E l'eco rispose Hot
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Recensione della Redazione QLibri
Il riverbero tanto atteso
Premetto che il mio approccio con questo scrittore è del tutto verginale,quindi parto da una totale pagina bianca e immemore di “Hosseinica” non conoscenza…Chiedo venia,non me ne vogliate fans!
Probabilmente la prima parola che ha sfiorato le mie sinapsi per dare un sunto mentale una volta girata l’ultima pagina è: puzzle.
Ebbene si,tanti tasselli da ricercare per la ricostruzione e allo stesso tempo cospirazione del tessuto iniziale e finale,tra di loro,come tra i due fratelli un ponte centrale ermafrodita.
Il gomitolo del racconto parte da un lembo di filo incastrato sotto un angolo,interstizio fiabesco e mitologico preambolo che aprirà la vicenza di questi due fratelli,Abdullah e Pari,con un legame molto viscerale che verrà interrotto dallo stesso padre per la sopravvivenza della sua intera famiglia,da questa frattura le loro vite saranno catalizzate da eventi completamente diversi.
La vicenda si dipana attraverso tre generazioni,rimbalzando da luoghi diversi,lontani ed in questa matassa appaiono vari personaggi che s’intersecano tra loro ma che,purtroppo,mi hanno lasciato il retrogusto che non fossero mai completamente armonici,cooperativi e realmente unificanti per la fluidità e la cadenza ritmica del racconto.
Si intercalano giri pindarici con la sensazione di una forzatura nel voler a tutti i costi dare una forma e fare in modo che questo involucro proponga quel sobbalzo al cuore sospirato dai suoi lettori. Ma c’è un’aritmia di fondo che mi ha allontanato e un orchestrare che non mi ha del tutto avvinghiata,come se dovessi costantemente rincorrere la storia che dovrebbe invece avvolgermi e trascinarmi per mano.
Ci piace vedere un baule ricco di buoni sentimenti,di legami famigliari,di ricordi,di rincorse,di tenacia sentimentale per poi romanticamente ritrovarci alla rivincita della forza e all’immortale amore che ci romanza.Ma dal fondo della stanza ci saluta un Afghanistan percepito solo come il paesaggio dipinto per lo sfondo di un teatrino,invece che essere il coprotagonista che cambia nel camerino i suoi attori.
Mi sfuggono i tratti che potevano riverberare questi sentimenti di una luce più acuta,vivida,catalizzando il nostro cuore verso l’amato cantastorie che ha conquistato milioni di occhi pieni di emozioni ma sono sicura che sarà un eco che riuscirà comunque ad instillare il suo vento caldo in quelle grotte che l’hanno atteso con la stessa fiducia e tenacia dei suoi personaggi.
“Ben oltre le idee di giusto e di sbagliato c’è un campo. Ti aspetterò laggiù”.
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IL RICORDO EVANESCENTE DI UNA PIUMA
Pari e suo fratello Abdullah sono sulla strada per Kabul con il loro padre Sabur, per raggiungere la casa di una coppia di benestanti signori per cui Nabi, il loro zio, presta servizio come cuoco personale.
Nabi, segretamente innamorato della padrona di casa, decide di compiere un’azione di cui rimarrà profondamente scosso per tutta la vita: chiede a Sabur di poter affidare Pari alla famiglia. E così Pari cresce, con un padre che si ammala ben presto e una madre che scappa dalle proprie responsabilità fuggendo con lei a Parigi dove Pari scopre che quest’ultima, persa nei deliri dell’alcool la considera un fallimento e una delusione. Ed è a quel punto che dentro di sè nasce una crescente sensazione di non appartenere veramente a quella famiglia e avverte la sensazione di mancanza di una persona nella sua vita, un vuoto inconscio colmabile solo grazie ad una telefonata ricevuta da una persona che conosce i segreti della sua famiglia da lei dimenticati e che le farà rincontrare una delle persone più care che avesse al mondo.
Terzo capolavoro di Khaled Hosseini, non struggente come i primi due ma sicuramente anch’esso molto appassionante e commuovente, un viaggio attraverso i sentimenti e all’interno della storia ci sono tutti quanti: sofferenza, gioia, dolore, gratitudine, pazienza, codardia, coraggio e sino a circa metà del libro la sensazione che si prova è quella che può essere racchiusa nella frase “non c’è niente di giusto in questa storia” perché le sofferenze inferte a certi personaggi potevano essere sicuramente risparmiate.
