Espiazione
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Facile rompere, difficile riparare
"Briony imparò una cosa ovvia e semplicissima che aveva sempre saputo, come tutti: ogni persona è, tra le altre cose, un oggetto facile da rompere e difficile da riparare". Il mondo degli adulti si rivela troppo spesso incomprensibile per i bambini. Quello che i loro occhi vedono può essere interpretato male, le conseguenti reazioni possono portare risultati tragici. È ciò che avviene una mattina di fine estate in casa Tallis. Briony, una bambina ancora immatura, persa in una fervida quanto puerile immaginazione, assiste a delle scene difficili da spiegare per la sua mente infantile, legge una lettera dai contenuti osceni erroneamente affidatale per essere consegnata ad un'altra persona, formula pericolose teorie che la portano ad ergersi a improbabile e dannosa paladina di giustizia. Il tenero amore tra la sorella Cecilia e Robbie, il figlio della domestica preso dai Tallis sotto la loro ala protettrice, viene travisato a tal punto dalla bambina, da portarla ad addossare al ragazzo tremende e disonoranti colpe non sue che lo porteranno all'arresto e all'abbandono da parte di quella stessa famiglia che, fino ad allora, ne era stata mecenate. Il racconto di questa giornata campale prende metà della bella ed intensa opera di McEwan, partendo da un'atmosfera innocente e fanciullesca per assumere connotati sempre più adulti e drammatici man mano che ci si avvicina alla sera, coinvolgendo ogni membro della famiglia, sviscerandone il carattere, il modo di pensare, le abitudini, i fantasmi che ne tormentano l'animo, le ambizioni e le paure. Un approfondimento psicologico di grande spessore, che si accompagna ad un'ottima penna, capace di raccontare con tatto ed empatia e di soffermarsi nella meticolosa descrizione di piccoli dettagli. Scopriremo poi come il legame tra Robbie e Cecilia resterà forte, indissolubile, sopravviverà alla galera, alla distanza, alla guerra. Partire per il fronte sarà per il ragazzo l'opportunità di abbreviare la sua pena, espiando, tra i bombardamenti, quella colpa che non è mai stata sua. "Mentre tra loro si spalancava la distanza, si resero conto di quanta strada avessero già fatto per iscritto. Quel momento era stato atteso e desiderato troppo per risultare all’altezza delle aspettative. Robbie era vissuto fuori dal mondo, perciò gli mancava la sicurezza necessaria a compiere un passo indietro e recuperare l’idea originale: Ti amo, e tu mi hai salvato la vita”. Ma l'espiazione che suscita più interesse è quella di Briony, quando, ormai diciottenne, si rende conto del danno causato, dell'ingiustizia cui ha dato vita, dell'irrimediabile errore. Ci sarà ancora tempo per redimersi? Il suo sincero pentimento sarà seguito dal perdono, nei suoi confronti, da parte delle vittime del suo stupido gioco? "Come può una scrittrice espiare le proprie colpe quando il suo potere assoluto di decidere dei destini altrui la rende simile a Dio? Non esiste nessuno, nessuna entità superiore a cui possa fare appello, per riconciliarsi, per ottenere il perdono" .
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Espiazione senza redenzione
La prima parte del libro, che si dipana su archi temporali differenti, narra le vicende di una famiglia inglese benestante negli anni trenta. Capitoli narrati vicendevolmente in prima persona da più personaggi delineano caratteri e problemi personali che faranno da anticamera al susseguirsi delle azioni e reazioni da essi stessi provocate che daranno linfa e potenza al romanzo.
Prima metà che sembra presagire ed armarsi lentamente così come la guerra che in questi capitoli appare da lontano, avvicinandosi ed insinuandosi lentamente, assomigliante quasi più ad un’opportunità che al dramma devastante in cui si tramuterà. Un semplice alito. Una bava che sfiora appena la storia di cui si impregnerà in seguito.
Le vicende si delineano in attesa della perfetta empatia tra lettore e protagonisti così da poter perpetrare la grande ingiustizia, base del libro, su cui si fondano ed intrecciano ( anche se dovremmo dire dividono ) i destini di quelli che se dapprima sono comprimari, diventano i fulcri del romanzo.
La guerra che si insinua prepotentemente nella parte centrale dell’ opera di McEwan è appunto l’ingeneroso ed impietoso spartiacque che stravolge tecnicamente animi già sconquassati e devastati dalle conseguenze, attive e passive, delle proprie azioni.
V’è amore. L’amore che muta ma resta sempre sincero a pervadere parte del libro, fatalmente ed indissolubilmente legato all’ingiustizia che esso cela e dal quale attinge paradossalmente forza ma che resta comunque sempre avvolto da un senso di sconfitta comune.
L’espiazione dei peccati, per pochi, come egoistica rivalsa umana e personale. Flagello autoimposto ed abito umano egoisticamente giustificante delle proprie azioni sono il contraltare alla mancanza di coscienza di chi sulle medesime basi innalza un’ intera vita.
L’ingiustizia resta tale e l’ espiazione è priva di redenzione.
Libro ottimo per contenuto e stile. Il primo che leggo di McEwen.
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COLPA ED ESPIAZIONE
Attenzione: La recensione contiene spoiler
“Come può una scrittrice espiare le proprie colpe quando il suo potere assoluto di decidere dei destini altrui la rende simile a Dio? Non esiste nessuno, nessuna entità superiore a cui possa fare appello, per riconciliarsi, per ottenere il perdono. Non c’è nulla al di fuori di lei. E’ la sua fantasia a sancire i limiti e i termini della storia. Non c’è espiazione per Dio, né per il romanziere, nemmeno se fossero atei. E’ sempre stato un compito impossibile.”
