Due
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Fragili equilibri
"Due", romanzo di Irène Némirovsky del 1939, segue l’evolversi della relazione amorosa tra Antoine e Marianne, due giovani benestanti, nel contesto della Parigi del primo dopoguerra. Intorno al filone principale della trama, si sviluppano una serie di vicende secondarie, legate ad amici e parenti della coppia; per esempio quella di Solange, amica di Marianne, che ricorre a un pericoloso aborto per liberarsi del figlio concepito con l’amante. Nonostante l’intreccio, all’apparenza, sembri quello di un comune romanzo rosa, non bisogna lasciarsi ingannare; "Due", infatti, non ha nulla del sentimentalismo e della visione ottimistica che caratterizzano di solito questo genere.
La scrittura è particolarmente elegante, ha un ritmo pacato e indugia a lungo nella descrizione dei sentimenti dei protagonisti, mettendoli però sempre in relazione con ciò che accade all’esterno: l’atmosfera di una stanza, il tempo meteorologico, la presenza di altre persone e così via. Sono inoltre presenti numerose riflessioni, sia dei personaggi, sia del narratore, che fanno pian piano emergere una visione dell’amore del tutto peculiare: dapprima, passione violenta, che sembra talvolta fondersi con l’odio; in seguito al matrimonio, solida amicizia, che si basa sulla complicità di fronte alle preoccupazioni della vita quotidiana.
Leggendo su internet le recensioni del romanzo, ho notato come molti utenti critichino l’eccessiva freddezza e, talvolta, persino il cinismo della Némirovsky. Personalmente, non mi trovo d’accordo. In primo luogo, se è vero che le vicende narrate non coinvolgono pienamente il lettore, è altrettanto vero che l’intento dell’autrice sembra essere diverso: analizzare lucidamente la vita di una “coppia qualsiasi”, senza indulgere in facili buonismi o colpi di scena. In secondo luogo, non credo che il suo pensiero si possa definire “cinico”; utilizzerei piuttosto il termine “realista”, nella misura in cui non cela le ombre delle relazioni sentimentali, ma non esita neppure a mostrarne le luci.
Per concludere, ho trovato "Due" un bellissimo romanzo, in grado di realizzare il fragile equilibrio tra piacevolezza dello stile e oggettività dell’analisi psicologica. Non mi resta quindi che consigliarlo, con l’accortezza di specificare che non si tratta di una lettura romantica in senso tradizionale, come il colore e l’illustrazione della copertina dell’edizione Adelphi potrebbero indurre a pensare.
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Due...in uno?
A leggere il titolo di questo romanzo - complice la copertina -, siamo portati a pensare a tutto ciò che è "due" nel senso di "unità": la magia di due cuori che battono all'unisono, l'ardore di due corpi fusi in un unico abbraccio, insomma, per dirla in breve, l'utopia di un amore perfetto. Ben presto, però, la lettura del romanzo ribalterà completamente le vostre attese.
Sì, perché "due", per i personaggi del romanzo, vuol dire soprattutto "dualità", quindi crisi, conflitto, separazione; ma anche, finito il tumulto, crescita, maturazione, nuova unità. O, al contrario, volendo dare un’interpretazione più disincantata dell’opera - che, anche in questo, presenta un’intrinseca “dualità” -, l’Autrice potrebbe suggerirci che ogni deviazione dall’ordine sociale prestabilito significa, a lungo andare, logoramento ed autodistruzione; così, per forza di cose, l’individuo sarà portato, prima o poi, a rivalutare il senso della vita accettando come unica possibilità di salvezza la serenità di un’esistenza in armonia con se stesso e con il proprio ruolo nella famiglia e nella società.
Occorre considerare, inoltre, che il romanzo, apparso nel 1939 e ambientato qualche anno prima, tra gli anni Venti e i primi anni Trenta del Novecento, nasce in un periodo di estrema precarietà degli equilibri sociali e internazionali, permeato dal recente ricordo della Grande Guerra e già gravido delle tensioni politiche che porteranno all’esplosione della Seconda Guerra Mondiale ed alla tragedia dell’Olocausto (in cui, peraltro, perderà la vita la stessa Némirovsky, morta ad Auschwitz nel 1942).
