Narrativa straniera Romanzi Contro il giorno
 

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In un mondo su cui, ancora una volta, incombono catastrofi - il crollo del campanile di San Marco, l’asteroide di Tunguska, la Prima guerra mondiale - si inseguono anarchici, giocatori d’azzardo, milionari, matematici, scienziati eretici, antesignane del libero amore, sciamani, sensitivi, aeronauti e killer prezzolati. Sono impegnati in un caleidoscopio di avventure - tra l’Esposizione Mondiale di Chicago nel 1893 e il Messico infuocato dalla rivoluzione, tra la Hollywood del cinema muto e i Balcani, tra Parigi, Vienna e luoghi difficili da trovare sull’atlante - che raccontano l’avidità senza freni del capitalismo globale, la falsa religiosità, l’ottimismo ingiustificato e il sogno irraggiungibile dell’utopia. Ogni riferimento al nostro tempo è puramente casuale. Thomas Pynchon non descrive il mondo com’è, ma come potrebbe essere con appena qualche ritocco.



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Contro il giorno 2011-11-13 07:51:02 OedipaDrake
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OedipaDrake Opinione inserita da OedipaDrake    13 Novembre, 2011
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Magistrale e multiforme

Pynchon non è un autore affatto semplice e anche questo imponente romanzo (tradotto magistralmente) lo riprova.
Non certo per la mole fisica di 1127 pagine, ma poiché ogni pagina, paragrafo, parola racchiude tutta la complessità della vita, un prisma di metafore e rimandi (interni ed esterni al romanzo stesso). Da un fievole nucleo si dipartono storie di personaggi e nazioni, relazioni politiche internazionali e rapporti umani segnati da tutto lo spettro dei sentimenti, vicende labirintiche e aggrovigliate delle quali spesso non è subito comprensibile il senso comune. Solo procedendo nella lettura, le fila vengono un poco dipanate. Solo un poco, sì. Infatti, in questo universo multiforme, nel quale ? proprio come nel nostro ? è facile perdersi (o smarrire se stessi), nemmeno nel finale si ha una chiosa rassicurante, risolutiva, consolatoria (perché, per dirla con Pirandello “la vita non conclude”).
Intrecciando storia reale e fittizia, in una miriade di collegamenti intratestuali e richiami a fonti esterne, seguendo lo scorrere del tempo storico ma non dando mai per scontata la possibilità di sovvertire le leggi della scienza e del tempo stesso, lasciando intravedere possibili utopie, con la consueta ironia venata d’amarezza l’autore racconta sotto metafora del nostro mondo e dei rapporti umani, cercando di svelarne i vizi più corrotti, le debolezze, le contraddizioni che mai possono separare nettamente bene/male o giusto/sbagliato, ma anche quegli spiragli di autenticità che danno la speranza e il coraggio di mettersi in gioco, di credere, di esistere.
E i perni simbolici di tutto questo gioco sono rappresentati dalla Terra rispetto l’aeronave della “Compagnia del Caso”, dalle città reali rispetto all’utopica città di Shambala.
Su tutto, simbolo dell’intera opera, il mitico Spato d’Islanda, minerale che è varco verso la conoscenza in tutta la sua complessità e sfaccettature, via mistica e scientifica tanto dei piani reali che di dimensioni altre, lente che svela la duplicità di tutte le cose (lo stesso Spato ha valenza positiva e non), le quali in sé però mantengono sempre un cuore imperscrutabile, di fronte al quale si rimane smarriti, senza risposta conclusiva. Forse a questa verità ultima può dare senso soltanto ogni singolo uomo, conferendole la sua propria interpretazione personale (mutevole e forse errata), che corrisponde alla rotta e al senso che ciascuno decide di dare alla propria vita.

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