“Espiazione” è un libro-labirinto, una costruzione a scatole cinesi, che si può leggere, in virtù della moltiplicazione dei punti di vista (scrittore reale-McEwan e scrittore immaginario-Briony, personaggi del romanzo del primo e personaggi del fantomatico romanzo del secondo), attraverso vari livelli. Prima di scoprire nell’epilogo che le pagine che abbiamo letto sono la creazione letteraria di Briony Tallis, uno dei personaggi della storia stessa, quest’ultima si sviluppa come un romanzo canonico, sia pur strutturato in tre parti assai diverse l’una dalle altre. Nella prima siamo introdotti in una ammaliante scrittura polifonica, che attraverso le voci dei vari personaggi (Briony appunto, Cecilia, Robbie, Emily) fa procedere la vicenda per cerchi concentrici verso un nucleo di tensioni esplosive e di comportamenti gravidi di conseguenze morali. Questa dinamica è amplificata dalla diversa comprensione che gli attori hanno dei vari accadimenti, che McEwan sfrutta con abilità, mirando “freudianamente” a far emergere l’inconscio sepolto dei personaggi, piuttosto che a sottolineare il ruolo del caso nella loro vita: ad esempio, la scena in cui Cecilia si spoglia per andare a recuperare i due pezzi del vaso rotto finiti nella fontana assume per la piccola Briony che vi ha assistito casualmente dalla finestra una connotazione del tutto diversa; e così il ricordo del giorno in cui Robbie era entrato scalzo a casa dei Tallis è interpretato da Cecilia come una provocazione del ragazzo il quale, tendendo a rimarcare le diverse posizioni sociali, avrebbe inteso mettere a disagio la coetanea, mentre in realtà Robbie si era solo vergognato di avere i calzini bucati. Con questo procedimento teso a cogliere da ogni minimo avvenimento le varie rifrazioni individuali, McEwan è in grado di costruire un piccolo capolavoro di sottigliezza psicologica. Che dire poi della tensione montante, del climax sempre rinviato, della sensazione (amplificata dal caldo asfissiante gravido di inquietudine ma anche di inimmaginabile sensualità) che qualcosa sia lì lì per esplodere, anche se la concatenazione inesorabile degli eventi porta a un esito, nei tempi e nelle modalità, inatteso e sorprendente: l’ingiusta accusa di stupro fatta cadere dalla testimone oculare Briony sulle spalle dell’incolpevole Robbie, che da questo episodio avrà la vita definitivamente cambiata (il carcere e l’ignominia al posto di un radioso futuro da medico)? Tutto quanto converge in questo nucleo drammatico, come il centro di un big bang destinato a fare sentire i suoi effetti nei decenni a venire. McEwan è davvero bravo nel costruire questo thriller psicologico con gli elementi tipici di un dramma borghese, come forse solo Henry James e Virginia Woolf sono stati in grado di fare. Esempio di questo acume e di questa profondità di scrittura è la protagonista Briony, ottimamente caratterizzata fin dalle prime pagine (il suo culto maniacale per l’ordine, la sua passione per i segreti, il suo desiderio di un mondo armonioso e ben organizzato, la sua sensibilità intensa e morbosa, la sua ansia di assumere “un ruolo nel dramma della vita”). La sua testimonianza contro Robbie risponde in effetti a una serie concomitante di fattori caratteristici di una personalità estremamente originale: la volontà di mettere il sigillo a quella che ormai considera la sua storia, la simmetrica e deduttiva evidenza con cui chiude – pur senza riscontri oggettivi – un teorema che lei nella sua testa ha già costruito (ossia che Robbie è un maniaco violento e pericoloso), l’istinto di protezione nei confronti di qualcuno apparentemente più debole di lei (Lola), l’esibizionismo, la voglia di compiacere e non deludere le aspettative degli altri, e – soprattutto – il desiderio prepotente di affermare la propria voglia di maturità.
Nella seconda parte assistiamo a un salto in avanti di cinque anni. Robbie Turner si trova ora in Francia, nel bel mezzo della ritirata dell’esercito britannico verso Dunquerque, ferito e con l’unico scopo di sopravvivere alle incursioni aeree dei tedeschi per raggiungere l’amata Cecilia, l’unica persona che ha creduto alla sua innocenza e che, abbandonando la famiglia e intessendo una paziente e affettuosa relazione epistolare con il protagonista in carcere, ha rappresentato per lui l’unica ragione di vita (anzi “per vivere” come rimarca lei in una lettera). Il clima narrativo è completamente mutato, per le ovvie circostanze ambientali: dalla fine ed elaborata introspezione psicologica della parte precedente si passa a una cruda e oggettiva fenomenologia bellica, in cui c’è a malapena il tempo di registrare gli avvenimenti che si susseguono incalzanti. McEwan ovviamente sfrutta la parentesi bellica per ricostruire gli eventi intercorsi successivamente alla condanna di Robbie per stupro, ma in più sa far trapelare in controluce una profonda riflessione sul concetto di colpa. In uno scenario in cui il male non è più individuale, ma metafisico, ontologico, colpa e innocenza scolorano fin quasi a perdere di senso. Uccidere o lasciar morire annegano in una indifferenza obbligata, resa quasi necessaria per riuscire a sopravvivere all’orrore, e in questo arduo contesto rimanere uomini (risuona qui fatalmente il titolo del famoso romanzo di Primo Levi sui campi di sterminio nazisti) diventa la cosa più ardua.
