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Città in fiamme Città in fiamme

Città in fiamme

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New York, 1977. Il Bronx è in fiamme e Central Park è il terreno di caccia di rapinatori ed eroinomani, il punk sta nascendo e gli artisti ancora affittano le soffitte a Manhattan. La notte di Capodanno corre sul filo del rasoio. E' quasi mezzanotte quando si alza una tempesta di neve e uno scoppio attraversa Central Park. Uno sparo. Forse due. Gli eventi intrecciano i destini di un insolito gruppo di newyorkesi: Regan e William Hamilton-Sweeney, i riluttanti eredi di una delle più straordinarie fortune di New York; Keith e Mercer, gli uomini che li amano; Charlie e Samantha, due ragazzini di Long Island. Tutto parte dell'ossessione di un reporter e di un detective che cercano di capire cosa c'entra ciascuno di loro con lo sparo in Central Park. Il momento esatto in cui va via la luce. Che lo sappiano o meno, sono tutti legati dalla stessa storia, una storia su quanto le persone più vicine sono le più difficili da conoscere.



Recensione della Redazione QLibri

 
Città in fiamme 2016-03-15 09:30:57 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    15 Marzo, 2016
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New York, New York...

New York, capodanno 1976. Mercer Goodman, ventiquattrenne di colore originario di Altana, vive nella metropoli con l’amato William Stuart Althorp Hamilton-Sweeney III, trentaduenne musicista, artista, eroinomane, cocainomane, diseredato uomo che non ha superato la morte, avvenuta all’età dei suoi sette anni, della madre. Da allora ogni occasione è stata una sfida, una lotta, la possibilità per mettersi contro quella famiglia che tanto disapprova.
La trentaseienne Regan Hamilton-Sweeney, sorella di William III, sta affrontando la separazione dal fedifrago marito Keith Lamplighter, consulente patrimoniale con cui ha concepito William IV, 12 anni, e Cate, 6 anni. Al contempo cerca di far fronte a quella che è la crisi dell’attività di famiglia, soprattutto dopo l’ultima rivelazione posta in essere dallo spietato Armony, lo zio diabolico e dalla nuova moglie del padre Felicia. Ma non è semplice gestire tutto ciò e al contempo resistere a quell’irrefrenabile bisogno di mettersi due dita in gola ed espellere tutto quello che ha dentro, tutto il dolore e la sofferenza che prova, tutto quel senso di impotenza, di sconfitta, di abnegazione che la distrugge dall’interno, che la fa sentire una fallita, che la confina in una condizione di cecità verso quelle due anime ancora in fase di crescita eppure sempre più dedite ad allontanarsi da lei.
Charlie Weisbarger, diciassettenne adottato ebreo ed asmatico dalla folta capigliatura rossa, non può resistere all’occasione di uscire con Samantha Cicciaro, coetanea che lo ha aiutato a far fronte al lutto per la prematura morte del padre ed il sopravvenire di due gemelli, tanto desiderati dai genitori, ma di fatto individui che lo hanno confinato nella condizione di invisibile. Mai si sarebbe però aspettato che la serata si sarebbe conclusa con un esito tanto disastroso. Il programma tutto sommato era semplice; recarsi nella city ed assistere al concerto degli Ex Nihilo originariamente Ex post facto, sballarsi un po’ – evitando la polverina bianca, almeno per ora, come si erano ripromessi – ed aspettare la mattina. La mezzanotte. Uno sparo, o forse erano due, Un corpo, una giovane ragazza riversa in una pozza di sangue, colpita da una serie di colpi di arma da fuoco da parte di ignoti. In condizioni critiche, in coma.
Da qui l’introduzione di altri due personaggi, Richard Groskop, giornalista che entrerà nelle simpatie di Carmine Cicciaro, padre di Sam, e che al contempo ha un pluriennale rapporto d’intesa con Larry Pulaski, viceispettore storpio a causa della polio e chiamato ad indagare, seppur non ufficialmente, sul mistero di Central park. Ed ancora di Bruno, omosessuale, mercante d’arte ed ex insegnante di William III e della sua collaboratrice Jenny Nguyen, vietnamita. Accanto alle vicende principali si affiancano ancora i rocker che hanno colorato gli anni del tempo e che sono riportati a galla da un musicista realmente esistente e trasmutato nell’opera, così come da Nicky Chaos, Sol, Sewer Girl e tutti gli altri esponenti che nel libro rappresentano il movimento punk, o ancora i sovversivi, quelli che dicono no senza avere il coraggio di dire anche di si, i post-umanisti e ancora e ancora.
