Demon Copperhead
Editore
Recensione Utenti
Opinioni inserite: 4
Top 500 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Eccesso di disgrazie
“Certi soprannomi ti trovano e tu gli corri incontro come un cane, fino al giorno della tua morte, e te li scrivono persino sui documenti accanto al nome vero che nessuno ricorda più”.
“Essere un bambino è una cosa tremenda, non puoi decidere niente. Se superi quella fase e diventi adulto, è più facile dimenticare quel periodo miserabile e fingere di avere sempre saputo cosa stavi facendo. Sempre che tu sia diventato qualcuno di cui andare fiero.”
“Eppure avevo cominciato come qualsiasi ragazzino per bene, dicevo grazie e per favore, facevo i compiti a casa e cercavo di guadagnarmi un sorriso da tutti. Giocavo per vincere con tutto il mio minuscolo orgoglio e i miei piccoli sogni. Che importava se erano sogni da seconda squadra.”
Una vita di sfortune quella del protagonista di questo romanzo premio Pulitzer 2023 che annovererei proprio fra i libri ai cui protagonisti non manca nessuna delle sfortune del mondo. L’ispirazione dichiarata è al David Copperfield che nel raccontare le sventure del protagonista è in realtà un romanzo di denuncia sociale.
Lo stesso vuole essere questo Demon Copperhead che richiama vagamente il romanzo di Dickens anche nel titolo. Qui la denuncia è alla società americana di fine anni 90 che ha lasciato che la diffusione di oppiacei proposti come antidolorifici e che creavano invece dipendenza si sia fatta strada nelle provincie povere del paese (qui siamo nella regione degli Appalachi, depredata dallo Stato e poi abbandonata a degrado e povertà). Questo ha generato morti e conseguenti stuoli di ragazzi orfani seguiti in maniera discutibile dai servizi sociali, sfruttati da chi li ospitava solo per ricevere il sussidio dallo Stato.
Il protagonista è Demon Copperhead, che nelle disgrazie non si lascia abbattere e attraversa con una discreta leggerezza le terribili situazioni che la vita lo costringe ad affrontare. Una delle sue valvole di sfogo è il disegno: racconta infatti le situazioni della sua vita ed i personaggi che incontra in fumetti fantasiosi.
Demon Copperhead, che è il suo soprannome, è dovuto ai suoi capelli rosso intensi ereditati da suo padre defunto (copperhead = testa di rame), nasce in casa da una madre diciottenne alcolizzata e drogata aiutata per caso a partorire. Vive tra una madre in perenne tentativo di disintossicazione e parenti vicini di casa che gli offrono scampoli di vita normale e si pongono come i nonni che Demon pensa di non avere.
La madre si sposa con un uomo violento, Stoner, che la porterà a riavvicinarsi ad alcol e oppioidi fino a venire ricoverata e, alla fine, a morire. Demon viene quindi affidato ai servizi sociali in quanto orfano e passerà da diverse famiglie affidatarie interessate solo al contributo che ricevono per tenerlo con loro e che lo faranno vivere in ambienti sporchi e degradati oltre a costringerlo a lavorare nonostante sia ancora un bambino.
Stufo di questa alternanza di famiglie impossibili Demon decide di fuggire per cercare la nonna e per sapere qualcosa di quel padre del quale non gli è stato lasciato neanche il nome perché la madre gli ha dato il suo.
Riuscirà fortunosamente a raggiungerla e verrà da lei affidato al coach delle più famosa squadra di football del paese.
La sua vita sembra avere finalmente svoltato la curva giusta: la casa è molto bella, i soldi non mancano, il cibo è finalmente più che sufficiente e Demon trova perfino una “sorella”, la figlia del coach rimasta orfana di madre piccolissima. La nonna veglia da lontano su di lui.
Il coach vede in Demon doti sportive e ben presto entra a far parte della squadra dei riservisti e riprende con profitto la scuola.
Tutto bene? Ovviamente se il romanzo vuole collezionare disgrazie no e Demon conoscerà il baratro delle dipendenze, degli affetti persi, e di quanto di peggio si può pensare.
Saranno di sostegno i pochi punti fermi della sua vita.
Il romanzo è lungo, circa 700 pagine, forse per descrivere quanto il libro racconta si sarebbe potuto tagliare almeno in parte senza nuocere all’impianto complessivo.
