Crossroads
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Recensione della Redazione QLibri
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Il blues, espressione dell’inquietudine americana
“I went to the crossroad, fell down on my knees
I went to the crossroad, fell down on my knees
Asked the Lord above, "Have mercy, now, save poor Bob if you please" ”
Così inizia il testo di Crossroad Blues di Robert Johnson, cantante afroamericano, uno dei più grandi interpreti del blues, genere che trae origine e ispirazione dai canti degli schiavi neri dell’America coloniale.
Non a caso “Crossroads” è il titolo dell’ultimo lungo romanzo di Jonathan Franzen. Con questa definizione si riunisce il gruppo giovanile della comunità di New Prospect, Chicago, sotto la guida del Pastore Rick Ambrose, con l’intento di superare e risolvere con fraterno aiuto reciproco le tensioni e le ansie di ciascun membro. E’ in questo crocevia di esperienze che si rivelano i conflitti interiori più drammatici di ognuno. E’ su questo sfondo che deflagrano i contrasti più aspri maturati all’interno della famiglia del Pastore Russ Hildebrandt. Ritorna, dunque, la magistrale abilità di Jonathan Franzen nell’ analizzare le crisi esistenziali e sociali della famiglia borghese americana, come già avvenuto nello splendido “Le correzioni” e successivamente in “Libertà” e “Purity”.
Il romanzo è diviso in due parti, la prima “Avvento” si concentra sulle aspettative di ogni singolo membro della famiglia Hildebrandt, aspettative spesso deluse e tradotte in ansie struggenti. Ogni personaggio rivela qui i suoi limiti, dal padre Russ, colpito in età matura da una passione irresistibile per una giovane parrocchiana, alla madre Marion, debole eppure forte nella sua consapevolezza di aver vissuto fin lì una vita trasgressiva e peccaminosa, ai quattro figli, Clem, Becky, Perry e Judson, ognuno dei quali esce da un’infanzia felice vissuta nell’ammirazione di genitori apparentemente impeccabili, per entrare in un’adolescenza e una giovinezza che non risparmiano loro la disillusione dovuta a una naturale presa di coscienza dei limiti e delle fragilità degli esseri umani. Crescere vuol dire anche cambiare prospettiva, iniziare un cammino verso l’accettazione delle debolezze altrui, in nome di un amore che non ha nulla di superficiale. I bambini vedono i genitori come una specie di eroi, attribuiscono loro forza fisica e morale, ignari della delusione che proveranno il giorno in cui, ormai adulti, li vedranno nella loro dimensione reale.
La seconda parte è intitolata “Pasqua”, con un esplicito riferimento ad una sospirata resurrezione spirituale dopo la dolorosa discesa agli inferi.
Tutto il romanzo è pervaso dal frustrante senso di colpa che ciascun personaggio alimenta nel proprio animo, consapevole dei propri peccati e delle proprie colpe. E’ l’eredità dell’educazione puritana di certi ambienti medio borghesi della società americana, che trovò già espressione ne La Lettera Scarlatta e The Birhmark di Hawthorne. E’ costante la presenza del sentimento religioso come necessità di purificazione attraverso il pentimento e l’espiazione. Ciò implica, di conseguenza, la difficoltà di ricomporre un nucleo familiare drammaticamente separato dagli eventi. La conclusione al lettore, secondo la sua sensibilità e la sua logica individuale.
Un romanzo molto bello, che non trascura l’aspetto sociale e politico degli anni settanta, la guerra in Vietnam, L’affare Watergate, la condizione degli indiani Navajo nella mesa, lo sfruttamento indiscriminato e criminale delle miniere di carbone, il problema della droga. Grande spazio è concesso all’amore, amore sincero, amore come inganno, amore fraterno e materno, amore come puro piacere. Un romanzo che coglie quasi tutti gli aspetti della vita il cui corso è lungo e doloroso.
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Ironia e ambiguità
Condivido molti dei commenti già espressi nelle recensioni qui pubblicate e per evitare di ripetere osservazioni similari, vorrei concentrarmi sul quello che – a mio parere- è il tema di fondo dell’ultima opera di Franzen, il quale, è utile ricordare, nel presentarla ha affermato che non si tratterebbe di un romanzo singolo, ma del primo volume di una futura trilogia.