Onde evitare di svelarvi altro sulla trama, e dunque rovinarvi il gusto della lettura, su questa mi sono limitata a darvi le linee guida per affrontare un testo corposo, solido ma anche caratterizzato da una vastità di personaggi che si intersecano l’uno con l’altro.
L’ambizioso progetto di Garth Risk Hallberg di misurarsi con il cd «Grande romanzo americano» con le sue 1.001 pagine, non delude i lettori né per contenuto né per qualità. In primo luogo è bene precisare che è un elaborato tanto statunitense quanto europeo; battuta dopo battuta non mancano riferimenti a personalità quali Proust, Balzac, Marx, Nietzsche, (o al russo) Bakunin etc così come innegabile è la struttura classica, con temi moderni, del libro. La prima sensazione è infatti quella di trovarsi dinanzi ad opere quali “Grandi speranze” di Dickens o ancora alla “Century trilogy” di Ken Follet o ancora, per qualità e scorrevolezza narrativa, alla J.K. Rowling.
Il secondo elemento che viene immediatamente all’attenzione del lettore è quello della realtà storica descritta. New York non è infatti la Grande Mela che siamo abituati ad immaginare, non è quella metropoli ricca di offerte, di occasioni, di innovazione e possibilità; è al contrario un luogo di disillusione, di abbandono, dove criminalità e droga regnano sovrane sulla scia di quello che fu il ’68 americano, dove vi è il desiderio di cambiamento ma non la volontà di porlo in essere. E’ al limite del collasso, al limite della sua sopravvivenza. Dà l’impressione di implodere dentro e su se stessa. E’ l’imperfezione pura e semplice. Eppure, è proprio in questa imperfezione, manifestata con questo amore difficile fra William e Mercer, dove il docente cerca di abbattere quella volontà di indipendenza e quelle barriere del pittore che si chiude a riccio e scappa ad ogni scalfitura del suo guscio da tartaruga, in quello inespresso di Charlie per Sam, in quello inclinato dal silenzio tra Keith e Regan, in questo senso di impotenza per la distruzione, in questo disilluso modo di osservare gli anni che scorrono, in questo abbandono alle sostanze stupefacenti per non pensare per non affrontare i problemi, che risiede la bellezza e la verità di un romanzo che colpisce ed affonda nel cuore di chi legge per quelli che sono i contenuti e le vicende e non tanto per la biblicità e la grandiosità della mole cartacea del testo.
Leggendo questa immensa narrazione (ri)troverete i Televisori di “Marquee Moon”, i Suicide di Martin Rey e Alan Vega, le tinte livide della Bowery e del Bronx, i “Great Jones Street” di Don DeLillo, Ziggy Sturdust, i Ramones, i Led Zeppelin, il “Chiamalo sonno” di Henry Roth, i the Clash, Iggy e molti molti altri esponenti del punk ad oggi quasi sconosciuti affiancati da ulteriori altre eclettiche personalità. Rivivrete – se li avete vissuti – gli anni della vostra giovinezza o al contrario assaggerete per la prima volta, quei lustri di cui tanto avete sentito parlare.
Sugli echi e gli accordi di una chitarra punk, sulle ceneri di una città in blackout, sulle fiamme di un fuoco che continua ad ardere Garth Risk Hallberg ha creato un romanzo vivo, senza cali di attenzione che richiede di essere letto nella sua interezza, gustato nella sua abnormità, goduto sino alla sua conclusione. E vedrete che per ognuno di voi il viaggio sarà diverso..
Un’ultima cosa.. Gli interludi. Non saltateli. Quegli inserti, quelle parti scritte a mano, dattiloscritte, quelle finte fanzine ed immagini che contrastano con la classicità dell’impostazione del volume rendendolo moderno, tangibile, col cuore pulsante, non sono messe li per caso, sono parti della storia, tasselli che vanno a ricomporre gli avvenimenti, che vanno ad arricchire e ad approfondire i protagonisti e che vi permetteranno di entrare ancora di più nell’universo di “City on fire”.
A parte qualche piccolo errore di battitura dettato probabilmente dalla fretta di tradurre un tomo mastodontico, “Città in fiamme” non delude le aspettative, sprona all’avventura e non desidera altro che farsi conoscere e giudicare da ciascuno di noi/voi.

