Come diventare buoni
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Pepe o acqua santa?
«[…] Se le mie riflessioni sul nostro matrimonio fossero state trasposte in un film, i critici avrebbero detto che era tutto contorno, che non c'era trama, e che si sarebbe potuto sintetizzare così: due persone s'incontrano, s'innamorano, hanno dei figli, cominciano a litigare, diventano grassi e irritabili (lui), annoiati, disperati e irritabili (lei) e si separano. E non avrei avuto niente da ridire. Non siamo niente di speciale.»
Chi ha già letto i romanzi di Nick Hornby sa bene che l’autore dalla penna irriverente e sarcastica, umoristica e pungente, nulla omette e nulla risparmia. E sa anche bene che nelle sue opere ci sono dei tratti comuni quali, ad esempio, figure ricorrenti come uomini single, inglesi, possibilmente eterni Peter Pan, emozionalmente inadeguati e immaturi con tendenze infantili, assolutamente inadeguati alla vita di coppia anche solo prospettata.
Ma Hornby negli anni ha anche mutato il suo panorama letterario cimentandosi in storie diverse, più mature, più distanti dal filone tipo e per questo capaci di affrontare anche tematiche diverse con personaggi diversi. Lo dimostrano gli ultimi lavori pubblicati per Guanda, ma anche alcuni titoli un po’ più datati come “Come diventare buoni, classe 2001.
Tra queste pagine egli ci invita a riflettere sulla nostra vita, ci offre degli spunti e tratta la dimensione matrimoniale non tanto della coppia neo sposata dove tutto è perfetto e idilliaco bensì della coppia ormai collaudata e giunta ai massimi livelli di non sopportazione e insofferenza.
Due i volti proposti: da un lato abbiamo lei, medico la cui professione sostiene la famiglia a livello economico, una donna ancora impegnata nel sociale, sensibile, disponibile, gentile, tranquilla e fedele e lui, David, un uomo irascibile, supponente, arrogante e presuntuoso, di professione colonnista in un giornale locale. A far da cornice i due figlioletti, Molly e Tom. Sono una famiglia relativamente moderna, benestante nonostante tutto, hanno un lungo matrimonio alle spalle ormai sfiancato dalla routine, un matrimonio che la moglie cerca di movimentare con una relazione extraconiugale con Stephen.
Ciò che rompe gli equilibri è però l’incontro di David con un guaritore, un personaggio che cura, con relativo disappunto della dottoressa, i problemi dermatologici dei figli, e che “trasforma” l’irascibile e presuntuoso marito in un sensibile e caritatevole individuo che aiuta perfino i senza tetto. Ne emerge una commedia in perfetto stile Nick Hornby dove niente è dato per scontato e tutto viene trattato sotto una perfetta luce umoristica e volta ad evidenziare paradossi e contraddizioni del sistema sociale e coniugale.
«[…] Com'è che lei può avere una famiglia e io no? Questo non è giusto".
Ha ragione ovviamente. Non è giusto. L'amore, evidentemente, è antidemocratico come il denaro: si accumula intorno a persone che ne hanno già fin troppo: i sani di mente, i sani nel corpo, gli amabili. Io sono amata dai miei figli, dai miei genitori, da mio fratello, dal mio sposo, credo, dai miei amici; Brian non ha nessuna di queste figure, e mai le avrà, e per quanto ci piacerebbe darne un po’ a tutti, non possiamo.»
Ed è proprio la vita matrimoniale ciò che l’autore affronta in “Come diventare buoni”. Ed è vero, è una tematica di cui abbiamo tanto sentito parlare e di cui tanto sentiamo parlare, ma la chiave con cui Hornby la osserva ed analizza è molto obiettiva e intelligente tanto da non cadere nello scontato o nel banale. È da apprezzare il tentativo di David ma anche la consapevolezza di Katie, ormai stanca e satura.
