Cose da grandi
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Crescere insieme.
Se l’archetipo narrativo si mantiene sullo schema classico ampliamente utilizzato dalla narrativa americana, ci sono spunti estremamente positivi che arricchiscono quella che altrimenti potrebbe risultare una storiella un po’ banale. In questo modo, l’intera vicenda è nobilitata e il risultato è un prodotto molto più originale ed intelligente di quanto non sarebbe altrimenti.
Lo schema di base è comune a molti altri romanzi. C’è un protagonista dalla vita banale ed ordinaria. Un trentunenne senza vincoli e senza obblighi, che cerca per quanto possibile di prolungare all’infinito la propria adolescenza. Ma all’improvviso arriva Dean, il figlio avuto a sedici anni dalla fidanzatina dell’epoca. E tutto cambia: l’ingresso nella tanto allontanata maturità è imminente.
Il protagonista è tratteggiato sapientemente, e la sua vicenda appare ricca di particolari. Malato di epilessia, con un lavoro mal retribuito ed una passione per la musica che mai si è trasformata in un impiego a tutto tondo. Una chiusura forzata su se stesso e tante cose mai dette, ai genitori e al figlio. Perché c’è un macigno che blocca le emozioni e, nascosti dietro un muro, ci si sente protetti.
Inoltre Evan è una vittima: è vittima di scelte altrui. Ed è anche colpevole. Colpevole di non essersi mai opposto a quelle scelte, illudendosi che fossero le proprie.
Sono questi piccoli dettagli della vita del protagonista a trasformare la vicenda offrendo quel po’ di pepe a quella che altrimenti sarebbe una commediola piena di clichè: l’ostilità iniziale del ragazzino, la nascita di una relazione con la “donna perfetta”, l’imminente successo professionale e l’inevitabile happy end. L’autore avvolge la trama con una tenerezza autentica rendendola avvincente.
Un piacevole passatempo, dunque. Una lettura discreta. Ma manca un po’ di sostanza.