Educazione di una canaglia
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Fior di birbante
Molto autocelebrativo, Educazione di una canaglia,
da brava canaglia tradisce presto le aspettative legittimamente nutribili nei confronti di un libro che prometterebbe di portare il lettore in visita nel microcosmo dei penitenziari statunitensi.
Attraverso il racconto in prima persona dell’autore, piuttosto che immergerci nelle estreme atmosfere della condizione di reclusione, sembriamo assistere indifesi alla roboante narrazione delle gesta del prode “fior di birbante” tra vari istituti detentivi fin dalla giovane età.
“Fior di birbante” sguscia tra una grata e l’altra con fare smargiasso, uscendo sempre incredibilmente appena ammaccato dalle percosse bibliche subite, fonte inestinguibile di battute sagaci anche quando il fiato dovrebbe scarseggiare, gagliardo nei faccia a faccia, intrepido e orgoglioso, ovunque rispettato dai galeotti più terribili.
Lungi dal sindacare sul realismo, quantunque sia stato fatto appello alla licenza romanzesca, la narrazione avrebbe forse giovato di una prospettiva meno incentrata sui fatti scarni e stereotipati e di una maggior caratterizzazione dei personaggi e degli spazi.
Se però gradite sintonizzarvi sulle onde di una personalissima epica ambientata in uno scenario insolito ai classici, probabilmente coglierete con favore la lettura di queste pagine.
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Uno su mille ce la fa
Nonostante la vita gli abbia più volte girato le spalle Edward Bunker non si autocommisera. Il resoconto di 18 anni di galera, scontanti in tre tranche, è compresso in questo tomo in cui la vergogna implicita per ciò che si è compiuto lascia maggiormente spazio all'indignazione nei confronti di una società emarginante. L'autore giunge ad un'esternazione malinconica, segnata da un livore composto nei confronti del sistema carcerario americano e più in generale verso un pregiudizio che non lascia scampo, soprattutto se si proviene dai sobborghi di una Los Angeles sempre pronta a fagocitare il primo sprovveduto senza alcun rimorso.
L'infanzia scivola tra genitori assenti e educatori incapaci, sino ad una distorsione sfociante nella formazione criminale del titolo, in cui il guadagno facile ha il sopravvento su tutto il resto, con l'icona della mecca Hollywoodiana a risplendere attraverso falsi miti e un'opulenza riservata a pochi.
Il contrasto è efficacemente sviluppato, quanto le vicissitudini che Bunker affronta in questa sentita autobiografia riferita senza riserve, con la violenza a dominare di continuo il racconto. La vita dietro le sbarre è pura sopravvivenza mirata ad evitare i pestaggi (dei secondini o di altri carcerati fa poca differenza), a scansare i tentativi di stupro e a rifiutare la sirena stordente delle droghe; usciti da quell'inferno in cui la dignità umana viene regolarmente calpestata non vi è spazio per alcuna redenzione.
San Quintino e Folson sono istituti penitenziari che fanno infamante curriculum, se poi si proviene da un ambiente in cui si è marchiati fin dalla nascita inseguire il riscatto diventa pura utopia.
Il sistema mira alla distruzione, fornisce ai suoi schiavi brutalità in dosi massicce, trasformando la presunta feccia in carne morta da tumularsi il più in fretta possibile. Bunker fornisce voce a chi non ne ha mai avuta, prolisso e ripetitivo quanto si vuole ma indubbiamente efficace nel materializzare la disperazione attraverso un racconto da brividi, in cui l'assenza di ogni più logica regola del vivere civile alimenta una regressione tanto mirata quanto sempre più feroce.
Eccezione che conferma la regola, Bunker, grazie all'enorme determinazione, ad una bella dose di fortuna unita a un notevole quoziente intellettivo, ha raggiunto la pacificazione divenendo apprezzato scrittore. E' stato inoltre capace di raggiungere il sogno Hollywoodiano prestandosi più volte come sceneggiatore ed attore. Il suo ruolo più celebre resta quello di Mr. Blue interpretato per Quentin Tarantino ne "Le Iene".
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Che brutalità..