Il tema di fondo si presenta come una disamina appassionata della irriducibile complessità della vita etica, cioè delle scelte morali a cui quotidianamente ciascun essere umano è messo di fronte, delle loro motivazioni, della loro ambiguità e delle loro conseguenze.
La prima chiave di interpretazione è suggerita dall’autore a poche pagine dall’inizio (pag. 15) quando fa raccontare al reverendo Russ Hildebrand che il nome Crossroads - del titolo, ma anche del gruppo giovanile parrocchiale, di cui fanno parte tre dei protagonisti - non derivi dalla omonima canzone dei Cream, ma da Cross Road Blues del famoso musicista nero degli anni ’30 Robert Johnson.
Il romanzo non cita la leggenda di come il giovane Johnson avesse incontrato il diavolo in una notte senza luna ad un crocevia nel delta del Mississippi e avesse ceduto la sua anima in cambio di una maestria senza pari nel suonare la chitarra, ma a me pare che il vero tema dell’opera siano i continui crocevia etici, cui i protagonisti si trovano di fronte e le decisioni che vengono prese di fronte ad esse. La stessa canzone ritorna, ad esempio, a pag. 416 quando fa da sottofondo musicale al momento in cui il reverendo viene convinto da una piacente parrocchiana a sperimentare uno spinello e viene tentato dal peccato di adulterio, cui riesce momentaneamente a sottrarsi.
Le contraddizioni e l’ambiguità delle scelte etiche sono il filo rosso del romanzo e il richiamo ai diversi gruppi religiosi cui i protagonisti appartengono o in cui si imbattono ( ebrei, cattolici, mennoniti, battisti, luterani, navajo) è un modo per mettere in luce l’ inalterabilità del tema nell’ambito della psicologia umana, pur nella variabilità dei diversi approcci religiosi.
Franzen, nel mostrarci i suoi personaggi, scava nelle motivazioni di ciascuno per mostrare i tanti momenti in cui essi prendono decisioni moralmente giuste per ragioni sbagliate o decisioni moralmente scorrette seguendo una linea di ragionamento apparentemente condivisibile.
E’ quindi vero che nel romanzo vengono toccati molti temi: il femminismo, la droga, la guerra del Vietnam, in modo particolare la malattia psichiatrica sotto forma di disturbo bipolare (all’epoca chiamata sindrome maniaco- depressiva) che affligge uno dei figli del reverendo Hildebrand, la moglie e il padre di questa, ma nessuno di essi diventa predominante.
I giovani protagonisti si chiedono se sia maggiormente etico mostrare pacifismo sottraendosi alla chiamata alla leva in Vietnam frequentando il college e lasciare che un giovane di famiglia meno abbiente prenda il tuo posto nella “lotteria” della chiamata alle armi o rinunciare all’esenzione per motivi di studio e andare a combattere e si chiedono anche se sia moralmente più giusto preservare la propria virginità e peccare di orgoglio o mostrare umiltà e cedere al richiamo del sesso.
Franzen ci racconta tutto questo uno sguardo ricco di ironia e con un uso magistrale del discorso libero indiretto, che rende la lettura un puro godimento.
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Paul Auster
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Fumo tra le nuvole
USA. Un pastore d'anime e la sua famiglia un po' sgangherata.
E' il primo libro che leggo dell'autore. Mi aspettavo molto di più, e di diverso anche. Non avrei certo immaginato una scrittura e una struttura tanto prolisse in un romanzo contemporaneo, per giunta americano. Una zavorra per i miei gusti.
Poi varie ingenuità e parecchio 'tempo delle mele'.
Le estenuanti digressioni, piuttosto superflue, sul passato di alcuni personaggi e la narrazione particolareggiata fino alla pignoleria e alla pedanteria sono state per me essenzialmente fonte di tedio : i tantissimi particolari messi in campo spesso non hanno la forza dei dettagli rivelatori.
