Delitto e Castigo
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un capolavoro
"Delitto e Castigo" è un capolavoro letterario che scava profondamente nell'animo umano, portando alla luce le intricanti sfumature della colpa, della redenzione e della ricerca di significato. Scritto dal grande autore russo Fëdor Dostoevskij, questo romanzo è un viaggio psicologico avvincente, che ci conduce attraverso i labirinti dell'etica e della moralità.
La trama segue la vita di Raskolnikov, un giovane studente che, afflitto dalla povertà e dal senso di ingiustizia sociale, commette un omicidio per mettere in pratica una teoria personale sulla legittimità delle azioni straordinarie. Tuttavia, la sua azione lo getta in un abisso di rimorso, ansia e tormento interiore. Attraverso le pagine di "Delitto e Castigo", Dostoevskij ci guida nel tumulto delle emozioni di Raskolnikov, esplorando le sue ragioni e le sue pene. Il romanzo ci offre una visione cruda e penetrante della psicologia umana, mettendo in luce come anche le menti più razionali possano cedere alle passioni e agli istinti.
La profonda analisi dei personaggi, in particolare quella di Raskolnikov, ci invita a esaminare i confini della morale e a interrogarci sulla natura della giustizia. La prosa di Dostoevskij è densa di riflessioni filosofiche e introspezioni psicologiche, offrendo al lettore una sfida intellettuale e spirituale. Il romanzo esplora il conflitto tra la mente razionale e l'anima tormentata, "Delitto e Castigo" è una meditazione profonda sull'essenza dell'umanità e sulla lotta interiore tra il bene e il male. Attraverso le vicende di Raskolnikov, il romanzo ci spinge a riflettere su ciò che giustifica le nostre azioni, E' un viaggio nell'oscurità dell'anima umana.
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ATTENZIONE! RISCHIO SPOILER!
Recensione basata sul libro di Fëdor Dostoevskij: Delitto e Castigo.
Dostoevskij nasce a Mosca nel 1821; il padre, un medico russo, un uomo molto dispotico e intransigente. La madre, invece, fu una donna più accostevole, che avrà sempre cara in cuor suo. Insegnerà lui, -già in piena fanciullezza- le letture di Puskin quelle religiose della Bibbia, in quanto questi era una credente ferrata.
Dostoevskij non nasce già come un letterato, anzi, egli dapprima apprende studi concernenti l'ingegneria militare -imposti dal padre- ma che non vanno a buon esito. La passione per le letture, la fragilità di una famiglia rumorosa e disgregata, la morte -l'omicidio, o l'apoplessia- del padre, il repentino evento di epilessia, - il quale accompagnerà Dostoevskij per l'intera vita- la curiosità smodata di osservare attorno a sè la natura umana; connotano una delle personalità letterarie più sature, imperdibili e imprinte nella storia della letteratura russa, ed europea, internazionale.
La vita di Dostoevskij è segnata altresì da un altro evento cruciale: la mancata fucilazione al plotone d'esecuzione, grazia concessagli dallo Zar Nicola.
tale evento, comporta il trauma di scatti epilettici. Egli fu accusato di cospirazione per aver preso parte ad una società segreta, deleteria nei riguardi del governorato; in effetti, Dostoevskij non era un membro fisso dei raduni, ma solo un ascoltatore qualsiasi che andava a crocchio con altri. Ciò nonostante, si ritrova prigioniero nel penitenziario dei santi Pietro e Paolo, quando d'improvviso un soldato lo desta mentre il detenuto si ritrova ammantato da una calda coperta: -Per non aver denunciato, dunque non aver collaborato e inoltre, peccato di reticenza alla disvelazione dei nomi dei cospiratori!- ... ivi, il rullo di tamburi sortirà la vita dell'autore, che tra meno di cinque minuti verrà accoppato, senza obiezioni. Già summenzionato, una manna piomba dall'alto: è la liberazione dall'uccisione efferata, pari tempo è la condanna obbligatoria ai lavori forzati in Siberia; Omsk, il nome della città cui egli non potrà mai lavare via dalla pelle, dalle mani stanche, dalle vene varicose, e dal viso -Dostoevskij si profila così- emaciato, pressoché tisico. A seconda dei gradi, ai condannati venivano affidate le categorie: miniere, fortezze o fabbriche da sbrigare.
Quando si crede che la vita di un autore non influenzi le proprie vicissitudini, non si crede sbagliato, poiché possono esservi alcuni stoici che braccano le proprie incontinenze emotive costruendo immaginari fittizi, per imbastire una realtà quasi comoda, o più compenetrante ai propri ideali, più saporita, più sporca, più speziata; Dall'altra sponda vi sono coloro che vogliono tornire la propria definizione di vivere figurandosi storie tanto meste quanto la loro stessa esistenza, addirittura riportare posti, sensazioni, filosofie apprese lungo la via.
Non è di certo la prima volta che tocca il fondo, durante la prigionia riesce ad ergersi e a sottostare alle stentoree ingiunzioni; è acquiescente, tacito. Un uomo dagli occhi scavati, penetranti, dal viso un po' giallognolo malaticcio, dalla fronte solenne. Tant'è che con l'intercorrere degli anni, l'iride dello scrittore diverrà quasi ipertrofica.
Ma cos'è che nasce in Dostoevskij? perché oggi è ritenuto come la quintessenza dei classici da non perdere d'occhio? chi è, in effetti costui?
