Come in una tomba
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La gemma, ovvero la rinascita
Il romanzo si può dividere in due parti. La prima ha un andamento realistico-lineare e secondo me è la migliore. Un reduce torna a casa orribilmente sfigurato. Ha dolori atroci e necessita di una persona che lo assista ma nessuno riesce a sopportare la sua presenza. Dopo tanti tentativi e colloqui trova ben due assistenti e tutti e due stabiliscono un legame particolare con lui che va oltre la formalità di un rapporto di lavoro, e che a tratti diventa molto schietto, quindi in qualche modo intimo. Uno dei doveri dell’assistente è recapitare lettere d’amore a una giovane bellissima vedova, Georgina.
Il primo degli assistenti Quintus, il lettore, è un ragazzo nero molto leale. L’altro Daventry ha dei segreti, ma almeno nella prima parte del romanzo ci si aspetta che abbia commesso qualche delitto e si viene persino a sapere quale. Il reduce, Garnet, ha anche lui dei segreti. Oltre all’amore per Georgina, che in effetti non è cosa segreta, c’è il fatto che di notte va in una vecchia balera in rovina a ballare quando nessuno lo può vedere. Ovviamente da solo. Lui tiene tantissimo a questo segreto, e questo fa supporre che la balera con la luna e la musica sia un posto simbolico, una specie di paradiso perduto.
La seconda parte del romanzo, meno bella, diventa molto simbolica e surreale, nel senso che la chiave di lettura non può essere realistica. Daventry, che nel frattempo è diventato l’amante di Georgina, sembra una figura angelica, a tratti cristologica. C’è una scena in particolare in cui lui deve donare il suo sangue per salvare la proprietà di Garnet, oppure la descrizione di quello che gli capita durante l’uragano in quell'albero che rafforzano questa impressione, come pure il sogno di Quintus verso la fine. In questo romanzo Purdy esprime la sua necessità di un amore sovra-umano. Non si tratta di una scelta di genere come si potrebbe pensare, cioè la scelta tra l’amore per un uomo o per una donna, ma di una scelta tra amore relativo e assoluto, quindi divino. E la scelta di Garnet è per quest’ultimo. L’amore per Georgina (umano) tende all’amore divino soprattutto finchè resta un desiderio inappagato. L’amore assoluto non ha bisogno di un corpo, anzi non deve averne uno. Solo l'amore assoluto guarisce. Grazie al fatto di essere amato in questo modo, Garnet da mostro com’è all’inizio del romanzo, riacquista le sue fattezze umane.
Indicazioni utili
È triste, sì, quello che vedo
Garnet Montrose è un reduce orribilmente sfigurato in un’operazione militare (“Nell’oscurità e alla flebile luce, qualche volta mi guardo in un catino d’acqua, ed è triste, sì, quello che vedo…”).
Garnet vive in una condizione limite (“A me era stato concesso di vivere ma sotto le sembianze di una creatura venuta dall’altro mondo”) nella casa di proprietà ove – non senza difficoltà per via dell’aspetto ripugnante - ingaggia due assistenti (“Tutto quello che ho sono le lettere, i ragazzi che assumo, e la sala da ballo, e niente di tutto ciò è reale”): il nero Quintus, incaricato di leggergli storie (“La storia di John Brown”) e il fuggiasco Daventry, incaricato di consegnare lettere d’amore (“Avevo cominciato a dettare la mia lettera per la vedova Rance”) alla vedova Georgina Rance.
Ben presto i legami s’intensificano, i ruoli si ribaltano (“Sono rimasto in una vecchia sala da ballo deserta e fatiscente”) e – in un finale spettrale e tempestoso – l’uragano si abbatte sulla Virginia e sui protagonisti di una storia che alterna toni ossianici, capovolgimenti di relazioni, squarci metafisici e visioni.
Giudizio finale: onirico, anticonvenzionale, originale.
Bruno Elpis