Ci sono pagine belle e momenti riusciti, questo va detto chiaramente. Ma tutto il resto è noia.
Altro dato parzialmente positivo è conferito dalla resa vivida dei personaggi. Però anch'essi non sempre risultano verosimili, credibili.
Ritengo che le parole, e la loro 'economia' nel linguaggio, siano importanti. Fondamentali in letteratura. Non mi piace pertanto vederle buttate lì. E non si può dare sempre la colpa alle traduzioni!
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L'insoddisfazione nelle nostre vite
La famiglia Hildebrandt si prepara a celebrare il Natale del 1971, siamo a New Prospect, una cittadina immaginaria vicino a Chicago. Il padre, Russ, è un pastore protestante, la madre, Marion, si occupa della casa e dei quattro figli. E come ci si potrebbe aspettare dal miglior Franzen gli Hildebrandt non sono certo una famiglia felice e serena.
Russ e Marion sono in piena crisi matrimoniale, lui vorrebbe sedurre una giovane vedova sua parrocchiana, mentre Marion cerca di annegare l’insoddisfazione proveniente dalla sua vita e dal suo matrimonio nella depressione e nel cibo. Anche i figli adolescenti non stanno molto meglio; in particolare il giovane Perry, sensibile e geniale, sta facilmente cadendo nella dipendenza dalle droghe.
La trama del romanzo è incentrata sulle vicissitudini e sulle relazioni dei personaggi, che Franzen riesce a far uscire dalla carta e rende tridimensionali. Ciascuno di loro sta affrontando la propria crisi morale ed etica e si dibatte nel personale rapporto con Dio, per poi rendersi conto, insieme ad una considerevole dose di disgusto, che il fulcro delle azioni che guidano o hanno guidato la loro esistenza sono state mosse da pulsioni e istinti.
Franzen è un maestro nel delineare il disagio in cui si attanagliano gli esseri umani: tendono al bene supremo, alla bontà, alla generosità, ma sono guidati come gli altri animali dalla necessità di dover soddisfare i bisogni primari, gran parte dei quali, proprio fisiologici. Ed è in questa intercapedine che si annida l’insoddisfazione, il senso di colpa, che può amplificarsi fino a sfociare nella malattia mentale. Ed è ancora in questo spazio che si inserisce anche la religione, il bisogno di spiritualità e della ricerca di Dio, che è fondamentale per tutti i protagonisti di questo intenso romanzo.
“Crossroads” quindi, come il titolo di una canzone di Robert Johnson che ha dato il nome al gruppo giovanile cristiano a cui partecipano o hanno partecipato quasi tutti i membri della famiglia Hildebrandt, ma anche “crossroads” proprio come incrocio, luogo in cui ci fermiamo e dobbiamo decidere da che parte andare.
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Il disagio spiegato bene
Chi non si è mai chiesto, tra i nati nella seconda parte degli anni settanta come fosse la vita negli anni precedenti la propria nascita?
Quegli anni ricchi di avvenimenti che hanno poi portato a quei cambiamenti sociali che ci hanno visto crescere, hanno visto dar forma alla nostra identità che si plasmava al ritmo delle nuove idee.
Jonathan Franzen con Crossroad ci viene in aiuto, portandoci di prepotenza in quegli anni, dandoci la possibilità di guardare quel mondo con gli occhi di allora, facendoci vivere le emozioni che provavano adulti, ragazzi, adolescenti e bambini che si trovavano per sorte a vivere quegli anni e forse alla fine del primo volume di quella che sarà una trilogia, avremo le idee più chiare di come questa nostra società attuale ha avuto origine.
Ciò che spinge un lettore a leggere Franzen è senza dubbio lo stile: unico, ironico, perfetto.
Un lessico che nella sua semplicità riesce ad essere esauriente, mai banale e mai insufficiente.
Ogni parola, quasi fosse dotata di calamita, attrae il lettore che non può smettere di leggere, se anche lo fa, continua ad essere là a New Prospect, Chicago.
Lì nella canonica, con Russ il pastore e con sua moglie Marion e con i loro quattro figli.
