Cuori affini
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Triangolo d'amore
Rispetto all’altro romanzo di Rowan Speedwell (Alla ricerca di Zach) che sinora è uno dei M/M preferiti, qui si cambia completamente registro. Ci troviamo in Inghilterra, a ridosso del 1814-1815, mentre in Europa infuriano le Guerre Napoleoniche, e i massacri di soldati si susseguono, battaglia dopo battaglia sino all’epilogo di Waterloo.
In un contesto storico molto curato e verosimile, assistiamo all’insolito triangolo marito-moglie e fratello della moglie, occupati a destreggiarsi nell’oziosa e vita dei nobili e cercare di dare un senso alla propria vita, ma sempre nascondendo i segreti di famiglia agli occhi di una società molto poco permissiva: ai quei tempi, in caso di denuncia per sodomia, si rischiava ancora l’impiccagione (anche oggi molti uomini continuano a correre questo rischio, a dire il vero, e pure in paesi non troppo lontani dall’Europa).
Direi che questo romanzo si può dividere in due parti. Ho amato la prima, che segue le peripezie di Tristan, il rampollo scapestrato: il suo matrimonio combinato con Charlotte, senza amore ma benedetto dall’affetto reciproco, la sua sorpresa di provare i primi sentimenti di padre, la sua inquietudine, il suo letto affondare nel male di vivere.
In queste vicende, il personaggio chiave è in realtà la moglie, Lottie, questa ragazza stranissima ma molto determinata, incurante delle mode e di ciò che la circonda, perfettamente consapevole del tormento di Tristan e anche della medicina necessaria per curarlo: qualcuno che lo ami veramente (non lei, no; a questo si è rassegnata, fin da quando lo ha conosciuto, cinque giorni prima delle nozze).
Anche se può sembrare un po’ forzato, è Lottie a incoraggiare la nascita della relazione tra Tristan e suo fratello Charlie, felice della loro felicità e ben disposta a permettere loro di vivere il loro amore offrendo una preziosa copertura sociale. Sottolineo l’aggettivo “forzato”, perché il romanzo finisce per concentrarsi sui due, lasciando gradatamente in ombra Lottie, e lasciandoci con il dubbio sui suoi veri sentimenti.
Davvero a Lottie basta essere “la moglie di e la madre di”, e vivere la sua vita tra i suoi figli, i suoi libri e il suo salottino? Forse avrei preferito un po’ più di complicità tra loro tre: tutti in quella famiglia si vogliono bene, però la situazione di Lottie mi ha lasciato un po’ di amarezza. Cos’è meglio, alla fine, avere un marito con una vita separata e distante nonché pieno di amanti, o un marito con un solo amante ma con una vita ugualmente separata e distante?
Nella seconda parte, a mio parere, la trama si ingarbuglia un po’ troppo con la ricostruzione dei grandi eventi storici, finendo per essere meno avvincente. Senza contare questa versione di Lottie come comprimaria silenziosa e rassegnata, che proprio non mi ha convinto.