Dunque, l’opera sembra rispecchiare in pieno i contrasti della sua epoca, sospesa tra un forte desiderio di riscatto e la paura di un futuro quanto mai incerto. Gli stessi protagonisti dell’opera, Antoine e Marianne, sperimentano la volubilità e l’incostanza di affetti e situazioni: dallo slancio giovanile di un amore che, pur tra vari contrasti, sembrava l’unico degno di essere vissuto, i “due” si ritrovano, in poco tempo, ad essere un marito e una moglie quasi indifferenti l’uno all’altra, soffocati – ma, al tempo stesso, inevitabilmente uniti – dai banali ingranaggi della quotidianità. Del resto, non c’è nessun personaggio, in questo libro, che possa dirsi davvero felice: ad esempio, i vecchi genitori di Antoine, il signore e la signora Carmontel, hanno alle spalle una vita di insoddisfazioni e malesseri, mentre dei coniugi Segré, genitori di Marianne, si dice che hanno sempre condotto un’esistenza disordinata, restando insieme per pura convenzione sociale e non badando più di tanto alla crescita ed alle frequentazioni delle tre figlie. Solange, invece, migliore amica di Marianne, all’inizio così piena di vita, avrà suo malgrado un destino difficile; e finanche Dominique, amico ed ex coinquilino di Antoine, giovane colto ed idealista, dovrà adeguare le sue aspirazioni alla realtà, rinunciando al vero amore, almeno nella vita coniugale.
Insomma, realismo e disincanto sono i toni prevalenti nel romanzo.
Ma forse, nonostante tutto, si vive e ci si salva soltanto in due.
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Due di Irène Némirovsky
Cinica, crudele, capace di descrivere i sentimenti con eleganza e perfezione ( "un uomo, in fondo, concede solo quello che gli viene chiesto. Mai di più..." e ancora "...uniti senza una parola, senza neppure baciarsi, ma aggrappati l'uno all'altro, come trascinati da un torrente impetuoso" e infine "Quello che tu vuoi è di essere liberato dal desiderio che hai di me..."), con una scrittura che disegna perfettamente i personaggi. Questa è la Irene Nemyrowsky che ho conosciuto grazie al suo romanzo "Due". Romanzo in cui descrive l’anima passionale della gioventù borghese degli anni venti, a cui lei appartiene, con un frenetico impulso a vivere e quel desiderio ardente e sensuale di bruciarsi nel piacere, che hanno vissuto i sopravvissuti alla prima guerra mondiale (che vogliono vivere appieno la vita, senza farsi mancare nulla).
La spudorata e spietata facilità con cui i suoi personaggi mostrano sentimenti di odio nei confronti di persone a cui sono uniti da legami di sangue, probabilmente è il riflesso dei sentimenti provati per i genitori (figlia unica di genitori ricchi e borghesi, troppo presi dal lavoro e dal denaro - il padre - e dal lusso, dagli amanti e dalla bella vita - la madre-) che l'hanno lasciata nelle mani di governanti e non le hanno dato affetto e attenzione. L'odio per loro viene sublimato nella sua scrittura e questa schiettezza la dimostra anche nelle sue scelte linguistiche. Probabilmente questa marginalità ed appartenenza per esclusione (dovuta anche al sentirsi rifiutata dalla sua patria, la Russia, perché ebrea e non accettata dalla Francia, sua patria di adozione, perché non originaria di quel territorio) sono la cifra segreta del suo successo. Mi ha molto colpita, essendo l'autrice vissuta all'inizio del secolo scorso, quando lo scopo di quasi tutte le donne era quello di sistemarsi tramite il matrimonio, il suo pensiero disincantato nei confronti dello stesso, esposto senza ironia, né volgarità ("Ho avuto Antoine ma non lo amo più... Gli voglio bene, è un buon compagno, la sua morte mi getterebbe nella disperazione, ma non ha più alcun potere su di me... Non ha più il potere di farmi soffrire, né di darmi la felicità... La sua presenza mi rasserena, ma non ho più curiosità nei suoi confronti, né desiderio" e ancora "Ogni coppia tende a creare ai propri occhi e a quelli degli altri una leggenda di fedeltà, di comprensione e di unione" ). In questo romanzo, ma anche in altri (ho letto sinossi e recensioni di alcuni dei suoi romanzi più importanti) è presente una dicotomia tra amore e denaro, spirituale e materiale, che in realtà si fondono, trattandosi di due diverse declinazioni di quella stessa radice, che è la passione. Passione a cui la scrittrice, a mio avviso, dà importanza e a cui anela, ma probabilmente si smorza in lei poco dopo il suo matrimonio (come succede anche ai due protagonisti del romanzo).