Attraverso la vita di una famiglia e dei loro componenti il personale si fa universale e trascened la quotidinità: Dio, la giustizia, l'amore, il sesso, la malattia mentale, ma sopratutto il disagio è il protagonista di questo libro.
Il disagio analizzato in ogni sua forma, il disagio che impregna la vita, le ore, l'aria.
Il disagio che anestetizza le vite di ognuno, ma non fino in fondo, lascia sempre spazio per lo sconforto, per la frustrazione e quindi per l'inane tentativo di riscatto.
I personaggi sono così ben caratterizzati di risultare credibili e verosimili, ognuno, date le premesse, non avrebbe potuto agire in modo diverso, quasi come una mano, (forse divina?) li guidasse, ognuno soffre, ma spera, spera che quel miracolo americano di felicità e realizzazione possa un giorno essere realizzato.
Sul piano narrativo non ci sono dubbi, la trama è perfetta, non esistono neppure a cercarle ingronguenze.
Sul piano psicologico e socilogico si potrebbero scrivere interi capitoli, ma sarebbe inutile perchè niente potremmo dire che Franzen non ci faccia capire attraverso la sua meravigliosa penna.
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Inquietudine famigliare e turbamento sociale
America, primi anni settanta, un ambito famigliare e relazionale ristretto in un paese sconfinato attraversato dalla storia e dai suoi cambiamenti, dal movimento hippy alla guerra del Vietnam, dalle mode ai nuovi generi musicali, alla fede religiosa, ai conflitti sociali che lo attraversano, dalle riserve in cui sono confinati gli indiani Navajo, alla droga, alle diseguaglianze razziali, ma arroccato su un particolarismo borghese e puritano degenerato in autocompiacimento, in un senso di fallimento personale e famigliare.
Nella prima parte, accompagnata dai giorni dell’ Avvento, i dubbi e i quesiti delle nuove generazioni confluiscono e cozzano con il disagio di genitori esasperati da una vita al collasso, con l’ idea un po’ bizzarra di poterla azzerare calpestando i sentimenti dei figli e la sacralità del matrimonio.
New Prospect, Chicago, quante microstorie all’ interno della famiglia Hildebrandt, due genitori e quattro figli, un percorso controverso e balbettante.
Il pastore Russ, pater familias, respira l’ ansia e l’ angoscia di una squalifica professionale, soverchiato dal carismatico padre Ambrose, fondatore di Crossroads, e vive un afflato sentimentale per la giovane e adorabile parrocchiana Russell con cui instaura un lungo corteggiamento destinato a un tradimento fugace.
La moglie Marion è ostaggio di un’ esistenza nella quale non si vuole bene e non si sente amata abbastanza, continua a incolparsi del suicidio del padre, ripercorre un amore giovanile intenso e fallimentare, che le aveva sottratto la possibilità di un figlio.
Clem, il primogenito, da sempre in simbiosi con la sorella Becky, rifugge l’ autorità genitoriale che vorrebbe separarli, abbandona il primo vero amore terrorizzato dalla possibilità di essere riamato e gli studi universitari con l’idea di arruolarsi, per ritrovarsi in Sud America ancora in fuga da se stesso.
Becky, travolta dalla propria avvenenza e popolarità, soggiace a una superficialità effimera sfociata in un idillio giovanile totalizzante, sarà perseguitata da un’eredità ingombrante maturando negli anni il desiderio di dare un senso alla propria vita, nella fede e nell’ amore.
Per finire Perry, adolescente geniale e fuori dagli schemi, egoisticamente introverso, avviato a un percorso di auto annientamento, causa della rovina economica della propria famiglia, un ragazzo da salvare, curare, comprendere, irrimediabilmente perso.
Una realtà con cui confrontarsi, esistenze esposte ai cambiamenti, travolte da una fragilità ovattata da ideologie e falsi sentimenti, da una palese immaturità, dall’ incapacità di dare ascolto a voci vicine, ostaggio di flussi adolescenziali opacizzanti e di una religiosità controversa.