Nella terza parte del romanzo ritroviamo Briony, ormai diciottenne, anche se inopinatamente ha scelto la carriera di infermiera al posto di quella più ovvia – viste le sue inclinazioni letterarie – di studentessa a Cambridge. Questa scelta, anche se non viene detto esplicitamente, sembra una sorta di punizione che la ragazza si è inflitta per il crimine da lei commesso cinque anni prima. Esso riemerge in continuazione nella sua vita, come dimostra un illuminante episodio occorsole in ospedale: un giovane soldato francese che ha perso la memoria la scambia per una ragazza del suo paese natale, e approfittando di un equivoco linguistico (“sorella” al posto di “caposala”) le chiede se sua sorella è ancora innamorata del ragazzo con cui stava prima della guerra, e alla domanda di come si chiamasse Briony non può fare a meno di rispondere “Robbie”. Anche il romanzo inviato da Briony a una casa editrice verte sull’episodio della fontana da lei intravisto dalla finestra della villa. Nella lettera in cui le viene motivato il rifiuto di pubblicarlo, il redattore – ignorandone l’origine autobiografica, ipotizza che la ragazza del romanzo avrebbe potuto forse intromettersi con conseguenze disastrose nella vita della coppia, e in queste parole, che adombrano senza volerlo una colpevole reticenza, Briony vi legge la propria colpa ingigantita dalla vigliaccheria di non volerla riconoscere esplicitamente come tale. L’espiazione del titolo è perciò il tentativo di ristabilire la verità oggettiva attraverso la ricostruzione meticolosa e fedele, nei fatti, nei tempi e nelle motivazioni psicologiche, di quanto avvenuto nel passato. In questo senso il castigo assomiglia di più a una complessa autoanalisi, a un improbo lavoro di scavo nel subconscio, piuttosto che a una soluzione dostojeskianamente radicale e definitiva.
L’epilogo del romanzo, con un funambolico rovesciamento di prospettive, complica in extremis la comprensione. Innanzitutto veniamo a sapere che l’autore di quanto letto finora è la stessa Briony, ormai alle soglie degli ottanta anni. In secondo luogo che in questo mezzo secolo abbondante Briony ha scritto diverse versioni della stessa storia. In terzo luogo, c’è la sconvolgente ammissione di Briony che Robbie e Cecilia non si sono mai più incontrati (come invece era narrato nella terza parte), ma sono morti nel corso della guerra (Robbie di setticemia, Cecilia vittima dei bombardamenti tedeschi su Londra). Qui si entra in un ambito decisamente meta-letterario, e la conclusione è per più versi sconcertante. L’opera letteraria (che si tratti di romanzo o di diario) può essere sì considerata una forma di ristabilimento della verità, ma non ha la forza di cambiare le cose: Lola e Marshall sopravvivono ricchi e famosi e soprattutto impuniti alle vittime del loro crimine, e il risarcimento concesso a Cecilia e Robbie da Briony (che fa coronare la loro infelice storia d’amore con un commovente happy end) ha il sapore della beffa, soprattutto se si pensa a quanto esso assomiglia, fatte salve le differenze dovute alla maturazione artistica della protagonista nel corso della sua vita, al dolciastro e moraleggiante finale delle “Disavventure di Arabella”, ossia della commedia teatrale scritta dalla tredicenne ragazzina in apertura di romanzo (“Ecco, inizia l’amore, il dolore svanisce”) e allestita a sorpresa sessantaquattro anni dopo dai parenti di Briony accorsi nella vecchia tenuta dei Tallis, adesso trasformata in un hotel di lusso, per festeggiare il suo genetliaco.
Resta in fondo a tutto l’agghiacciante consapevolezza che certi atti possono riverberare i loro effetti per tutto il resto della vita, e che l’intera esistenza non basta neppure per rimediare ai loro guasti. La vita di un uomo allora forse altro non è se non un continuo scandagliare, ricostruire e rielaborare ricordi, in un laborioso e incessante processo di giustificazione che ha come unica sede il tribunale della propria coscienza e come unico obiettivo quello di poter giungere all’appuntamento con la propria morte con un fatidico e liberatorio atto di auto-assoluzione.
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Errori che segnano per sempre
Siamo nei mesi che precedono l’ingresso dell’Inghilterra nella seconda Guerra Mondiale, nella villa della famiglia Tallis, sono riuniti la cagionevole madre Emily vittima di continue emicranie che la costringono a letto per gran parte della giornata, le due figlie Cecilia e Briony e i loro cugini Lola e i due gemelli, ospiti in casa dopo la separazione dei genitori .
Si attende con impazienza l’arrivo del terzo figlio Leon che porta a cena un suo collega ed amico.
Per l’occasione la tredicenne Briony, che ha una passione per la scrittura, sta preparando una sorta di rappresentazione teatrale di un suo racconto.
Le prove della recita procedono male per l’imperizia dei cuginetti precettati come improvvisati attori, i quali stanno vivendo una situazione difficile e non sono dell’umore adatto a mettersi in gioco fino al punto che Briony, arrabbiata e delusa decide di annullare la rappresentazione.
