Così ha inizio il male
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«Mi sono sempre domandato come facesse la gente a trovare il coraggio di contrarre matrimonio»: prendete il caso di Eduardo Muriel e Beatriz Noguera. Sono sposati da molti anni, ma a tenerli assieme, piú che l'amore, sembra sia un disprezzo sordo e costante che a volte sfuma nell'odio vendicativo. Cosa li ha portati fino a questo punto? In cosa si trasforma una coppia che non può sciogliere il legame che l'unisce? Cosí ha inizio il male è la storia intima di un matrimonio. Ma è anche un libro sul desiderio - la forza che spinge gli esseri umani a tradire qualsiasi fedeltà - e sulle misteriose, spesso imprevedibili strade che percorre il perdono.
Recensione della Redazione QLibri
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Thus bad begins
“Thus bad begins and worse remains behind” sono le parole piene di biasimo e di dolore che Amleto rivolge alla madre, in una delle scene più drammatiche dell’opera shakespeariana.
Non è la prima volta che Marias ricorre a Shakespeare per il titolo di un suo romanzo. Era già accaduto in “Un cuore così bianco” dove il riferimento al Macbeth è esplicito.
Siamo nella Spagna post franchista. Al centro della storia sono un regista di mediocre successo, Muriel, sua moglie, Beatriz, alcuni frequentatori della loro casa, legati da vincoli di amicizia, come Roy, Rico e il pediatra Jorge Van Vechten. Il narratore Juan De Vere ha il ruolo di assistente e segretario del regista. La storia, con i suoi enigmatici e tormentati personaggi, serve da pretesto per approfondite riflessioni su un lungo e oscuro periodo storico di cui la Spagna è stata protagonista e delle conseguenze che si sono protratte fino quasi ai nostri giorni.
Non è un mistero che l’ordine apparente che regna nei regimi autoritari nasconda profonde fratture, drammi, crisi di coscienza, abusi, prevaricazioni e violenze. Non tutto avviene alla luce del sole. La verità emerge solo in un tempo successivo, quando le dittature cadono o si estinguono naturalmente, come nel caso della Spagna. E se dolore e paura hanno dominato durante il regime, diffidenza, sospetto e tradimenti non mancano nel periodo della normalizzazione. É questo uno dei punti centrali di questo bellissimo romanzo. L’analisi delle reazioni, dei sentimenti di chi ha avuto la fortuna di sopravvivere a un lungo periodo di repressione e oppressione è condotta con sapiente sensibilità. Marias insiste su quel fenomeno che egli chiama “patto sociale” necessario, anzi indispensabile per sopravvivere dopo simili eventi. Proprio grazie ad esso il popolo spagnolo è riuscito, se non a dimenticare, che é cosa assai diversa, a pacificare gli animi, a conciliare in qualche modo le posizioni opposte, a tacitare le meschine delazioni. La convivenza civile ha richiesto uno sforzo quasi sovrumano. Molto si è taciuto. Molto si è volutamente ignorato. “Dei fatti storici di un paese parleranno soprattutto le generazioni che non li hanno vissuti, per poterli capire, per cercare di appartenere a una parte o all’altra.”
Ed è così che comincia il male, quando “il peggio resta indietro, perché ormai è passato”.
In questa prospettiva si inserisce l’ambiguo personaggio di Van Vechten. E d’altra parte l’ambiguità circonda anche Muriel e Beatriz. La loro storia si trascina fino alla fine in un succedersi di dubbi e supposizioni, che catturano l’attenzione del lettore.
Da un punto di vista strettamente letterario, il personaggio del narratore testimone degli eventi raccontati, il giovane De Vere, rientra nella classica tradizione del romanzo picaresco che ha le sue origini proprio in Spagna con il Lazarillo de Tormes. L’esperienza del giovane Juan lo condurrà a quella consapevolezza, a quella maturità che farà di lui un uomo, come era avvenuto all’Ishmael di Melville, al Gulliver di Swift, al Robinson di Defoe, fino a giungere a personaggi più moderni e di notevole spessore letterario quale Stephen Dedalus dell’Ulisse di Joyce.
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Quel che resta da seppellire
“In questo paese sono state commesse molte vigliaccherie per molti anni, ma abbiamo sempre convissuto con coloro che le hanno commesse, e alcuni ci hanno fatto anche dei favori. Ci toccherà convivere finché non saremo tutti morti, solo allora le cose cominceranno ad appianarsi e nessuno si metterà più a rivangare il passato.”
Fresco di laurea, il giovane Juan De Vere viene chiamato dal famoso regista Eduardo Muriel a fargli da assistente. Sarebbe meglio dire da “factotum”, visto che l'aiuto non è tanto al Muriel regista (ormai in fase discendente) quanto al Muriel marito e padre. Essendogli data la possibilità di pernottare nella casa di Eduardo e Beatriz, Juan inizia a conoscere le dinamiche di un matrimonio “zoppo”, nel quale la donna cerca in ogni modo di riguadagnare dal marito la considerazione che una volta doveva avere e che, chissà come, ha perso.
Casa Muriel è anche un luogo abitualmente frequentato da amici di famiglia: intellettuali o persone di un certo rango. Tra queste l'anziano e ambiguo dottor Van Vechten, il pediatra di casa. E' sul suo passato che ad un certo punto si trova a indagare Juan, per richiesta dello stesso Muriel: il regista sostiene di aver sentito delle storie poco nobili sul conto del dottore, e non tollererebbe di continuare a dar credito ad un uomo che si sia macchiato di comportamenti “indecenti” nel periodo della dittatura franchista.