Dopo vari tentennamenti, sono riuscita a finire in questi giorni il libro di Bunker che, più degli altri, mi ha profondamente colpita, quasi disgustata, dal sistema carcerario americano.
Più degli altri libri, questo riporta per filo e per segno la vita di Bunker, da quando, ragazzino, entrava e usciva da case di correzione, riformatori, fino alle peggiori carceri della California, San Quintino.
Aveva un'intelligenza spiccata, ma non tollerava le imposizioni e le regole. Spesso si è trovato in situazioni create da altri, ma la verità è che non riusciva a rientrare nei binari di una vita "regolare".
E' riuscito anche a spacciarsi per pazzo, a inventarsi aggressioni mai avvenute, ad acquisire così una forma di rispetto dagli altri detenuti.
Ha provato anche la droga, dagli spinelli ai buchi, ma il contrasto fortissimo che permea dalla sua storia, è che leggeva tantissimo e aveva una cultura ben al di sopra dei suoi compagni di cella.
Picchiato a sangue dai secondini, scampato alle attenzioni di detenuti gay, ha cercato di sopravvivere in qualche modo ai 17 anni di reclusione che ha scontato, leggendo e scrivendo.
Difficile condensare 500 pagine di violenza e di brutalità, difficile non accennare al fenomeno di razzismo e alle guerre tra detenuti solo per il colore della pelle, difficile non essere nauseati da tanta crudeltà.
Difficile non amare questo personaggio, che è riuscito ad emergere e a condurre l'ultimo periodo della sua vita come una persona "normale".
Un libro per certi aspetti...noioso, nella descrizione di quanto il male possa fare parte di noi e di quanto i ruoli possano invertirsi, e l'ambiguità regna tra carcerieri e carcerati.
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Le carceri americane
Dopo vari tentennamenti, sono riuscita a finire in questi giorni il libro di Bunker che, più degli altri, mi ha profondamente colpita, quasi disgustata, dal sistema carcerario americano.
Più degli altri libri, questo riporta per filo e per segno la vita di Bunker, da quando, ragazzino, entrava e usciva da case di correzione, riformatori, fino alle peggiori carceri della California, San Quintino.
Aveva un'intelligenza spiccata, ma non tollerava le imposizioni e le regole. Spesso si è trovato in situazioni create da altri, ma la verità è che non riusciva a rientrare nei binari di una vita "regolare".
E' riuscito anche a spacciarsi per pazzo, a inventarsi aggressioni mai avvenute, ad acquisire così una forma di rispetto dagli altri detenuti.
Ha provato anche la droga, dagli spinelli ai buchi, ma il contrasto fortissimo che permea dalla sua storia, è che leggeva tantissimo e aveva una cultura ben al di sopra dei suoi compagni di cella.
Picchiato a sangue dai secondini, scampato alle attenzioni di detenuti gay, ha cercato di sopravvivere in qualche modo ai 17 anni di reclusione che ha scontato, leggendo e scrivendo.
Difficile condensare 500 pagine di violenza e di brutalità, difficile non accennare al fenomeno di razzismo e alle guerre tra detenuti solo per il colore della pelle, difficile non essere nauseati da tanta crudeltà.
Difficile non amare questo personaggio, che è riuscito ad emergere e a condurre l'ultimo periodo della sua vita come una persona "normale".
Un libro per certi aspetti...noioso, nella descrizione di quanto il male possa fare parte di noi e di quanto i ruoli possano invertirsi, e l'ambiguità regna tra carcerieri e carcerati.
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come una revolverata
Ed.Bunker apre la porta dei peggiori sobborghi e delle peggiori prigioni d'America.
Questo è il sottomondo raccontato da chi ne ha fatto parte per due terzi della sua vita.
Si scopre la vita in carcere prima dell'avvento delle bande e delle lotte tra bianchi e neri.
La vita di un delinquente nell'america degli anni sessanta.
La vita di un ragazzo che è stato il più giovane detenuto di San Quintino.
La disperazione o l'esaltazione di un uomo a cui non è stata mai data altra scelta che il crimine o la sottomissione.
La sua vita, e credetemi, lascia il segno.