Coral Glynn
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COMMEDIA SENZA BUSSOLA
La commeda di costume inglese ( “comedy of manners”) alla Jane Austen ormai ha perso la bussola: i personaggi fanno le loro parti, improvvisando senza più un copione a disposizione, la ridente campagna, in procinto di essere invasa dalle villette a schiera, nasconde nelle radure boschive giochi sadici di fanciulli feroci, presi in prestito dai film dell’orrore, e guai a capitarvi per sbaglio mentre si passeggia. Nella commedia messa in scena da Cameron in “Coral Glynn” (2012) si cerca invano il baricentro: ognuno degli attori manca appunto di forza di volontà, a cominciare dalla protagonista, Coral Glynn, infermiera senza mezzi capitata in una dimora aristocratica per assistere la padrona di casa moribonda. La sua dovrebbe essere la classica figura di donna povera in lotta contro il pregiudizio sociale in nome dell’amore: infatti Clement, il figlio dell’inferma, morta la madre, attratto da lei, le chiede di sposarla e lei accetta. L’intreccio alla Jane Austen dunque parte, tuttavia non approda da nessuna parte: le distanza sociali sono un ricordo del passato, cosi come sentimenti quali l’amore, la passione e il bisogno di realizzare se stessi si concretizzano in nient’altro che in “una sensazione di vuoto...di qualcosa-una luce, o un suono dentro, nel profondo” che si affievolisce, si spegne e lascia soli nel buio. Un eco nel profondo che non è più in grado di fare da guida per nessuno: “come si fa a sapere se si vuole qualcosa o no?” si domanda Coral e questo vale per Clement, per Robin, di lui innamorato, per la di lui moglie, Dolly, per Laslo, l’amante londinese di Coral. Cosi si fugge da un destino segnato o da un ruolo prestabilito, ma non si sa se si vorrebbe farlo: si agogna a non rimanere soli, ma non si sa se si preferisce la solitudine, si tradisce l’amico di una vita, senza essere sicuri di averlo voluto. Morta la ragione e il cuore, non resta che andare là dove ti porta l’impulso: cosi il vento scompiglia le pagine del libro, cose e persone si dispongono alla rinfusa e si mettono in posa per una conclusione....
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Manca di spessore
Sono... non so dire come sono. Sorpresa? Scossa? Allibita? Delusa? Non saprei, effettivamente.
Forse più delusa, che altro. Mi aspettavo di certo molto altro da un libro con una premessa coi controfiocchi. Certo che sono imparziale, io.. Se fosse stato un libro Mondadori l'avrei bocciato categoricamente, mentre... Beh, son di parte, ma perchè ce l'ha davvero un potenziale questo libro..o meglio: ce l'aveva; il problema è che non è saltato fuori, non è emerso. E' rimasto nascosto, forse solo a me, o forse a tutti, chissà. Leggendo però altre recensioni mi rendo conto che i sentimenti provati con la lettura di P. Cameron sono molto simili tra di loro.
In questo libro manca il tocco magico.. è come se non fosse realmente finito; è come se mancasse qualcosa, un evento, un episodio.. manca qualcosa, sì. Una conclusione troppo frettolosa, un finale che effettivamente non è un vero finale..
Peccato, perchè l'idea era veramente carina, i colori della storia erano belli, ma purtroppo non sono state applicate le giuste sfumature. Peccato, davvero..
Entrando nel merito del libro, vorrei semplicemente mostrare (come una sorta di sfogo, diciamo) la mia non antipatia, ma diversamente simpatia per la protagonista, Coral Glynn. Mi aspettavo un personaggio differente: lei è infermiera, è vicina alla gente, è gentile, modesta... ma eccessivamente squallida. Coral non è adatta a vivere, non è realmente in grado di farlo. I suoi gesti sono sì gentili, ma allo stesso tempo rudi; non è adatta a vivere in un certo modo, non è in grado di comprendere i suoi limiti e quelli degli altri. E' la sua perenne pseudo-sofferenza che mi innervosisce. Prende determinate decisioni, ma poi non si comporta di conseguenza. Si lamenta di essere sola, ma il problema principale è lei che non è in grado di mantenere rapporti con la gente. Gioca la parte della vittima, incapace di dare una scossa alla sua vita..Vive per inerzia. Sembra finta e costruita in tutti i suoi comportamenti, fredda e distaccata da tutto ciò che le succede, eppure è infermiera, eppure ha toccato con mano il dolore, la sofferenza, ma nonostante tutto è pietrificata, è come se lei fosse lo spettatore di se stessa, della sua misera vita.
Non ammetto che qualcuno possa provare interesse ed entusiasmo per un personaggio simile. Anzi, per quanto mi riguarda e tanto per essere eleganti, mi sta proprio sulle balle. Evviva la sincerità! :)
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