Sul finale commuovente ricompare la piuma, comparsa all’inizio del libro, simbolo della giovinezza di Pari e suo fratello, di certo l’elemento simbolo di quel ricordo evanescente che inconsciamente rimane vivo in loro anche se loro non lo sanno, offuscato da una memoria cancellata e in bilico tra una consapevolezza di un qualcosa che è accaduto e una memoria affaticata.
Lo stile adottato dall’autore in questo libro è quello in cui la storia si colora di tanti personaggi, alcuni marginali ma a cui vengono dedicate tante pagine con il racconto della loro vita, che per la comprensione della trama risultano informazioni poco utili; perciò per alleggerire di più il romanzo non era necessario inserire così tanti nomi, tanto più che il lettore è costretto a ritornare indietro nelle pagine per ricordarsi di chi fosse, perché esso viene rinominato nelle pagine successive.
Lo stile descrittivo minuzioso del paesaggio, dei luoghi, costumi, usanze,cibi, vestiario che in altri libri può sembrare noioso, in questo romanzo rafforzano di più la storia, complice anche il fascino dei paesi dell’Est e di una cultura estremamente diversa dalla nostra ma che Khaled Hosseini riesce a farci immaginare tantissimo.
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"So chi sei,avevo detto. L'ho sempre saputo"
Pari, tre anni, e Abdullah, dieci anni: le loro vite costituiscono il cuore del romanzo. Non un legame normale ma un legame speciale li unisce. Con instancabile dedizione e grande gioia, Abdullah si prende cura della sua sorellina sin dal giorno in cui la loro mamma è morta dandola alla luce. In lei, che è "la sola vera famiglia che avesse", ritrova parte del candore e dell'allegria della madre il cui volto, nei suoi ricordi, va sbiadendosi.
Pari, "come la città, ma senza la s. Significa fata, in farsi", cresce con la fiduciosa speranza che "niente di male potesse accadere fintanto che lui era al suo fianco". Vicini, anche quando saranno vecchi, per sempre: è questa la promessa che Pari ottiene da suo fratello, mentre su un carretto rosso, sono diretti a Kabul assieme al loro padre Sabur che aveva tentato invano di convincere Abdullah a restare a casa. Tra i bambini e la loro promessa ci sono degli ostacoli troppo grandi per la loro giovane età.
La rigidità degli inverni del piccolo villaggio di Shadbag non 'risparmia' chi nasce povero e questo Sabur e Parwana, la sua seconda moglie, lo sanno bene: occorre tagliare il dito per salvare la mano.
"Qualcosa che, benché doloroso nel breve periodo, avrebbe portato a un bene maggiore e duraturo per tutte le persone coinvolte". No, l'idea di zio Nabi, il fratello maggiore di Parwana, è solo un'idea ingiusta che soddisfa un duplice egoismo: il suo e quello di Nila Wahdati.
"Cos'ero io, Maman?... Un seme di speranza? Un biglietto per traghettarti dalle tenebre? Una pezza sullo strappo che portavi sul cuore? Se questo è vero, allora io non bastavo. Neanche lontanamente."
A volte una quercia, altre un cane o un carretto rosso: su quell'assenza che sembra arrivare dal passato, Pari costruirà la sua vita e troverà un suo equilibrio.
La sua tenera età l'ha un tempo preservata come "la pozione che cancellava i ricordi"; suo fratello Abdullah invece non ha potuto dimenticare né ha mai smesso di coltivare la speranza.
"Come un pesce costretto a risalire la corrente, cercavo di guidare la penna da destra a sinistra, contro la natura della mia mano. Pregavo Baba di farmi smettere, ma lui si rifiutò. Mi diceva che in seguito avrei apprezzato il regalo che mi stava facendo".
"So chi sei, avevo detto. Lo so da sempre."
Un pacchetto stipato in una valigia, sopra una busta con su scritto "Per mia sorella Pari". Nella busta un biglietto, scritto in farsi.
E poi "un piccolo sorriso di gratitudine, anche se tardiva, per tutti i martedì pomeriggio che Baba mi aveva accompagnato a Campbell per la lezione di farsi."