E' l'inizio di una ricerca che aprirà a Juan uno squarcio sulle vicende di una famiglia e di un periodo buio della storia spagnola.
Javier Marias ha uno stile narrativo fluido e invogliante, che però si annacqua in una certa tendenza a dilungarsi (ed è davvero un peccato): una maggiore snellezza gioverebbe di certo.
L'escamotage utilizzato nelle prime cento pagine è di presentare uno dopo l'altro i personaggi principali della vicenda, attraverso gli occhi del giovane De Vere: prima Eduardo Muriel, uomo colto e rigoroso dotato di un certo magnetismo; poi Beatriz Noriega, moglie devota e sensuale, ma infelice; infine il “respingente” dottor Van Vechten.
Da quel momento, la storia prende corpo su un doppio binario: il racconto del controverso amore tra Beatriz ed Eduardo ed il disvelarsi degli abusi commessi nel periodo della dittatura militare.
Su quest'ultimo argomento, il libro offre una validissima visione, che non lascia spazio a tesi di comodo: qualunque malsano dittatore o oppressore di popoli è così vigliacco, quando cade in disgrazia, da affermare d'essere solo un capo come altri, e che la condanna è data solo dall'essersi trovato dall'altra parte rispetto a chi si arrogava il diritto di scrivere la storia (si possono considerare Saddam Hussein o Ceausescu come gli esempi più recenti). Javier Marias sgombra il campo da ogni equivoco: l'infamia di un regime è dimostrabile da quello che ad alcuni individui – quelli “organici” ad esso – è consentito di fare nei confronti di altri.
Peccato per il romanzo – ancora una volta – che i due “binari” narrativi, quello riguardante il matrimonio e quello sugli orrori storico-politici, non paiano trovare un convincente denominatore comune, se non nel passo di Shakespeare che dà il titolo al romanzo.
“Che senso ha cercare di sventare, evitare, vigilare, punire e perfino venire a saperle, certe cose? La storia è piena di piccoli abusi ed enormi bassezze contro i quali nulla possiamo perché sono legione, a che serve conoscerli? Tutto quello che accade è già accaduto e non si può cambiare, questa la terribile forza dei fatti, o il loro peso che non si solleva più. Forse conviene dare un'alzata di spalle, annuire e far finta di niente, accettare che questo è l'andazzo del mondo. 'Thus bad begins and worse remains behind' è quel che dice Shakespeare nella sua lingua. Solo dopo quell'alzata di spalle, solo dopo che abbiamo annuito, solo allora il peggio resta indietro, perché se non altro è passato. E così ha inizio il male, che ancora non è arrivato.”
Perplessa
Siamo nella Madrid degli anni Ottanta, una città in cui il ricordo della dittatura franchista è ancora dolorosamente vivo. Il giovane Juan De Vere, fresco di laurea, viene assunto dal regista Eduardo Muriel per fargli da assistente. Muriel vive in una grande casa nei quartieri alti della capitale insieme alla moglie, l'esuberante Beatriz Noguera, e i figli. I due avrebbero tutto per essere felici, eppure «il giovane de Vere» è colpito dalla freddezza e dallo sdegnoso contegno con cui il marito tratta la moglie. Perché si comporta cosí? Addirittura, una notte che passa nella casa dei Muriel, Juan assiste a una scena per lui del tutto inspiegabile: Beatriz che, vestita unicamente con un'impalpabile sottoveste, viene respinta e ricacciata nella sua stanza dal marito. Juan vorrebbe indagare i motivi di quel comportamento e del disamore che tiene in piedi il matrimonio, ma Muriel ha altri piani in mente per lui: lo incarica infatti di verificare se le voci che ha sentito su un suo amico, il dottor Van Vechten, sono fondate. Una donna gli ha fatto intendere che il dottore, durante gli anni della dittatura, si era comportato in modo indecente con una o piú donne, e che pertanto l'amicizia che Muriel gli tributava era mal riposta. Per il giovane Juan inizia cosí una discesa nelle tenebre degli anni della dittatura, e nelle ambiguità del matrimonio, che ha l'ineluttabile fatalità delle sabbie mobili. Cosí ha inizio il male è la storia intima di un matrimonio.
Leggendo questo libro ho provato sentimenti contrastanti. Inizio col dir che non conoscevo affatto questo autore. La trama mi ha lasciata perplessa: perfetta nelle intenzioni e deludente nella realizzazione.
Si respira nel libro un’atmosfera torbida, Marías sembra suggerire che il dopo Franco, oltre ad essere caratterizzato dal desiderio di assoluzione generalizzata, è anche un periodo di sfrenatezza sessuale.
In effetti il contesto è ben più ampio e tocca le relazioni, i tradimenti, le bassezze perpetrate, dopo la caduta di Franco, sulle donne che non possono difendersi.
C'è anche un vago riferimento ai rifugiati seguaci di Pinochet che proteggono il dottor Van Vechten, amico di Muriel. Potrebbe essere anche un monito alto ai valori di integrità morale e del residuo di una dittatura, ma, a mio avviso, è solo un lungo sproloquio che non suscita coinvolgimento alcuno.
La figura, tragica, di Beatriz Noguera restituisce, per altro, il senso di totale spaesamento, di accettazione supina del "male".
L'amore arriva sempre quando non deve all'appuntamento con le persone. Ma lo scopriamo solo dopo, alla fine di una vita o di un romanzo. Quando il tempo sfuma e appanna i contorni. È così che ha inizio il male, quando i fatti perdono vividezza e sono divenuti racconti. Un male sopportabile, il mal di vivere a bassa intensità, il male che non fa più paura perché il passato è divenuto innocuo e raccontabile, perché il passato è passato, e il peggio resta indietro.