End zone
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Recensione della Redazione QLibri
“Giovani guerrieri”
“Gli special team entrarono in collisione, corpi intercambiabili che sciamavano e cozzavano, piccole guerre che scoppiavano un po’ ovunque, esaltazioni e primi spargimenti di sangue, caschi luccicanti che rimbalzavano sull’erba splendente, l’impatto spasmodico di due masse distruttive, uno spettacolo bello da guardare.”
Uno strano romanzo “End zone” di Don DeLillo, pubblicato negli U.S.A. nel 1972. Sì, singolare, poiché appare un coacervo di contraddizioni, almeno ad una prima superficiale lettura. Il linguaggio, in tutte le sue accezioni e sfumature, ne è l’assoluto protagonista, razionale, geometricamente equidistante fino all’ossessione, se non fosse per la trama costantemente in bilico fra il metafisico ed il surreale e per i suoi innumerevoli quanto stravaganti interpreti. Ad iniziare dal suo personaggio principale, Gary Harkness, running back in una sperduta università di provincia, il “Logos College”. Un ventenne totalmente disilluso e apatico, il cui unico scopo è quello di giocare a football, che del tutto inaspettatamente si trova ad avere un interesse mirato, quello per gli armamenti nucleari, le svariate strategie di annientamento globale e l’apocalisse, un coinvolgimento totale che rasenta l’ossessione. Una paranoia, resa ancor più vivida dal paesaggio che la attornia: una landa desolata e desertica del profondo sud texano. E’ in tale contesto che si svolgono le vicende intessute da DeLillo. Storie intrecciate fra di loro in un susseguirsi di eventi, nei quali è l’umorismo ad emergere il più delle volte dalle varie situazioni in cui si trovano coinvolti i suoi interpreti. Circostanze che vanno dagli irrazionali allenamenti alle azioni di gioco, fino alle più raffinate simulazioni di guerra atomica, dalle sconclusionate lezioni universitarie ai suoi ancor più assurdi corsi, passando per l’alquanto stravagante vita quotidiana degli studenti all’interno del college e ai comportamenti ancor più strampalati del suo personale. Il tutto accade nelle cadenze ipnotiche di una quotidianità esasperata da una ciclicità di eventi sempre uguali e nella ripetitività indolente e quasi ossessiva dei gesti dei suoi protagonisti. Un solo interesse li unisce e li sollecita ad uscire da questa abulia generalizzata, il football.
Alla fine però l’indiscusso interprete principale del romanzo rimane il linguaggio del quale è intessuto. Un espressionismo verbale dai mille aspetti semantici, un vocabolario così corposo che rischia a volte di fagocitare se stesso. Si va dal ricco e sfrenato slang giovanile al più complesso dialogo intriso di termini assai sofisticati, dallo studente che usa un linguaggio alquanto desueto a quello che, al contrario, usa un lessico intessuto di neologismi. Questo per quanto riguarda i dialoghi creati dallo scrittore statunitense. Sono però le elucubrazioni fatte in prima persona da Gary Harkness ed ancor di più le accurate descrizioni dei compagni di squadra e degli allenatori a donare al romanzo il suo spessore. Rappresentazioni minuziose dell’aspetto, non solo esteriore, e dei comportamenti a volte alquanto bizzarri dei suoi amici e professori, ma ancor più degli spazi che lo attorniano, dal lunare e monotono paesaggio texano agli interni del college. il tutto descritto accuratamente, in special modo le stanze in cui il protagonista alloggia assieme ai suoi compagni, con una precisione geometrica che rasenta il parossismo. Una narrazione che raggiunge il puro lirismo verbale quando Gary descrive un incontro di football, anzi l’incontro per eccellenza. Una esposizione composta perlopiù da un linguaggio esoterico quando delinea gli schemi di gioco, i suoi segnali, le indicazioni degli allenatori, la gestualità degli atleti fuori e dentro il rettangolo di gioco, le loro grida e il loro gergo, per finire con la frenetica descrizione delle azioni. Qui DeLillo rasenta davvero la più pura visionarietà letteraria nel narrare le gesta delle due formazioni in campo, fino a trasfigurarsi nell’immaginario del lettore in due eserciti che si affrontano all’ultimo sangue. Se non fosse per l’ironia con cui Gary Harkness affronta lo scontro, anzi, la partita.
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END zone
End zone è diverso da tutto quello che si può immaginare, è oltre la letteratura e il contenuto; è linguaggio e parole, è emozione che nasce dal continuo contorcersi della sintassi su se stessa.
Non c'è una trama che coinvolga o che appassioni, c'è solo una sapiente maestria nel trovare le parole giuste che creino una sinfonia piena di sussulti e vita che è davvero difficile trovare in altri autori.
Scorrendo le pagine si ha la sensazione che il suo autore sia guidato da qualcosa mentre scrive, che tutto sia in divenire e che ciò che racconta sia altro, come se quelle parole che costruiscono la storia siano criptate e che il lettore debba trovare la chiave per capirne a fondo il significato celato.
L'unico modo per lasciarsi travolgere da questo fiume in piena di termini è ascoltare e continuare comunque anche se non si capisce, anche se un intero capitolo su un incontro di football descritto con termini tecnici di cui si ignora il significato può sembrare troppo; ogni capitolo che si conclude lascia arricchiti; si esplorano campi semantici sconosciuti, associazioni di idee inedite; nonostante sia stato scritto negli anni settanta, sono i personaggi ad essere veri e profondi; descritti con la maestria della semplicità, senza invedenti particolari, solo l'essenziale è raccontato, ma quanta anima e quanta sensibilità in ogni piega dei loro dialoghi, quando appaiono attuali questi ragazzi di quarant'anni fa, con le loro paure, il loro individualismo, le loro crisi.
Vengono toccati innumerevoli temi, la guerra, lo sport, l'amore, la religione e tutto in modo lieve e profondo allo stesso tempo, deformato dalla visione di questi ragazzi le cui vite, come due biglie in movimento in una conca si sfiorano e si allontano, si urtano e si uniscono emanando un'energia tale da condizionare il mondo intorno, del tutto inconsapevoli della loro potenzialità.
Questo è uno di quei rari libri che va oltre al piano narrativo, che appare quasi banale e inutile: la stagione sportiva di una squadra di football texana.
La magia sta tutta nella realtà che descrive, nell'universalità di ciò che si racconta, di come quelle piccole vite, vissute in quelle piccole stanze diventino la Vita e la Morte e come queste pulsioni possano coesistere insieme nelle stesse persone.
Ci sono dei personaggi che non potranno mai più essere dimenticati e interi capitoli che dovranno essere riletti.
Un testo che può essere letto da tutti e che credo debba trovare la sua perfezione in lingua originale.