David Golder
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E IO PAGO!
“Una vita intera di stenti, di difficoltà, di lotte... Un giorno la ricchezza, il giorno dopo più nulla... (…) quel tempo era solo un piccolo ebreo smilzo, rosso di capelli, dagli occhi chiari e penetranti, gli stivali bucati, le tasche vuote... Dormiva sulle panchine, ai giardini, nelle notti buie del primo autunno, così fredde...”
La vita può cambiare da un giorno all’altro, questo lo sa benissimo David Golder che non dimenticherà mai il cammino fatto per arrivare alla posizione che ha adesso: uomo di affari, impegnato nell’alta finanza, nel settore petrolifero:
“GOLDER & MARCUS
COMPRAVENDITA DI TUTTI I PRODOTTI PETROLIFERI
BENZINA AVIO, BENZINA LEGGERA, PESANTE E MEDIA
WHITE-SPIRIT. GASOLIO. OLI LUBRIFICANTI. New York, Londra, Parigi, Berlino”
Una moglie che non lo ama, che gli spilla denaro per mantenere l’amante giovane, per continuare a vivere tra bei vestiti, pellicce, gioielli. ***INIZIO SPOILER***Una figlia, che scoprirà poi non sua, ma di Hoyos, l’amante della moglie, ma che continuerà ad amare fino alla morte. ***FINE SPOILER
Primo romanzo firmato Irene Némirovsky , talento letterario prolifico, intenso, ma, purtroppo, dalla vita breve. Il protagonista, scioccato dal suicidio di Marcus, suo socio in affari, vedrà in poco tempo lo spettro della morte incombere su di lui.
Lascia sorpresi il modo in cui l’autrice, giovanissima, ma già esperta di stile, di scrittura, e dell’animo umano dipinge dalle prime pagine con pochi tratti il dialogo serrato tra David Golder e Marcus, quest’ultimo gli chiede aiuto al primo in quanto indebitato fino al collo. Le battute secche, la descrizione di un gesto della mano, del viso, di un angolo della bocca caricano di drammaticità le prime righe del romanzo.
La descrizione della terribile notte passata da Golder dopo i funerali di Marcus: un dolore lancinante al petto, il fiato corto, la stanza buia che aggrava l’angoscia che l’uomo prova. Tre-quattro pagine in cui descrive magistralmente il terrore che gradualmente si insinua nel cuore di Golder. Ma alla fine:
“Era già per metà invaso dal sonno quando, a un tratto si sollevò, esclamando: «Ecco che cos’è. Adesso capisco... È Marcus. Perché?». Ripeté: «Perché?». In quell’istante gli pareva di vedere dentro di sé con una lucidità straordinaria. Era... una specie di rimorso? «No, non è colpa mia». A voce più bassa, più rabbiosa, aggiunse: «Non mi pento di niente».
A casa la moglie, chiede sempre denaro, “appena lui entrava, lei nascondeva precipitosamente il libretto degli assegni, come fosse un pacco di lettere d’amore”, la figlia Joyce gli chiede denaro per comprare un’auto nuova fiammante con cui girare il mondo con Alec, nobile decaduto, squattrinato.
Il mondo degli affari, del successo e del denaro non può esistere senza la presenza di un contesto familiare, che ho trovato anche ne “Il vino della solitudine” e ne “Il ballo”: il padre ebreo arricchito, la moglie che chiede denaro per mantenere una vita di lusso, “una parte di felicità nel mondo”.
Scoprendo e riscoprendo recentemente la bibliografia dell’autrice ho notato la presenza costante di alcune tematiche: la rivalità/odio nei confronti della madre, il rispetto verso la figura paterna. Sono due filoni tematici, uno materno e l’altro paterno, come ha fatto anche notare il critico Caterini (“Nuovi Argomenti, ottobre 2017) che portano con sè un gruppo di motivi ricorrenti.
Libri come “Il ballo” e “Il vino della solitudine” sono incentrati sull’odio verso la madre, vista come l’eterna nemica, verso cui consumare con spietata lucidità la vendetta: in che modo si vendica? precisamente o rovinandole il ballo, oppure facendo innamorare di sè l’amante di lei.
La madre vede nella figlia come in uno specchio rovesciato: nota in se stessa, impotente, l’inarrestabile decadenza fisica ed estetica, mentre vede crescere nella giovine figlia la bellezza e la minaccia.
Questo filone materno tratta tematiche quali la passione, l’ amore, il lusso sfrenato, l’inganno, la vendetta.
