Eroi della frontiera
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Recensione della Redazione QLibri
Kerouac per signora
Questo romanzo di Eggers anche se piacevole e ben scritto mi è sembrato meno bello degli altri romanzi, per esempio di Ologramma per il re. Leggendo ho avuto come l’impressione che gli ingredienti non siano stati dosati bene e che manchi qualcosa. L’elemento più interessante è comunque il senso di stanchezza per la società civile con le sue regole, il senso di repulsione per la presenza umana che raggiunge e sporca i posti più incontaminati e la forte attrazione per la natura e per la vita a contatto con la natura con i suoi pro e contro: in sintesi bellezza e pericoli. I pericoli ci sono ovunque: incendi, temporali, fulmini, fiumi, laghi. Ma l’elemento più ambiguo e insondabile resta sempre l’uomo che potrebbe essere diverso da quello che appare o celare intenzioni, perversioni, follia. La protagonista, madre di due figli, fugge in camper verso una zona selvaggia dell’America, l’Alaska, con al seguito i due bambini di pochi anni. Il maggiore Paul ha 8 anni. La donna è in fuga dalla sua professione che l’ha stancata (dentista), dai sensi di colpa (la morte di Jeremy volontario in Afghanistan), dalle cause legali e dall’ex-compagno di cui è arcistufa e che non ama. Bisogna dire che per quanto lei scappi, Carl non ci pensa nemmeno lontanamente a inseguirla. La fuga è soprattutto dalla propria vita, dal tipo di vita, dal tipo di consesso sociale. La richiesta è quella di una vita più a brutto muso con la natura. Lo scopo sembrerebbe quello di riuscire a vivere di quello che la provvidenza mette in tavola, di incontri casuali e stimolanti al di fuori di regole, sempre al limite tra fascino e pericolo reale o eventuale. La cosa più interessante del testo è la parte descrittiva legata ai paesaggi. La storia a me non è piaciuta particolarmente anche se è delicata e potrebbe essere adatta a lettrici donne con figli. Ho letto recensioni in cui si parla di un finale tragico. In realtà nella testa di Eggers il finale non vuole essere assolutamente tragico. Non lo è, anzi. E’ un finale all’insegna della provvidenza e del coraggio e della bellezza di trovarsi a brutto muso con gli elementi e di sfidarli.
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Compagni di viaggio
Una giovane donna scappa in Alaska con i suoi due figli alla guida di un camper. La sua è una fuga esistenziale, che la riporta alla scoperta di se stessa e dei propri equilibri. Sopravvissuta ad un mondo personale andato in frantumi, mette un po’ di giorni in fila, per scoprire un nuovo modo di pensare. E, grazie ad una terra di montagne e di luce, rinasce. La parte più bella è la descrizione, a volte impalpabile, delle dinamiche familiari che si intrecciano in questo camper fra lei ed i suoi figli e fra fratello e sorella. Sono intensi questi scambi familiari, molto emozionanti, e mi hanno fatto pensare che, se è vero che tutti amano viaggiare (e forse per tanti il viaggio è una fuga), di fatto, tutti noi abbiamo compagni di viaggio con cui stiamo camminando da sempre e con cui sempre cammineremo: la nostra famiglia. Josie si chiede in più momenti come mai le è stata negata la felicità più semplice, quella che hanno tutti: questa è una parte che mi ha molto colpito, così come il vedere che lei stessa, guardando negli occhi i suoi figli, quella felicità l’ha riscoperta, con coraggio. Perché il coraggio è un altro modo di andare avanti.
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Duplice viaggio e doloroso recupero affettivo
Josie, di professione dentista, è una quarantenne in fuga da un presente e da un passato deludenti, che non sente ( e non ha mai sentito ) appartenerle, circondata da noia ed ovvietà emozionale, con una relazione di coppia in crisi, rapporti genitoriali sconquassati, affranta da terribili rimorsi ( un ragazzo, con il suo benestare, si è arruolato nell' esercito ed è morto in Afghanistan), denunciata da una paziente e con un senso generale di inadeguatezza.
Parte, con i propri figli, dal proprio luogo natio, l' Ohio, per un viaggio-fuga verso una lontana terra promessa, l' Alaska, quella ultima frontiera pura ed incontaminata che non si rivelerà magica e cristallina, ma scossa da incendi, lurida e caotica, senza eroi e neppure troppo ospitale.
È una ricerca di libertà e speranza e di un recupero psico-emotivo-genitoriale, il rapporto con quei figli che che sono divenuti i propri confidenti e che non somigliano a lei ne' si somigliano fra loro. Paul, otto anni, così sensibile, premuroso, angelico, con degli occhi da prete glaciale, ed Ana, cinque anni, una rossa autolesionista che se ne infischia degli altri.
È la fuga di una madre da troppo tempo single, con un compagno, Carl, dissoltosi in otto anni di relazione, un padre scioperato, rinunciatario, assente, senza spina dorsale, uno che ..." aveva visto i suoi figli una sola volta negli ultimi quattordici mesi me che nella sua testa li metteva a letto tutte le sere"...., sempre pronto a prendersi il palcoscenico, un bambino ancora alla scoperta del suo rapporto con il mondo e con il proprio corpo.