Ho trovato (e non ho apprezzato) la quantità di problemi che Demon deve affrontare e che pare tirarsi addosso direttamente, almeno talvolta. Non mi spiego anche come una persona in quella situazione e con il suo spirito non possa afferrare subito le braccia tese per aiutarlo che spesso si vede proporre.
Poco mi sono anche spiegata la leggerezza con la quale Demon affronta quando di peggio gli avviene, benché sia ciò che alla fine lo salva tenendolo in piedi.
Ho trovato alla fine ripetitivo nel susseguirsi di disgrazie la storia che alla fine ha un unico tema e filo conduttore. Tenerlo per 700 pagine senza aggiungere altri elementi è sì, forse un po’ troppo.
Sicuramente le pagine scorrono e si leggono facilmente pur risultando un po’ monotematiche. Alla lunga la storia mi ha un po’ annoiato e la figura del protagonista non mi ha completamente coinvolto e convinto.
Una luce invece sulla figura dell’amico Tommy che è riuscito in quel percorso di uscita dalla disgrazia per forza nella quale l’autore invischia il protagonista.
Indicazioni utili
Top 50 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
I retelling non (mi) hanno ancora stancato
Quando tutti sembrano star leggendo un determinato romanzo, quello è proprio il momento in cui la sottoscritta decide di evitarlo. In seguito, le strade percorribili sono due: mi intestardisco nel non voler recuperare il libro in questione mai e poi mai (com'è capitato negli anni con i famosissimi "Eragon", "Il cacciatore di aquiloni" o "I sette mariti di Evelyn Hugo", solo per nominarne alcuni) oppure capitolo dopo aver lasciato scemare l'hype rimanendo quasi sempre delusa dal risultato. Entrambe le alternative non sono il massimo, quindi quando ho ricevuto in regalo una copia di "Demon Copperhead" per il mio ultimo compleanno ho preso la saggia decisione di leggerlo entro la fine di questo poco soddisfacente 2024 letterario.
Ispirandosi per il titolo e non solo al "David Copperfield" di Dickens, Kingsolver racconta la vita di Damon Fields, nato sul finire degli anni Ottanta nella Lee Country in Virginia, da una madre tossicodipendente ed un padre morto diversi mesi prima. Narrato dal protagonista stesso, il romanzo ripercorre la vita del cosiddetto Demon Copperhead, dalla difficile nascita alla troppo breve infanzia, fino ad un'età adulta raggiunta ben prima di aver compiuto diciott'anni. Nel mentre vediamo l'alternarsi di fortune e sciagure, con il desiderio di far parte di una famiglia senza vincoli o date di scadenza sempre sullo sfondo.
Un altro cardine dell'intreccio è la dipendenza da sostanze, analizzata dall'autrice nei giusti tempi e dando ai risvolti più tragici il peso che meritano. La tematica della tossicodipendenza si collega bene agli altri argomenti toccati nel testo -come l'inadeguatezza dei servizi sanitario ed assistenziale, la dispersione scolastica, le disparità sociali- e riesce al tempo stesso a farsi allegoria di quella necessità trascendentale di affetto che caratterizza l'intera esistenza di Demon. Un bisogno che lo porta a compiere gesti tanto eclatanti quanto autodistruttivi, incapace di vedere delle vere alternative al suo declino.
Il tutto è convogliato tramite la prosa curata ed incalzante della cara Barbara, una narratrice capace di donare al lettore delle metafore dalla rara potenza letteraria. Le sue descrizioni genuine e particolareggiate rendono poi l'ambientazione un membro a pieno titolo del cast, permettendo una facile immedesimazione nelle vite dei personaggi. Tra tante esistenze disgraziate, a spiccare è ovviamente la figura di Demon, con la sua voce disinvolta e sagace ci accompagna attraverso dei momenti genuinamente emozionanti, ma privi di quella retorica e di quel patetismo che un po' temevo sarebbero stati presenti.
Una spinta empatica non indifferente verso il protagonista, che si conferma il più grande punto di forza del titolo. A differenza del personaggio dickensiano medio, Demon risulta estremamente sfaccettato sul fronte caratteriale: capace tanto di impegnarsi in risoluzione positive, quanto di cedere alla tentazione delle scorciatoie e di farsi abbindolare dal prossimo. Una personalità molto più adatta ad un contesto contemporaneo -in cui la linea tra giusto e sbagliato non è mai netta-. resa ancor più incisiva dalla sua spigliata ed autocritica voce interiore, che si percepisce con chiarezza nelle sue battutine rivolte ai lettori.
