Eredità
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Voragini familiari
Quando un terremoto rade al suolo il castello familiare
Quando la morte di un padre non provoca lacrime
Quando il presente è segnato irrimediabilmente dal passato
Questi i temi cardine su cui è costruito l'impianto del romanzo, una storia familiare che si compone di piccole tessere fino alla manifestazione del mosaico finale, emblema di quanto più nero possa accadere tra le mura domestiche.
La narrazione è fortemente introspettiva, prende le mosse dalla voce di una figlia, l'incompresa, l'irriconoscente, l'anaffettiva. Etichette apposte dalla madre e dalle sorelle, chiuse in una cecità dettata da regole di convenienza sociale ed economica.
Il dramma vissuto da una delle figlie sembra infastidire l'intera famiglia, per nulla pronta a porgere la mano della comprensione e della vicinanza affettiva ma decisa ad allontanare la fonte del problema.
Segreti taciuti, incubi, rimorsi, esami di coscienza mancati, tante lacrime che solcano l'anima per sempre.
Temi dolenti scoperchiati da tante cronache attuali, di grande impatto emozionale per il lettore, avvolto da una cappa asfissiante man mano che si svelano le carte ed il passato affiora dai silenzi.
Il ritmo del narrato è piuttosto lento, buon mezzo per insinuarsi nelle pieghe più profonde del dolore e della rabbia di una figlia che a distanza di decenni deve ancora elaborare quando accaduto all'interno del luogo più sacro, la propria casa; tuttavia il lento cammino dell'introspezione non dovrebbe cadere nella sensazione di ridondanza. A causa di ciò, il romanzo perde di piacevolezza sul finale, per quell'insistere su concetti già espressi dalla protagonista come sassi gettati nello stagno che disegnano sempre gli stessi cerchi.
Con qualche sforbiciata, l'autrice norvegese avrebbe confezionato un romanzo più incisivo e gradevole.
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Silenzio di famiglia.
Vigdis Hjorth nata ad Oslo nel 1959, è una delle scrittrici norvegesi più conosciute ed apprezzate. Ha pubblicato più di trenta libri. Con Eredità ha ottenuto una meritata fama internazionale. Un romanzo che sicuramente colpisce, non soltanto per lo stile, ma per lo stesso contenuto narrato.
La storia inizia con un testamento. O meglio:
“Quattro fratelli. Due case a picco sul Mare del Nord. Un dramma familiare sepolto nel silenzio da decenni.”
Ci sono due case che dovrebbero essere lasciate in dono alle due sorelle, coloro che li hanno accuditi fino alla fine. Invece no, sono date alle due figlie minori, e i maggiori, Bard e Berglijot nulla. Perché? Bard vive male questa profonda ingiustizia e Berglijot, voce narrante, non si stupisce più di tanto. Perché? Perché lei da anni ha troncato ogni rapporto con la famiglia e non vuole saperne più nulla? C’è un segreto doloroso che pesa come un macigno, che è difficile da affrontare, ma che è necessario farlo, forse, per tornare a vivere una vita più serena. Che sarà mai?
Un viaggio analitico nella storia, violenta e piena di soprusi, di una famiglia all’apparenza normale. Ciò che più mi ha colpito è lo stile e l’impianto narrativo del romanzo. Frasi brevi, ma decisi, forti, continue domande e riprese, capitoli a volte di una sola pagina, ma dal contenuto pesante e tragico al tempo stesso. Una lettura non facile, difficile, con tanti riferimenti a Jung e Freud, ma che tuttavia si fa apprezzare per solidità del narrato e fascino intimo ed intimistico dei personaggi. Con loro il lettore soffre e spera. Perché in fondo “tutte le famiglie sono infelici a modo loro”, e spesso il silenzio è un muro di omertà difficile, se non impossibile, da valicare. Un libro che lascia un segno, e che merita veramente di leggere. Un piccolo capolavoro.
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Legami
Presente, passato, futuro. Norvegia, una eredità da suddividere in quattro, una ingiustizia che esperienza insegna non mancare mai quando si parla di argomenti così delicati. Bergliot è la protagonista di quest’opera intensa e profonda che focalizza l’attenzione proprio su questa realtà fatta di annientamento che adesso deve essere capovolta e riportata alla luce con tutte le sue contraddizioni.
I rapporti sono ormai slegati e sregolati tra queste coppie di figli tra loro equidistanti. Bergliot e Bard da un lato sono separati da un’assenza che pesa come il più pesante dei fardelli, Astrid e Asa, sono al contrario sono rette dal sentimento della premura.
Il tutto si snoda in un continuo riportare alla luce una memoria dolorosa, fatta di perdite, delusioni, frammenti di una realtà distrutta. L’apparenza esterna è quella di una realtà composta da una famiglia eufonica in cui soltanto due figli sono riconosciuti, in verità questa cela una frattura che non potrà mai essere rinsaldata. La vita scorre rapida e con essa il tempo. A regnare indiscussa è la solitudine. Una solitudine che intride le pagine e che non può essere colmata. Le radici sono state strappate, l’appartenenza è perduta. Dolore e rabbia si fondono tra loro e non riescono ad andare oltre quel che è rimasto in sospeso.
