non sembra essere stato in grado di narrare al meglio. Si tratta di una lettura che comunque consiglio perchè valida, anche solo per le tematiche affrontate, ma mi aspettavo molto di più. Peccato.
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Oltre la porta una speranza di vita
La porta come metafora del passaggio da un mondo divenuto ostile e pericoloso verso un luogo che offra una possibilità di vita dignitosa, la porta che apre altresì la via a disillusioni e amarezze, a una lotta accanita per un’integrazione non sempre realizzabile, la porta confine di scambio di culture che può essere causa di perdita di identità, di affetti e di legami profondi: questa è la porta che Saeed e Nadia, i protagonisti di Exit West di Mohsin Hamid, decidono di varcare in cerca di un mondo migliore in cui vivere e amarsi. La porta di Nadia e Saeed ha lo stesso fascino della porticina di Alice, ha lo stesso valore simbolico, e tuttavia essa non conduce a un mondo fantastico, ma si apre su un’umanità composita fatta di chi protegge con estremo rigore i privilegi e il benessere che si è costruito e di chi di questo benessere vorrebbe essere in qualche modo partecipe. E se al di là della porta che si è varcata esisteva violenza e sopraffazione, violenza e sopraffazione non mancano neanche nel mondo del “pacifico” e ricco occidente. E dunque le speranze di Nadia e Saeed sono destinate a infrangersi contro la realtà in cui si trovano immersi. Le loro identità rischiano di annullarsi, il loro amore, la passione si trasformano prima in affetto profondo poi in indifferenza. La vicenda umana di Nadia e Saeed diviene la vicenda del migrante in assoluto ed è emblematica della solitudine a cui va incontro chi abbandona il proprio paese, la propria cultura, con la speranza di mettere radici tra gente di religioni e tradizioni diverse, mantenendo intatti i propri usi e costumi. In realtà il dramma del migrante non viene mai percepito nella sua interezza e il romanzo di Hamid ha il pregio di prospettare al lettore il quadro di desolazione e il rischio di abbandono che minacciano chi coraggiosamente e disperatamente va in cerca di un mondo non tanto migliore quanto vivibile.
Indicazioni utili
Un mondo pieno di porte
Hamid sceglie di affrontare il tema delle migrazioni di grandi masse di popolazione senza utilizzare gli elementi ipermedializzati (e tanto spesso , ahimè, divisivi) dei barconi, delle scialuppe e dei centri di accoglienza. Ne parla attraverso scene di vita quotidiane nelle quali i due personaggi si muovono, crescono, si amano e si allontanano in un viaggio continuo; dal particolare dei destini individuali si racconta l'universale, zigzagando, con frequenti zoom, sull'intero pianeta.Mi ha colpito in questo libro proprio la diversa angolazione con cui è osservato il fenomeno, con tutta la sua complessità. A spostarsi sono persone che noi tendiamo a vedere racchiuse nello stereotipo 'profughi' e il processo è inevitabile (nessuna porta può essere chiusa). Da leggere, senz'altro.