La precedente recensione mi ha convinta a leggere questo libro e sono soddisfatta della scelta fatta, perché ho trovato questa scrittrice molto talentuosa e il suo romanzo interessante, tanto da convincermi a leggere presto altro della stessa autrice.
Non faccio parte della schiera che critica il romanzo per il pensiero disincantato della scrittrice sul matrimonio ("Come avveniva, nell'unione coniugale, il passaggio dall'amore all'amicizia? Quando si cessava di tormentarsi l'un l'altro per volersi finalmente bene?" e ancora "Di qui a alche tempo non sarà più innamorata di me, ma non mi abbandonerà mai" e infine "sotto le coperte c'era un caldo delizioso, e quel calore del letto condiviso, quel silenzio, quella pace precaria li intorpidiva, li faceva sentire uniti come mai lo erano stati nel tumulto della giornata o dell'amore"), perché ritengo che ognuno abbia il diritto di dire la sua, senza venire criticato per questo. Mi limito ad applaudire il talento della scrittrice, la sua scrittura e il suo romanzo per il suo valore intrinseco e non per il punto di vista dell'autrice sull'argomento trattato.
Avevo annotato altre frasi, oltre a quelle già citate, ma le ho lette già in recensioni precedenti, quindi non le ripeto, anche se mi avevano colpita.
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Questione di ... numeri
Ciò che mi ha maggiormente affascinato di questo libro è la sua attualità, sono rimasto infatti piacevolmente meravigliato da come i pensieri, le sensazioni raccontate da Irene Nemirovsky, pur essendo lei vissuta circa un secolo fa, siano facilmente condivisibili da ognuno di noi, perchè sicuramente fanno anche parte di noi... a testimonianza della loro eternità ed immutabilità nel tempo.
Eterno come dovrebbe essere l'amore, a detta di molti; in realtà ciò che è eterno non è l'amore come sentimento in sè bensì tutto ciò che scatena nell'animo umano, è l'evoluzione dell'amore che si ripete ciclicamente, la sua metamorfosi che si consuma inesorabilmente con le stesse modalità da secoli e così sarà per sempre.
Si può impedire ad un ragazzo o una ragazza di crescere e diventare adulto? No, se non con la morte. Allo stesso modo non si può impedire all'amore di assumere col tempo una forma diversa da quella con cui si manifesta in una coppia, una forma che molti definiscono più 'matura', più razionale e meno istintiva, ma che senza ombra di dubbio poco mantiene dell'ardore e dell'impeto iniziale.
Ecco, tutto ruota intorno ad un tema molto caro all'autrice e che ritroviamo in molte sue opere, ossia l'ineluttabile trasformazione che subisce l'amore, o presunto tale, da come lo si conosce in età adolescenziale sino al momento in cui la coppia rafforza e consolida la propria unione col matrimonio. In questo modo la coppia perde progressivamente la propria essenza, nata dall'incontro/scontro di due personalità distinte ma comunque in attrazione reciproca, e si trasforma in una nuova entità unica, assimilabile alla famiglia.