C'è sempre una storia coinvolgente tra le pagine che recano la firma di Khaled Hosseini. Questa volta l'autore afghano, in un arco temporale di circa sessant'anni a partire più o meno dagli anni Cinquanta del Novecento, in un viaggio dall'Afghanistan alla Francia, da San Francisco all'isola greca di Tinos, intesse un romanzo multiforme per personaggi e sentimenti. Alla storia di Pari e Abdullah, infatti, se ne intrecciano altre che ora la spiegano ora l'arricchiscono: è la storia di Parwana e dei suoi segreti o quella del matrimonio tra Nila e Suleiman Wahdati, un matrimonio infelice retto su due infelicità irrisolte. Altre vite invece sembrano microstorie a sé che, seppur interessanti e con messaggi importanti (su tutte la storia di Thalia), sortiscono il solo effetto di allontanare troppo dalle vicende di Pari e Abdullah risultando indesiderate agli occhi del lettore.
Tuttavia non mi sento, per quest'unico neo, di far venir meno il consiglio della lettura di questo libro sia a quanti, come me, apprezzano la scrittura limpida e a tratti poetica di Hosseini sia a chi ancora non conosce l'autore.
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una scatola di piume
Questo romanzo ci racconta una serie di vite che si intrecciano, si allontanano, si rincorrono e a volte si raggiungono, ma troppo tardi. E' un bel libro a tratti poetico: capace di metterci sotto agli occhi immagini che fanno stupire e emozionare. I protagonisti danno il meglio di sé: hanno sentimenti delicati sono affettuosi e amorevoli verso le persone che accudiscono. direi che sono quasi troppo belli per essere veri. Poi il romanzo fa una virata brusca e il libro si trasforma in qualcosa di talmente reale da essere crudele. Davanti a noi si susseguono immagini di guerra e di povertà. L'autore indaga senza pietà dentro i pensieri e i sentimenti dei protagonisti e ce li mette davanti nudi e crudi senza possibilità di nascondersi dietro a paraventi. Le vicende dei protagonisti partono da viaggio fatto in mezzo al deserto con direzione Kabul da un padre accompagnato dai due figli Abdullah e Pari. Il nome della bambina di soli tre anni significa Fata e per il fratello è proprio quello. Lui se n'è occupato dopo la morte della madre, l'ha cambiata, fatta giocare, le ha raccontato storie. Vivono quasi in simbiosi: separarli sembra esser la cosa più crudele da fare. Eppure è proprio il padre che divide a metà questa coppia perché " è meglio perdere un dito che perdere tutta la mano". Una scelta crudele più per chi ha dovuto farla che per gli altri che l'hanno subita. Non sarà l'unica decisione all'apparenza tremenda, ma in realtà forse dettata dall'amore e dalla disperazione che incontreremo in questa storia.
Nel complesso è una lettura gradevole e agevole da leggere. Ho trovato solo alcune parti pesantucce. In generale però devo dire che l'autore è stato bravo nel destreggiarsi con molti personaggi, molte ambientazioni e intrecci di storie e di vita un tantino azzardati, ma comunque di effetto. e sempre funzionali alla buona riuscita della trama.
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Preferivo gli aquiloni
È una storia drammatica, quella della piccola Pari che, seppur con profondo dolore, viene venduta dal padre a una ricca coppia di Kabul senza figli. Una storia di miseria, legami familiari spezzati ed egoismo sullo sfondo di un Afghanistan non ancora martoriato dalle guerre, ma ormai non lontano dal baratro della violenza; una storia attorno alla quale finiscono per ruotare, anche al di fuori del paese asiatico e in epoche successive, tante altre vicende… forse troppe, stavolta.
Il libro si lascia leggere bene e Hosseini si riconferma un grande affabulatore, non c’è dubbio; tuttavia, tra queste pagine non ho ritrovato le atmosfere di quell’altro Afghanistan, con la magia degli aquiloni e dei mille splendidi soli, a cui l’autore ci aveva abituati. La narrazione si disperde poi per altri continenti, lasciando oltretutto il dubbio sulla reale necessità di almeno un paio di storie che, allontanandosi da quella principale, è forse servito soltanto ad allungare inutilmente il romanzo. Peccato, coinvolgimento ridotto al minimo sindacale. Tre stelle al merito di una pur sempre buona scrittura e di un epilogo che sembra ricordare che non è mai troppo tardi per recuperare le proprie radici.
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Hosseini e i luoghi
Di questo libro ho amato i luoghi impregnati di storie passate e vite sovrapposte. Mi sono spostata molto nella mia vita e quindi non ho mai avuto la sensazione di avere un mio posto fisico in cui si é impregnata tutta la mia storia quanto piuttosto una serie di fasi della vita che si sono sovrapposte a quelle di altre nelle mura di tantissime case, camere, biblioteche, pub e ristoranti. Mi ha sempre affascinato pensare a quello che poteva essere successo prima che arrivassi io, ai desideri delusi e realizzati, alle storie di amore che si sono consumate al loro interno, i litigi e i sogni che si sono creati.