Le stesse lodi non si possono però estendere ad una buona fetta dei comprimari, e penso specialmente ai personaggi adulti. C'è ben poca sottigliezza nella loro caratterizzazione: Mrs Peggot è buona e cara e tale rimane a prescindere da quante disgrazie le capitino, mentre Porta-Qui viene descritto come viscido ed infido sempre, non tenendo in considerazione che per la maggior parte del tempo lui ignora del tutto Demon. Tra i più giovani c'è un maggiore approfondimento, merito del percorso di crescita nel quale li vediamo impegnati; anche così non mancano comunque gli stereotipi indice di pigrizia narrativa, come quello del ragazzo emo-goth autolesionista.
In generale, questo libro non ha tanto degli evidenti difetti, quanto delle mancanze minori: il ritmo non è abbastanza incalzante, i commenti di Demon non sono abbastanza presenti, il comportamento del protagonista non è abbastanza in linea con la sua età anagrafica. La grande assente è però la trama, dal momento che la narrazione si limita ad essere una versione più attuale del romanzo di Dickens, con qualche piccola variazione; sono inoltre presenti diverse svolte all'apparenza molto importanti, ma nei fatti di ben poco conto tanto da venire riprese solo parecchi capitoli più avanti. Ed è così che difficoltà presentate come insormontabili vengono superate con grande facilità, incidendo sulla tensione narrativa.
Il problema dietro queste scelte autoriali poco convincenti è dato senza dubbio dalla volontà di rimanere fedele al materiale di partenza, un difetto comune a molte rivisitazioni di leggende mitologiche e di romanzi classici. In questo modo risultano depotenziati, ad esempio, l'antagonismo con Porta-Qui (che pur avendo libertà d'azione e molte leve a sua disposizione, agisce in modo caotico) o le relazioni romantiche che Demon intreccia nel corso della storia: prive di una solida base sentimentale, si concretizzano soltanto perché la sua controparte dickensiana aveva quei medesimi interessi amorosi. Per questo aspetto, un po' di coraggio narrativo in più non sarebbe affatto guastato.
Indicazioni utili
Ispirato a Dickens
Libro fresco vincitore del Premio Pulitzer e descritto come un omaggio al famoso romanzo David Copperfield, di cui dovrebbe essere una trasposizione in chiave moderna liberamente ispirata appunto al racconto di Dickens.
Il primo motivo non mi ha intrigato più di tanto ma ho amato il racconto di David Copperfield da ragazzo e volevo vedere come l'autrice gli avesse reso omaggio.
Il tema era piuttosto interessante già dall'opera originale : una feroce e dissacrante critica ad uno stato incapace di prendersi cura dei soggetti più deboli in particolar modo questa incapacità si rifletteva nelle condizioni di vita spesso miserevoli dei bambini orfani o figli della povera gente.
Peccato che Dickens fosse un Gigante (con la maiuscola non a caso) e la Kingsolver una buonissima scrittrice : c'è tutta la differenza del mondo per quanto questo Demon Copperhead si faccia leggere con scorrevolezza e proponga qualche riflessione decisamente ben riuscita, dove Dickens diventava appassionante, ironico, creava apprensione nella quotidianità della miseria umana dei vari personaggi la Kinsolver da metà in poi perde brillantezza e il libro diventa noiosetto per riprendersi molto bene nelle ultime pagine.
Il racconto è presto fatto, Demon nasce da una madre single e drogata, non ha che notizie frammentarie del padre morto appena prima che luivenisse al mondo, e nonostante un carattere solare e piuttosto resiliente subisce le angherie di una madre sbarellata e del nuovo martito della madre, Stoner, che lo vede come un intralcio alla sua felicità coniugale comunque fragilissima data l'incapacità della donna di stare lontana dalle dipendenze fino ad arrivare a morire molto giovane .
Stoner non ha alcuna intenzione di farsi carico di quelle che sarebbero le responsabiliotà di padre, per quanto adottivo, e Demon si ritrova a fare i conti con l'inadeguatezza del sistema sociale americano in tema di affido e supporto agli orfani, passando dapprima per la fattoria di un vecchio iroso preoccupato più di portare a casa l'assegno mensile garantito dal fatto di avere in affido uno o più orfani che del loro benessere, infatti spesso neanche li manda a scuola pur di farsi aiutare nel duro lavoro della fattoria.