Torno a Hornby con quella che è una rilettura e vi torno riprovando sempre le stesse piacevoli emozioni, più mature forse, ma sempre positive. La penna è fluida e rapida, lo stile pungente e conforme a ciò a cui ha abituato il lettore.
Un titolo da leggere con curiosità, con cui ridere ma anche riflettere sia in prima che successiva lettura.
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La carità non si vanta, non si gonfia
Un'idea di bontà piuttosto personale, quella che hanno i protagonisti di questo romanzo. Kathie è un medico che si autocompiace in continuazione della sua bontà per aver scelto quella professione. Si lascia andare ad una scappatella peraltro poco gratificante, ha delle idee ambigue sulla gestione delle comunicazioni coi figli e coi pazienti, ha un rapporto logoro col marito. Tutto questo però passa in secondo piano perchè lei è medico.
Il marito a seguito dell'incontro con un guaritore(imbonitore decide di passare in poche mosse dall'autore della rubrico "l'uomo più arrabbiato di Halloway " a uomo buono. Per farlo si disfa di oggetti dei familiari, accoglie in casa personaggi ambigui, cerca di imporre scelte di vita diverse ai vicini.
I figli beh si alternano tra il bacchettone e l'accondisendenza.
Non mi è piaciuto molto questo libro: l'ho trovato a tratti surreale, a tratti patetico. Forse lo scopo era di fare dell'ironia sulla classe media inglese. Evidentemente lo humor inglese è un pò lontano dal mio.
L'idea in sè del libro comunque non è male ed è scritto in modo abbastanza scorrevole.
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.. e rendersi conto che è meglio rimanere cattivi
E' il secondo libro che leggo di Hornby ed è stata una seconda gradita conferma dell'irresistibile verve umoristica di questo scrittore.
Ancora una volta la sua scrittura fluida e leggera diventa un valido supporto al talento che lo caratterizza, alla sua capacità di raccontare le stranezze, le contraddizioni e le assurdità della nostra vita quotidiana con intelligente ironia ed una punta di sarcasmo.
Per questo credo che questo libro possa essere maggiormente apprezzato da chi ha già vissuto o vive tuttora la grande avventura della vita matrimoniale, e non mi riferisco certo ai primi anni, tutti rose e fiori, baci ed abbracci, trottolino amoroso du du du da da da..
mi riferisco ad una vita matrimoniale, consolidata da almeno 5 anni, di 'stronzo/stronza' seguiti da una raffica di 'vaffanculo' urlati da una camera all'altra, di telefonate del tipo 'ti odio, ma quanto ti odio? ti faccio a pezzi, in quanti pezzi ti faccio a pezzi?', di musoni e lunghi silenzi in attesa che uno dei due si decida a fare il primo passo verso un tentativo (il meno palese possibile) di scuse, cercando magari di ricordarsi a chi è toccato farlo l'ultima volta in modo da disporre di un pretesto valido per non farlo di nuovo, sino al tanto auspicato armistizio con annesso trattato di pace siglato a letto e che sarà inevitabilmente violato il giorno dopo o, nel migliore dei casi, dopo due giorni...
Avrete quindi capito su quale spinoso argomento verte questo libro di Hornby: la vita matrimoniale, una delle tante, descritta da una certa Katie Carr, la moglie, alle prese con la classica crisi depressiva indotta proprio dalle continue diatribe e guerriglie familiari col marito David e che, ahimè, non trova conforto nè con l'arrivo di un amante nè con l'affetto dei due figli.