Il romanzo “David Golder “ è invece incentrato sulla figura paterna, come altri racconti o romanzi della Némirovsky, ad esempio “I cani e i lupi”.
Il padre, è sempre una figura molto stereotipata, spiace dirlo, è il classico ebreo riconoscibile dai capelli rossi, dalla magrezza, dal fuoco nello sguardo, dal fiuto per gli affari, ora ricco come un Creso, ora ridotto sul lastrico per l’azzardo sfortunato in borsa. Il finale del romanzo rappresenta un importante riscatto morale, forse quasi obbligato.
L’infanzia e l’adolescenza rappresentano lo scrigno dell’immaginario e delle tematiche da cui attinge per le sue opere, sempre molto autobiografiche.
Innegabile il confronto con altri autori suoi contemporanei: Proust, Joyce, Mann, Céline sicuramente di livello superiore, tuttavia nei racconti brevi la Némirovsky si stacca un pò di più dalle vicende autobiografiche, smonta lo schema di famiglia che troviamo quasi in ogni opera e scopriamo una grande e prolifica penna che avrebbe potuto lasciarci sicuramente altre opere di qualità letteraria innegabile.
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UNA PEDINA SULLA SCACCHIERA
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Alta finanza
David Golder é stato il primo romanzo di Irène Némirovsky ad essere pubblicato e al riguardo c’è un aneddoto che, forse, risponde a verità: l’editore, letto il manoscritto che aveva ricevuto per posta, volle conoscere personalmente l’autore, al fine di fugare l’eventualità che questo fosse il prestanome di qualche narratore famoso. In effetti l’opera stupì non poco il pubblico, trattandosi di opera prima e già comunque di notevole livello, per quanto a mio parere, inferiore a successivi romanzi. Per esempio, se già si intravvede la capacità di analisi che è propria della Némirovsky, lo stile non è così fluido come nelle produzioni che seguiranno e anche la costruzione, per quanto robusta, non è ancora così equilibrata come quella a cui ci ha abituato. Resta però il fatto che in un’epoca in cui la finanza, l’alta finanza, prosperava allegramente, anche se il 1929, con la grande crisi, è ormai prossimo, la scrittrice ucraina smonta certi falsi miti, fornendoci un quadro impietoso del mondo degli affari, fatto da rapaci senza cuore e che maturano sempre di più la convinzione che con il denaro si possa comprare tutto, anche l’amore. La figura di questo satrapo ebreo, il cui nome é un vaticinio, riluce di triste squallore, anche se tuttavia alla fine – una conclusione edificante che era forse d’obbligo, trattandosi del primo romanzo – l’uomo si riscatta, e non per interesse, ma per affetto. Forse non é un caso che il protagonista sia ebreo, visto che il padre della Némirovsky era un celebre banchiere israelita, e poi, senza voler cercare una casistica, di imprenditori ebrei nell’alta finanza ce ne sono sempre stati tanti. Comunque, ebrei o cristiani, agnostici o atei, questi capitalisti del denaro si somigliano tutti e Irène Némirovsky sembra volerci suggerire che dove questi Re Mida posano le loro mani la vita si svilisce, il denaro e solo il denaro diventa lo scopo dell’esistenza e l’inaridimento é crescente, tanto che lo splendore esterno non riesce più a camuffare il vuoto che si portano dentro.
Da leggere, senz’altro.
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UNA PARABOLA ASCENDENTE
Libro d’esordio. Libro potente.
Stile impeccabile, capacità di rappresentazione eccelsa. Pochi personaggi, pochi eventi, un’esistenza sul far della sera.
Quella di David è una parabola ascendente , raggiunto il culmine come un dardo mal scagliato, precipita all’improvviso mantenendo un’orbita che in fondo le era destinata.
Anni ’20 del ‘900, speculazioni finanziarie, affari al sapor di petrolio e l’ombra della grande crisi, del tracollo del re denaro.
Una penna femminile dipinge il mondo finanziario con poche pennellate, qualche dialogo dal sapore tristemente speculativo e un grande protagonista.
Parigi - Un duello verbale apre il romanzo, il protagonista si affaccia prepotente, un uomo esce di scena, suicida. David ha quasi settant’anni e sente la sua età, anche l’aspetto fisico glielo ricorda.
È stanco, spossato, ha investito tutto ciò che poteva ma la smania di concludere affari non lo abbandona. Il cuore però lo tradisce perché l’angina infilza il suo corpo e lo trafigge lentamente quanto il tempo necessario per capire la sua parabola esistenziale.
Magistrale anche in quest’opera la capacità di rappresentare gli uomini e gli animi.