«La guardai, sfinita nel letto d’ospedale, lei guardò te, e tu guardasti me che la guardavo, con i tuoi occhi che non avevano mai conosciuto nient’altro e ti giuro che li, per un attimo, ci vedemmo l’un l’altro con una trasparenza che nulla potrà mai alterare, né il tempo né il dolore, né la morte. E in un certo senso, figlio mio, ti tengo ancora stretto e rimango con tanto amore, anche se da lontano..» cit. Primo interludio

«Voleva seguire l’anima abbastanza lontano lungo queste linee relazionali da mostrare che non c’è un punto fisso dove termina una persona e comincia l’altra. Voleva che i suoi pezzi fossero non proprio infiniti, ma così grandi da suggerire l’infinito» p. 195

«William non sa ancora cosa, ma di sicuro qui c’è un messaggio, se solo riuscirà a guardare abbastanza a fondo. Un segno. Una visione. Una fine o un inizio. Prima di premere il pulsante indugia un altro secondo, un altro ancora. E poi ancora uno. Perché sente che se gioca bene le sue carte, se smette di provare a fuggire da se stesso, uno di questi momenti si dimostrerà decisivo» p. 987

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Consigliato a chi ha letto...
a chi cerca un romanzo solido, storico, musicale al tempo stesso. A chi desidera mettersi alla prova e lasciarsi trasportare da un testo che non lascia indifferenti.

ps. perdonate la lunghezza della recensione ma l'opera, con le sue 1.001 pagine si presta a far parlare di sé. E pensate.. Non ho detto nemmeno tutto quello che avrei voluto dire :-)
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Città in fiamme 2016-06-14 14:12:30 pirata miope
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pirata miope Opinione inserita da pirata miope    14 Giugno, 2016
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NEW YORK, NEW YORK


Hallesberg, autore esordiente, prima ancora di pubblicare il suo romanzo fiume”Città in fiamme” è riuscito a strappare all’editore un contratto miliardario: le premesse erano che il libro avrebbe rinverdito il mito del romanzo americano, un’opera mondo, l’enciclopedia tribale degli Stati Uniti e della sua città manifesto “New York. E a colpirti appena prendi in mano il volume non è tanto la mole-sono circa mille pagine-quando il sistema dei personaggi, tutti in egual misura esemplari dell’animale metropolitano, dal giovane bello e maledetto, all’aspirante scrittore omosessuale venuto dalla provincia, dall’adolescente smarrito all’arrivista privo di scrupoli e alla coppia in crisi. Essi con il loro incrociarsi per vie e zone della Grande Mela ne delineano una mappa tanto ideale quanto concreta. La stazione di partenza è costituita dal corpo di un’adolescente, Sam Cicciaro, ferita a morte in un parco: i rapporti dei vari personaggi con lei fanno da esilissimo filo conduttore di una trama coerente nel suo rappresentare aggrovigliandone destini e sogni l’umanità che negli anni 70 faceva di New York il centro propulsore dell’immaginario collettivo di tutto l’Occidente, basti pensare ai gruppi punk, alla musica, al consumo di droga, alle avanguardie artistiche, ai graffiti, a Wall Street, e alla velleità rivoluzionarie e nichiliste di una fauna pittoresca di giovani ribelli al sistema. Tanto più che a fungere da stazione di arrivo è il black out del 13 luglio 77 nel quale in un delirante rincorrersi, ritrovarsi e perdersi, paiono darsi appuntamento i tanti protagonisti di “Città in fiamme”. In realtà la città funziona da calamita ed è la simbiosi con essa a dare spessore alle tante anime che la vivono sulla propria pelle. Dunque romanzo policentrico dove tutti sono attori e nessuno è comparsa: il rischio è ovviamente l’indigestione. Conflitti, moventi, contraddizioni, odi, amore, intrighi, delusioni ed aspirazioni, si affastellano in una prosa esuberante e straripante , che ingigantisce dettagli e visioni, che apre infiniti cerchi senza mai chiuderli

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