Durante il pomeriggio la ragazzina assiste ad una scena con protagonisti Robbie, il figlio di una domestica e la sorella Cecilia, alla quale da un significato completamente sbagliato. Briony non sa dei sentimenti del ragazzo per Cecilia e in susseguirsi di errori e fraintendimenti la ragazzina arriva a leggere una lettera di Robbie per la sorella travisando la natura del loro rapporto.
Poco prima di cena sorprende i due ragazzi appartati e la sua errata convinzione si fa ancora più solida. In un contesto sociale nel quale sembra che parlare delle cose sia un peccato gravissimo e si preferisce andare avanti per convinzioni proprie o presunzioni sarebbe meglio dire, Briony invece di chiedere spiegazioni alla sorella, persevera nella propria certezza che Robbie sia una pessima persona e che Cecilia corra un pericolo gravissimo.
La cena di famiglia si conclude male e poco dopo accade un fatto molto grave , nello stato di turbamento in cui si trova , unito alla rabbia per la poca considerazione data a lei e al suo lavoro teatrale , Briony accusa un innocente di essere il colpevole di questo fatto. Si tratta di un’accusa assolutamente ingiusta che segnerà la vita di tutti, dell’accusato che passerà direttamente dal carcere al fronte allo scoppio della guerra, della sorella che non le perdonerà mai la bugia e troncherà ogni rapporto con la famiglia, colpevole a suo dire di aver permesso che una calunnia del genere venisse portata avanti fino alla condanna di un innocente. La stessa Briony, crescendo , e capendo certe cose della vita, avrà chiaro il proprio macroscopico errore sia di valutazione che di comportamento, arriverà perfino a capire chi era il vero colpevole , troverà il coraggio di espiare la colpa della propria menzogna ? Di dire la verità ai diretti interessati a cui ha distrutto la vita e al mondo intero? .
Briony diventerà una scrittrice, troverà attraverso la scrittura un mezzo per espiare la sua colpa , che non è tanto quella di aver travisato i fatti, quanto di non aver mai dubitato di potersi essere sbagliata, neanche quando ne avrebbe avuto la possibilità senza averne danni.
Scopriremo un finale in cui Mc Ewan ci fa capire il potere immenso della scrittura, quanta vita possiamo dare e togliere alle persone che diventano personaggi delle nostre storie, possiamo costruire un mondo immaginario nel quale espiare quanto non riusciamo a fare nella realtà fino a confondere ai lettori ma soprattutto a noi stessi, la realtà con la fantasia, è la parte decisamente più affascinante di un libro che per il resto, a tratti è piuttosto noioso.
Raramente ho trovato in un romanzo un personaggio così odioso ed antipatico che non fosse un cattivo per antonomasia, ma una persona comune che con i propri limiti e la propria ignoranza, senza malizia apparente nuoce a delle persone: Ian Mc Ewan con Briony Tallis ha costruito una splendida figura portatrice sana di ignoranza, egoismo e vigliaccheria.
SPOILER DA QUI IN AVANTI .
Briony capisce, nel suo mondo di fantasia, che un piccolo gesto può cambiare irrimediabilmente e per sempre la vita delle persone, ma non riesce a portare i gesti di espiazione nel mondo reale , scrive persino un romanzo dove racconta la verità ma non lo pubblicherà fino alla morte del vero colpevole per evitare che lui si possa difendere accusandola di calunnia, ancora una volta antepone egoisticamente se stessa alla verità e a quanto sarebbe giusto fare.
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Accusa, colpa e destino, quale futuro?
Un peccato di gioventù, commesso ingenuamente, per invidia, odio, amore, noncuranza, semplice errore o svista fatale segnerà e spezzerà per sempre le vite intrecciate dei protagonisti.
La famiglia Tallis, incastonata nelle proprie rigide consuetudini, con un pater familias, Jack, autorevole funzionario di stato prevalentemente assente da casa, fulcro, ordine e garante della libertà famigliare, ed una madre, Emily, sempre distesa nel buio, affetta da crisi depressive, a conoscenza di tutto, vissuta nelle zone d' ombra della propria invalidità, oggi moglie trattata ingiustamente così come lo era stata sin da bambina.
Una storia nata e costruita all' interno del mondo affettivo e personale di due sorelle, tra la briosità artistica di Briony, tredicenne con il talento innato per la scrittura, e l' annoiata parvenza di Cecilia, sorella maggiore con tratti di madre e difficoltà a definirsi nel futuro. Figura di contorno il fratello Leon, con una sensibilità d' animo piuttosto indolente e senza fondo ed una totale assenza di ambizione.
Tra loro Robbie, il figlio del giardiniere, da sempre mantenuto agli studi dai Tallis, un ragazzo retto, operoso, intelligente, studente modello, con un futuro già scritto.
Briony, da bambina, si sente il genio intimo dentro, definisce il suo mondo nel racconto e nella scrittura, desiderosa di viaggiare avanti nel tempo in un mondo adulto, attratta da riti e convenzioni delle quali è ancora del tutto all' oscuro.
In poche ore entra, inconsapevolmente, nel mondo dei grandi, lontana dall' invisibilità, testimone di misteri, legge una parola irripetibile ( nella lettera erroneamente consegnatale da Robbie ), interrompe una brutale aggressione, suscita l' odio di un adulto assumendo un preciso ruolo nel dramma della vita.
In realtà e' così facile perdersi, fraintendere tutto, quella è la vita vera, l' imperscrutabilità del presente, senza castelli di favola ne' principesse in attesa.