Inverosimilmente, egli pasce un sentimento di compassione per l'animo umano, o meglio dire, gli esseri umani. Si crede folle per narrare di essi, scrutarli, esasperarli e raccontarli attraverso iridate sfumature di umano mistero. Egli prova curiosità e quasi un patriottismo per questo 'mistero' poiché anche egli è un uomo. E' la sua missione, e ci impiegherà l'intera vita per spiegare a sè stesso e noialtri, il mondo. Rintuzza qualsivoglia titolo di nobiltà, per dedicarsi alla campestre e stentosa vita da scrittore, si autoproclama come proletario della penna, rammenta la memoria di Puskin e Gogol raccapezzandosi della laboriosità di questi, malgrado l'apporto di una vita connotata da miseria e fame. L'irresolutezza tra obiettivo e necessità, oscilla; egli ha bisogno di denari, ma sviluppa una certa avversità per gli accumulatori, i mercanti, e i borghesi.
Egli preferirà donarli ai poveri, ai mendici, o sfortunatamente precipitare nel vizio debosciato del gioco d'azzardo; tale da appunto, diventare un romanzo ''Il giocatore.''
Ma '' Povera gente'' raffigura la decisione di dipingere la vita degli infelici, quei tapini disgiunti dagli sfortunati. Un povero può essere opulente di sentimenti nobili, ma nella miseria, invece, spetta la più sbieca disperazione umana, ostile ed infedele a tutto quello che possiamo ricondurre all'umanoide. La versione dei romanzi scritti, non è assolutamente divaricata dall'esperienza empirica e sensibile dello scrittore. Cristallizzandoci su Delitto e Castigo, non potremmo assolutamente non dare uno sguardo ai cenni autobiografici dell'autore, commutato dall'effigia del protagonista: Raskolnikov, uno sparuto studente universitario, che fatica a pagarsi l'università e l'affitto, tanto da eludere sempre dai grossi problemi incarnati in persone: La padrona di casa, la vecchia usuraia, e l'evanescente, inciuccata gente di San Pietroburgo. Nasce il tema dell'alienazione, della sofferenza ormai già messa alla berlina su un patibolo ben visibile, ritroviamo un protagonista tetro, fuggente, malnutrito che si astrae derelitto da qualsiasi affetto familiare; pari tempo è una persona ben profilata, che bighellona nelle meste visioni di questa città fantasma, laddove si ritrova faccia a faccia con vecchi ubriaconi come il signor Marmeladov, il quale usurpa dei soldi di Sonjia; sua figlia. Sonjia rassomiglia ad un angelo biondo, raggrinzito dalla via, o dal tesserino giallo che testimonia un'urgenza, o dagli scossoni di Katerina Ivanovna, moglie di Marmeladov, che morirà gravemente di tisi, dopo essere stata cacciata dalla bettola in cui viveva assieme i suoi piccoli. Terribile, raggelante sono i molteplici episodi che Dostoevskij riporta, dagli strepiti dei bambini che vengono percossi da una madre alla luce fuori di sé, all'umiliazione dell'elemosina in pubblico di bimbi vestiti in costume e una donna che si scaglia contro quelli dall'orpello costoso, che come cariatidi sembrano essere impassibili. Raskolnikov, sovente sembra dissociato al cospetto di queste tribolazioni. Tace, ed è riflessivo quasi come presente nella sua assenza compendiata in silenzi, sguardi bui, labbra interrate. Al suo fianco, Razumichin 'razum' ossia, ragione, il suo più grande amico goliardico, giulivo e spigliato, è lui che da brio alla narratio. Appresso la madre -ingenua, credente e follemente legata al figlio- e la sorella, donne dilaniate dalla condizione del fratello e figlio, sono per niente servili, sono due co-protagoniste gremite di caparbia, tanto da discacciare il ricco, supponente, altero Luzin, -un uomo che cerca di irretire attraverso il bottino, le richieste perentorie dal tenore austero le due donne- promesso sposo di Dunjia. -sorella di Raskolnikov-. "il nero serpente dell'amor proprio ferito gli aveva succhiato il cuore tutta la notte!.."
Appare curioso invece, il personaggio di Svidrigailov, reduce dell'omicidio di Marfa Petrovna, ex moglie che apparirà nei frangenti meno rilucenti dell'uomo. Egli, parla di fantasmi, come onirico, esoterico " I fantasmi sono, per così dire, brandelli e frammenti di altri mondi"... un uomo sano non ha motivo di temerli, perché mondano, terrestre, s'adagia alla vita di ogni giorno (potremmo dire l'uomo comune, come medita Raskolnikov) ciò nondimento, l'uomo incrinato è intieramente sommerso all'interno di una cavità malata che affluisce poi, si scapicolla in un altro mondo (quello dell'uomo fuori del comune, probabilmente) Ergo dunque, Svidrigailov è un uomo empio, malvagio da come ne viene contrassegnato, eppure durante tutto il romanzo non fa altro che condonare denaro, autoflaggellarsi come una putre d'uomo, e addirittura aiutare una bimba che ritrova all'interno di un albergo fuorimano nei pressi di corso Bol' soj. Ma costui è un mero personaggio da romanzo (come asserisce onnisciente lo scrittore) è scaltro, parla di adulazione, è un omicida, è perverso. Eppure, Raskolnikov che aborrisce al solo pensiero di esser come questi, coabita, assieme a Svridigailov in una dimensione permeata dagli incubi. Gli incubi della vita reale, durante la prigionia, vengono traslati nel romanzo. Lo stato di profonda afflizione da suicida, è un incentivo per scrivere, il deliquio semicosciente istiga, fomenta la sferza della penna sul foglio: Così come Raskolnikov compie un delitto per ribellarsi dalla società, viene subito castigato da quest'ultima per essersi dimenato, per