Comma 22
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Burocraticamente si muore in guerra
1961. L’ex-puntatore di bombardiere B-25 Mitchell compie un atto di protesta, di quelli da scrittori, e pubblica il suo romanzo d’esordio. Abbiamo passato la metà del XX secolo, l’intellettuale inizia a perdere il suo ruolo sociale, ma ha ancora la forza politica per dire la sua. Accoglienza entusiasta, complimenti, incoraggiamenti, niente di nuovo sotto il sole. Passa qualche anno, il Vietnam viene bombardato giorno e notte con il napalm, milioni di persone si accalcano nelle piazze, la Pace viene invocata. Sotterraneo si muove nome, scivola di bocca in bocca, arriva sulle magliette, sugli striscioni, si alza in cielo prepotentemente. “Yossarian vive”. “Je suis Yossarian” diremmo oggi. Ma chi è costui?
Yossarian è un pazzo, è sano di mente; Yossarian è un bugiardo, sembra essere l’unico che veramente ha capito qualcosa. Come tutti i soldati in guerra ha paura, non vuole morire, non gli importa della patria, della liberazione dai nazisti, della democrazia. Yossarian vuole solo tornare a casa. Si sente perseguitato, ha come l’impressione che tutto ciò che lo circonda, tutta la guerra, sia solo un piano architettato per farlo fuori. Perché tutti cercano di ucciderlo?
È circondato da un modo assurdo, popolato da doppiogiochisti, arrivisti, maniaci delle parate militari, prostitute, magnati del cotone egiziano, malati immaginari e soldati morti. Ogni cosa ha un senso e allo stesso tempo è folle;tutto sembra essere terribilmente sbagliato ma viene accettato; ad ogni problema c’è una sola risposta, una postilla che nessuno ha mai letto e che nessuno contesta. L’assurdità della situazione è messa in piedi da dialoghi brillanti, rapidi, paradossali, in cui traspare tutta l’insensatezza del conflitto militare e l’eccessivo apparato fatto di gerarchie, titoli, regole, nelle cui mani sono affidate le sorti di uomini qualsiasi, mortali. La drammaticità degli eventi viene mascherata e grottescamente evidenziata dall’ironia tagliente, la sfilza di personaggi assolutamente sopra le righe e da capovolgimenti di fronte acrobatici.
Il tempo si frammenta, i nomi si moltiplicano, le missioni di volo obbligatorie diventano sempre di più. L’irregolarità del linguaggio strania il lettore, lo accompagna nella folle realtà di questa strana guerra. Non c’è libertà di dolore, di solidarietà, di morte; tutto è governato da postille e codicilli, da una burocrazia di kafkiana memoria. Non puoi morire se non ti viene dato il permesso; non puoi vivere se non previa approvazione.
L’ex-puntatore di bombardiere B-25 Mitchell compie un atto di protesta, di quelli da scrittore, e si ritrova padre spirituale del postmodernismo americano, con il suo stile e l’assurda ironia che permea l’opera, e autore di uno dei più influenti e ispiratori manifesti antimilitaristi della storia. Yossarian ce l’ha fatta. Yossarian vive.
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Un divertente affresco dell'inutilità della guerra
Il libro "Catch 22" di Joseph Heller propone al lettore una visione estremamente divertente e apertamente dissacrante del tentativo di sopravvivenza dell'uomo comune attraverso l'inferno della seconda guerra mondiale. L'inettitudine, il servilismo, la codardia dei gerarchi del plotone si scontrano a più riprese con la personalità semplice del protagonista Yossarian, foco narrativo, il cui occhio cinico e disperatamente terreno stende sulla narrazione un sentimento sincero di accusa contro l'insensatezza della guerra.
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Battitela, battitela!
Questo romanzo bisognerebbe leggerlo due volte per apprezzarlo come merita. Lo stile è particolare, il tono, i personaggi sono costantemente sopra le righe, il linguaggio è brillante, il clima è di scherzo perenne, le situazioni sono spesso comiche, grottesche, surreali, inverosimili (ma il tema è quello della guerra). Questo potrebbe far pensare a una commedia, a un romanzo divertente e lo è, solo che il contenuto è tragico e la comicità è dovuta all'idiozia umana estrema, all'egoismo che oltre a un certo limite diventa comico (come dice del male Saul Bellow nell'ultima analisi). In tante situazioni qualcuno passa sopra alla vita degli altri per proprio tornaconto economico o di carriera con una tale leggerezza da illudere anche il lettore che la guerra sia un gioco a tavolino. La sensazione è che Heller scriva di qualcosa che conosce molto, molto bene, e che i tipi umani che descrive li abbia ben presenti nella loro assurdità riassunta nel titolo, il comma 22 che è il codicillo legale che impedisce di prendere ogni iniziativa sensata e ragionevole.Mano a mano che il romanzo va avanti certe situazioni incomprensibili all'inizio si chiariscono e in un certo senso il romanzo separa (come nel giudizio finale) gli ingenui e gli opportunisti incalliti, gli uni destinati a morire e gli altri a prosperare parassitando e facendosi forti del patriottismo e dei sacrifici altrui.
Perciò a un certo punto il dilemma diventa per il protagonista (Yossarian) morire o non morire dove morire non è solo la morte fisica ma anche spirituale come Uomo con ideali e principi e lealtà verso i compagni.
Con voluta amabilità gli disse:"Danby, come fai a collaborare con gente come Cathcart e Korn? Non ti fanno rivoltare lo stomaco?"
Il maggiore Danby sembrò sorpreso per la risposta di Yossarian.
"Lo faccio per aiutare il mio paese", rispose come se la risposta fosse ovvia. "Il colonnello Cathcart e il colonnello Korn sono i miei superiori e ubbidire ai loro ordini è il solo contributo che posso dare al comune sforzo di guerra. E inoltre," aggiunse in tono di voce più basso chinando la fronte, "lo faccio perchè non sono una persona molta aggressiva."
"Il tuo paese non ha più bisogno del tuo aiuto", obiettò Yossarian senza animosità. "Perciò tutto quello che fai è aiutare loro".
"Cerco di non pensarci", ammise con franchezza il maggiore Danby. "Cerco di concentrarmi sul risultato finale e non penso che anche loro ottengono i loro risultati. Cerco di convincermi che non sono importanti."
"Questo è il mio difetto, lo sai", riflettè Yossarian, dimostrandosi comprensivo, e incrociando le braccia. "A metà strada tra me e gli ideali mi imbatto sempre in qualche Scheisskopf, Peckem, Korn o Cathcart. E questo, in qualche modo, cambia l'ideale.
Verso la fine il romanzo da comico si fa tragico. La guerra non è un gioco e vuole le sue vittime. Tuttavia Heller non ci lascia scioccati dalle pagine finali, tragiche e forse inaspettate per il tono leggero di gran parte del romanzo. La conclusione lascia il lettore con il sorriso sulle labbra e con la sensazione che qualcosa si può fare, non di completa impotenza di fronte a generali, maggiori e mostri di egoismo giganteschi per le loro lunghe mani e capacità di muovere pedine.
Qualcuno, piccolo e ridicolo all'apparenza ce l'ha fatta! Forse anche altri ce la potranno fare! La conclusione è un sollievo per il lettore. Heller, nemmeno dopo averci mostrato tutte le atrocità, meschinità, grettezze umane, ipocrisie, nemmeno dopo aver tirato fuori il male da dietro la sua maschera giocosa con cui si camuffa nella società moderna (Bellow), rinuncia a sorridere e a guardare le cose con la leggerezza affettuosa che .caratterizza il romanzo.
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Una banda di idioti