Josie è una donna stanca, ingabbiata in una noiosa routine aggravatasi con gli anni, tra obblighi, deficit di sonno, il distacco obbligato del proprio lavoro, rovistando tutto il giorno all' interno delle bocche altrui.
Continua a spostarsi senza meta, trascinando i propri figli, tra figure caotiche del passato e maschere del presente, ritiene improbabile il rinascere in una terra di montagne e di luce e quando trova un possibile approdo vi è sempre urgenza di altro, rapita dal desiderio di scartabellare tra gli anni della propria vita, non trovandoci niente.
I suoi figli, in fondo, vorrebbero fermarsi, avrebbero bisogno di costanza, di prevedibilità che lei non possiede, perché fa sempre la scelta sbagliata, sopraffatta da quella voce interiore che l' ha sottratta ai propri sogni, retaggio di una infanzia con dei genitori problematici, allontanatisi progressivamente e a poco a poco dissoltisi.
Una adolescenza trascorsa tra invisibilità e solitudine emotiva, sperando di essere un fantasma, a guardare le case e le famiglie degli altri dall' interno di quel fitto bosco ( il proprio io ), così lontana da non sentire una parola, un bosco dal quale avrebbe compreso la propria normalità e che la sua vita ed il suo essere non si discostavano dalle povere anime che osservava in quelle case tristi.
Il viaggio si veste di duplicità, la realtà, fatta di lande desolate, l' attraversamento di uno stato in fiamme, pericoli imminenti, sangue, ferite, natura furente, e l' interiorità, che vive di memoria, emozioni, relazioni, percezioni, costruito in concerto e cementatosi con l' esperienza.
Josie non vuole che i suoi figli sprofondino nella dimenticanza, in primis di quella gioia che a loro avrebbe mostrato e documentato. Il suo scopo non e' ..." crescere un figlio per un esito futuro".., ma vivere momenti come quelli, ..." arrivare in un posto così ed amarli"...Loro sono la voce della sua coscienza, Paul in particolare possiede una saggia calma apparente, i loro silenzi parlano, i loro sguardi le restituiscono immagini di se'.
L' urgenza di Eggers è una rappresentazione della contemporaneità ( come ha sempre fatto con risultati alterni ) inserendola in contesti letterari già conosciuti. È fuga verso l' ignoto, un viaggio on the road immersi nella bellezza della natura selvaggia, benevola e furente, molestata dalla brutalità umana, una nuova frontiera dell' accoglienza, un azzeramento per tentare una rinascita al di fuori di una realtà sociale densa di ipocrisia, perbenismo, egoismo, sopraffazione, dove la cattiveria è routine, la civiltà altrove, lo scusarsi una eccezione, inseriti come siamo ..." in un secolo vigliacco"...
Josie avverte la propria estraneità in un mondo di persone arrabbiate, avvolte dalla fretta di fare, esporre, spiegare, ansiose di rappresentare il se' o semplicemente il peggio di se', pronte ad esplodere e da ... "quelle signore con la coda di cavallo che guidano a rotta di collo e che desiderano tutto, senza limitazioni, interruzioni" ...
Scopre che anche nella " terra promessa " i comportamenti non sono poi così disincantati ed accoglienti ( l' umana specie non si smentisce ), ed allora il vero cambiamento sta nell' inserirsi e godersi la beltà ed il silenzio evocativo e parlante della natura, persino nell' aspra lotta ingaggiata con essa per la sopravvivenza, con quelle forze del bene e del male insite nella natura medesima ( la vita ) seguendo un percorso interiore ed autocritico ( il dubbio e la conoscenza di se' ), e che ..." mostrare ai propri figli la fragilità di un genitore non è poi così terribile".... Il momento e l' oggi riveste una importanza primaria, il domani sarà altro.
Ed allora..." il viaggio rivendica un significato profondo, è inizio e fine, la possibilità e la voglia ed il diritto di andarsene, nel viaggio e nel movimento lei ed i suoi figli avrebbero lottato, avuto uno scopo, senza il quale non c' è niente. La forza sta nel movimento"....
In questo iter auto salvifico ed un po' metaforico le tematiche sviscerate dall' autore si avvalgono di una scrittura precisa, semplice, densa, anche se tutta la prima parte del romanzo mostra una faccia confusa e perplessa, come la protagonista, temi ed elementi eterogenei miscelati in un insieme non propriamente armonico e coinvolgente. Prevale un certo distacco tra il reale ed il percepito, la narrazione ed i personaggi navigano in una solitudine affranta e poco condivisa, scollata, con una difficoltà nel coniugare e fondere racconto, ricordi, emozioni, esperienza.
La seconda parte, in particolare il finale, si riscatta, cambia ritmo e mi pare ben riuscita, quando la forza e la crudeltà della natura dirompente scatena una lotta per la sopravvivenza ed un turbinio emozionale si sovrappone e si intreccia alla esperienza, originando una fusione scuotente, una viva disperazione ed un ritmo incalzante ( interiore ed esteriore ) che dà senso al percepito.
È qui che finalmente l' autore da' il meglio di se', giustificando ed esprimendo ( ma solo a tratti ) un senso ed una capacità espressiva degne della propria fama.