Qui Demon conosce Fast Forward, così chiamato per la sua rapidità sul campo da Football, e nella vita dove sembra avere una marcia in più degli altri infatti vivrà di un rapido quanto effimero successo sportivo. Fast Forward rappresenterà l'anima nera del romanzo colui che affascina ma corrompe e sfrutta chi si lascia abbagliare dalla superficie , da questo ragazzo brillante, bello, entusiasta ma fondamentalmente miserabile nell'animo.
Sarà poi la volta dell'affido presso una squinternata famiglia con quattro figli, sempre alle prese con l'incapacità del capofamiglia di trovare un'occupazione stabile che possa garantire una vita dignitosa .
Demon riuscirà a barcamenarsi in questi anni grazie all'appoggio di una famiglia di fatto, i Peggot, dei vicini di casa della madre anch'essi alle prese con una serie di disgrazie familiari ma di buon cuore e tutto sommato solidi che accolgono Demon per brevi periodi permettendogli di avere un rifugio nei momenti peggiori mentre Demon stringe amicizia con un nipote dei Peggot , Maggot, e con lui condivide le prime angosce adolescenziali .
Insoddisfatto delle prospettive che gli da la vita in affido Demon decide di andare all'avventura recandosi nella cittadina dalle quale la madre le aveva raccontato provenisse il suo defunto
padre, sperando di trovare sua nonna che , prima della sua nascita aveva cercato di allacciare un qualche rapporto con la mamma di Demon venendo allontanata maalamente da quest'ultima .
Come in David Copperfield il destino dopo tante sfortune da al protagonista un'opportunità favorevole: la nonna esiste e lo riconosce all'istante per via dei capelli color rame come quelli del defunto figlio.
La nonna si è sempre occupata di dare un'istruzione e una possibilità di una vita serena a ragazze in difficoltà ma per un suo preconcetto non vuole occuparsi di un maschio che reputa più problematico, così lo affida, dietro compenso, alle cure del marito di una sua ex assistita e li Demon vivrà il periodo più sereno della sua vita. L'uomo è addirittura il coach della squadra di football più famosa della contea ed ha una figlia quasi coetanea di Demon. Il ragazzo cresce e verrà iniziato al football e ai campionati universitari trovando anche qualche scampolo di gloria fino al giorno in cui durante una partita si infortuna gravemente al ginocchio. Da li inizierà un rapido declino dapprima sportivo, il ginocchio non guarirà mai completamente di fatto stroncadogli la carriera agonistica, ma soprattutto sociale, il periodo della convalescenza verrà infatti affrontato con una quantità irresponsabile di antidolorifici a base di oppiacei creando in Demon una dipendenza da Oxicodone.
Gli anni successivi saranno un lento scivolare nel mondo della dipendenza da Oxi, con tutti i traffici loschi e sotterfugi che contraddistinguono le dipendenze, l'unica luce sarà rappresentata da Dori, una bellissima ragazza, figlia del proprietario di un emporio locale , che si prende cura del padre e tra medicinali e reciproco supporto intreccia col protagonista una dolorosa e tragica storia di amore e reciproca distruzione per mezzo delle droghe.
Sarà il carattere forte di Demon e la mano sempre tesa di alcuni amici ad aiutarlo ad uscire dal tunnel mentre tutte le anime nere del racconto avranno una loro particolare resa dei conti col destino e la giustizia.
Tanti sono i punti in cui la Kingsolver ha preso spunto da David Copperfield, non si può non percepire l'aperta critica sociale ad un sistema di gestione degli orfani e dell'assistenza ai più deboli lasciato molto al caso e all'intraprendenza delle singole persone, dove gli assitenti sociali rappresentano addirittura uno dei gradini più bassi della scala sociale per quanto riguarda l'importanza e la remunerazione di un impiego, formidabili le righe in cui la giovane assistente sociale che aiutava Demon si dice felice di aver trovato finalmente un lavoro come maestra elementare !!.
Per non parlare delle famiglie affidatarie, spesso veri crogioli di problemi su larga scala che usano a loro volta gli orfani presi in custodia come fonte di reddito per via del sussidio statale, in pratica questi bambini passano da una miseria solitaria ad una in ottima compagnia dove non si condivide amore ma i bisogni più elementari puntualmente disattesi.
Questa leggerezza nell'affidare la vita di un bambino nelle mani di chiunque fa quasi amaramente sorridere o rabbia se paragonato alla trafila estenuante di adempimenti e controlli a cui si sottopone da noi chi vorrebbe un bambino in affido.
Nel complesso un bel racconto che avrebbe giovato di qualche spunto narrativo un pò più brillante o del taglio di un centinaio di pagine.