"Gli anni di vita in comune avevano compiuto, quasi all'insaputa degli sposi, il loro lavoro segreto: di due esseri ne avevano fatto uno solo. Potevano scontrarsi, a tratti odiarsi, ma erano uno, come due fiumi che hanno mescolato il loro corso."
Ovviamente, anche l'amore, prima alimentato da quell'attrazione reciproca, viene progressivamente snaturato, alterato in una sorta di eroico sentimento di protezione della nuova entità nata, la famiglia, che diventa prioritaria rispetto alle esigenze dei singoli componenti della coppia; non sempre, però, tali esigenze rimangono sopite, schiacciate dal peso del nuovo impegno assunto. A maggior ragione se riaffiorano con prepotenza i ricordi di quello che era veramente l'amore.
Capirete bene che volendo commentare un romanzo incentrato su tale argomento si rischia facilmente di lasciarsi condizionare dalle esperienze personali, rendendo poco obiettivo il giudizio sull'opera in questione e, ancor peggio, cercando di far collimare i pensieri espressi dall'autrice con la propria soggettiva interpretazione.
Per questo motivo, ho pensato di illustrarvi le mie considerazioni su questo romanzo chiamando in aiuto la matematica e l'universalmente indiscussa imparzialità ed assoluta neutralità dei numeri; e chissà, forse anche l'autrice avrà avuto la stessa idea, avendo dato al suo libro un numero come titolo.
In effetti, tutto quanto raccontato in questo romanzo è riconducibile ad una questione di numeri: uno, due o tre?
I personaggi tratteggiati da Irene diventano rappresentativi di questi numeri e delle loro peculiarità sul piano sentimentale... in barba a chi crede che i numeri non abbiano un cuore.
Sono tutti ragazzi, poco più che maggiorenni, appartenenti all'alta borghesia francese del primo dopoguerra con ancora negli occhi gli orrori della guerra e desiderosi, pertanto, di godere appieno del privilegio loro riservato di 'sopravvissuti', di ridare vitalità ed energia alla loro gioventù appena sbocciata, cancellando dalla memoria ogni traccia (per fortuna non troppo incisiva da essere indelebile) di quella triste parentesi della loro vita.
Dominique Heriot è la rappresentazione del numero 'uno': passionale, spregiudicato, amante della libertà e per questo tendenzialmente incline alla 'solitudine', ad essere uno, la sola idea di amalgamare la sua vita con quella di un'altra persona lo terrorizza.. a tal punto che, pur essendo cosciente del rischio che corre, quello cioè di lasciarsi sfuggire la donna che potrebbe renderlo felice per sempre, preferisce comunque non rinunciare alla sua indipendenza sentimentale.
"Che cosa trova in me quella bella ragazza? E io? Che cosa cerco in lei? Non abbiamo aspirazioni comuni. Come tutte le donne, quello che lei desidera è essere presa e tenuta stretta. Quello che vuole è il matrimonio, la stabilità, la durata, l'imprigionamento, e io... la libertà interiore, sicuramente.."
Marianne ed Antoine, Gilbert e Solange, ecco invece alcune coppie incarnazioni del numero 'due'. Il destino che le accomuna è lo stesso: si conoscono nel pieno della loro gioventù, s'innamorano perdutamente, si lasciano travolgere dai sensi e sognano che il piacere che brucia loro dentro possa non esaurirsi mai. Per questo vogliono preservarlo, vogliono difenderlo dal peggior nemico che sembra essere il tempo, perchè loro stessi avvertono col passare dei giorni che sta cambiando, la sua intensità si affievolisce progressivamente e si convincono che il matrimonio sia l'unico modo per evitare che svanisca per sempre.
Ma, ahimè, non tarderanno a rendersi conto che l'effetto sortito sarà invece proprio quello che temevano: l'unione coniugale sembra aver trasformato in fumosa apparenza di affetto quel sentimento vero e ardente che bruciava i loro animi da giovani.