Voi direte, tutto qui? Sì, tutto qui: ma per me è comunque tanto, sia perchè, pur trattandosi di una tematica trita e ritrita, Hornby l'affronta in modo obiettivo, intelligente e divertente, senza mai cadere nella banalità; sia perchè fa sempre molto piacere 'leggere' su carta le sensazioni che vivi ogni giorno: ti fa capire che non sei tu l'unico a subire tutto ciò, non sei l'unico disgraziato sulla terra ad essere stato ingannato da una donna che nel primo anno di convivenza ti sembra una dea e subito dopo rivela la sua vera natura infernale (ovviamente, lo stesso discorso può essere ribaltato per le donne, ma questa è la mia recensione quindi consentitemi lo sfogo... )
E soprattutto, da uomo, devo ammettere che è esemplare il tentativo da parte di David, del marito, di evitare la sorte comune di ogni crisi matrimoniale, ossia la separazione. David decide di 'diventare buono', di imporsi una svolta caratteriale così radicale da lasciare confusa ed intontita persino la moglie che essendosi ormai abituata alla 'cattiveria' del marito perde quasi un punto di riferimento, una certezza della sua vita e cade ancor più in crisi...
"Stasera comunque è diverso. Io prendo il mio libro e David comincia a baciarmi teneramente dietro il collo; poi si rovescia sopra di me e tenta di appiopparmi un grosso bacio delirante sulla bocca, come un Clark Gable orizzontale (e, ammettiamolo, leggermente sovrappeso). E' come se avesse letto l'articolo di una rivista femminile degli anni Ciquanta su come riportare il romanticismo nel matrimonio, ed io non sono affatto sicura di volere riportare il romanticismo nel mio matrimonio. Ero abbastanza soddisfatta del sistema pigia-pulsanti di David, che se non altro aveva il pregio dell'efficienza; adesso mi sta guardando come se fosse la prima volta che andiamo a letto e stessimo per imbarcarci nel più memorabile viaggio interiore della nostra vita.
Lo allontano un pò per poterlo guardare.
"Che cosa stai facendo?"
"Voglio fare l'amore con te".
"Sì, bene, d'accordo. Facciamolo. Non c'è bisogno di tutte queste smancerie."
Mi rendo conto dell'impressione che posso dare, e la detesto, perchè non sono l'intellettuale asessuata del tipo sdraiati-sulla-schiena-e-pensa-all'Inghilterra. Ma la verità è che, se questo fosse il vecchio David, adesso avremmo già finito. Io sarei venuta, lui sarebbe venuto e le luci si sarebbero spente.
"Ma io voglio fare l'amore con te. Non solo fare sesso".
"E questo cosa comporta?"
"Comunicazione. intensità. non lo so".
Ho un tuffo al cuore. I vantaggi del raggiungere la soglia dei quaranta per me comprendono: non dover cambiare pannolini, non dover andare in posti dove la gente balla e non dover essere intensi con la persona con cui vivo.
"Ti prego, fallo a modo mio", mi chiede implorante.
E così faccio. Lo guardo negli occhi, lo bacio dove vuole essere baciato, ci soffermiamo a lungo su tutto e, alla fine (per la cronaca, io niente orgasmo), mi ritrovo sdraiata sul suo petto mentre lui mi accarezza i capelli. L'ho fatto, diciamo, ma non ne vedo la ragione. "
Questo cosa dimostra: che non è facile trovare il giusto compromesso, non è facile capirsi, perchè molto spesso si tende a far ricadere sull'altro la causa della propria insoddisfazione, del proprio malcontento che invece ha motivazioni radicate dentro noi da tempo, tenute sotto terra ma che prima o poi riaffiorano.
"Improvvisamente mi sento disperata, come ci si sente sempre quando da due alternative si passa alla scelta. Voglio tornare indietro di appena qualche secondo, a quando non sapevo che cosa fare. Perchè il punto è questo: quando ci si trova in uno stato di confusione come il mio, il matrimonio è come un coltello nella pancia, e si sa di essere nei pasticci qualunque cosa si decida.
Non chiedere ad una persona con un coltello nella pancia che cosa la renderebbe felice; il punto non è più la felicità. Qui si parla di sopravvivenza: tutto sta nel decidere se estrarre il coltello e morire dissanguati o tenerlo lì dov'è nella speranza che, con l'aiuto della fortuna, il coltello stia bloccando l'emorragia. Volete un parere medico ufficiale? Il parere medico ufficiale è: tenetevi il coltello nella pancia. Davvero. "
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Non siamo buoni
Leggendo le varie recensioni a “Come diventare buoni” presenti su questo sito, mi accorgo che il vero messaggio contenuto nel romanzo non è stato colto completamente dai lettori, e questo è un peccato.