Che cosa è Crossroads? Un ....” qualcosa che porta in superficie le emozioni, cento ragazzi e un unico leader carismatico “..., un luogo dell’ animo in cui respirare, confrontarsi, risorgere.
Le relazioni famigliari degli Hildebrandt odorano di preconcetti, estrapolazioni sentimentali, visioni distorte, menzogne, manchevolezze, desiderio di rivalsa, un viaggio immaginifico nel futuro e un ritorno al passato scansando il presente e le proprie fragilità, genitori ossessionati dall’ idea di non essere amati dai figli.
La maschera della vita, indossata per sopravvivere e lenire il dolore, fatica a cadere, la ...”sincerità rende vulnerabili “... e, quando i desideri si avvicinano, ci si accorge di avere smarrito la dolcezza, il senso della realtà, o semplicemente di essere sopraffatti dal senso di colpa.
E’ allora che, nella seconda parte del romanzo, e il richiamo alla Pasqua non è casuale, in un processo di espiazione e catarsi che prevede rinascita e ricostruzione, si ritorna alle origini, a quella storia che avrebbe potuto essere altro, il matrimonio tra un mennonita e una cattolica mezzo ebrea ( Russ e Marion ) e si scopre di vedere con occhi diversi, si perdona l’ imperdonabile grazie alla fede, ignorando un castigo differito, è allora che la fine coincide con un nuovo inizio.
Chi tra Russ e Marion è stato il peggiore, chi realmente merita l’altro e può aspirare alla gioia? Clem e Becky riusciranno a perdonarsi, riconciliandosi, o forse non è cambiato niente, neppure nella loro testa?
Il perdono nasce dall’ accettazione di se’, ciascuno, all’ interno di dinamiche famigliari ormai consolidate, nel complesso viaggio della vita, più o meno scientemente, si abbandona ai sentimenti più veri.
Si finisce col chiedersi, ed è un quesito che riporta all’origine, quale sia il vero scopo dell’esistere, consapevoli che ...” tutto è vanità, successo, privilegio, bellezza “... , che in fondo il cammino della vita non è scandito da un tempo preciso, e allora la sola salvezza risiede nella profondità. Una profondità che pare avere toccato le nuove generazioni, meno avvezze all’aggiustamento, più lucide e consapevoli, con vista su un futuro da scrivere.
La corposita’ del romanzo racchiude i temi da sempre cari alla buona letteratura, la capacità di rappresentare una storia restituendo il senso della Storia e di un’epoca. I personaggi di Franzen sono credibili, attraversati dalla vita e imbevuti della vita stessa, emozionali, critici, mimetici, sentimentali, dubbiosi, egoisti, arrabbiati, caotici, sensibili, profondi.
È inutile sottolineare quanto gli anni ‘70 qui siano ben rappresentati, anche se prevale l’ aspetto individuale e intrafamigliare, all’ interno di chiavi di lettura molteplici e multiformi, ciascuno vi scoverà verità acclarate e temi sottesi, anche controversi, un flusso narrativo che scorre imperturbabile in un amalgama che sa di romanzo vero.