L'effetto è simile a quello di un secchio d'acqua buttato su un fuoco vivo, le fiamme si ritraggono improvvisamente sollevando una nuvola di fumo, di ipocrisia, di parvenza che intossica i loro stessi cuori.
Ed è sicuramente nella descrizione del numero 'due' che l'autrice affila la sua lama tagliente e colpisce a fondo, senza riserve; sembra quasi che voglia essere da monito per tutti, per i giovani in particolare, "badate bene" - sembra quasi urlare dalle pagine del suo libro - "attenti a quello che fate!".
Quanti, infatti, all'inizio di un rapporto sperano che la convivenza e la vita coniugale possano annullare quel vuoto, quel senso di precarietà, che spesso si lascia dietro la passione quando la sua intensità scema col tempo:
"Quello che ci manca è vivere insieme" pensava. "Niente, nessuna intimità fisica è paragonabile al sonno nello stesso letto, notte dopo notte, e non per un'ora..."
Per poi scoprire invece che:
"Un marito ed una moglie non vedono i lineamenti l'uno dell'altro, non compiono quel lavoro mentale che consiste nel paragonare di continuo l'immagine rimasta nella memoria e quella che hanno davanti agli occhi in quel preciso momento. Guardano il sorriso e non il disegno della bocca, l'espressione e non la forma degli occhi, e questo per dieci, quindici anni... Poi, ad un tratto, una sera, una sera come le altre, lui legge, lei cuce, e uno dei due alza gli occhi; l'altro, sentendo quello sguardo su di sè, forse domanderà: "Che c'e? Che hai?". Il primo risponderà: "Niente", oppure: "Ti amo", o qualcosa di altrettanto automatico, ma in realtà, per un attimo, l'uomo o la donna hanno realmente visto, e a volte hanno dovuto fare un impercettibile sforzo per riconoscerlo, il volto di chi condivide la loro vita."
La sua analisi è estremamente lucida, le riflessioni dei suoi personaggi sono talmente profonde e veritiere, così vicine alla realtà che è inevitabile pensare che siano state vissute dall'autrice sulla propria pelle.
E se mettiamo da parte le differenze con la società dei giorni nostri, ora che la donna gode sicuramente di una maggiore emancipazione rispetto agli anni '20 e la famiglia e il matrimonio non sono più l'unico punto di arrivo per lei, l'unica ambizione, rimane pur sempre eccezionale l'affinità di sensazioni, di comportamenti tra le coppie di allora e quelle di oggi.. e lo stesso identico destino che le accomuna.
"Il legame coniugale è tanto più forte quanto più si basa sull'ipocrisia, sulla costrizione. Due sposi, liberi l'uno verso l'altro, tolleranti, due sposi che si rifiutassero di rifugiarsi nel silenzio e nella menzogna, potrebbero essere due amanti, due ottimi amici, due compagni, ma cesserebbero di essere due sposi. Il matrimonio non ha bisogno della persona reale, bensì dell'apparenza, della maschera."
E' evidente quindi, agli occhi dell'autrice, l'estrema instabilità del numero due, la sua 'imperfezione' intrinseca che può sfociare solo verso la rottura definitiva (e quindi la separazione della coppia ed il ritorno alla libertà solitaria del numero uno) oppure verso la 'triangolazione' dei sentimenti, quando cioè si aggiunge un terzo elemento che risveglia la passione, la gioia di vivere, di osare, di trasgredire per non morire dentro, prima del tempo.
Per questo Marianne cerca Dominique così come Antoine cerca Evelyne, essi rappresentano il terzo vertice del triangolo:
"Lui ed Evelyne erano simili, perchè quando si trovavano soli, insieme, tutti e due riuscivano ad allontanare da sé ogni sia pur minimo rimorso. Non provavano vergogna, non avevano pudori. Insieme, ritrovavano il fervore dell'adolescenza, che è veramente se stessa solo nei sentimenti più sfrenati, quando il desiderio fisico è così impetuoso, così possente da soffocare la debole protesta dell'anima."