La crisi di coppia descritta nel libro è sicuramente uno dei motivi portanti, ma strettamente legato a quella che da Hornby viene presentata come una problematica sociale. Abbiamo infatti un giornalista inviperito definito “l’uomo più incazzato di Holloway” e, dall’altro lato, una moglie medico intenta ad auto-celebrarsi.
Curare pustole nell’ano di un pensionato, tuttavia, può garantire alla persona dei “punti bontà”?
In che modo può essere sconvolta la vita della solerte dottoressa nel momento in cui suo marito, per salvare il matrimonio, decide di diventare buono, ma buono sul serio?
Contro il buonismo e l’ipocrisia di una società intrisa di frasi fatte, abbiamo un uomo che da un giorno all’altro decide di regalare i giocattoli dei figli ai bambini poveri, promuove nel quartiere l’adozione di giovani disadattati, porta il pranzo di Natale ai barboni nelle strade.
E sua moglie è costretta a guardare in faccia la realtà: non è sufficiente svolgere una professione socialmente utile per potersi definire una persona per bene. La vera generosità richiede altri principi ed altre caratteristiche, che non possono nascondersi dietro una facciata, dietro una maschera o un ruolo sociali.
L’amore per il prossimo è qualcosa di innato, non si compra al supermercato e può diventare sconvolgente se non trova – intorno a sé – il terreno fertile per poter attecchire nel cuore delle persone.
Questo è ciò che Hornby ci vuole dire: state attenti, non siete buoni, ma non è mai troppo tardi per poterlo diventare.
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How to be good
Secondo libro di Hornby che leggo,con piacevoli risultati. Completamente diverso,rispetto al precedente che ho letto(About a boy)ma con l'ironia e la limpida scrittura del solito Hornby. La trama sembra semplice. Una coppia. Un tradimento. Un distaccamento. Ma la tela tessuta attorno a questo problema fa scaturire altre questioni ricorrenti nella vita di un uomo del nostro secolo.
Senza peli sulla lingua Hornby ci racconta come la pensa. Attraverso Katie Carr.
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Come diventare buona coppia...
Insolito Hornby, o meglio insolita location. Non più uomini eterni bambini, ma i problemi di una coppia borghese, nella quale il marito ha fatto della cattiveria la compagna di vita e la moglie dopo anni di bontà si riscopre pronta ad un futuro diverso.
Raccontato con l'inconfondibile stile ironico dolce e amaro. Come diventare buoni è un libro consigliato a tutti. Cambiare è possibile!....o forse no?!
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L'uomo più arrabbiato di Holloway
Nick Hornby questa volta abbandona il suo personaggio tipo: inglese, single, eterno peter pan, emozionalmente infantile; per raccontare la storia di una coppia.
una coppia particolare.. lui è un uomo irascibile, presuntuoso, supponente, che su queste caratteristiche ha basato la sua vita e il suo lavoro; lei invece è una "brava" donna, impegnata nel sociale, sensibile e disponibile, tranquilla e fedele, fino a prova contraria!
infatti un suo tradimento cambia radicalmente i rapporti di forza all'interno della coppia, stravolgendo ruoli e situazioni.
probabilmente uno dei romanzi meglio riusciti di hornby, dove con stile e piacevolezza trova appigli per far esplodere tutta la sua vena ironica e situazionista, concentrandosi sulle emozioni e i problemi di una borghesia che cerca ragioni per non sentire la propria vita scivolare via.
fino al paradosso di trovare quasi fastiodiosa l'eccessiva bontà di un uomo che esce dal seminato della normalità.
un bel libro da uno degli autori inglesi più in forma di inizio secolo