Dio mio, grazie
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Presunzione umana
Dopo aver letto quasi tutti romanzi di Malamud, “Il migliore”“, Il commesso”, “Una nuova vita”, “L’uomo di Kiev”, “Le vite di Dubin” e perfino il postumo “Il popolo” non potevo esimermi dal terminare il ciclo con questo “Dio mio, grazie” ( 1982), l’ultimo pubblicato in vita, anche se ancora mi manca “Gli inquilini”, mentre la produzione breve è quasi interamente da esplorare.
Avevo messo in pausa Malamud, ma ritrovarlo è stato, come sempre, piacevole anche se questo romanzo è davvero spiazzante.
Esso si regge infatti su quelli che sembrerebbero essere i pilastri della storia dell’essere umano e della sua capacità di raccontarsi in storie più o meno veritiere: un uomo, un diluvio post apocalittico, una sopravvivenza oltre ogni possibilità, alcuni primati, la riscrittura del paleolitico e del neolitico con annesse le sue scoperte fondamentali, il logos generosamente possibile anche nella specie animale, la riproduzione e gli istinti sessuali, le gelosie, la convivenza, la necessità di un’etica fondante un mondo nuovo.
A prima vista sembra un romanzo distopico, ma non lo è .
Cohn è un paleontologo che per puro caso sopravvive perché, mentre si scatena l’ennesima guerra termonucleare tra uomini che generano la distruzione totale e un conseguente diluvio universale, di matrice tutta divina, si trova in immersione dentro un sommergibile. A stento capisce cosa gli è successo ma Dio subito gli si palesa a spiegare che lui è vivo per mero errore di calcolo, sarà anche lui presto distrutto e invece, sopravvive diventando un novello Robinson Crusoe. Non bisogna però temere una riscrittura delle avventure del mitico naufrago perché Cohn è figlio di un rabbino, è un ebreo che ha preferito lo studio scientifico alla narrazione biblica fondante la storia del genere umano e ora oscilla tra il timore reverenziale di questo Dio che è sola luce e parola e obblighi e castigo e punizioni, e la sua presunzione tutta umana. Quello che inizia come una felice distopia si tramuta presto in romanzo di avventura per poi rivelare la sua vera natura apologica anche se a tratti blasfema: con arguzia e ironia vengono riecheggiati nomi ed episodi biblici affibbiati ai diversi personaggi che via via compaiono, altri sopravvissuti, nessun essere umano mentre Cohn recupera nel suo quotidiano sopravvivere tutti i rituali ebraici, per quanto possibile, e non ammette altra religione, tanto meno quella cristiana professata da Buz, lo scimpanzé ritrovato nell’imbarcazione che fungeva da supporto al sommergibile.
Cohn si nasconde da Dio, Cohn sfida Dio, Cohn si sostituisce a Dio, Cohn ha dimenticato che l’etica senza l’amore porterà il genere umano a morire definitivamente.
Sebbene a tratti disturbante quanto il migliore Saramago, ne consiglio vivamente la lettura.
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L'evoluzione dell'uomo secondo Malamud
Questo romanzo ricorda Caino di Saramago, con un'ironia più leggera e forse più superficiale. La scrittura di Malamud è accattivante e credo che il libro e la comprensione delle stoccate possa essere poco accessibile al lettore di oggi data l'ignoranza in materia biblica. Comunque il romanzo è blasfemo per il tipo di contenuti, ma piacevole da leggere e spiega l'evoluzione della specie dopo un'ecatombe nucleare che lascia sulla terra un unico sopravvissuto e alcune scimmie. Nonostante l'ecatombe sposti il romanzo nel futuro, potrebbe essere visto anche come una spiegazione retrospettiva della nostra origine, appunto dalle scimmie. Certi passaggi sono veramente simpatici, proprio per questo non ho apprezzato molto il cambio di rotta tipico di Malamud che porta a un tipo di storia più cruda.
La lettura è come dicevo piacevolissima fino alla svolta nelle abitudini alimentari che non ho gradito e che mi ha disturbato moltissimo la lettura. D'altra parte Malamud sembra che lo faccia apposta in tutti i suoi romanzi a disturbare il lettore in qualche modo. Invece la conclusione è perfetta.