essersi incattivito, e aver ucciso con una scure un solo "pidocchio" antiquario, avido. Il castigo di essere offuscato in una cortina di bruma, di essersi raggricciato in una penitenza solinga e scavezzacollo; di nuovo l'alienazione, non i sensi di colpa, o rancori, bensì l'irreversibile condanna dell'anima. Gli uomini fuori del comune sono addirittura incentivati, hanno il diritto a delinquere per scavalcare la strada impasse, per dire qualcosa, per salvare l'umanità. Fa l'esempio di molti eruditi, ormai spiriti, rivoluzionari storici e filosofici: Newton, Keplero, Napoleone, Maometto... nel contesto storico, questi hanno trasgredito alla legge antica, per dar vita ad una legge nuova (hanno scomodato la società, l' hanno irrisa) comportando anche delle uccisioni, che han constato una legge di natura che ha permesso il progresso, sbaragliando il morale e costruendo una storia. Uomini fuori del comune, introvabili, pochi come rari, i quali non vengono onorificati e nemmeno riconosciuti da terzi. Di nuovo, il realismo del romanzo è agglutinato alla condizione psicologica dell'autore: appare scardinante anche la questione aperta da Lebezjiatnikov: la parità della donna dinnanzi l'uomo, che innovativa e contemporanea, precorre un taboo oggi ancora straniato dal gergo di molti uomini. Egli discorre della legalità del matrimonio, di adulterio -adempiuto da ambo le parti, in soldoni- e di quanto il primo può sembrare una manfrina per un socialista, è dunque favorevole al secondo, in quanto il 'misfatto' può foggiarsi come una rivoluzione al pregiudizio. Dare dunque parità ad un individuo, a ramengo se uomo o donna. "Se mi sposassi (non cale se matrimonio legale, o libera unione) porterei io stesso un amante a mia moglie. le direi: io ti amo, ma ancor più desidero che tu m stimi..."
Lo spettro della città, le strade pietroburghesi, i vagiti dei posti che Dostoevskij cela abbreviandoli, gli abitanti e i suoi mali, i suoi reietti, i suoi modesti lavoratori, gli ubriaconi bislacchi, gli sciamannati poveri in canna, i bliny, il tè, la vodka, gli indumenti stracciati, logori, rescisi, le bettole copiose di ratti, la tana del ragno del protagonista ampliano l'immaginazione del lettore, il quale si cala con occhi e voce interiore lungo le righe sdrucciolevoli le proprie percezioni, che scientemente vagolano qua e là, senza ah e oh.
Dall'abisso straziato, dalla nerezza di eventi funesti, dai miraggi utopistici, i rovelli, la confusione del protagonista, a palmo a palmo accorriamo al fine. Ovverosia, quanto più ci si defenestra a scapicollo, si corre a piedi nudi e secchi su un declivio sporgente, ci si inzacchera di fanghiglia fino all'orlo dell'ultimo crine, si trasecola anche il viso più rubicondo si giunge ad una conclusione che dapprima per nolenza, per stizza, per peccato si ricusava; la salvezza. La redenzione, la Fede - D. In siberia, portò con sè la copia del vangelo- l'amore -or ora lacrima per Sonja, le sue idee, i suoi pensieri diventano i suoi, i suoi abbracci diventano i loro intrecci di dolore e assoluzione- verso un'espiazione, una libertà; 7 anni come 7 giorni -un anno lo sconta grazie al ricorso di Razumichin in tribunale- la cura dello sguardo, della devozione, del lavacro di un amore che avverrà tra un'attesa e l'altra, tra una visita o due. Si riconobbero, finalmente nel loro stesso morbo: due visi pallidi, smunti, sfiniti. Due occhi incavati, due cuori gracili che incontratisi lungo un anfibio crocevia, finalmente si sono guardati e poi agguantati con le iridi dilatate. Amore come una crociata, una sciabola che smette di urtare e dare staffilate continue. Raskolnikov ripagherà le sofferenze di Sonja, aggranfiata da un passato di stille, strida sommesse di dolore intrattenibile, veemente. Egli sconterà la iattura con una falcata slombata, ma un cuore prono atto a preludere un nuovo mondo, estraneo, intemerato, pur sempre umano
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Oltrepassare il confine
Dopo aver – finalmente - letto anch’io questo classico fra i classici della letteratura cosa posso esprimere con la mia modesta opinione che non sia già stato scritto in fiumi di pagine da illustri critici e lettori? In ogni caso scriverò qualche parola anch’io su “Delitto e castigo”, semplicemente per condividere questa esperienza di lettura, che mi è sembrata significativa.
Raskòl’nikov è uno studente universitario povero; di una povertà che gli ha fatto perdere la dignità, una povertà di cui lui non si sente responsabile ma che subisce con frustrazione e rabbia. Ritiene che la società gli abbia fatto dei torti, si sente profondamente umiliato dalla sua condizione, vorrebbe di più. Si considera infatti non solo un uomo che meriterebbe il successo, ma proprio un uomo al di sopra degli altri, in virtù delle sue qualità e caratteristiche; si autovaluta più intelligente, più giusto, più forte degli altri. Questa convinzione gli insinua nella testa un’idea, l’idea che uno come lui possa elevarsi dalla mediocre condizione in cui normalmente rimangono impantanati gli altri e fare tutto, qualsiasi cosa. Uno come lui può sostituirsi anche a Dio – ammesso che un Dio esista- e decidere chi può vivere e chi può morire. Può compiere quindi un orrendo atto di violenza, anche uccidere un suo simile e continuare a vivere tranquillamente la propria vita, in virtù di questa sua conclamata eccezionalità.