Le due sorelle sono così vicine e diverse, chissà come è essere Cecilia, Briony si eclissa in un intatto mondo interiore, Robbie è così innamorato, felice, pare destinato al successo.
Il rapporto tra Robbie e Cecilia è unico, indissolubile, per sempre. Hanno vissuto come fratelli, sconosciuti da amanti, improvvisamente viaggiano fuori dal tempo, privi di ricordi e futuro, laddove la vicinanza di un volto noto diviene stupefacente e le stesse parole dell' intimità acquisiscono un significato diverso.
Ecco, d' improvviso, quell' accusa infamante, la colpa, la condanna, il carcere, la partenza per il fronte, così come la progressiva chiarezza sull' imperdonabile errore commesso, una espiazione dolorosa e scontata ed una condanna impartita in primis dalla propria coscienza.
Un amore bruscamente interrotto, una passione sottratta laddove era solo agli inizi, una vita devastata da una colpa ed un' altra distrutta dal rimorso.
Gli anni passano, c' è chi continua ad amarsi per corrispondenza e vive secondo due esclamazioni: ..." Ti aspetterò "... e ..." torna da me "...
I tempi sono cambiati, la guerra è alle porte, ed in questi lunghi ed interminabili giorni un senso di colpevolezza riguarda tutti e nessuno.
Qualche tempo dopo Briony ( ormai diciottenne ) è cresciuta rinunciando alla propria identità, in una neo dimensione ( è una tirocinante infermiera ) autolimitata ad obbedienza, regole, lavoro. Vive esentata dalla necessità di interrogarsi, ma alla sera ritorna quell' inquietudine che assomiglia al buio stesso.
La verità è che non si sente una infermiera tirocinante ma una grande scrittrice in incognito ed il mantenimento di un diario serve a conservare la dignità, il filo della continuità, perché era quello che faceva da sempre.
È interessata al pensiero, alla percezione, ai sensi, la coscienza come fiume nel tempo, ma è sempre inseguita dalla sua vecchia colpa. Lavorando in un ospedale, al capezzale dei reduci di guerra, mutilati, sfigurati, morenti, impara che ogni persona è un oggetto facile da rompere e difficile da riparare e capisce l' importanza di quel lavoro, di quella tenerezza impersonale che le fa mantenere le distanze dalla sofferenza.
Lividi e graffi sono scomparsi da tempo, ma gli anni sono passati e lei non è più la stessa, ormai sono troppe le cose che non si possono dire e le domande lasciate cadere, il perdono è impossibile e lo scherno di chi si è amato e' ancora più duro da sopportare della collera.
La professione comune con la sorella Cecilia non costituisce un legame duraturo, come quella copia che si bacia ed e' legata indissolubilmente fa sentire Briony dimenticata, bandita, e lei in fondo ne prova un certo sollievo. Ormai il suo sentimento assomiglia alla nostalgia di una casa che non c' e' più.
La vecchiaia consegna inevitabilmente ricordi, malattie, fama, celebrità e celebrazioni, il potere di uno scrittore sta nel modificare ed indirizzare una storia, nel deciderne l' indirizzo, quasi detenesse un che di divino. Ma la cruda realtà spesso stride con la fantasia e non può essere riscritta.
All' interno di uno stesso racconto il lettore individua la propria verità così come vi sono più storie create, modificate ed indirizzate dalla fantasia dell' autore.
Ciascuno può immaginarla diversa, forse un amore per sempre, ma questo, oltre lo scorrere del tempo ed una possibile fine, e' quello che è stato, o semplicemente si è sperato.
Un romanzo, " Espiazione ", diviso in quattro parti, che attraversa un arco temporale di sessant'anni anni ma prevalentemente ambientato negli anni trenta. Una riflessione su verità, fantasia, soggettività, percezione del reale, legami famigliari, relazioni strette, apparenza, inganno , odio , amore, senso di colpa.
Sullo sfondo la seconda guerra mondiale, morte e desolazione, rimpianti, collera, perdono, espiazione ed un dolore interiorizzato, portato per sempre e per sempre presente, anche quando metabolizzato nel tempo.
Una trama intensa, a tratti commovente, mirabili gli affreschi psicologici e relazionali dei protagonisti e la figura di Briony, artista poliedrica e camaleontica che vive un duplice tormento interiore ( la propria colpa ) ed esteriore ( l' espiazione ), con quesiti irrisolti. Quanto abbiamo indirizzato il nostro ed altrui destino ed una colpa siffatta è per sempre?
All' interno della narrazione quella lunga seconda parte che parla di guerra vissuta dal proprio interno mi è parsa piuttosto prolissa, quasi un corpo estraneo, non sicuramente all' altezza delle dissertazioni poetiche e psicologiche su vita e destino, realta' e immaginario, arte e vita.
Le parti migliori del romanzo riguardano la caratterizzazione dei personaggi ( Briony, Cecilia, Robbie ) e le relazioni interpersonali oltre la toccante rappresentazione di una porzione di mondo di insondabile complessità, l' universo particolare di Briony, e la sensazione di un amore sempre, quello di Cecilia per Robbie.
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La scrittura crea, distrugge...ma non ripara.
Grandioso.
Un McEwan in grandissima forma.
Quando un autore riesce a creare un personaggio tanto odioso quanto indimenticabile, allora vuol dire che è riuscito nell'impresa più difficile per uno scrittore.
E Briony è uno di quei personaggi che io non ho amato, ma che non dimenticherò mai.