Come facile immaginare, però, anche il numero 'tre' è soggetto ad un'estrema instabilità... è soggetto alla stessa vulnerabilità delle passioni adolescenziali...
Ma allora qual è il numero perfetto?
Irene non lo sa, Irene vuole solo indicarci quali sono le tre buste da scegliere, la uno, la due o la tre, facendoci notare che nessuna di queste promette la felicità eterna, l'amore eterno.. per il semplice motivo che non esiste.
"La felicità coniugale non somiglia alla felicità più di quanto l'amore coniugale non somigli all'amore."
A questo punto, tocca a ciascuno di noi scegliere il miglior compromesso; lo farà anche l'autrice, a mio parere in modo inaspettato, nelle pagine finali del libro assimilando la sua riflessione a quella di Antoine nei confronti della moglie Marianne:
"Antoine pensò: 'La donna che ho amato di più non è questa, ma, in punto di morte, rimpiangerò ciò che mi unisce a lei più di quanto non abbia rimpianto la passione. La passione sembra un dono di Dio, "troppo bello per essere vero". Si sente che Lui ce la concede solo per un certo tempo; una cosa così invece (si riferisce al matrimonio) - è tutta nostra.. conquistata a fatica, accumulata lentamente, distillata come un miele."
Stavano immobili, abbracciati, i corpi stretti l'uno all'altro. Non provavano desiderio; erano calmi, un pò ironici e senza gioia, ma, un istante dopo, fu come se per loro ogni difficoltà fosse sparita."
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Felicità
Giovani francesi dopo la prima guerra mondiale rappresentati nella loro crescita che tende ad un triste imborghesimento con conseguente perdita della felicità appena assaporata e tristemente fatta convergere con l'eccesso: feste, amanti, innamoramenti, illusioni. Segue il matrimonio per tutti, al centro quello di Marianne e Antoine, sullo sfondo le storie dei primi amici, dei primi amori, dei primi intrecci amorosi. Trionfa il disincanto, l'insoddisfazione, il limite e la miseria umana di uomini e donne e della loro faticosa accettazione della vita. Lo stile è alto, la capacità di rappresentazione dei tormenti dell'anima sublime, la rappresentazione finemente psicologica e realistica insieme, il messaggio per me inaccettabile: felicità e gioia sono incompatibili con l'amore coniugale.
"La felicità coniugale non somiglia alla felicità più di quanto l'amore coniugale non somigli all'amore": che tristezza!!
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David Golder...decisamente più belli
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E più si conoscono più diventano estranei.
Il racconto di una coppia di amanti, dalla passione dei primi tempi, al matrimonio, ai tradimenti, al sonnecchiare dell'anima, allo scomparire dell'io autentico e delle sue pulsazioni nel letto coniugale. E quando la felicità coniugale somiglia alla felicità come l'amore coniugale all'amore, ecco che allora il ricordo dei moti passionali dei tempi andati è veleno per il presente e consapevole spegnersi degli istinti vitali.
Sconforto, malinconia e ricerca della felicità: tutto viene sopito nel sonno della notte quando due estranei , marito e moglie, condividono le stesse lenzuola. Estranei che più si conoscono più diventano estranei. Un ritratto spietato della relazione a "due", scritto con sensibilità spiccatamente femminile e lo stile elegante della Nemirovski. Alla fine nel lettore resta un profondo senso di rassegnazione; rassegnazione che pare l'unica via della pace del vivere. Vivere infelici ma in "due". E così non si morirà da soli.
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Deux
Quando ho deciso di leggere “Due” sono partita già con cuore greve, sarà per la fine tragica della Nemirovsky (di origine ebraiche, è morta ad Auschwitz) o perché avevo prima letto “Il ballo”, che tutto sommato, mi aveva lasciato con l’amaro in bocca.
