Della bellezza
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La bellezza è negli occhi di chi guarda
Uno scrittore lascia sempre una traccia sulla chiave del suo romanzo. Spesso il motivo per cui decide di scrivere proprio quella storia risiede nel cercare di risolvere alcuni suoi conflitti, o di condividere qualche ossessione. Questa motivazione forte può apparentemente essere persa di vista, nella compulsiva necessità di riempire pagine e pagine (511 nel nostro caso) con migliaia di parole. Sta al lettore individuarla, perché non esiste libro senza motivazione, come non esiste il delitto perfetto.
Nel libro di Zadie Smith, mi sembra di aver raccolto questi indizi:
- Il titolo: “Della bellezza”. E’ chiaro che, apparentemente, l’autrice vuol parlarci della bellezza e del peso che ha la bellezza nella storia di ognuno dei suoi personaggi, e quindi, nella storia di ognuno.
-La suddivisione in queste tre parti:
“ Kipps e Belsey
Ciascuno rifiuta di essere l’altro (H.J.Blackham.)
La Lezione di anatomia
Un possibile errore consiste nel fraintendere, o anche soltanto sottovalutare il rapporto fra università e bellezza. L’università è fra le cose più preziose che possono andare distrutte. (ELAINE SCARRY)
Della bellezza e dell’errore
Quando dico che odio il tempo, Paul dice
come potremmo altrimenti trovare profondità di carattere, o lasciarci crescere l’anima?
(Mark Doty) ”
-L’argomento di cui si occupano i due studiosi d’arte, Howard Belsey e Monty Kipps, ovvero Rembrandt.
I due antagonisti cercano di trasmettere le loro conoscenze agli studenti, e in questo tentativo di passaggio della conoscenza da una generazione matura alla nuova generazione, impegnata a costruire il proprio futuro, sta uno dei primi significati della bellezza secondo Zadie Smith.
Howard e Monty, rivali e nemici, non sono poi così diversi, nonostante si rifiutino di ammetterlo e, anzi, disprezzino l’altrui visione della vita. Entrambi ottimi padri di famiglia, WASP e progressista il primo, nero e conservatore il secondo, entrambi di mezza età, soccombono davanti alla bellezza fisica e alla giovinezza delle loro studentesse. Nessuno dei due vede più la bellezza della propria moglie, che è ormai la bellezza delle anime cresciute, ma è nascosta sotto chili di grasso per Kiki, la moglie di Howard, o dentro la fragilità della malattia per Carlene, la consorte dell’altro.
Bella è l’amicizia tra queste due donne, così diverse, che hanno il coraggio di trovare una ricchezza la diversità dell’altra.
Il quadro che porterà Howard a capire cos’è davvero la bellezza è “Giovane che si bagna in un ruscello” di Rembrandt. “una graziosa ragazza olandese piuttosto bene in carne, con indosso una semplice sottoveste bianca, sguazza in un ruscello con l’acqua a metà polpaccio…
Howard guardò Kiki. Nel suo viso, la propria vita.”
La bellezza è negli occhi di chi guarda, nell’amore sincero, nella semplicità delle piccole cose come il bianco abbagliante di una camiciola, nella condivisione di un percorso. Questo Rembrandt aveva capito, dipingendo Hendrickje.
Zadie Smith con grande talento crea personaggi che ti rimangono attaccati, e possiede la capacità di riuscire a far percepire, attraverso le parole, i loro pensieri.
Lungo tutto il libro, ho creduto di intuire quella che deve essere una delle ossessioni dell’autrice, ovvero la sua “trasversalità” razziale, il conflitto tra il colore della sua pelle e la sua cultura.
Un conflitto che, nella testa di chi legge, si trasforma in bellezza.