E mai perdonerò.
A dispetto del titolo, non c'è nessuna Espiazione.
Non esiste alcuna possibilità di rimediare a determinati errori.
Ma, sopra ogni cosa, non esiste "perdono"...né da parte di chi ha subito, né da parte di chi è stato causa di tanto dolore, di sconvolgimento, di distruzione.
"Perdonarsi" è ancora più difficile che perdonare...si può convivere con i sensi di colpa, si può diventare bravissimi a sopportarne il peso, ci si può fingere distratti, occupati, perfino accidentalmente felici, ma il mostro è sempre lì, insediato tra le pieghe della tua pelle.
E quando pensi di avere armi e forza sufficienti a sconfiggerlo, poi ti rendi conto che è dentro di te, fa parte di te...e per uccidere lui, dovresti uccidere anche te stesso.
Ma sto divagando...
McEwan ha la rara capacità di inchiodarmi alle sue parole, gli consento descrizioni lunghissime e dettagliate (cosa che non permetto a tanti altri)...forse perché percepisco, nella sua scrittura, una costante, sottilissima e persistente, nota sensuale.
Ma si tratta di una sensualità che prescinde dalla scena raccontata, una sorta di "sensualità della parola"...
Immagini così nitide da risultare accecanti nella loro bellezza e tragicità: un amore appena nato consumato in una biblioteca in penombra, una gamba su un albero, il delirio di un giovane soldato che toglie lucidità anche in chi legge...
E poi c'e la forza delle parole...parole apparentemente semplici, ma portatrici di sentimenti caleidoscopici: "Sí, ho visto", "Torna da me, ti aspetterò"...parole che possono rovinare delle vite e parole che mantengono in vita.
Con questo romanzo McEwan esalta il potere della scrittura: la scrittura crea e la scrittura distrugge...ma non ripara.
Non in questo caso.
L'ultima parte, geniale nella struttura, l'ho percepita di una crudeltà inaudita e, allo stesso tempo, meravigliosa: illusione e disillusione nel giro di poche pagine.
Gioia e lacrime.
McEwan ci mostra l'onnipotenza di chi scrive, di chi sa scrivere, si prende gioco di noi.
E lo fa alla grande!
Avevo già visto il film, in realtà sapevo già tutto...eppure, per un attimo, ci ho sperato ancora.
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Conseguenze
Briony Tallis ha tredici anni in quell’estate del 1935 che segnerà non solo la sua vita ma anche quella delle persone care che ha intorno. E’ appena adolescente, eppure lo sa: il suo destino è scrivere. Appartenente ad un alto ceto sociale, giovane, immatura, dalla fervida immaginazione non ha alcuna remora, non ha alcun indugio nel porre in essere serie e gravi accuse nei confronti di Robbie Turner, figlio della governante, reo di essere un ottimo studente desideroso di conseguire una seconda laurea in medicina nonché di amare Cecilia, la sorella maggiore dell’accusatrice. Ed è così che, quella calda ed apparentemente innocua giornata, si tramuta in un incubo, in un giorno funesto che cambierà inesorabilmente le sorti dei protagonisti di McEwan. Da quella sera infatti, Cee interromperà ogni rapporto con la famiglia divenendo infermiera, Robbie, seppur innocente, sarà condannato ed incarcerato – per poi ottenere uno sconto di pena con l’arruolamento al fronte – e Briony toccherà con mano quelle che sono le conseguenze delle proprie azioni. Di fronte alle sue dichiarazioni, nessuno si è interrogato sulla reità delle medesime, alcuno si è preso la briga di sentire anche la vittima o semplicemente di cercare un altro colpevole. E perché, d’altra parte, sottoporsi ad un tale disturbo quando una capro espiatorio era già stato offerto su un piatto d’argento? Quella bontà che per anni si era palesata non era altro che una parvenza di buone intenzioni, non era altro che un mix di falsità e generosità di circostanza. E’ bastata infatti una semplice ed infondata insinuazione a far si che, senza appello, l’individuo fosse macchiato del crimine abietto ed ogni muro fosse innalzato nei suoi confronti.
Divisa in più parti, l’opera dell’inglese classe 1948, ruota interamente sui sensi di colpa analizzati e vissuti da molteplici prospettive. Lo scritto, infatti, si divide in quattro parti; una prima incentrata su una sola giornata – quella del misfatto – ed espressa dalla tredicenne, una seconda avente quale io narrante Robbie, il suo senso di colpa, la sua abnegazione, il suo mutamento, la sua delusione, il profondo senso di morte e distruzione che lo circonda in guerra, una terza che rivede quale riferente una minore dei Tallis, quasi diciottenne, attanagliata dalla coscienza dell’errore eppure incapace di fare qualcosa nel concreto («Briony era tranquilla, mentre rifletteva su ciò che doveva fare. [..] Sapeva che cosa ci si aspettava da lei. Non soltanto una lettera, ma una seconda stesura, un’espiazione. Ed era pronta a incominciare» p. 357). Infine, in una simbolica quarta parte, che potrebbe considerarsi un epilogo, le considerazioni di un’ormai settantasettenne Briony, concludono il messaggio di McEwan facendo riflettere il lettore, portandolo alla consapevolezza di quell’espiazione tanto richiesta, bramata, desiderata, eppure impossibile da realizzare.