L’intreccio di storie e vite che Hosseini dipinge impregna la casa del Signor Wahdati a Kabul in cui persone nate agli angoli della terra per una ragione o per l’altra finiranno per cercare le loro origini e ragioni per vivere. Le storie si susseguono e si intrecciano e fanno arrivare il loro eco nei villaggi dell’Afghanistan, tra le mura di una ricca casa e di un piccolo ristorante afgano a San Francisco, nell’isola di Tinos in Grecia, a Parigi e nelle campagne francesi. Siamo esseri umani che occupano temporaneamente strade, stanze e sedie aldilà di stupidi confini, appartenenze e credenze, partecipi e responsabili di quello che succede e di quello che facciamo succedere in quel preciso luogo.
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Risposte e radici
Sono i legami familiari i protagonisti di questo libro che si presenta al lettore un po’ come un labirinto, fra salti temporali, scenari geografici differenti, cambi di punti di vista, tutti collegati l’uno all’altro e tutti in qualche modo intrecciati. E’ un costrutto narrativo che rende un po’ difficoltosa la lettura, sicuramente non fluida e scorrevole come nei suoi precedenti libri. Però, una volta che comprendi che, ad ogni passaggio di capitolo, devi cercare il legame, quando lo trovi, ti orienti. Prepotente e con varie sfaccettature è la divorante urgenza di cercare risposte e radici da parte dei protagonisti, vuoi di quelli più giovani che sentono presenze, vuoi di quelli più anziani che avvertono mancanze. Il legame che dà lo scheletro all’intero romanzo è quello fra fratello e sorella, due bambini indifesi nei quali ha trovato espressione l’amore nella sua forma più semplice e pura. Ma altri sono i legami e le storie importanti che si innestano nella vita dei due personaggi principali. Fra tutti ne ho apprezzato moltissimo un paio, la storia della bambina con il viso deturpato dal morso di un cane e il lungo lavoro fatto su se stessa per accettare la propria condizione ed i tanti modi con cui viene affrontato il tema della fragilità che la vecchiaia porta, in particolare la vecchiaia dei propri genitori, tema che, in questo periodo, sento dentro in modo molto forte.
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Il suo genere
Per quanto mi riguarda, con questo romanzo. Hossein ha confermato il suo talento. All'interno si intrecciano tante storie, tutte belle e tutte che lasciano un insegnamento al lettore. Storie che abbracciano più di una generazione. Il personaggio che in modo particolare mi è rimasto nel cuore è Nabi: la sua dedizione, il suo annullare se stesso, la scelta di vita che fa dopo aver scoperto, con dolore, alcune verità riguardo il suo datore di lavoro. Nel romanzo si ripercorrono le strade di Kabul, ma non solo, anche quelle della Grecia, di Parigi, e di San Francisco. Anche in questo romanzo come nei suoi due precedenti, la famiglia, la guerra, l'amore, la paura ed il sacrificio, fanno da sfondo a tutta la storia. Hossein, ha sempre la tendenza a parlare delle persone più povere, ma parlare non solo della loro miseria e delle situazioni tristi in cui vivono, ma anche e soprattutto del coraggio e della forza di rialzarsi e di ricominciare.
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Fratelli.
L'Afghanistan è lo scenario dove nuovamente le vicende sono ambientate, queste hanno ad oggetto il rapporto tra i fratellini Abdullah e Pari, caratterizzati da un legame importante, forte e duraturo nel tempo nonostante inevitabile sia la loro separazione. Precaria è la situazione in cui vertono, la madre è morta dando alla luce Pari ed il padre ha difficoltà a mantenere la famiglia. Seppur il romanzo cominci affrontando le vicissitudini dei giovani, in breve tempo numerose altre vite prendono campo nella narrazione, circostanze che finiscono con l’intersecarsi gradualmente tra loro. Ogni capitolo è inoltre esposto da un personaggio differente, elemento che dovrebbe garantire più prospettive e vari punti di vista allo scritto, quando in realtà contribuisce a creare confusione nel lettore.