Ebbene, nelle circa 700 pagine in cui si dipana il romanzo, Dostoevskij ci racconta il fallimento di questo progetto così grandioso, ma anche, come possiamo facilmente intuire fin da subito, così assurdo.
Come può un essere umano, anche dotato e intelligente, attraversare quella linea di confine che separa il far parte dell’umanità e quindi accettare implicitamente il diritto alla vita delle altre persone, dal tirarsene fuori, dall’andare oltre?
Seguiamo Raskòl’nikov nel suo progetto visionario, nel suo fallimento, nella sua incapacità di sostenere un tale peso, il peso di potersi elevare ma anche distaccare, esternare dall’altra umanità. Questo sembra essere veramente impossibile. E’ impossibile recidere tutti i legami, è impossibile attraversare davvero quella linea di confine, perché, pur ritenendosi diverso, migliore, anche un super uomo rimarrà parte di quel gruppo da cui si vorrebbe distaccare. La sua natura sarà sempre quella di un essere umano.
Raskòl’nikov è un personaggio scomodo, ma estremamente riuscito. Nel romanzo si avvicendano molti altri personaggi significativi: Sonja ad esempio, che sembra essere un po’ il corrispettivo di Raskòl’nikov. Lei è costretta dalla necessità a compiere azioni moralmente discutibili, ma rimane innocente nell’anima e per questo sarà l’unica in grado di far riflettere il nostro protagonista.
E a fare da sfondo a queste complicate vicende, una san Pietroburgo che allo stesso tempo attrae e respinge; costruita su una palude, quindi sull’acqua, ma un’acqua torbida e stagnante come il cuore e la coscienza di Raskòl’nikov.
In conclusione quindi, un romanzo cupo e profondamente triste, denso di significati simbolici e filosofici tali da renderlo una lettura sicuramente imprescindibile per qualsiasi persona che si interessa di letteratura. Ultima annotazione e consiglio: non aspettate tanto quanto ho fatto io a leggere questo romanzo, perché il fatto che sia così celebre e noto mi ha purtroppo in molti punti un po’ rovinato il piacere della lettura.
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Ho qualcosa che non va?
Delitto e castigo è il mio primo approccio con la letteratura classica russa.
Non abbiatene a male per ciò che sto per scrivere.
Delitto e castigo come, tutti i lettori sanno, è un precursore del genere poliziesco, ovvero un viaggio nella mente dell’assassino.
Viaggio condotto dall’assassino stesso che ripercorre la sua azione spregevole.
Il movente della sua azione era a quei tempi “giustificabile” per colpa della miseria che attanagliava molte persone.
Come in tutte le situazioni difficili, c’era anche chi se ne poteva approfittare come ad esempio gli strozzini.
Si possono avere pareri contrastanti su questo libro? Io credo di sì.
Il bene e il male non sono due cose distinte e scisse ma legate l’una dall’altra in questo libro, Delitto e Castigo.
Avendo già premesso la mia inesperienza e non sapendo nulla di cultura russa, condivido con voi le mie difficoltà con la lettura:
Il protagonista che all’inizio credevo si chiamasse Raskolnikov, assume anche altri nomi, almeno altri quattro!
Capite che a me, inesperta, questa cosa abbia causato qualche difficoltà nella lettura scorrevole.
Ci sono parti del libro in cui non sono riuscita ad entrare pienamente, credo perché si ispezionava talmente la psiche del protagonista che a volte mi perdevo dentro i suoi pensieri e dovevo crearne di miei.
Ho capito però la forza di questo libro in un sogno di Raskolnikov, quello di quando era bambino e vedeva davanti a lui la scena della cavalla uccisa a stangate:
“E Mikolka brandisce di nuovo la stanga, e un secondo colpo, assestato con violenza, piomba sul dorso della sventurata rozza, che S’accascia con tutta la groppa, ma sobbalza e tira, tira con le ultime forze che le sono rimaste in varie direzioni per smuovere il carro; ma da tutte le parti si vedeva fruste, e la stanga S’innalza daccapo e ricade per la terza volta, per la quarta volta, spietatamente. Mikolka è furioso di non poterla uccidere con un sol colpo.”
È stata una scena straziante che devo dire mi ha fatto quasi piangere. E io ho la pelle dura.
Raskolnikov rimarrà per sempre uno dei più grandi personaggi della letteratura, poiché c’e premeditazione, c’è il delitto, (i delitti) c’è un grandissimo senso di colpa, la descrizione fine del tormento del protagonista e c’è infine la resurrezione, la redenzione, ottenuta: pagare con il castigo il crimine commesso. La parte che ho preferito infatti è stata questa, l’ultimo capito e l’epilogo.
Nel romanzo si evince moltissimo il valore della famiglia, madre Pulcherija Raskolvikova e la sorella, Dunjetscka devote a quest’uomo e viceversa.
Mi è personalmente piaciuto il valore dell’amicizia, ovvero quello di Razumichin nei confronti del protagonista.
E’ l’amore, quello che il protagonista respinge con tutte le sue forze, quello di Sofia Semjonovna per lui, che riapre le speranze:
“Li aveva resuscitati l’amore, innumerevoli fonti vivificatrici erano nel cuore di Rodion per il cuore di Sonja.”