Stilisticamente parlando l’opera è avvalorata da un linguaggio ricco, erudito, e, se vogliamo essere puntigliosi, nelle descrizioni dei luoghi persino troppo prolisso. La prima parte, 194 pagine, in particolare, seppur costituisca una perfetta fotografia della società del tempo, poteva essere sintetizzata, onde garantirne un maggiore scorrimento. Eppure, pagina dopo pagina, se ne comprende l’essenzialità. Ogni parola è un tassello atto a ricomporre un puzzle, mirante a ricostruire la psiche di ciascun protagonista così da renderlo palpabile, concreto, tangibile, reale. E seppur quindi la prima sezione si dimostri essere più lenta, dalla seconda, “Espiazione” prende campo con tutta la sua forza dilaniante, scuotendo chi legge, arrivando nel profondo. Il tutto è avvalorato da un’impostazione analitica che può risultare fredda, apatica e dal giocare continuamente sui fraintendimenti, sulle leggerezze e sulle conseguenze che “cose poco pensate” possono provocare. Geniale l’idea della del libro nel libro, interessanti le considerazioni e autocritiche dello scrittore. Sin dalle prime battute è infatti identificabile in Briony la figura di McEwan talché le valutazioni sulla forza ed impotenza, al tempo stesso, della scrittura, dell’io pensante che inforca una penna e/o si accinge a trasportarsi innanzi ad una macchina per scrivere più o meno evoluta, risultano essere esaustivi moti di coscienza.
Personalmente ho ritenuto la parte relativa al fronte di Robbie e quella finale di autocritica di un’adulta Briony, gemme di rara bellezza nonché reale fulcro dell’elaborato. E’ in queste, di fatto, che sono intrisi la morale ed il messaggio dell’autore.
«Il problema in questi cinquantanove anni è stato un altro: come può una scrittrice espiare le proprie colpe quando il suo potere assoluto di decidere dei destini altrui la rende simile a Dio? Non esiste nessuno, nessuna entità superiore a cui possa fare appello, per riconciliarsi, per ottenere il perdono. Non c’è nulla al di fuori di lei. E’ la sua fantasia a sancire i limiti e i termini della storia. Non c’è espiazione per Dio, né per il romanziere, nemmeno se fossero atei. E’ sempre stato un compito impossibile, ed è proprio questo il punto. Si risolve tutto nel tentativo.» p. 380
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Le conseguenze delle proprie azioni
“Tutto ciò che voleva era lavorare, fare un bagno e dormire, finché non fosse stata ora di lavorare di nuovo. Ma era inutile, lo sapeva bene. Per quanto sgobbasse, per quanto umile fosse il lavoro che svolgeva, e per quanto zelo e fatica ci mettesse, per quanto avesse rinunciato a chissà quali illuminazioni intellettuali, a chissà quali insuperabili momenti sul prato di un college, non sarebbe mai riuscita a rimediare al danno. Lei era imperdonabile”.
Già il titolo dell’opera prepara il lettore “Espiazione”; inevitabilmente fa pensare a qualche colpa da scontare, da espiare appunto. Chi sia il colpevole può essere facilmente prevedibile ma la colpa da espiare arriva con calma, permettendo al lettore di farsi già personalmente qualche congettura. Non intendo addentrarmi nella trama, quello su cui invece voglio soffermarmi è lo stile dell’autore.
Il romanzo si suddivide in quattro parti, e devo dire che terminare la prima parte (circa duecento pagine) non è stato proprio una passeggiata. Se lo stile dell’autore colpisce subito il lettore, la lentezza e alcune digressioni non ne facilitano la scorrevolezza. Dalla seconda parte in poi è difficile invece discostarsi dalla lettura.
McEwan mostra la società del tempo senza “veli”, con tutte le sue incoerenze, le sue sfaccettature e con quell’alone di snobismo che caratterizza la famiglia Tallis. Ho apprezzato particolarmente la decisione dell’autore di approfondire, dal punto di vista psicologico, i vari protagonisti andando ad analizzarli in maniera minuziosa e profonda.
Questo libro porta inevitabilmente a delle riflessioni. Fondamentale è la descrizione da più punti di vista di una scena, com’è semplice fraintendere un comportamento visto da lontano e giudicarlo in maniera totalmente diversa dai protagonisti che invece l’hanno vissuto. Una cosa ancora più riflessiva è la “leggerezza” con cui i protagonisti compiono determinate azioni, azioni che poi giocheranno un ruolo importante nella loro vita. Per fretta, per omissione o per rabbia, sono molte le “opzioni” che possono portare a sbagliare.
Non sempre le colpe si possono espiare, ma prendere consapevolezza e tentare di rimediare può essere già un buon inizio. Lo consiglio, anche se la prima parte, che corrisponde a più di metà dell’opera, è molto lenta e non è facile entrare subito nella storia. Ho avuto la possibilità di vedere anche l’omonimo film che mi sento di consigliare, non ne rimarrete delusi.
Buona lettura!
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E' possibile espiare la propria colpa?
Ho preso il libro in questione con il timore di trovarmi dinanzi a a un romanzo complesso e sufficientemente pesante. Questa paura è stata rafforzata dalla lettura dei primi capitoli della prima parte del libro. Superate le prime 80 pagine, però, la lettura si è fatta via, via più intrigante e scorrevole. A colpirmi piacevolmente è stata una certa diversità di stile impiegata nelle tre parti che compongono il romanzo. Uno dei maggiori pregi penso sia proprio la ricerca di cambiare la scrittura a seconda del protagonista delle parti. Indubbiamente la propensione all'introspezione e la sottolineatura del dettaglio caratterizzano tutto il libro, ma le parti sono sufficientemente diverse tra loro. Basta prendere in considerazione la prima e la terza parte, che ha per protagonista sempre Briony, per vedere come McEwan sia riuscito molto a calarsi nella mente nello stato d'animo di una ragazza che cresce.