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Bellissima lettura
Come dev'essere il romanzo avvincente? Quello che ti conquista e che non ti fa dormire la notte perché sei ancora incagliata nelle sue pagine? Franzen probabilmente ha scoperto la ricetta perfetta in questo ultimo suo libro, "Crossroads". Tendenzialmente i libri che sono nella mia confort zone, passata una certa ora, difficilmente riesco a leggerli: mi addormento subito perché gli argomenti e la prosa sono troppo ingombranti per la mia spossatezza fisica e mentale della giornata. Ebbene con questo libro no! Dopo un inizio un po' difficoltoso e perplesso, in quanto il narratore presenta tutti i personaggi senza ben specificare i loro rapporti, il tutto prende il volo e si procede a passo spedito diritto alle ultime battute, il lettore viene completamente risucchiato dalla realtà di New Prospect! Personaggi disturbati, folli, egoisti, pieni di sensi di colpa, di sogni infranti, di ossessioni. Insicurezze, tradimenti, ritrovamenti, praticamente sarà difficile affezionarsi a qualche personaggio in quanto tutti negativi (tranne forse Becky che è la mia preferita) ma ci si affeziona alla storia. Prima l'ho chiamato "romanzo avvincente": sono dell'opinione che questo sia un grande libro di intrattenimento prima ancora di qualsiasi altra cosa, intrattiene perché si parla principalmente delle dinamiche familiari e dei conflitti tra genitori e figli, tra fratelli o tra coniugi, contesti ben noti a noi e nei quali viviamo e ci incuriosiscono! Inoltre è scritto bene, una prosa naturalissima che scorre fluida ed è carica della tensione dei personaggi con dei dialoghi molto ben intrecciati, astuti, ironici, dove non c'è una parola in più o in meno, non c'è nulla di superfluo in questo testo. Non ci sono frammenti di pura introspezione, o frasi sulla vita o sull'essere umano che tanto ci piace sottolineare o annottare, non si giudicano le situazioni o i personaggi, il lettore può ricavare la tara morale della vicenda in completa libertà, l'autore lo aiuta poco in questo senso ma ciò che metterà tutti d'accordo è la forza narrante.
L'altro libro di Franzen che ho letto è stato "Le Correzioni", che mi era piaciuto abbastanza, ma non tanto quanto "Crossroads" in cui trovo una penna migliorata, ben stabile, coerente e che segue la sua traiettoria senza la minima deviazione e sicuramente desidero leggere il secondo volume di questa trilogia, quando verrà pubblicato!
Con la premessa che ho amato il libro e che trovo il lavoro di Franzen davvero ragguardevole nel panorama letterario odierno, dirò quello che non mi ha convinta - giusto per controbilanciare un po' l'entusiastica opinione! A mio parere il tema della religione è stata elaborata con il ricorso a parecchi luoghi comuni e laddové prendeva una piega diversa - vedi in Perry - il discorso su "io sono Dio" mi ha fatto un tantino Dostoevskij e quello sulla "bontà verso tutti" un tantino Tolstoj, quindi nel complesso non ho trovato uno punto di vista nuovo e originale e nemmeno una necessità intima dell'autore nel esprimere la sua idea al riguardo. Secondo: si è impegnato davvero con la storia sulla dipendenza da droghe ma dopo che si è letto "Infinit Jest" di Wallace ciò che aggiunge lui pare solo una brutta copia. Inoltre ho avvertito sottili piccoli rimandi ad altre opere - per esempio a "I formidabili Frank" per quanto riguarda il rapporto tra la zia Shirley e Becky. Davvero un ottimo autore, tiene con il fiato sospeso senza essere banale ma non considero il libro un capolavoro in senso compiuto in quanto mi manca ancora in Franzen quel spessore di profondità che va al di là delle situazioni e delle azioni e che catapulta il lettore non più a New Prospect o nella vita dei personaggi ma nei meandri più reconditi dell'anima e della mente dell'autore che sono anche quelli dell'uomo in generale.
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Una famiglia, una fede e tanti sensi di colpa
In quest’ultimo lavoro di Franzen, primo capitolo di una nuova trilogia, è possibile riscontrare quei “marchi di fabbrica” che caratterizzano lo stile dell’autore. A partire dall’incipit, con quel riferimento meteorologico che sembra ricordare l’inizio de “Le correzioni”, quasi a volere anticipare le vicissitudini turbolente della famiglia Hildebrandt protagonista del libro (“Il cielo spezzato dalle querce e dagli olmi spogli di New Prospect era pieno di una promessa umida”).
A seguire la scelta della location, quel midwest della provincia americana – sobborghi di Chicago- a cui Franzen è tanto legato e che rappresenta il cuore del Paese, ideale per fare da sfondo alla storia degli Hildebrandt descrivendo le aspirazioni di una famiglia borghese (forse meno borghese di quella dei Lambert) che cerca di superare le proprie crisi interiori affidandosi a Dio. Perchè se sostanzialmente esiste una colonna portante di tutto il libro questa è rappresentata dalla centralità della fede, dalla ricerca di una nuova spiritualità nel rapporto col Signore necessaria per trovare la forza per espiare i propri peccati, per non soccombere di fronte ad un senso di colpa immanente caratterizzante ogni membro della famiglia, emblema a sua volta di un senso di colpa collettivo, tratto dominante di tutta un’America bigotta.