Un equilibrio che per quanto cercato non può essere trovato perché troppe sono le questioni irrisolte e mai affrontate.
Un libro che trasuda di affetti mancati e venuti meno, un titolo che porta il lettore ad interrogarsi sulla famiglia e su tutte quelle problematiche ivi sottese. Un romanzo che suscita empatia e non lascia indifferenti.
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L’eco dell’ innocenza violata
Norvegia, un ambiente famigliare all’ interno del quale tutto pare già definito, insinuando odio, dolore, sospetto. Se il presente ci mostra un’ eredità da suddividere in quattro, ingiustizia evidente e lotta intestina che ignora i sentimenti, la realtà vede Bergljot , la protagonista, recisi alcuni legami familiari, esporre la sua versione dei fatti e capovolgere un’ esistenza da anni votata all’ auto annientamento.
Due coppie di figli con comportamenti e trattamenti diversi, Bergljot e Bard, freddi e lontani, Astrid e Asa, affettuose e premurose, due genitori compromessi, ispirati da un certo narcisismo e da un’ ombra innominabile.
Il cuore del racconto, narrato in prima persona dalla protagonista, è un percorso di sofferenza a tratti incomprensibilmente caustico, ai limiti della sopportazione per ciò che sottende, un microcosmo accecante nella propria sequenza di ricatti emotivi.
Quale l’ oggettività e il punto di vista personale, dove sta la ragione, e gli sviluppi nel presente, quale futuro? In una dimensione confidenziale ricerchiamo una conferma che pare scontata, sempre che, guardandosi allo specchio, Bergljot non ...” veda una psicopatica “..., rigettando l’ accusa infamante.
Ecco frammenti di memoria, quando una bambina di cinque anni vide la propria vita distrutta. Aspetti caratteriali, relazioni sospette, inclinazioni personali, il presente un percorso psicanalitico con errori imperdonabili, violenze, menzogne, una coazione a ripetere e il tentativo di sfuggire al passato, rigettato e rigenerato, secondo meccanismi perfettamente oliati.
Di volta in volta le stesse sequenze, c’è chi che vorrebbe una riconciliazione con i genitori, c’è una madre invadente, vulnerabile, sofferente, ansiogena, due fratelli che non si parlano da vent’ anni, avvicinati da una rielaborazione condivisa, tre sorelle e un’ infanzia diversa, un padre amato di un amore di bambina e temuto da sempre, che evita i due figli più grandi, due amiche infelici innamorate di uomini sposati dai quali non riescono a staccarsi.
Bergljot ha un lavoro precario nel mondo letterario, tre figli, un marito buono e affabile da cui separarsi, nutre una grande passione per un professore sposato, conserva un’idea di ordine disordinato, una vita tenuta in piedi dalla routine fino all’ incontro brutale con la verità, dopo la morte del padre, che le lacera l’ esistenza.
Dall’esterno vediamo una famiglia armoniosa che riconosce solo due figli, un perdono impossibile senza l’ ammissione di colpa, due genitori vecchi, malati, vicini alla morte, vittime da compatire, e una figlia sana ma incredibilmente lontana, attanagliata dalla paura.
Forse il senso di normalita’ è una pazzia scaturita dalla disperazione, forse è giunto il momento di un nuovo equilibrio, di certo le vittime di abusi sovente li riproducono.
Nella solitudine condivisa con il proprio io e pochi altri si cerca di recuperare un senso di appartenenza, il pentimento altrui non può essere accolto se prima non vengono riconosciute la disperazione, il dolore e la rabbia della persona ferita.
...” non ero in grado di perdonare ne’ di gettare tutto nell’ oceano dell’ oblio. Perché non si trattava di episodi singoli, e neppure di un racconto finito, ma di una ricerca caparbia, uno scavo necessario pieno di cortocircuiti e tormenti involontari. E la presenza della mia infanzia perduta, l’eterno ritorno di quella perdita, era ciò che mi rendeva nitida e distinta a me stessa, una parte della mia esistenza che permeava persino il sentimento e la sensazione più piccoli che albergavano dentro di me “....
“ Eredità “ è un romanzo intimo, doloroso, crudo e crudele nella rappresentazione di una vita violata, un percorso di convivenza con un passato insaziabile che divora il presente e continua a parlare di se’.
Nel cuore di atmosfere nordiche caustiche ed essenziali, votate all’ indagine introspettiva , affrontiamo una resa dei conti inconciliabile, posizioni distorte, apparenze estenuanti che negano il dolore, accresciuto da un senso di perdita inestimabile ma oggi definente e parzialmente liberatorio, quando la propria cattiva coscienza sarà scomparsa per sempre.