Non è una bella persona l’uomo di cui si narra l’esistenza, ha una famiglia: una moglie e una figlia. I sentimenti che prova nei loro confronti sono ingabbiati da subdoli legami parentali retti dal denaro, il loro valore è quello della compravendita.
Tutto si compra compreso l’amore.
Eppure l’autrice è riuscita a trasmettermi una vicinanza emotiva a questo antieroe e a farmi impietosire da lui fino a far scomparire tutto il marcio che rappresentava.
Un bel grande personaggio, una scrittura potente.
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Iddische Glick…fortuna da ebrei
Oh Irene, cosa non sai plasmare? Le parole diventano suoni cacofonici nelle tue mani, gli uomini diventano burattini che si muovono maldestri e senza posa sempre nelle tue mani, ma con quanta grazia e talento sai dare un senso a tutto quello che scrivi. Metti in ballo le percezioni degli uomini risaltando il lato più debole e sai creare tarli irreversibili che si stagliano nell’universo senza tempo. Il tuo tempo è il nostro tempo…è adesso, la nostra società che sembra cambiare con la storia è immutata nella sostanza. L’uomo è uguale da sempre.
E dire che il primo libro che si pubblica in genere è acerbo, il tuo Irene è stato troppo perfetto, nel 1929 hai saputo indignare e farti ammirare.
Strumentalizzare.
E’ questa l’azione che sai trarre dagli uomini e dalle donne che racconti nelle tue storie, strumentalizzare gli altri col solo fine di soddisfare se stessi, l’egoismo che pervade gli animi di chi cerca coi denti la felicità, la ricchezza , la gloria e l’amore.
Hai strumentalizzato David Golder solo per beneficiare Gloria, la venale moglie e austera donna incapace di fare un sorriso e la figlia Joyce, giovane insolente, frivola, vuota e sgualdrina.
Il dio denaro impera nelle sue forme di soddisfacimento, sotto forma di titoli petroliferi, collane di perle grosse come sassi, diamanti superlucenti e vistosi smeraldi, mobili di superba fattura, fino all’ultima lussuosa Rolls Royce o Bugatti.
David Golder, il denaro che ti sei sudato a colpi di affari, notti insonni, titoli di borsa in caduta, in ripresa e poi il crollo economico e l’inevitabile crollo fisico, il cedimento di tutto quanto senza poterlo controllare è stato effimero.
Un uomo incapace di cercare il rispetto, la felicità, una vita consumata alla ricerca della ricchezza, ma vuota di calore e certezze, un uomo strumentalizzato per produrre denaro.
Tutto e niente. Nessuno spiraglio di gioia, di felicità gratuita, ma tutto rapportato a misura di denaro di quello palpabile tra le dita, carta che si misura a suon di collane e di cigolò ebeti e parassiti senza arte e né parte.
“Vedi, il fatto è che io nella vita voglio tutto,altrimenti preferisco morire! Tutto! Tutto!”
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Denaro:una forma di schiavitù.
La sensazione è che Irene racconti sempre, nei suoi romanzi, la stessa storia da tante angolazioni diverse, ora entrando lei stessa nel romanzo come nel vino della solitudine, ora tenendosene fuori. Comunque l'angolazione di questo romanzo è perfetta: David ricorda il padre di Irene mentre la madre di Irene, antagonista da sempre della scrittrice, viene splittata in due diversi personaggi, la moglie e la figlia di David. La moglie appesantita dal cinismo dell'età, egoista e ingorda. La figlia simile alla madre ma più leggera e affascinante destinata a diventarne la copia. Tutte e due avide di piaceri e di denaro che non basta mai e che spremono in ogni modo al povero David. Il protagonista è sempre più consapevole della schiavitù della sua vita senza affetti dove il denaro ha sempre bruciato ogni cosa come il sole in un deserto e dove lui, da schiavo, ha fatto come poteva del suo meglio per la "famiglia" (se così la si può ancora definire alla fine del libro) senza riuscire a guadagnarsi quello che il denaro non può comprare. Belle anche le descrizioni della natura, di fiori, del clima, ogni cosa intorno al povero David richiama il piacere di vivere, una categoria da cui lui è escluso. Lui quel piacere, (che cercherebbe piuttosto negli affetti), deve solo trovare il modo di procurarlo agli altri affaticandosi dietro agli affari che, da vero ebreo, lo appassionano e lo tengono in vita.
Il libro è bellissimo, ci si immedesima tanto in David che lo si legge in un giorno.
E'così bello che prima di passare al prossimo mi sa che me lo rileggo.