Malinconia l’ho provata anche leggendo la storia della vita di Antoine Carmontel e Marianne Segrè, i due protagonisti: all’inizio è facile amarsi, animati dalla passione della gioventù, eppure Marianne già sente Antoine scivolarle tra le dita, quando lui si vede con la più anziana Nicole, la sua amante da tempo, e la ragazza si obbliga a sottostare ai capricci e all’umore variabile di lui.
Tormentata da gelosia e affanni, alla fine abbandona il suo amore da ragazza, eppure Marianne e Antoine, ritrovatisi, finiranno per sposarsi e passare la vita insieme: superano due morti devastanti, quella di Solange, amica di gioventù, che appare veloce e luminosa come una folgore e si spegne infelice da moglie di Gilbert, uno dei due fratelli di Antoine; e quelle di Evelyne, sorella di Marianne, con cui Carmontel ha un’avventura da sposato e che lo lascia stordito per la passione risvegliata.
Quello che più mi ha affascinata del romanzo è l’atmosfera ovattata, sospesa, che sembra pervadere la maggior parte della vita dei due: perfino all’inizio, quando i “roaring twenties” si fanno sentire nelle loro feste e svaghi, la Nemirovsky sembra già farci sentire il peso degli affanni futuri.
In certi punti l’atmosfera è quasi mortuaria e la vita di coppia di Antoine e Marianne si trascina agonizznte: più tremenda dei lutti è l’indifferenza che li separa dopo pochi mesi dall’inizio della loro vita coniugale, sono spenti e pentiti di essere stati così affrettati e così giovani nella loro scelta.
Marianne dice: “Non sono più soddisfatta della mia vita. Ma lo sono mai stata? […] Quello che puoi offrirmi, amicizia o amore, o il piacere di un istante, io lo accetterei, lo prenderei, con tutti i suoi rischi di infelicità futura, per ridare alla mia vita quel sapore aspro e forte che non ha più”.
La scrittura è quasi cullante, ricca di frasi su cui un lettore torna volentieri, che sono più rivelatrici dei dialoghi tra i personaggi che sembrano non volersi mai dire tutta la verità e che non risolvono nessun problema o dolore.
Alla fine, tuttavia, l’ultima immagine è quella di una famiglia normale, con il chiasso dei bambini e una coppia che va a cena fuori: “erano calmi, un po’ ironici e senza gioia, ma, un istante dopo, fu come se per loro ogni difficoltà fosse sparita”.
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L'amore (?) coniugale e non
Bellissimo e sincero, al solito questo libro di Irene. Lo stile è più ricco che in Jezabel, il ballo o il vino della solitudine. La scrittura è molto meno immediata e più riflessiva. Io decisamente la preferisco. Si avvicina molto a quella di David Golder. Nella parte finale c'è un clima di malinconia, di rimpianto, di delusione e di pace raggiunta o solo sfiorata, di felicità inarrivabile. La parte finale è bellissima.
La protagonista, Marianne, la incontriamo ragazza a una festa con altri ragazzi e ognuno di loro cerca la felicità. Sente di averne diritto e in questo imperativo morale, mai posto seriamente in discussione nonostante la piega che prenderà la storia, come non riconoscere l'impronta lasciata nell'animo di Irene dalla madre? La felicità è intesa in primo luogo come piacere e la ragazza la insegue anche a scapito del rispetto di se stessa. Vive degli avanzi, degli scarti del tempo di un uomo, Antoine, che ha più storie contemporaneamente e non si sente particolarmente legato a lei. I due, forse per caso, si sposano e anche durante il matrimonio il rapporto va avanti sullo stesso binario. In nome del diritto al piacere vengono calpestati i sentimenti altrui. Il matrimonio "cresce" nel migliore dei modi, grazie anche allo spegnersi della passione oltre a una certa dose di ipocrisia che non è solo ipocrisia ma anche saggezza, intelligenza, desiderio di essere al fianco dell'altro in nome di una solidarietà matrimoniale che pare l'ingrediente principale del matrimonio. Questa parte centrale del libro lascia un po' perplessi. Vengono sollevati dei problemi morali e dimenticati sul tavolo. Non c'è soluzione, solo contraddizioni. In questa parte del romanzo si ha la sensazione che la trama si sia allentata e sia sfuggita di mano all'autrice. Ci si aspetterebbe che venga o dato il primato alla passione, alla sincerità dei sentimenti propri o al rispetto di quelli altrui. Invece no, sembra che venga invece privilegiata questa cecità volontaria che impedisce di rendere ancora più reali situazioni innominabili, che consente di preservare questo sacrario della tranquillità, mai completa e appagante.