Indicazioni utili
Diventare grande tra solitudine e abbandono
«Non essere mai meschino in nulla, non essere mai falso, non essere mai crudele. Io potrò sempre sperare in te.»
Charles Dickens, “David Copperfield”.
L’ultimo romanzo che ho finito di leggere è stato “Demon Copperhead” di Barbara Kingsolver, vincitore del premio Pulitzer per la narrativa 2023 e edito da Neri Pozza. Vi si racconta, attraverso la sua stessa voce, la vita di un giovane orfano originario della Lee County sui monti Appalachi, Virginia.
Il modello letterario di riferimento espressamente dichiarato dall’autrice è il “David Copperfield” di Charles Dickens: anche qui il protagonista racconta la propria difficile esistenza, a partire dalla nascita. Fin dalle prime pagine la voce di Demon riesce a catturare il lettore e trascinarlo in una storia tanto drammatica quanto coinvolgente. Il suo racconto ci parla di un ragazzino abbandonato e solo, che ha dovuto lottare fin da piccolo per affermare il suo diritto a esistere, a essere accudito, protetto, rassicurato, amato. Ha dovuto combattere per conquistarsi questi diritti, che chiamiamo inalienabili, che ogni bambino dovrebbe avere garantiti solo per il fatto di essere al mondo.
Ma Demon è nato già orfano del padre e la bionda madre adolescente, anch’essa con una storia di abbandono e solitudine alle spalle, è tossicodipendente. Si prospetta una strada completamente in salita per questo bambino.
I pregi più elevati di questo ricco romanzo, secondo il mio modesto parere, sono sostanzialmente due: il primo è che tratta tematiche abbastanza note in modo però originale. Mi spiego meglio. È presente il tema del disagio sociale, dei diritti negati agli individui più fragili e alle comunità più in difficoltà, molto presente di solito nella letteratura americana. Ma qui si parla di individui e comunità che non ti aspetteresti di incontrare nella realtà degli Stati Uniti degli anni Duemila: bambini orfani sfruttati che vengono fatti lavorare, maltrattati, abbandonati; bianchi poveri, montanari e campagnoli, ex minatori o coltivatori di tabacco, i Melungeon, una popolazione diffusa nel Sud Est degli Stati Uniti, probabilmente discendente da colonizzatori spagnoli e portoghesi mescolata a tribù di nativi, di cui ignoravo l’esistenza. Di solito, pensando all’America vengono in mente altri scenari, invece questo romanzo ci offre uno spaccato su una comunità rurale poco considerata e un po’ disprezzata dagli stessi americani.
«Mostratemi quell’universo al cinema o alla tv. Montanari, gente di campagna e delle fattorie, noi non ci siamo mai, da nessuna parte. È un fatto, siamo invisibili. Arrivi al punto che cerchi di fare più rumore possibile solo per vedere se sei ancora vivo.»
È presente anche il tema della tossicodipendenza, soprattutto nella seconda parte del romanzo, quando alcune atmosfere mi hanno ricordato “I cieli di Philadelphia” di Liz Moore. Il contesto è però diversissimo, qui siamo di fronte a frotte di persone che hanno iniziato a drogarsi prendendo antidolorifici dati inizialmente su prescrizione medica, a ragazzi lasciati da soli, indifesi davanti alla complessità della vita, senza gli strumenti per poter crescere in modo sano e equilibrato.
«Se non conoscete il drago al quale davamo la caccia, le parole non bastano. La gente parla dello sballo, della botta che ti arriva, ma non è tanto quello che provi quanto quello che non provi più: la tristezza e il terrore viscerale, tutta la gente che ti ha giudicato inutile. Il dolore di un ginocchio esploso. Quel laccio che dovrebbe farti sentire attaccato a qualcosa per tutta la vita, che sia una casa o i genitori o la sicurezza, che ti ha lasciato sventolare attorno, sciolto, per tutto il tempo, strattonando le radici del cervello, frustando l’aria con tanta forza da rischiare di cavarti un occhio. E poi di colpo quel laccio si blocca a terra, e sei tranquillo.»
L’altro grande pregio di questo romanzo è lo stile, che dà vita a una narrazione ricca e complessa ma allo stesso tempo vivace e coinvolgente. La voce di Demon è una voce lucida nei confronti della propria realtà e della propria responsabilità, critica verso le ingiustizie che ha dovuto subire, compassionevole verso se stesso. Una storia che riesce a uscire dalle pagine di carta e arriva diretta a sfiorare il cuore di chi la legge.