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Leggerlo vi scuoterà l'anima
CONTIENE SPOILER SULLA TRAMA NELLA SECONDA PARTE
Delitto e Castigo può essere considerato a mani basse uno dei capolavori della letteratura russa e mondiale. Il romanzo tratta di questo crimine commesso da un giovane e dal relativo “castigo” psicologico al quale l’assassino viene sottoposto, che va crescendo di pagina in pagina. Questo lungo castigo, che Pasolini paragona ad un vero e proprio Processo, come quello kafkiano, è accompagnato da eventi, incontri, dialoghi e riflessioni molto profonde che si basano ogni volta su ambiti diversi della natura umana, attraversando dunque l’anima e la mente. Nel romanzo rivive poi il concetto di SuperUomo Nietzschiano, o per meglio dire "previve", in quanto Dostoevskij sembra precorrere sia le teorie del grande filosofo tedesco ma anche l’aspetto e l’approccio psicoanalitico di Freud. Inoltre nel romanzo viene affrontato ogni tema dell’essere umano: dall’oppressione familiare, sentita dal giovane all’inizio del romanzo, all’amore per una donna che cerca di mascherare come odio, la non ricerca del sesso e dunque l’alienazione di sé stessi, l’importanza dell’amicizia in momenti difficili, il valore della moneta e del denaro, motivo iniziale del romanzo e scatenante per tutta la vicenda. Durante questo lungo racconto, l’autore permette a ciascun personaggio di enunciare delle teorie filosofiche, come quella dell’utilitarismo, fino ad idee politiche, riguardanti il progressismo dilaniante e il socialismo che andava affermandosi. Le lunghe digressioni riflessive permettono al lettore di immergersi completamente nell’universo russo dell’ottocento e anche di conoscere gli usi e i costumi dell’epoca, consentendo una maggiore comprensione dell’intera vicenda. Un altro elemento di nota è la presenza di molte figure femminili, ognuna diversa dall’altra, tramite le quali l’autore traccia i diversi tipi umani femminili e li mette a confronto, generando scontri di idee ma anche di modi di vivere e di affrontare eventi o emozioni.
SPOILER IN ARRIVO!
Poi colpisce molto come i diversi personaggi, in diverse scene (specialmente in una scena a metà del romanzo) sembrino predire la fine del romanzo, e convincere il lettore a seguire questa visione, che viene poi smontata dall’autore stesso, portando ad un finale inaspettato. Molto particolare anche la teoria del “delitto” dello stesso protagonista, il quale sostiene che l’umanità si divida in ordinaria e straordinaria e che quest’ultima, cercando di raggiungere un determinato ostacolo, può fare qualsiasi cosa per liberarsene; adduce poi ad un esempio,spiegando al suo interlocutore, Porforij, dicendo che se a Newton fosse stato impedito di pubblicare le sue scoperte da parte di cento uomini, egli li avrebbe sicuramente tolti di mezzo per andare avanti. Raskol’nikov sembra così equipararsi ai grandi uomini della scienza e della filosofia, credendosi dunque un superuomo e giustificando il delitto. Particolare del romanzo è anche l’atmosfera rarefatta del sospetto continuo che diventa culminante verso la fine del romanzo quando, dopo aver rivelato a Sonja la verità sul delitto, Raskol’nikov scopre che sia Porforij che Svidrigajlov sono a conoscenza del delitto e di tutte le informazioni a esso correlate. Da notare anche i riferimenti artistici alle opere di Raffaello, artista ammirato dall’autore russo. Per concludere si può affermare che Delitto e Castigo sia un romanzo trasportante e che sia in grado di metterti in discussione e di porti domande nuove, riflettendo sui diversi concetti espressi lungo il racconto. Il romanzo di un uomo che, avendo ucciso per fuggire la sua storia, la rincontra e, non potendo più fuggire, accetta la sua sorte fino alla fine per poi riuscire a cambiare e a divenire colui che voleva da sempre essere. Leggere questo romanzo vi cambierà o in qualsiasi altro modo vi scuoterà e vi farà scoprire tante cose che sono in voi e che per volontà o per caso ancora sono celate.
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Raskolnikov è sempre e solo Raskolnikov
Ogni volta che mi capita di parlare con un russo o una russa di Raskolnikov, mi guardano ed accennano ad un sorriso.....loro sanno che sono figli dei uno dei più grandi geni che hanno calpestato il mondo, Dostoevskij. E come se un russo mi chiedesse del Caravaggio o di Michelangelo. Cosa potrei loro rispondere davanti ai nostri Illuminati che hanno donato lustro a questa nazione ed evoluto l'umanità al bello e al sublime.
Ecco Raskolnikov è uno dei frutti più fecondi che l'immenso scrittore ci ha voluto donare, preso in un attimo di magnanimità verso l'uomo.
Come quando il Caravaggio si è posto davanti a una tela nera è ha impresso il pennello per regalarci il "Narciso".
Da quando il giovane russo si sveglia nella sua cameretta, che appare come una tomba, si viene catapultati nella realtà della Russia di un secolo e mezzo fa, che potrebbe tranquillamente essere una qualunque società contemporanea, visto che desideri, peccati, follie, amori e illusioni attraversano epoche e società in quanto insiti nella natura umana.
E' uno dei libri, dove più forte è il tema del Nichilismo, che caratterizzerà sempre l'opera di Dostoevskij.
La domanda che si pone il protagonista è semplice: come mai, io giovane e povero debbo condurre una vita miserabile per decine di anni, quando a pochi passi da me c'è una vecchia avida che sguazza nell'oro e che preso non saprà che farne di tutta la sua ricchezza? come posso io far cambiare questo stato di cose?
E' un quesito all'apparenza banale, ma che ha un infinità di risvolti morali che si fa fatica a uscirne fuori e trovare una risposta giusta.
All'inizio è facile giudicare questo giovane e le sue idee, ma man a mano che si prosegue nella lettura del capolavoro, incominciano ad emergere dubbi e domande nel lettore (o almeno questo è quello che è successo al sottoscritto).
Lo scrittore si diverte a non dare un punto di riferimento negli avvenimenti. Crea un thriller, un giallo fatto di personaggi oscuri, ambigui, sporchi e spesso cattivi.