Dalla mente narcisista della tredicenne Briony, impegnata irrealisticamente a preparare la rappresentazione teatrale del suo ultimo lavoro, passiamo alla sorella maggiore Cecilia, sicura di sè, addirittura altera, ma al tempo stesso timorosa nel riconoscere i suoi sentimenti, per giungere, infine, all'affascinante e sfrontato Robbie Turner.
Il lasso di tempo che intercorre tra la prima e la seconda parte con lo scoppio della guerra, segna un espediente felice e ben riuscito per catapultare il lettore in una nuova e drammatica realtà in cui tutto il mondo, precedentemente incontrato, svanisce co le sue abitudini e le sue ingiuste ipocrisie.
Il prezioso vaso, ricordo perenne delle coraggiose imprese militari compiute dal fratello dell'inconsistente pater familias di Villa Tallis, diventa il simbolo del vecchio mondo e del suo cambiamento. La scalfittura del suo bordo, avvenuta durante una contesa tra Cecilia e Robbie presso la fontana della villa, fa comprendere ai due il loro amore, ma è anche l'avvenimento che porta Briony a passare dall'amore per il teatro e le fiabe (e quindi dal mondo dell'infanzia) a quello per il romanzo e il mondo adulto con il suo realismo e la sua imperscrutabilità. Similmente è l'inizio della fine dei sogni di Robbie di diventare medico. Da questo episodio incomincia il dramma che legherà Briony, Cecilia e Robbie per il resto della loro vita.
Il crimine odioso di cui Briony accusa Robbie trascina la giovane scrittrice in erba nel mondo degli adulti di cui fanno parte pure il realismo della colpa e l'angosciosa ricerca di una sua espiazione. Briony passa dal mondo dei figuranti da palcoscenico al mondo reale degli uomini. Il passaggio è dolorosissimo e il resto del libro non sarà che la messa n pratica di una espiazione: quella di Robbie passata in prigione e al fronte durante la ritirata verso Dunkerque e quella di Briony all'ospedale militare di Saint Thomas.
Se la scalfittura del vaso segnava l'inizio del cambiamento interiore dei tre protagonisti e il compiersi del peccato, la sua rottura accidentale all'inizio della guerra manifesta la fine di quello che esisteva fino ad allora e la sua impossibile ricostruzione.
Si potrà ricostruire il rapporto tra Briony e Cecilia? La storia d'amore tra Cecilia e Robbie potrà superare l'ingiustizia subita e la guerra? Le relazioni familiari rotte si potranno ricongiungere? In sintesi: l'espiazione è davvero possibile? "Come può una scrittrice espiare le proprie colpe?...Non esiste nessuno, nessuna entità superiore a cui possa fare appello, per riconciliarsi, per ottenere il perdono". Il compito è unicamente suo.
A noi lettori è consegnata una storia ricca di riflessioni e vibrante di disperazione, angoscia, rabbia e amore tenace. "C'è stato un crimine. Ma ci sono stati anche gli amanti".
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“Sei nei miei pensieri in ogni istante.Ti amo Cee"
Briony Tallis, ragazzina di 13 anni con una grande immaginazione e ambizione da scrittrice, per caso una sera diviene la spettatrice dell’incontro amoroso tra la sorella maggiore Cecilia e Robbie, figlio della domestica cresciuto con loro sin dall’infanzia. Agli occhi di Briony, segretamente innamorata del ragazzo, quell' atto le appare imperdonabile, come la stessa lettera scritta per Cecilia che il ragazzo gli aveva affidato. La sera stessa, accadrà un evento che cambierà radicalmente la vita di Briony, Cecilia e Robbie. Il loro destino sarà segnato da lacrime, accuse infondate e sensi di colpa.
Un romanzo, travolgente, segnato dai sensi di colpa provati da Briony per la falsa testimonianza, dal rancore di Cecilia per la sua famiglia e dall’amore di Robbie. Si legge tutto d’un fiato, lasciando il lettore con un pò d’amaro in bocca. Sono molto affezionata alla figura di Cecilia, così forte e coraggiosa che non si scoraggia di fronte alle avversità, con una cieca convinzione che un giorno potrà vivere il suo amore. Alla base del libro vi è la concezione del castigo e della pena: il castigo che porterà la stessa Briony a vivere una vita piena di sensi di colpa per la falsa testimonianza e la pena inflitta ingiustamente a Robbie. Il tutto contornato dal rancore e dal senso di giustizia di Cecilia che non si dona pace. Vi sono errori imperdonabili che possono distruggere famiglie e interi rapporti interpersonali. La gelosia e il desiderio di vendetta possono essere distruttivi nelle mani di un infradiciottenne che presenta immaturità e che sfocia in pericolosità e falsa testimonianza. La versione cinematografica di Joe Wright rimane fedele al romanzo, con una splendida interpretazione di Keira Knightley nel ruolo di Cecilia e del giovane James McAvoy nel ruolo di Robbie. Assai commovente Cecilia avvolta nel suo vestito verde. Credo di aver sviluppato insieme al sentimento di somiglianza e di riconoscimento nella figura di Cecilia, un sentimento di disprezzo per la figura della sorella.