In un certo senso in queste pagine è difficile non provare una certa delusione per la piega delle riflessioni. E' come se Dosto in Delitto e castigo arrivasse a una conclusione a metà: sì, nonostante il rimorso forse valeva la pena ammazzare la vecchia e godersi i suoi soldi.
Sembra che la scrittrice non abbia raggiunto una risposta e tutto sembra allentarsi nell'attesa di una soluzione o di una presa di posizione. Invece no. Nonostante tutto nessuno si pente più di tanto di quello che ha causato. C'è dispiacere ma mai rimorso. C'è rimpianto ma la ferma consapevolezza del proprio diritto al piacere nonostante tutto e tutti.
Ma poi superando queste pagine, la bellezza della parte finale, malinconica, intensa, sincera fa perdonare questa mancata presa di posizione sulla questione morale. Anzi, forse, essa è necessaria per arrivare a queste pagine finali in cui l'indeterminatezza dei sentimenti mai bianchi o neri ha una poesia intensa e particolare.Il libro è bellissimo, mi auguro solo che questa scrittrice così sincera non sia stata troppo autobiografica in questo romanzo.
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Can you feel the love tonight?
Sono tanti i personaggi presenti in questo romanzo, ma i principali su cui s'incentra particolarmente la vicenda sono due: Marianne Segrè e Antoine Carmontel.
Siamo nel 1920 a Parigi, e quando i due si conoscono sono poco più che ventenni e all'inizio l'unico loro legame è costituito dalla passione più totale e dal piacere sfrenato. Non c'è ancora spazio per la consapevolezza dell'amore.
Per Marianne tutto questo è importante e non vuole assolutamente perdere il suo amato Antoine che, al contrario, considera la loro relazione momentanea e superficiale.
Infatti lui ha parecchie amanti, Marianne per lui non è altro che un gioco, uno svago, una semplice e anonima goccia nell'oceano.
La freddezza, la serietà, l'ipocrisia e le menzogne sono gli elementi che lo caratterizzano.
Nonostante ciò, dopo una serie di eventi, i due convolano a nozze e dal loro matrimonio nasceranno anche dei figli, ma la bellezza e la felicità del matrimonio per loro non esisteranno mai: Marianne e Antoine, infatti, si definiscono "amici", non amanti nè coniugi, non manifestano rapporti di confidenza tra loro, parlano di argomenti futili, non si confrontano mai e tra i due aleggia perennemente un'aria di torpore, pesantezza e stanchezza piena di segreti, incubi, paure e tradimenti che non si confideranno mai.
Il "due", un numero, tre lettere, una parola apparentemente semplice, in questa storia è considerato il numero perfetto, della felicità e del perbenismo, ma impossibile da raggiungere con un appagamento completo.
Il mio primo "incontro" con la Nemirovsky è stato piacevole, ma non del tutto soddisfacente: la sua capacità di descrivere i tratti psicologici, i fatti e i sentimenti dei personaggi è ottima e in tutte le pagine si percepisce la tristezza, la staticità e la piattezza di questa relazione che certamente nessuno desidererebbe ma che sente reale proprio per come è scritta, ed è forse per questa sensazione, suscitata molto probabilmente con tutta l'intenzione, che non ho apprezzato molto il contenuto e il motivo per cui mi ha un po' annoiata e infuso un forte senso di vuoto e malinconia.