Proprio per enfatizzare quanto sia importante la dimensione religiosa nella sua opera Franzen intitola il suo libro Crossroads, che rappresenta il nome dato alla comunità della pastorale giovanile della chiesa di New Prospect, luogo di ritrovo per adolescenti in cerca della propria identità spirituale, e che rappresenta altresì il titolo di una canzone degli anni ‘70, epoca di ambientazione del libro. Attorno a Crossroads si sviluppano le sorti degli Hildebrandt, si manifestano i loro disagi interiori, le loro irrequietezze. A partire dal padre, Russ: il pastore della chiesa locale che oltre ad essere in piena crisi matrimoniale e fortemente attratto da una sua parrocchiana, risulta al tempo stesso pieno di rancore e risentimento nei confronti di Rick Ambrose, nuovo leader di Crossroads, colpevole di averlo umiliato e di avergli sottratto la guida spirituale del gruppo (“Lo sa -disse - perché il gruppo si chiama Crossroads? Perché Rick Ambrose pensava che il titolo di una canzone rock potesse coinvolgere i ragazzi”). Russ nel suo stato di malessere spirituale trova “la dolcezza di affidarsi completamente alla misericordia di Dio: di rendersi così solo e spregevole che solamente Dio poteva amarlo”.
Lo stesso malessere, ma con differenti sensi di colpa Franzen li evidenzia nelle vite degli altri membri, tra cui Marion la moglie di Russ, depressa e con un passato troppo ingombrante da confessare persino allo stesso marito, inevitabilmente “ossessionata dal peccato e dalla redenzione”. O ancora nelle pieghe delle vite dei figli di Russ e Marion, in particolare Bechy e Perry, pregni di problemi adolescenziali che apparentemente sembra possano risolversi con la partecipazione al gruppo della pastorale giovanile di Crossroads.
Nella costruzione della storia si ravvisa poi il "colpo di genio" del narratore, attraverso una narrazione che risulta idealmente suddivisa in due macrosezioni. La prima collocata durante l’Avvento, in attesa dell’arrivo del Natale, in quanto l’Epifania del Verbo che si fa carne rappresenta la sola soluzione per portare nella vita dei protagonisti quella luce spirituale necessaria a sgombrare le tante ombre interiori. Una seconda invece spostata in avanti, poco prima della Pasqua, come a sottolineare che la Resurrezione del Signore possa condurre ad una piena redenzione, ad una catarsi, che lo stesso Franzen ci svela solo parzialmente, lasciando aperti diversi interrogativi in attesa dei prossimi libri.
Franzen nel raccontare le vite della famiglia coglie con dovizia chirurgica lo spirito di protesta, di disagio, di crisi degli anni ‘70, nel quale emerge inesorabilmente il fallimento della guerra del Vietnam e l’ingiustizia sociale, evidente nel mandare al fronte poveri e gente di colore. Come peraltro si evince dalle parole di Clem, il figlio maggiore degli Hildebrandt, che sente sulle sue spalle il peso immorale di essere un privilegiato che si sottrae alla leva grazie agli studi universitari (“Ma quando si tratta di passare dalle parole ai fatti, non ci trovi niente di male nel mandare me al college e lasciare che un ragazzo nero combatta al mio posto in Vietnam”). Di conseguenza le tensioni individuali si mescolano con quelle sociali in un Paese, l’America, che vive quotidianamente i conflitti tra oppressori e oppressi, perché Franzen non dimentica nemmeno il problema delle minoranze dei nativi americani. In questo caso i Navajo, confinati nelle riserve in Arizona e oggetto di attenzioni da parte della comunità religiosa di New Prospect, come se l’organizzazione di un annuale campo presso la riserva possa servire a soffocare il senso di colpa per l’oltraggio compiuto dai bianchi oppressori e conquistatori.