Proprio qui che nasce una domanda cardine del nichilismo: nulla ha un senso, tutto è frutto del peccato e dell'avidità della cattiveria umana, e quindi se non c'è una morale chiara e limpida. diviene inutile cercare un senso alla realtà, appellarsi a un qualche convincimento religioso o legislativo. Ognuno è libero di operare come meglio crede, a suo piacimento.
Ci sono scene meravigliose: quelle nel tugurio dello studente, la scena con la vecchia strega, lo strano personaggio che segue il nostro protagonista per le strade brulicanti di persone della vecchia Pietroburgo o Leningrado come si preferisce.
L'apice della lettura, la si ha nelle pagine conclusive, con un finale, che permettetemi di dire è un qualcosa di talmente forte, unico, potente che a mio avviso è tra i più grandiosi e poetici dell'intera letteratura mondiale.
Leggere Delitto e Castigo, è qualcosa che va al di la delle pagine, del racconto: interpretare questo capolavoro è un qualcosa che può darci la possibilità di essere vicini a questi scrittori, eletti fra gli uomini.
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Tenebra e Luce
---Avviso: Contiene SPOILER---
Cosa potrei mai dire su questo libro e nello stesso tempo non rischiare di cadere nella banalità, nel "già detto"? Probabilmente nulla, se si trattasse di una prima lettura. Ma si tratta di una rilettura, gustata fin nei piccoli particolari e piena di novità per me. E' stato come riguardare un bel quadro: inizialmente ci si concentra avidamente su di esso cercando di comprendere e vedere tutti i dettagli ma immancabilmente ci restano impressi gli elementi principali. Prendiamo come esempio "Veduta di Delft" di Veermer, ad un primo sguardo di rado ci si sofferma sulle persone vicine alla barca oppure sulle due signore che passeggiano sulla riva, seppur in primo piano! e ancor di rado su "quel lembo di muro giallo" per citare Proust. C'è la potenza del panorama, le nubi protagoniste che creano ombre e punti luminosi, c'è il fiume, ci sono gli edifici che si riflettono nel fiume, ma nessuno nota i particolari ad una prima occhiata. Poi lo si osserva con calma e si ammira l'insieme. Analoga è stata la mia esperienza con Delitto e Castigo e la presente non vuol essere una "recensione" ma qualche pensiero che prima non avevo fatto.
Ho trovato molte idee comuni con le altre sue opere che poi ha sviluppato più ampiamente e ho rivalutato un personaggio: Svidrigailov. Inizialmente mi sembrava un personaggio di contorno e mi destava solo avversione, ora non più! E' il demone del romanzo, l'affascinante ruba cuori impassibile a tutto, che non ha paura, è colto ed elegante e nonostante i suoi modi falsi usati per intrappolare le sue innocenti vittime, si dimostra nel libro di una disarmante sincerità e su di me ha avuto un certo fascino nella seconda lettura soprattutto nel confronto con Dunia quando affronta la sua arma da fuoco. Certo il comportamento è da condannare, ma la sua passione traspare da ogni parola, non fosse stata così bigotta e pura, Dunia probabilmente avrebbe finito per innamorarsi di lui. Svidrigailov è molto simile a Stravogin di "I Demoni", non trovate? E nonostante tutto il male fatto, tra l'altro inconsciamente solo per puro divertimento o indifferenza, riesce a essere un personaggio affascinante, il "bello dannato" che piace! E' l'"uomo tiepido", presente appunto in I Demoni nella persona di Stravolgin, e hanno la stessa sorte: la morte tramite suicidio. L'uomo tiepido non è ben voluto da Dio, è "il male puro" al quale si preferisce persino il freddo, cioè il cattivo motivato da un'idea, da una convinzione e non dall'indifferenza: "Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca." (cit.Apocalisse) Quindi per me Svidrigailov e l'uomo tiepido e va incontro alla perdizione, Raskolnikov è l'uomo freddo che fa un crimine ma dettato di una forte convinzione e quindi infine si salva, Dio lo salva attraverso l'amore di Sonia. Rimanendo ancora a Svidrigailov, ho trovato le Lolite di Nabokov: la giovane fidanzata sedicenne di Svidrigailov, che "sta seduta sulle sue ginocchia" manda sguardi non proprio innocenti per non parlare della bimba si cinque anni che lui sogna e che si atteggia da donna di strada.
Passo a Raskolnikov, secondo me, se non avesse incontrato Sonia nel suo cammino e non gli avesse detto di "assaggiare la mela della conoscenza del bene e del male" cioè di costituirsi, probabilmente alla fine avrebbe evitato Siberia e tutto il resto. Infatti dopo la confessione lui si pente di averlo fatto. L'unico suo rimpianto è quello di essere stato debole di spirito e di non riuscire a concludere il piano. Ad un certo punto dice di non avere ucciso una persona ma un principio, cioè con la sua incapacità di tacere ha ucciso il suo principio secondo il quale alcune persone sono autorizzate (dalla propria coscienza e da una legge non terrena) a uccidere per fare grandi cose, per cambiare in meglio il mondo. Credo che solo l'amore per Sonia gli da la forza di accettare questo percorso di cambiamento, di cambiare dal "freddo" al "caldo". L'ho trovato simile a Dimitrj Karamazov, altro noto personaggio dostoevskijano: entrambi pagano e accettano un crimine non commesso (non commesso per Raskolnikov in senso figurato perché lui non lo reputa un crimine, non ha il minimo dispiacere per averlo fatto e lo rifarebbe se potesse tornare indietro) ma questa pena rappresenta per loro un percorso di rinascita e cambiamento di vita, rappresenta il passaggio dalle tenebre alla luce ed entrambi lo accettano con serenità.
