E l'asina vide l'angelo
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Pugno nello stomaco
Molti conosceranno Nick Cave. Per chi non lo sapesse, in soldoni, è un musicista "maledetto", elemento di spicco della scena rock australiana ed ex frontman dei Bad Seeds.
Il poliedrico artista si è cimentato anche nella scrittura e durante un periodo nero, in cui alcol ed eroina hanno regolarmente depresso la sua anima, ha prodotto questo romanzo; folgorante debutto di rara ferocia, un'apocalisse terrena intrisa di malvagità disturbante, in cui all'amore e al bello (intesi nell'accezione più comune dei termini) sono concessi ruoli marginali, da effimera comparsa.
Un romanzo per stomaci forti in cui si staglia l'epopea dello sfortunato e deforme Euchrid Eucrow, nato da genitori dissennati, quindi allevato come una bestia nel più totale disprezzo tra umiliazioni di ogni genere. Segnato fin dalla nascita (sopravvissuto al gemello, come Elvis Presley, indiscutibile punto di riferimento dell'autore), sordo e laido, viene maltratto dai suoi concittadini che lo eleggono a vittima sacrificale su cui scaricare ogni frustrazione.
Siamo negli anni '40 nel profondo sud statunitense, la popolazione è devota al padre fondatore di quella comunità sorta nell'opulenza derivata dal commercio della canna da zucchero, poi disciplinata secondo metodi perversi. Parabole bibliche e dogmi reinterpretati secondo convenienza personale scandiscono i ritmi di esistenze segnate dal dolore, le leggi divine a cui tutti devono sottostare sono subdoli espedienti affinchè la cattiveria umana possa imperversare incontrastata
In questo scenario Eucrid rincorre la grazia secondo malsane coordinate, dapprima spiando l'avvenente prostituta Cosey Mo e poi prendendosi cura della figlia di lei, Beth, mentre la madre è straziante vittima dell'ignoranza. La piccola viene eletta a nuovo Messia, il suo arrivo coincide con la fine di un diluvio torrenziale durato un'eternità ed il paese comincia a venerarla. Eucrid ne diventa custode, la ospita nel suo regno aberrante fatto di rottami e lamiere, zeppo di topi e protetto da animali mutilati d'ogni specie.
I figli del "male" vengono divinizzati, l' idolatria scalza ogni dettame, lo sberleffo è servito: l'ipocrisia, il perbenismo, la rettitudine di facciata vengono seppellite sotto l'urgenza di ingraziarsi altro. Ma le barbarie non tarderanno a ritornare a galla, assoggettate alla fonte del sangue.
La prosa di Cave è ridondante, opulenta, eppure mai respingente, punteggiata da ossessivi riferimenti biblici e da un profondo e ammonitore senso del peccato derivato da un mondo distorto, vomitato direttamente dai deliri personali del novello scrittore.
"E l'asina vide l'angelo" è uno romanzo estremo ma mai gratuito, è la demolizione del perbenismo più bieco, quello che lontano da sguardi indiscreti vive di atteggiamenti ancora più immorali e deprecabili di quelli condannati.
Lo sguardo sulla turpitudine insita nel cosiddetto vivere civile non è totalmente pessimista, c'è anche una ricerca dell'amore che, pur distorto, si solleva dai disturbanti effluvi di questo inferno popolare.
Lettura tosta ma consigliata.