Per quanto stilisticamente il libro sia caratterizzato da un linguaggio chiaro, lineare ed esaustivo, contenutivamente non entusiasma particolarmente. I temi cari ad Hosseini ci sono tutti: dalla terra Afghana straziata dai conflitti armati ma pur sempre ricca di ricordi e tradizioni, all’attaccamento ai valori della famiglia, alla sofferenza di quelle persone che – afflitte da disagi fisici, mentali o sofferenze determinate dalla guerra – con grande dignità lottano per la salvezza, alla privazione della libertà. E seppure lo scritto sia permeato dall’amore disinteressato (teoricamente) prevalente nei rapporti tra consanguinei, contraddistinti di norma dalla sussistenza di sentimenti puri e costanti nel tempo a dispetto di tutto, non presenta sostanziali contenuti di novità. Non solo, i troppi personaggi rendono la lettura ridondante e farraginosa.
Non sono mai stata un’appassionata dell’autore ma con altre sue opere ho sempre trovato qualcosa di esaustivo, in questa, distanza di anni della lettura ciò che è rimasto vivido in me è l’atmosfera persistente pagina dopo pagina, esclusa questa, ho avuto non poche difficoltà a sostenerlo.
Un libro assolutamente da leggere
Un libro eccezionale, uno dei più belli mai letti. Meno drammatico dei primi due romanzi dello scrittore ma non per questo meno profondo. Un libro da leggere tutto d'un fiato, un libro che porta a pensare, a riflettere sulla vita, sulle dinamiche che percorrono l'esistenza umana. Un intreccio scorrevole di episodi e persone, vite in divenire. Amore fraterno, famiglia, amicizia, amore, uomini e donne imperfetti, sensi di colpa, vite che potevano essere diverse o forse no. Occidente. Paesi arabi. Ricchezza e povertà. Amarsi. Tradirsi. La memoria come meccanismo determinante dell'esistenza umana. L'ho letto in 3 giorni, non riuscivo a smettere, volevo sapere tutto di qui personaggi a cui mi ero affezionata. A proposito di personaggi, sono davvero tanti, tantissimi ma tutto scorre in modo naturale, senza troppe forzature. Ho letto qualche commento negativo su questo aspetto, io non ho avuto la minima difficoltà nel ricordare i tanti nomi perchè, come dicevo, ho divorato il libro in poco tempo. Non è uno di quei romanzi da leggere poco per volta, si rischierebbe di dimenticare il filo che lega tutto, è una sorta di puzzle legato ad una grande famiglia e ai personaggi che hanno sfiorato i membri della stessa famiglia. Cambia continuamente il punto di vista in modo eccellentemente calcolato. Lo scrittore, a mio avviso, si conferma eccezionale in questo suo terzo libro, i suoi romanzi sono quanto di più toccante, struggente ed emozionante possano leggere i nostri occhi e percepire i nostri cuori.
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Mille splendidi soli
E L'ECO RISPOSE
E’ un complesso intreccio di vite disseminate per il mondo e tutte allo stesso tempo legate spiritualmente al villaggio afgano di Shadbagh. E’ da qui che nasce tutto. La vita, la crescita, e le vicende di tutti i protagonisti passa per questo luogo magico che l’autore dice di avere inventato ma che potrebbe verosimilmente esistere. E cosi mi piace pensare che ci sia davvero un luogo con il potere di forgiare dei caratteri fieri e vigorosi.
Il libro si modella dello stesso potere, sfiora le tragedie ma le inonda di speranze. Accenna alla guerra, al fondamentalismo, alla repressione, agli esodi e agli effetti inevitabilmente impressi ma allo stesso tempo tutti sembrano essere animati da un forse senso di sollecitudine. Vogliono guardarsi dentro e vogliono migliorarsi ma il processo è lungo, ha bisogno di tempo, di accettazione e di introspezione.
Husseini ha il dono di riuscire a mettere in un libro tanti personaggi forti e non peccare nonostante l’elevato numero di vite da raccontare, di cadere nell’eccesso di sintesi. Riesce ad esaurire la descrizione di ognuno in modo esaustivo lasciando che il senso di malinconia completi il resto.
La storia iniziale con cui apre il romanzo ha un finale piuttosto retorico, è intriso di saggezza popolare e sembra davvero una favola della buonanotte da raccontare ai bambini, per cullarli prima che si abbandonino al sonno ma è allo stesso tempo una favola che racchiude un dolore, a cui un genitore non dovrebbe mai attingere e che purtroppo molto spesso affronta, la metratura del romanzo dona il giusto spazio per capire quali sono le ragioni che spingono le persona a compiere delle scelte, a fare dei sacrifici ed equilibrare il dolori.