Ho trovato un Dostoevskij visionario, e non solo nel sogno finale di Raskolnikov che assomiglia molto alle due guerre mondiali che sono succedute ma anche nei due sogni che fa prima della confessione: preannunciano il futuro. Ho amato le descrizioni di San Pietroburgo e delle abitudini cittadine e che dire della parte gialla del libro: psicologia che lascia a bocca aperta.
Credo di continuare con "Memorie della casa dei morti" sempre Dostoevskij, magari troverò Raskolnikov tra i detenuti in Siberia, o quanto meno me lo farà sentire più vicino.
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il delitto dell'uomo qualunque
Da dove cominciare per scrivere di uno dei romanzi più citati – non importa se a sproposito – della letteratura mondiale? Forse dal fatto che è il libro dello scrittore russo che ho finora amato di meno senza riuscire a capirne davvero il motivo, ma con il vago sospetto che sia la risultante di una somma di cause. L’azione si svolge negli ambienti sovente sordidi di una Pietroburgo soffocata dall’afa; i personaggi faticano a stimolare empatia, anche perché, abbastanza insolito in Dostoevskij, spesso non mostrano approfondite sfaccettature (il buon Razumichin, l’astuto giudice istruttore Porfirij, il volgare Lužin); la stratificazione degli argomenti di riflessione – quello dato dal titolo, le dinamiche tra consanguinei indagate nella famiglia del protagonista, gli spunti legati all’ateismo e quelli di critica sociale, con il rifiuto del socialismo e la disapprovazione per il nascente (per la Russia) capitalismo – inficia a tratti la scorrevolezza della narrazione. E poi c’è lui, Raskolnikov che invece di sfaccettature ne mostra fin troppe in un alternarsi di momenti di esaltazione e altri fortemente depressivi che finiscono per far entrare il lettore nella sua mente, il che non è certo un’esperienza piacevole. La sua parabola ricorda molto quella dell’uomo comune e forse per questo colpisce così tanto: giovane e dai grandi progetti incendiari, il protagonista deve ben presto fare i conti con la realta e le sue più prosaiche caratteristiche, dimostrandosi non all’altezza della sua ambiziosissima immaginazione. A partire dal delitto che commette: nato da una complessa teorizzazione sulla sua minor gravità visto che libera la società dal peso di un’usuraia, si rivela un banale omicidio per soldi in cui, per intervento dell’imponderabile, finisce in mezzo un’innocente. Favorito dalle circostanze, ma incapace di sopportare la drammaticità dell’accaduto, Raskolnikov dissemina indizi e affermazioni in un crescendo paranoico che pare avere l’unico scopo di farlo scoprire – come molti dei moderni assassini senza volto – tanto che il paziente Porfirij può lasciare che sia il tempo a portarlo all’autoaccusa. La sofferenza fisica che tormenta il protagonista – tra febbri e lunghe giornate immobile sul divano della sua miserabile camera in affitto - non è altro che la manifestazione del suo malessere morale, acuito dall’impossibilità di ricambiare l’affetto disinteressato di madre e sorella, nonché dall’amore inatteso di Sofja, figlia dell’ubriacone Marmeladov la cui famiglia viene beneficiata nell’inconscio tentativo di compensare il male fatto. In fondo, il vero castigo per Raskolnikov è il tormento a cui viene sottoposto dalla sua coscienza angosciata sia dal sangue versato, sia dall’incapacità di sostenere la situazione (altro che Napoleone…), tanto che una certa serenità pare farsi largo solo dopo l’arresto e il trasferimento in Siberia. Nella sua affannosa lotta con se stesso in cui solo a sprazzi le figure che lo circondano riescono a farsi spazio, il protagonista è in continuazione al centro della scena spargendo attorno a se l’inquietudine che lo percorre e che il fine indagatore di spiriti Dostoevskij restituisce con poderosa accuratezza: una problematicità che si riflette nell’esperienza di lettura, facendo di Raskolnikov un antieroe indimenticabile al quale però è scomodo sentirsi vicini.
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Gli ultimi saranno i primi
Spesso mi è successo di parlare con persone che ritenevano gli autori russi incapaci di scrivere romanzi con l’amore come elemento centrale. Se c’è qualcosa che in “Delitto e castigo” manca non è di certo l’amore, in ogni forma e sfaccettatura: il tenero affetto di una madre, quello di un amico o di una sorella e soprattutto la passione e la devozione per la persona amata.
Nel capolavoro di Dostoevskij c’è poi spazio per moltissime tematiche, che portano il lettore a riflettere su svariate questioni; sembra che ogni personaggio porti con sé uno o in alcuni casi più argomenti, come Katjerìna, con il suo orgoglio imperituro, a dispetto dell’umilissima condizione, e Andrèj che annuncia il prossimo avvento di un mondo senza differenze e barriere, ossia l’utopia del comunismo. La “teoria” più affascinante a mio avviso è però quella dell’arscin, il minuscolo spazio in cui ogni uomo sarebbe disposto a vivere pur di non dover andare incontro alla morte.
La tematica sovrana, e ancor oggi attuale, è rappresentata dal quesito che tormenta il protagonista: fino a che limite ci si può spingere per il bene comune? La morte di un solo essere abbietto trova giustificazione nella salvezza di decine di innocenti? Il delitto che da inizio alle vicende non è infatti dettato da uno scopo meramente materiale, ne dalla semplice cattiveria; il protagonista Raskòlnikov possiede anzi un forte senso della giustizia, seppur non in senso canonico. Questo porterà non solo alla decisione finale di costituirsi, ma anche a moltissime riflessioni sulla legittimità, prima e dopo l’assassinio.
Attorno a questo anti-eroe, si crea un cosmo di personaggi affascinanti e perfettamente delineati, tanto da poter notare il lavoro di caratterizzazione anche nelle comparse. In linea generale, Dostoevskij da’ vita a personaggi maschili viziosi, seppur consci dei propri difetti -in primis lussuria, gola ed ira-, mentre le figure femminili sono quasi sempre pie e devote, in special modo alla famiglia; esempi lampanti sono Dùnja e Sonja, per le quali si configurano delle storie quasi fiabesche, con le eroine vessate ed umiliate che trovano infine il riscatto e il vero amore.
“Delitto e castigo” si dimostra anche tra i capostipiti del genere thriller, non solo per l’omicidio e l’indagine che ne consegue, ma soprattutto per le svolte inattese che sorprendono il lettore e per l’intelligente inserimento di piccoli indizi, destinati a tornare in mente nel momento in cui qualche mistero viene svelato, come nel caso del piano di Lùgin.
La straordinaria abilità dell’autore permette inoltre al lettore di empatizzare con tutti i personaggi, perfino con gli antagonisti o con chi assume dei comportamenti deprecabili come Marmelàdov; d’altro canto, il lavoro d’introspezione focalizzato in gran parte sul protagonista permette di provare le sue stesse ansie ed angosce, oltre a simpatizzare con la sua idea del bene comune che giustifica ogni azione. È interessante notare la presenza di moltissimi riferimenti alla fede cristiana e al valore dei beni, con tanto di cifre enunciate; ciò si può ricollegare all’esperienza diretta dell’autore, che spesso cita dettagli autobiografici.
Per quanto riguarda quest’edizione Newton Compton, oltre agli errori di battitura a cui ormai sono rassegnata, il volume presenta un paio di difetti abbastanza rilevanti: per dialoghi e pensieri viene utilizzato il medesimo segno grafico, causando così inutile confusione nel lettore, e la traduzione in generale sembra un po’ datata, con molti termini a dir poco desueti.
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Sono un uomo o un "pidocchio"?
Mi sono già espresso più di una volta sulla grandezza di Fedor Dostoevskij. "Delitto e Castigo" non fa altro che confermarla. Un autore che riesce, col suo stile tormentoso e profondo, a indagare nel torbido dell'animo umano, a sguazzarci, alla ricerca di un pizzico di luce nascosto in mezzo alla melma.
"Delitto e castigo" è esattamente quello che ci presenta il suo titolo, ovvero la cronaca di un delitto e del suo conseguente castigo. Questo "castigo" non rappresenta certo il carcere, anzi, quest'ultimo sarebbe una sorta di sollievo, perché è solo per mezzo di esso che la morale umana può avere almeno la percezione di espiare i propri peccati. Il castigo è invece quel tormento interiore, quel delirio incessante che sfinisce il corpo, la mente e il cuore.
Raskol'nikov è uno studente dalle spiccate capacità, dal grande acume, dall'intelligenza fuori dal comune, dalle idee innovative. Ma sarà proprio un'idea, una convinzione personale non ancora dimostrata nel concreto, a diventare per lui un pensiero fisso che gli toglierà il sonno e la pace.
Sono un uomo o un "pidocchio"?
A un uomo geniale, davanti al quale si presenta un ostacolo lungo il cammino che lo porterebbe all'esaltazione, è concesso il diritto di distruggere quell'ostacolo, anche se questo significasse spargere del sangue?
Raskol'nikov sente dentro di sé le capacità per distinguersi dalla massa di uomini normali che popola la terra, di ergersi e donare loro qualcosa di nuovo; eppure cosa possiede? Nemmeno un rublo; una stanza piccola come la cuccia di un cane; patisce la fame; è stato costretto, nella miseria, a lasciare gli studi. Pur di sopravvivere è disposto a dare in pegno gli oggetti a lui più cari, a una vecchia e maligna usuraia. In lei, Raskol'nikov vede la via d'uscita, il punto di convergenza tra le su idee e la loro possibile dimostrazione, il mezzo con il quale la sua ascesa può cominciare. Il momento opportuno e una scure, sono tutto ciò che gli serve. Ma questo pensiero sarà il suo tormento e, dopo l'attuazione, il suo "castigo": un tormento al quale non c'è rimedio, se non l'accettazione della sofferenza, il pentimento, l'amore, Dio.
Ma l'uomo è un essere duro di compredonio, è orgoglioso. E' vigliacco.
"Esiste un uomo tanto codardo da non preferire cadere almeno una volta piuttosto che barcollare in eterno?" si è chiesto Cormac McCarthy tra le pagine del suo "Suttree". Chissà se mentre scriveva quelle parole non avesse proprio in mente il Raskol'nikov di Dostoevskij. Per tutto il romanzo vedrete questo pover uomo vacillare di continuo, cercando di capire se, alla fine, si lascerà cadere, e se una volta che l'avrà fatto sarà capace di rialzarsi.
"Se mi sono torturato per tanti giorni chiedendomi se Napoleone lo avrebbe fatto oppure no, vuol dire chiaramente che lo sentivo di non essere Napoleone [...] Non è per aiutare mia madre che ho ucciso; fesserie! [...] Dovevo scoprire qualcos'altro, qualcos'altro mi spingeva il braccio: allora dovevo scoprire, e scoprirlo al più presto, se ero un pidocchio come tutti, o un uomo. Se avrei saputo oltrepassare il limite oppure no! Se avrei saputo chinarmi a raccogliere oppure no!"